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Autore: Revysmile    16/02/2012    1 recensioni
Questa parvenza di sogno svanisce in fretta ed io mi accorgo solo adesso di essere completamente avvolto nelle coperte di un letto, anzi del mio letto, in uno squallido appartamento, mio anch'esso, mentre la mia sveglia gracchia "Sympathy for the devil" dei Rolling Stones.
Sono presenti OC.
[Pairings: FruK, RusGre,AustriaUngheria ed altri]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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07. Know your enemy.


Sospiro rassegnato arrossendo come un idiota.
Sono acquattato dietro alla porta del bagno e sto spiando attraverso il buco della serratura lo stretto corridoio di casa mia per assicurarmi che la via sia libera da qualsiasi francese ambulante.
Dio quanto mi vergogno. Dopo la morte di mia madre ho pianto per tutta la sera come se fossi un bambino anche se, ovviamente, non è questo il motivo per cui provo questo sentimento. Infatti quello che veramente mi fa vergognare di me stesso non é di averlo fatto ma come l'ho fatto, ovvero abbracciato a Francis con la testa appoggiata alla sua spalla.
Dio, quanto devo esser sembrato patetico!
-Arthur!-
La sua voce proveniente dal soggiorno mi fa sobbalzare, facendomi sfuggire una maledizione.
-Almeno oggi c'è qualcosa per fare la colazione in casa tua?-
-No!- urlo di rimando, alzandomi e arrossendo.
Sento dei passi avvicinarsi e mi accorgo di essere in trappola, imprigionato nel mio bagno ed incapace di evadere senza incrociare Francis, il quale si ferma davanti alla porta.
-Andiamo fuori a farla? Te la senti o ti porto qualcosa?- mi chiede gentilmente. dannazione perchè deve esserlo? Mi fa senire un debole...
-Non ho fame.- rispondo asciutto non accennando ad aprire l'uscio.
-Arthur, dovresti mangiare qualcosa.-
-Non sono affari tuoi.- come appare tuonante la mia voce paragonandola con il mio stato attuale: ho i pugni chiusi, le gote arrossate e sono appoggiato alla parete opposta alla porta.
Dannazione al mio orgoglio! Non riuscirò mai più a guardare il francese in faccia per il resto della mia vita.
-Arthur, stai bene?-
-Benissimo.-
-Aspetta!Arthur, uh, dovresti uscire da lì!- sento la sua voce alzarsi di volume e farsi più agitata. Ma che cosa vuole?
-No, non rompermi le palle Francis.-
-Ma Arthur...-
-Non ho bisogno dei tuoi consigli.-
-Arthur...-
-Ho detto che non ti voglio come baglia, sto benissimo e lasciami lavare in santa pa-
-Arthur!- mi interrompe urlando -Lasciami parlare.-
Sbuffo spazientito, incrociando le braccia ed acconsento ad ascoltarlo-Okay, che cosa vuoi? - ma che scena stupita, lui sta provando a convicermi di uscire dal bagno ed io mi ostino a non farlo.
-Ti squilla il cellulare.-
-Eh?- rispondo stupito. Di tutte le frasi che avrebbe potuto pronunciare il francese questa é certamente l'ultima che mi aspettavo di sentire.
-Il cellulare!-
-Francis è una scusa?- chiedo scettico.
-Conosco medoti molto più pratici e piacevoli per farti uscire da lì- dice con voce quasi...maliziosa?
Titubante esco dal bagno e trovo Francis con le braccia incrociate, la fronte corrucciata e lo sguardo serio che però, non appena incrocia i miei occhi, si illumina grazie alla complicità del suo sorriso -Il cellulare.- dice semplicemente e, come a confermare le sue parole, la mia suoneria riempie l'aria. Io invece distolgo subito imbarazzato lo sguardo e, borbottando qualcosa, mi avvio verso la mia stanza, dalla quale, sento provenire l'avviso di chiamata.
