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Autore: Vals Fanwriter    16/02/2012    4 recensioni
Restò così, con Kurt che lo abbracciava e piangeva, e l’unica cosa che importava era fissare nei propri ricordi il calore e l’affetto che gli stava trasmettendo, così da non riuscire a scordarlo più, neanche nel momento in cui lui sarebbe tornato da Blaine.
[Kurtofsky, SPOILER della 3x13 e IPOTESI della 3x14]
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Attenzione: SPOILER della 3x13 ed IPOTESI della 3x14. Se siete Klainer non vi consiglio di venire qui a dettar legge, onde evitare di intossicarci. Se siete solo curiosi, fate pure. È praticamente scoppiata una guerra tra Klainers e Kurtofskyers su tumblr e simili, ed io non voglio farne parte. Voglio solo poter scrivere liberamente, senza offendere nessuno.

Detto ciò, i personaggi che ho usato non mi appartengono. Avevo soltanto bisogno di un po’ di fluff.

Buona lettura!

Vale

~

 

 

 

So I run to the things they said could restore me,
restore life the way it should be,
waiting for this
cough syrup to come down,

one more spoon of cough syrup now…

one more spoon of cough syrup now…

 

 

 

Le luci si affievolirono. Il respiro gli si mozzò in gola. La scintilla negli occhi del solista si perse nel buio e negli applausi. Non riuscì a cogliere alcuna emozione sul suo viso. Le persone che assistevano all’esibizione si erano alzate in piedi per acclamare i Vocal Adrenaline e nemmeno alzandosi sulle punte riusciva a vederlo… a capire se stesse bene.

Non si erano più parlati dall’ultima volta e la preoccupazione che avesse potuto rendere un disastro il suo primo passo verso l’accettazione di sé stesso lo dilaniava. Dave sembrava forte, gli era sempre parso che potesse abbattere chiunque, che potesse proteggersi da solo, che niente avrebbe mai potuto buttarlo giù. Eppure, in particolare a San Valentino, si era reso conto di quanta tenerezza e fragilità potesse nascondere dietro quei muscoli e quel cipiglio scontroso che si ritrovava sempre in volto. Si era pentito di non aver trovato parole migliori per rifiutarlo. Lo aveva fatto fuggire, esattamente come quella volta negli spogliatoi.

Improvvisamente gli si formò un groppo in gola, forse dovuto al senso di colpa. Karofsky si era immedesimato troppo in quella canzone – Kurt se n’era accorto – ed era come se la sua vita non avesse avuto nulla di buono da offrirgli, fino a quel momento… nulla… a parte Kurt.

Ora lo capiva. Per Dave era come un’àncora di salvezza e, in un certo senso, a Kurt tornava alla mente il rapporto che aveva avuto con Blaine l’anno precedente, prima che si mettessero insieme. Non era stato molto diverso. Anche per lui Blaine era stato un modello da seguire, era stato la sua salvezza, e non riusciva a capire come avesse potuto essere così cieco, lui che avrebbe dovuto capirlo meglio di chiunque altro. Lui che prima si era innamorato di Finn e poi aveva provato un certo interesse per Sam. Lui che non era mai stato accettato completamente.

‹‹…Non male››.

Quella frase lo riscosse e solo in quel momento si rese conto di quanto la mano di Blaine attorno alla sua gli stesse diventando opprimente, di quanto avesse voglia di piangere e di darsi del deficiente, di quanto quell’orribile sensazione di colpevolezza gli stesse spaccando il cuore.

‹‹Karofsky›› insistette Blaine, fissandolo con la coda dell’occhio, ‹‹Non avevo idea che sapesse cantare››.

Kurt annuì, ritrasse delicatamente la mano da quella del suo ragazzo e successivamente si alzò in piedi.

‹‹Dove stai andando? Tra poco si esibiscono i Warblers››.

Lui gli sorrise, cercando di apparire tranquillo: ‹‹Torno subito, Blaine››.

E una volta fuori dalla sala, i passi divennero enormi falcate, e le falcate una corsa sfrenata, fino a che non vide la sua sagoma. Aveva un mezzo sorriso sul viso, mentre gli altri ragazzi del coro si complimentavano con lui.

Kurt si arrestò di colpo, rischiando di capitombolare in avanti, e i loro sguardi si incontrarono.

‹‹Uhm… Ragazzi, mi allontano un attimo›› borbottò Dave, senza staccare gli occhi di dosso a Kurt, ad un paio di metri da lui. Gli si avvicinò e, mentre lo faceva, gli fece un cenno e Kurt capì che preferiva parlargli lontano dai suoi compagni.

Qualche corridoio più tardi si fermarono, contemplandosi a vicenda per qualche minuto, fino a che il groppo in gola di Kurt non si fece sentire più forte. Gli occhi iniziarono a pizzicargli e Dave si sentì colto alla sprovvista, quando il più piccolo iniziò a mordersi un labbro per fermare le lacrime, senza ottenere alcun risultato.