Mentre corro verso il mio comodino mi accorgo, con immenso stupore, che fra me ed il francese non ci sono stati ancora scambi di frecciatine e battutine idiote come invece normalmente accade. Dannazione, questo è un evento da segnare sul calendario!
Appena raggiungo il cellulare lo alzo celermente e, mutando la mia espressione da imbarazzata ad incazzata, rispondo con poco garbo a mio fratello William.
-Pronto?-
-Caccola, perchè ci metti sempre degli anni a rispondere?-
-Vaffanculo William.-
-Ohoh, vedo che oggi è il tuo primo giorno di ciclo, Alice.-
-William, cazzo- quando parlo con mio fratello tutta la mia finezza perisce inesorabilmente per lasciare il posto ad un ricco vocabolario di insulti, ampliato nel corso degli anni- Smettila di trattarmi come se fossi una ragazzina del liceo e vedi di fartelo entrare in quella testaccia rossa che il mio nome è Arthur!-
-Come vuoi Alice. In ogni caso non rompermi i coglioni e vedi di essere a casa della mamma per le undici. Abbiamo l'appuntamento dall'avvocato e dobbiamo andarci tutti insieme- risponde con la sua solita voce canzonatoria, intervallando le parole a piccole pause, segno che sta fumando.
-Okay. Tu adesso dove sei?-
-Attualmente? Sul cesso, sto cagando. Parlare con te mi da la giusta ispirazione.-
-William sinceramente fottiti.-
-Ma come sei acida Alice, non apprezzi nemmeno un po' di sano umorismo...-
-Ascolta stronzo, non mi hai ancora detto dove sei. Sei a casa della mamma, no?- la mia già scarsa pazienza si sta seriamente esaurendo.
-Tecnicamente sono a casa di una morettina che ho conosciuto ieri al pub. Sai com'è, non ho la tua vita dissipata da rockstar alternetiva.-
Sgrano gli occhi per la sorpresa e comincio ad urlare -Sei coglione?! Ieri ci hanno avvertito che è morta la mamma e tu passi le sarate a caccia di donne!?- la mia voce, rasentante l'isteria, preoccupa comprensibilmente Francis che lo vedo affacciarsi alla porta della mia camera.
-Sapevo che avresti reagito così, Suor Alice. Ovvio che sono a casa della mamma, dove vuoi che sia? Anzi ti dirò di più...- sento una piccola pausa ed il rumore dello sciaquone che viene tirato. Diamine ma allora è veramente al cesso!!
Rozzo maleducato....
-... Se non porti il tuo culo in questa casa al più presto giuro che decapito Sean e uso la sua testa per giocare a bocce, ovviamente dopo aver chiuso la piccola irlandese in uno sgabuzzino e gettato la chiave nel Mare Polare Artico.-
Bene. Tutto ciò non mi sorprende.
Se c'è una una caratteristica fra i rapporti di noi fratelli che rimane invariata nel tempo è sicuramente quella di essere costantemente sul sentiero di guerra uno con l'altro, quindi non fatico per niente ad immaginare i litigi fra quei tre.
-Cosa state combinando?- la mia voce è monocorde, di chi, ormai, ha perso da tempo la speranza.
-Il solito. Eileen... beh è Eileen. Al momento però non è lei il mio principale problema visto che sta uscendo per andare a prendere quel cretino di Patrick, che, finalmente, é atterrato sul suolo inglese.- risponde mentro lo sento espirare.
-E' Sean che giuro che lo ammazzo.- aggiunge acido con la sua voce profonda.
Sospiro rassegnato, non fatico a comprendere i vari istinti omicidi di William. Normalmente Sean è un tipo abbastanza freddo e riservato, tranne quei momenti in cui si comporta da paranoico, ossessivo fratello maggiore.