‹‹Ehi, Kurt, che… che hai?›› fece Karofsky allarmato, allungando una mano verso la spalla di Kurt, ma si fermò. Ogni volta che si erano trovati vicini, in passato, aveva finito per combinare disastri, se considerava gli spintoni, gli insulti e… il bacio. Per questo motivo, allora gli sembrò che fosse di nuovo colpa sua. Si domandò se non fosse una sorta di reazione a scoppio ritardato alla sua dichiarazione di San Valentino e si diede dell’idiota. Si sarebbe volentieri picchiato da solo, ma accadde qualcosa di imprevisto.

Kurt lo abbracciò.

E dunque non c’entravano niente la dichiarazione, il bacio, gli insulti e gli spintoni, perché lo stava stringendo forte e piangeva, singhiozzando con la faccia contro il suo petto e le mani serrate sulla sua giacca nera, elegante, del suo costume di scena – tanto che Dave, per un momento, temette che potesse strapparsi.

‹‹K-Kurt…›› mugugnò e, sentendo le braccia del più piccolo attorno al suo busto, finalmente metabolizzò ciò che stava accadendo ed arrossì. Tuttavia continuò a tenere le mani a mezz’aria, lontane dalla schiena di Kurt. L’ultima volta che si era spinto troppo oltre, lo aveva oltremodo traumatizzato e aveva capito che non era affatto portato per il corteggiamento.

Rimaneva una sola importante questione, in quell’istante: cosa diavolo fare veramente, senza commettere ulteriori stronzate?

Non lo sapeva, perciò non si mosse. Restò così, con Kurt che lo abbracciava e piangeva, e l’unica cosa che importava era fissare nei propri ricordi il calore e l’affetto che gli stava trasmettendo, così da non riuscire a scordarlo più, neanche nel momento in cui lui sarebbe tornato da Blaine.

‹‹Dave…››

Il suo nome… Il suo nome pronunciato da lui.

Aggiunse quest’altro dettaglio al ricordo. Un semplice suono. Un paio di sillabe.

‹‹Ti prego… Non tornare più ad essere quel bullo…››

I singhiozzi sembrarono farsi più rumorosi, la morsa attorno al suo corpo più stretta, la camicia umida, a causa delle sue lacrime.

Kurt alzò il capo per guardarlo in viso, come in cerca di una risposta rassicurante. Le sue guance erano leggermente imporporate e bagnate, l’espressione supplicante.

Dave alzò gli occhi al soffitto, distogliendoli dal più piccolo e cercando di occultare al meglio il suo disagio.

‹‹Perché mi dici questo?›› gli domandò e non aveva molto senso, ma non trovò nulla di più adatto.

Kurt abbassò lo sguardo.

‹‹Il fatto è che…›› indugiò per qualche secondo sulle parole che aveva pensato di dirgli, ma poi le cacciò fuori senza timore di essere frainteso, ‹‹… che mi piace molto di più il Dave che c’è adesso››.

Lo sguardo del più grande tornò sull’altro ragazzo e non resistette più. Le braccia, che si era sforzato di tenere lontane da Kurt, si avvolsero attorno a lui avvicinandolo di più, per quanto fosse ancora possibile, e la sua guancia sinistra si addossò a quella destra dell’altro. Entrambi ebbero un brivido nel sentire la pelle calda dell’uno sfregare su quella dell’altro, per quella che fu una frazione di secondo.

‹‹Cazzo, Kurt… Come riesci dire cose così imbarazzanti tutte in una volta?›› gli sussurrò Dave con un smorfia divertita sulle labbra, che tuttavia scomparve quasi subito, quando a tutte quelle emozioni da immortalare nella mente si aggiunse il suo profumo. Non aveva nulla a che vedere col dopobarba di suo padre o col deodorante che si ritrovava a sentire sui suoi compagni di squadra del football. Era qualcosa di delicato e dolce, esattamente come il ragazzo che stava abbracciando.

Kurt chiuse gli occhi. Quel momento gli trasmetteva sicurezza ed era stato come ricevere un dall’altro ragazzo, come una promessa che nessuno avrebbe potuto spezzare. Dave non sarebbe più stato Karofsky.

‹‹Mi dispiace averti messo in difficoltà a San Valentino›› disse Dave improvvisamente. La sua voce sembrava più roca, ma gentile allo stesso tempo.

Kurt non trovò nulla da dirgli. Era lì a raccogliere delle scuse, quando avrebbe dovuto scusarsi lui stesso. Del resto, era quello il motivo per cui era corso dietro le quinte a cercarlo, giusto?

‹‹Hai detto che non ero veramente innamorato di te, quel giorno›› continuò a bisbigliare a pochi centimetri dal suo orecchio, ‹‹Pensavi che la mia fosse solo gratitudine…››

Kurt continuò a tacere. Avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa come “Beh, non avevo ragione?”, ma ogni frase sembrava inopportuna… inopportuna e falsa… inopportuna, falsa e ipocrita, detta da lui che più di una volta aveva provato le stesse cose di Dave per altri ragazzi. E si sentiva male per avergli praticamente detto, e cercato di fargli credere, che fosse solo confuso dai suoi sentimenti, e che quello che pensava di sentire per lui non era vero. Lo aveva ferito. Aveva dato per scontato che qualcosa come quella non avesse potuto fargli male, che Dave non fosse come lui, che Dave fosse forte.

Ciò nonostante Karofsky, quel Karofsky, stava ricambiando il suo abbraccio, stava cercando conforto in quell’abbraccio, sentiva il suo respiro rassegnato sull’orecchio destro ed ora che ci faceva caso, gli stava accarezzando la testa in maniera teneramente goffa. A quella scarica di emozioni Kurt si ritrovò a deglutire per scacciare le lacrime che stavano per affacciarsi nuovamente dalle sue palpebre.

‹‹Io…›› cercò di dire, ma la voce gli morì in gola.

Dave passò le dita tra i suoi capelli con più sicurezza, forse nel tentativo di inviarne un po’ anche a lui, e nel mentre aggiunse, senza alcun tipo di durezza: ‹‹Ti sbagliavi…››

Una pausa. Una pausa talmente insignificante in confronto alle parole che stava pronunciando Dave, che Kurt desiderò terminasse in fretta e che Dave finisse quella frase, perché sapeva che non era quella la fine. Anzi, forse sapeva anche cosa veniva dopo, ma aveva voglia di sentir pronunciare quelle poche parole dalle sue labbra, così vicine a lui, e non doversi affidare alla sola immaginazione.

‹‹Io ti amo veramente, Kurt››.

E di nuovo fu Kurt ad essere a corto di parole, fu lui a non sapere cosa fare, lui che era la guida di Dave, l’esempio di vita, l’àncora. In quel momento, era lui a non sapere nulla di sentimenti, ad essere confuso, a continuare a stringerlo a sé, invece di mettere le cose in chiaro e tornare da Blaine.

Blaine… Perché adesso quel nome aveva perso sapore? Perché aveva preferito i sussurri di Dave alla mano del suo ragazzo? Perché non riusciva a…?

Tutte quelle domande si arrestarono nel momento in cui i palmi di Dave si posarono sulle spalle di Kurt, per poi allontanarlo dal suo corpo con dolcezza ed indurlo a sciogliere l’abbraccio. Si guardarono per qualche altro minuto in silenzio. Più che altro, Dave studiò l’espressione di Kurt per accertarsi di non aver osato troppo come suo solito, ma ciò che vide fu solo tanto imbarazzo che colorava, forse in maniera un po’ troppo accentuata, le gote del più piccolo, cosa che lo rese adorabile ai suoi occhi più di quanto già non fosse.

Cercò di sorvolare quel piccolo dettaglio, accantonandolo insieme alle sensazioni raccolte poco prima, e si schiarì la voce.

‹‹Beh, credo sia il caso che tu ritorni da Blaine›› disse, evitando in tutti i modi di far comparire un’espressione ostile sul suo volto, nel pronunciare il nome del fidanzato del ragazzo di cui era innamorato, visto che quest’ultimo lo stava analizzando similmente a come aveva fatto lui due secondi prima.

“Ma sappi che non finisce qui” avrebbe voluto aggiungere, tuttavia ritenne opportuno tenere per sé quel pensiero. Non voleva trasformarsi improvvisamente in uno stalker professionista, visto che aveva già fatto la sua gavetta durante la settimana di San Valentino, perdendo un po’ di punti sul travestimento, che comunque non aveva suscitato troppi interrogativi nella sua vittima.

Ad ogni modo, Kurt annuì, al che Dave si staccò definitivamente da lui, per poi girare su sé stesso e andare via. Il più piccolo lo guardò allontanarsi, ma prima che Karofsky potesse svoltare l’angolo, lo chiamò.

‹‹Dave››.

‹‹Sì?›› fece l’altro, guardandolo oltre la sua spalla, senza girarsi completamente.

‹‹Cough syrup era stupenda›› disse Kurt, con le labbra leggermente incurvate a formare un sorriso.

Dave gli sorrise a sua volta. La scintilla che aveva negli occhi quando si era esibito era tornata.

Non disse nulla. Si voltò e prese a camminare, svoltando nel corridoio adiacente e scomparendo alla vista di Kurt.

 

Il calore, i brividi, i sussurri, la sicurezza… Tutte quelle cose si sarebbero stipate nelle loro menti. Sarebbero rimaste lì per molto. Avrebbero potuto rievocarle a loro piacimento, una per volta, o tutte insieme, ma avrebbero potuto riviverle veramente solo se fossero stati insieme. Dave aveva quella consapevolezza da mesi. Kurt ne era venuto a conoscenza da qualche minuto. Eppure entrambi, da qualche parte dentro sé stessi, sapevano che, anche se fossero stati lontani, quelle sensazioni li avrebbero aiutati a ritrovarsi.

 

Fine.

   
 
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