-Lasciami indovinare... Ti continua a fare cazziatoni per il fumo.- tento di indovinare.
-Magari fosse solo quello, Caccola. Rimpiango quasi i momenti in cui mi rompeva le balle su quanto fa male il tabacco. Adesso è entrato nella sua consueta modalità "fratello apprensivo" mischiata a quella nuova di "neopapà supermega ossessivo compulsivo".-
-Non chiamarmi caccola, stronzo. Comunque, sua figlia non dovrebbe nascere fra quattro mesi o giù di lì?-
-Se riesci a farglielo capire mi complimenterò con te, Caccola. Hai idea di quante volte ha già chiamato la sua compagna?-
-Sono certo di non volerlo sapere...- per una volta nella mia vita nutro una certa compassione per William.
Sean è l'unico fra noi ad essersi sistemato in pianta stabile, infatti ha trovato un bel posto di lavoro come infermiere all'Ospedale dell'Università del Galles, a Cardiff, dove vive con la sua compagna che io, Will, Eileen e Patrick definiamo normalmente come "La stronza" o "La fredda", donna però per cui lui stravede. Noi personalmente la troviamo alquanto terrificante. L'unico a cui appare invece bella e buona come una dea è, appunto, Sean che in sua presenza abbandona la sua freddezza per diventare peggio di allupato innamorato durante il giorno di San Valentino, insomma, una cosa vomitevole. Il fatto che anche William sia intimorito da lei e che le ceda il passo ogni qualvolta la incrocia è tutto dire; forse questo deriva solamente dal fatto che, una volta, lui aveva fatto una delle sue solite battute acide su Sean e lei, per difendere l'orgoglio di quello che allora era il suo neo fidanzato, dalla parte opposta della cucina gli scagliò un coltello che per poco non lo evirò.
Il nome di questa temibile donna è Natalia Arlovskaija, viene da Klimovichi, una citta bielorussa, e, non so per quale strana ragione, ha scelto come sua dolce metà proprio mio fratello, rendendo in questo modo le nostre già rare e tese riunioni di famiglia un vero e proprio film horror.
-Beh lascia che te lo dica sono più meno-
-WILL!!!- la voce di Eileen è così forte che riesco a sentirla attraverso il telefono.
-CHE COSA VUOI?- urla di rimando mio fratello lessandomi il timpano dell'orecchio sinistro.
-DOVE HAI MESSO LE CHIAVI DELLA MACCHINA?-
-QUALI?- perchè William deve urlare al telefono se sta parlando con Eileen? Non pensa alle mie povere orecchie?
-E' OVVIO, LE TUE!-
A questo punto non aspetto nemmeno la risposta di William lancio il telefono sul mio letto, senza interrompere la conversazione, e mi siedo mollemente sul materasso sentendo intanto le urla dei miei fratelli che, come da copione, hanno incominciato a litigare.
Alzo lo sguardo e, spalanco gli occhi nel vedere Francis sulla porta che mi guarda con fare stupito e preoccupato. Nel massimo del silenzio, interrotto solo dal brusio proveniente dal cellulare, aggrotto le mie sopracciglia nel tentativo di incenerirlo con lo sguardo per il suo origliare, anche se è perfettamente giustificato visto il casino che stiamo facendo. Normalmente non mi darebbe così fastidio però forse se per uno spettatore esterno le chiamate ed i bisticci fra noi fratelli possono costituire uno spettacolo divertente, io mi vergogno un po' dei miei rapporti familiari, caratterizzati sempre da un'estenuante e sana rivalità.

Alcune volte mi chiedo come sia avere una famiglia normale, dove tutti vanno d'amore e d'acccordo.
Il francese tuttavia, al contrario delle mie previsioni, non si fa intimidire e notando che ho ancora la chiamata aperta, con strani gesti, mi fa capire che vuole sapere se è tutto okay e se sto bene.

Oh meglio, questa mi sembra la coretta interpretazione, l'alternativa è che lui si stia trasformando in una farfalla, cosa che non credo proprio.
Maledetto... Perchè si deve sempre proccupare per me?
Con un gesto secco ed impacciato alla fine gli rispondo che va tutto bene ma deve andarsene, ovviamente il tutto mentre le mie gote avvampano.
Dannazione, mi sento un idiota.
Prima, ogni volta che incontravo il ragazzo francese, mi sentivo assalito da un sentimento molto simile all'irritazione ed all'insofferenza mentre ora, dopo esser stato almeno un paio d'ore fra le sue braccia, sento una sorta di groviglio allo stomaco e di strano e persistente imbarazzo.
Improvvisamente un brusio più forte, proveniente dal mio cellulare, richiama la mia attenzione e celermente prendo l'apparecchio.
-William?- chiedo dubbioso e speranzoso che abbiano smesso di urlare.
-Caccola, ascolta. Smettila di cazzeggiare e vieni qui, al massimo alle undici.-
-Fottiti.-
-Lo prendo per un sì, bene, se non ti presenti sei morto.-
E subito, a seguire le sue parole, sento il click che sanziona definitivamente la fine della nostra conversazione telefonica.
Rimango qualche attimo perso nelle mie riflessioni mentre guardo l'ora segnata sul display del mio cellulare ovvero le 9:15, poi, dopo un sospiro veloce, torno in bagno per finire veramente di prepararmi e non per scappare da vinofili francesi.


Francis si grattò distrattamente la testa sospirando e ripensando al suo scorbutico coinquilino inglese.
Se proprio doveva ammetterlo provava una gran pena per lui, non poteva dirlo di conoscerlo bene, anzi, c'erano un'infinità di cose che non sapeva di lui, riguardo alla sua vita, alle sue passioni ed ai suoi interessi, le cose che odiava e le cose che gli piacevano, però dopo l'altra sera pensava di aver capito il suo vero io. In quel momento, nella massima tristezza causata dalla morte della madre, l'aveva visto veramente per quello che era, disarmato della solita maschera che tendeva ad indossare ed, in quel momento, aveva capito due cose.
La prima era che Arthur si sentiva irrimediabilmente solo e nascondeva certamente una serie di dolori passati e, nonostante lui non l'avrebbe mai ammesso, aveva bisogno di qualcuno che gli stesse vicino.

La seconda deduzione invece apparteneva alla sfera emotiva del francese, ovvero aveva capito di essere irrimediabilmente e profondamente attratto da Arthur.
Non capiva esattamente il perchè e soprattutto non capiva che cosa ci trovasse in lui.
Razionalmente parlando, fisicamente, aveva conosciuto uomini molto più belli ed invece per quanto riguardava il carattere... beh, forse era decisamente la parte peggiore e non servivano nemmeno paragoni per accertarsene. Eppure non riusciva a dimenticare quei bellissimi occhi verdi, specchio della sua anima, e nemmeno quella strana empatia inaspettata emersa nei suoi confronti dopo la confessione del suo passato in Francia.
Forse, in fondo, riflettendoci, Arthur di fascino un po' ne aveva.

Certo, quest'ultimo non doveva essere ricercato utilizzando i canoni comuni, quali la bellezza o il comportamento, ma in fondo ne era dotato.
Ammaliato da un successo velocemente nato ed altrettando velocemente tramontato, quel passato leggermente oscuro da dargli quell'aria leggermente misteriosa, eppure, allo stesso tempo, la sicurezza che in fondo fosse una brava persona gli conferiva uno spessore unico.
Si ricordava bene la prima volta che l'aveva visto: era stata su una rivista.
Era ancora in Inghilterra, erano tempi felici per lui, aveva una schiera di amanti lunga come la Muraglia Cinese e suonava con i suoi due migliori amici di sempre, Antonio Fernandez Carriedo e Gilbert Beilschmidt ed insieme costituivano il Bad Touch Trio, un gruppo innovativo ed abbastanza apprezzato nell'ambito dei piccoli pub. Non erano molto famosi però come secondo lavoro era perfetto.

Un giorno era nella metropolitana di Londra, città in cui allora risiedeva, in particolare stava raggiungendo la fermata di Russel Square per raggiungere Wakefield Street dove lavorava come cameriere in una tavola calda e stava leggendo una rivista musicale sulla quale era stato pubblicato un interessante articolo su un nuovo gruppo emergente che aveva sfondato, contro ogni previsione, le classifiche inglesi. Il nome era Underdogs e la canzone che li aveva portato il successo si intitolava Ordinary life. C'erano solo una foto del gruppo, mentre stavano suonando, e mostrava quattro persone: in primo piano c'era il cantante e chitarrista Alfred F. Jones, poi, appena dietro sulla destra, si trovava un secondo chitarrista di nome Ivan Braginski mentre, alle loro spalle, c'era un ragazzo danese di nome Mathias Kierkegaard tutto sorridente alla batteria.
Eppure lo sguardo di Francis venne catturato dalla persona più in ombra del gruppo, alla sinistra di Jones, con la testa china e le spalle leggermente incurvate, gli occhi chiusi ed un leggero sorriso sul volto, come se non stesse suonando per il pubblico ma per un suo proprio mondo interiore, c'era il bassista del gruppo. Quel ragazzo era Arthur Kirkland.
Da allora Francis, per tutto il periodo che rimase in Inghilterra, non aveva mai perso di vista gli Underdogs.
Nonostante il suo interesse fosse catalizzato sull'inglese, la loro musica non era per niente banale e non aveva le solite tonalità commerciali, presentando talvolta dei testi di difficile comprensione. Nonostante ciò, però, avevano un pubblico che variava da indie ed intenditori musicali ad orde di adolescenti innamorate perdutamente del cantante dai bei occhi azzurri.
Aveva comprato i loro dischi ed aveva seguito i loro sviluppi attraverso le riviste musicali fino a quando non si era deciso a comprare un biglietto per assistere ad un loro concerto che si teneva a Liverpool, la città dove il gruppo risiedeva, che si sarebbe tenuto alcuni mesi dopo.

Tuttavia Francis non riuscì mai ad assistere a quella esibizione.
Qualche giorno dopo ricevette una chiamata da Eugéne, ormai il ragazzo francese non usava più l'appellativo "padre" per lui da molto tempo, dove lo supplicava di tornare al più presto in Francia.
Volevano rappacificarsi con lui, così aveva detto, ed aveva giurato di esser cambiato, assieme alla moglie, e soprattutto di aver accettato la sua sessualità.
Forse condizionato dalla voce sull'orlo del pianto dell'uomo o per il dispiacere che gli causava quella situazione decise di tornare nella sua terra natia, esattamente alcuni giorni prima del concerto degli Underdogs.
Tornó nella tenuta paterna dopo mesi di assenza, solo per scapparvi dopo pochi giorni.
Si dice che solitamente il tempo e gli avvenimenti tristi cambiavano i cuori delle persone e, sicuramente, questi due fattori avevano cambiato quelli suoi genitori ma in peggio.

Nonostante le promesse, alla fine, erano sempre rimasti gli stessi intolleranti fondamentalisti che erano sempre stati.
Tuttavia, dopo la sua fuga, decise di non tornare in Inghilterra, ma di intraprendere un viaggio per l'Europa. Dopotutto ora era libero da qualsiasi vincolo e giusto una settimana prima Antonio aveva lasciato il gruppo per tornare in Spagna.
Decise di partire da lì.
Andò a Riola, dal suo vecchio amico, e partendo da quella cittadina cominciò a girare la penisola Iberica, poi andò in Costa Azzurra, dopodiché salì fino al Belgio e poi fu il turno dell'Olanda.
Viaggiava utilizzando tutti i suoi risparmi e, quando non bastavano, guadagnava qualcosa con la sua musica o lavorando in qualche bar o tavola calda, sfruttando le sue innate doti culinarie.
Dopo i Paesi Bassi avrebbe voluto andare in Germania e poi discendere in Italia ma i soldi scarseggiavano e sapeva bene che non avrebbe potuto continuare a viaggiare così a lungo.
Tuttavia, per una volta, la sorte gli sorrise, indicandogli la giusta strada.
Mentre sostava in un alberghetto fuori Harleem, incerto sul cosa fare, ricevette una prodigiosa chiamata da Gilbert, il quale abitava ancora nel loro vecchio appartamento di Londra. Il ragazzo tedesco tentò di convincerlo a tornare sul suolo britannico usando come metodo di persuasione una notizia che un suo amico gli aveva detto di aver sentito da un conoscente risiedente a Liverpool, che, a sua volta, conosceva un musicista il quale, una sera mentre era ubriaco in un locale gestito da un greco, si lamentava di essere in cerca di un bravo bassista e di non essere riuscito a trovarne uno.
Francis non aveva mai pensato di tornare a Londra, dopotutto lì non aveva più nessuno oltre a Gilbert e non esistendo più nemmeno i Bad Touch Trio.Tuttavia la sua prospettiva cambiò in fretta quando scoprì che quel musicista ubriaco altri non era che Arthur Kirkland stesso, il quale cercava un nuovo bassista per gli Underdogs.
Fu così che Francis Bonnefoy, ventisettenne di origini francesi, rimise piede in Inghilterra dopo quasi due anni di assenza.
Immerso com'era a rivangare i suoi pensieri non si accorse nemmeno dei passi frettolosi che percorrevano il corridoio in direzione della porta.
-Ma come, esci?-chiese Francis stupito, guardando Arthur mentre si accertava che le scale fossero libere da ogni minaccia svizzera.
-Si perchè? Non posso?- rispose acido, come sempre.
In risposta il francese, dal canto suo, si limitò a mettere le mani in tasca e ad alzare le spalle, la sera precedente si era ripromesso di essere gentile con l'inglese per i prossimi giorni, visto il suo lutto. Eppure gli risultava così difficile!
Tuttavia, come pentito dalla sua risposta antipatica, Arthur aggiunse -Devo andare dall'avvocato con i miei fratelli per sistemate le cose di nostra madre.-
-Capisco- disse il francese avvicinandosi a lui - Ci sei per pranzo?- chiese mentre notava divertito il rossore propagarsi sulle guance dell'inglese.
-No, non credo.-
Francis tuttavia non fece in tempo ad aggiungere un alcunché che Arthur, dopo aver brontolato un "ci si vede", si smaterializzò giù per le scale.


 

-E SPEGNI QUELLA CAZZO DI SIGARETTA! CI STAI AFFUMICANDO!-

-Questa è la mia auto e sono libero di fare quello che voglio, pittosto moccioso, se non ti va bene, scendi.-

-Ragazzi smettela.-

-NON SAI QUANTO MI PIACEREBBE.-

-Io non ti trattengo di certo, Alice.-

-Dai William, Arthur, calmatevi.-

-Ehi! Eileen! Su chi scommetti questo giro?-

-Non saprei Pats, secondo me si uccidono a vicenda coinvolgendo anche Sean...-

-Eileen! Patrick! Non state lì a fare stupidi commenti ed aiutatemi a farli ragionare!-

-Impossibile Sean. Questi due non sono dotati di alcuna capacità di logica razionale.-

-Oooh! Detta da te questa frase non mi sembra molto coerente, Eileen, visto che sei conosciuta anche come la regina delle incazzature facili!-

-Fottiti William.-

Siamo in macchina da venti minuti in tutto e questo è il nostro quarto litigio.

Sono attualmente imprigionato con quattro psicopatici, il fatto che siano tutti miei fratelli trovo sia un dettaglio irrilevante, di cui: due sono idioti, uno è una camera a gas e l'altro è peggio di una baby-sitter petulante.

-Che finezza per essere una signorina, carrot-top.-

-Non voglio sentire critiche di questo genere da te che sei peggio di un rozzo maiale! E poi parli tu che hai i capelli ancora più rossi dei miei!?-

-Ehi! Ora mi sento anch'io chiamato in causa!-

-Taci Patricia. Non intendevo criticare i due capelli spendidi splendenti quindi perchè ora non continui a farti la manicure e stai zitta.-

-Ragazzi andiamo! Non litigate! Patrick! Eileen! Non iniziate pure voi!-

Stringo con forza le mani, tentando di far scemare la rabbia che provo in questo momento causata dall'ingorgo nel quale siamo finiti, dal continuo fumare di William, dal continuo urlare dei due gemelli e dalla voce fastidiosa di Sean. Devo assolutamente trovare il modo di fuggire da qui prima che mi venga una crisi di nervi!

Normalmente non staremmo mai tutti e cinque in un'auto sola ma, attualmente, non abbiamo altra scelta visto che ci stiamo dirigendo dall'avvocato per la lettura del testamento di nostra madre, del quale, nessuno di noi, aveva la più pallida idea della sua esistenza.

Il suddetto testamento è venuto alla luce quando mio fratello William ricevette una telefonata da un'infermiera di nome Silviet VanHoller, la quale gli ha spiegato della morte di nostra madre, avvenuta in seguito ad un infarto fulminante.

Subito dopo a telefonate di vario genere se ne sono sommate altre fra cui quella all'avvocato di nostra madre il quale ha esordito dicendo che tempo prima la signora Kirkland aveve scritto un testamento e lo aveva affidato a lui.

E fu così che ci venne dato apputamento a questa mattina, alle dodici, per la lettura del documento, peccato che la nostra missione sia, al momento, bloccata a causa di un ingorgo stradale, peggiorato dalla pioggia.

Adesso le voci dei due gemelli sono sovrapposte, in modo indistinguibile, con quella di William causando un casino colossale che, oltre ai nervi, mi sta frantumando anche i timpani avvendo i due irlandesi alle spalle e mio fratello maggiore al fianco.

-BASTA! NON VI REGGO PIU'!- urlo al limite della sopportazione accendendo la radio con un gesto di rabbia ed alzando a tutto volume la musica che, al momento, stanno trasmettendo.

Un improvviso pizzicotto alla guancia mi fa sobbalzare mentre gli autoparlanti riproducono il suono di tamburi, seguiti da una chitarra elettrica -Non ci sopporti più?! Sarai simpatico tu!- dice Eileen scocciata continuando a schiacciarmi la pelle del viso.

-Lhashiami.- rispondo seccato afferrandole il polso.

Dannazione, la lontananza mi ha fatto dimenticare quanto siano temibili i suoi pizzicotti e, di certo, la posizione in cui mi trovo non gioca a mio favore.

"Do you know the enemy?

Do you know your enemy?

Well gotta know the enemy

Wah Hey!"

-Non ci penso nemmeno, brutto antipatico scorbutico di un inglese! Sono stufa di te!- e, dopo aver decantato queste dolci parole riferite alla mia persona, con una rapità degna di una praticante di arti marziali, mi afferra da dietro anche l'altra guancia, duplicando ora la potenza dei suoi pizziccotti.

"Do you know the enemy?

Do you know your enemy?

Well gotta know the enemy

Wah Hey!"

-Lhashiami lhentigginosha!-

-Non ci penso nemmeno, pezza da culo!- ribadisce facendomi ancora più male e continuando la sua tortura.

Okay, ha dei buoni motivi per avercela con me, ma così è giocare sporco! Io sono legato al sedile anteriore da questa stupita cintura di sicurezza e non posso difendermi!

"Do you know the enemy?

Do you know your enemy?

Well gotta know the enemy

Wah Hey!"

-Hey! Sfotti per le lentiggini?- sento proferire da dietro le mie spalle con tono minaccioso accompagnato da un lieve, ma mal celato, istinto omicida.

Accidenti a me! Mi sono dimenticato che le piccole macchie cutanee sono un tabù essendo che oltre, ad Eileen e Patrick, anche Sean ne fa sfoggio sul volto.

"Violence in an energy,

Against the enemy,

Well,violence is an energy,

Wah Hey!"

-Se dovete pestarvi fatelo pure ma non sulla mia auto.- interviene William con tono apatico e del tutto indifferente davanti ai suoi fratelli che sono sul punto di picchiarsi.

Dannazione, è sempre stato così!

Perchè non posso avere una famiglia normale!?

Non possiamo avere dei rapporti, non dico rosei, ma decenti fra noi fratelli?

Dovremmo essere uniti nel dolore comune della morte per nostra madre eppure eccoci qui, pronti ad attaccarci l'un l'altro, io compreso, come stiamo facendo in questo momento e come abbiamo sempre fatto.

"Bringing on the fury,

The choir infantry,

Revolt against the honor to Obey"

-Ahem! Ragazzi!- ci chiama improvvisamente Patrick che, scorgendolo appena con la coda dell'occhio, lo vedo fissare stranito la radio, come se gli avesse dato un'illuminante rivelazione.

-Che cosa c'è?!- rispondimo, seccati in coro, mentre, finalmente, Eileen mi lascia le guance, stanca di tormentare il mio povero viso.

-Stavo pensando...-

-Oh questa è una novità!- esclama William ridacchiando per la sua stessa battuta.

-Fanculo William.- risponde acido continuando- Dicevo questi sono i Green Day, no?-

"Overthrow the effigy,

The vast majority,

Well, burning down

The foreman of control"

Mi basta un attimo di ascolto per riconoscere immediatamente Know your enemy dei Green Day ma ancora non riesco a capire a che conclusione voglia arrivare Patrick.

-Sì e allora?- chiede William perplesso, come me del resto, mentre guarda l'irlandese tramite lo specchietto retrovisore.

-Beh, mentre stavamo litigando mi sono messo ad ascoltare la radio e mi sono ricordato di una cosa che subito mi ha fatto sorgere una domanda-

-Ovvero?- chiede Eileen manifestando una certa perplessità ingigantita dalla consapevolezza di avere un gemello che naviga a vele spiegate sui mari della follia.

Infatti la mente di Patrick è peggio di un cubo di Rubik, insolvibile, e, ad esempio, tornando ad adesso non riesco proprio a capire che cosa centrino i Green Day con noi.

-Beh mi sono ricordato che Alfred ascoltava i Green Day, e qui sorge la mia domanda... Qualcuno lo ha...?- ma la sua questione rimane sospesa nel vuoto guardando le nostre facce che, lentamente, sbiancano per lasciare posto a quattro espressioni, soprendentemente uguali, mostranti tutto il nostro imbarazzo per una simile dimenticanza, lasciando il silenzio regnare nell'abitacolo.

"Silence is the enemy,

Against your urgency,

So relly up the

demons of your soul"

Oh merda. E ora che cazzo si fa?

 

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Ed eccomi qui! Tornata!

Fra esami e studi sono riuscita a ritagliarmi, con le unghie e con i denti, piccoli brandelli di tempo per scrivere questo capitolo ed ecco il risultato così difficilmente partorito.

Beh, non ho cose di rilievo da aggiungere...Se non che carrot-top, per chi non lo sapesse, è un tipico modo di deridere usato in Inghilterra per quelli che hanno i capelli rossi. Inoltre, ebbene sì, la belga è ovviamente Belgio.

In questo capitolo si viene a sapere più nel dettaglio di Sean e della sua vita e tutto il passato di Francis viene completamente messo nudo, inoltre (finalmente direte voi, ebbene sì avete ragione) si scopre dove scapio è ambientata questa storia ovvero nella città di Liverpool.

Bene e con questo penso di aver detto tutto... Come sempre ringrazio quelle anime pie che seguono questa fic ed, in particolare, quelle che l'hanno aggiunta fra le preferite, seguite etc e soprattutto chi ha recensito!

Grazie davvero!!! :D

Rebecca.

P.S. Per il cognome di Mathias ho scelto Kierkegaard perchè era un filoso danese (ma dai!) e perchè mi aveva fatto dannare. Non l'ho affibiato al caro Danimarca perchè lo trovo antipatico (anzi, io ADORO Danimarca) ma per fare un tributo ad un mio vecchio nemico...

E con questo è davvero tutto!

Alla prossima!

  
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