Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Scarlett87    17/02/2012    0 recensioni
"Aveva sempre sognato un luogo dove potersi rifugiare. Uno spazio sicuro, dove potersi raccogliere, dove potersi addormentare e sognare serena. Ne aveva una necessità assoluta, fisica."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Aveva sempre sognato un luogo dove potersi rifugiare. Uno spazio sicuro, dove potersi raccogliere, dove potersi addormentare e sognare serena. Ne aveva una necessità assoluta, fisica.

Voleva sparire. Stava soffrendo troppo. La vita le aveva riservato un trattamento poco cordiale, come spesso accade alla gente; ma l’aveva anche colta impreparata, e anche questo accade spesso alla gente. Aveva dovuto inoltre rinunciare ad una parte di sé. E questo accade spesso ad alcune donne.

Passava le giornate a chiedersi se avesse mai ripreso a guardare e a vedere la vita. Ormai guardava ma vedeva solo un immenso vuoto assordante. Sentiva solo un rumore irreale che era fatto di voci di sé stessa, diverse, sofferenti, deluse, amareggiate, disperate, addolorate. Tante sé che gridavano, piangevano, sospiravano e si confondevano, rimbombavano in una allucinante danza del dolore. Lontano lontano sentiva poi l’eco di una sua risata. Ma era talmente lontana che non ne riusciva a sentire la sonorità, l’allegria, la completezza. Era talmente stanca che non riusciva neppure a sforzarsi di farlo.

Così tra incubi e insonnia, nutriva la notte un desiderio: un porto sicuro dove potersi abbandonare. Dove poter piangere fino alla fine delle lacrime. Voleva poter svuotare la testa e respirare, poter di nuovo vedere la vita, poterne sentire ancora il suono, il frusciare del mare, il cicalio delle persone per strada, il grido degli uccelli in spiaggia.

Lo desiderava quel luogo, robusto e concreto, ma non consapevolmente. Era un richiamo inconscio, come quando si ha fame, come quando si ha sete, un bisogno fisico, naturale, innato. Era la sopravvivenza.

Un giorno mentre vagava errando tra i suoi pensieri, un passo nel vuoto e uno sulle nuvole, si imbatté in uno strano oggetto. Era alto, ampio, robusto, spazioso. Lo guardò con curiosità e proseguì il suo viaggio.  La tempesta dei suoi pensieri lo cancellò subito e mentre continuava a vagare ecco che inciampò sullo stesso oggetto.

-        Come ho fatto a non vederlo, pensò.

-        Sei cos’ distratta, disse l’oggetto. Ti ho seguita perché mi pare tu non stia bene.  Ero preoccupato.

-        Grazie, disse lei gentilmente, e proseguì imperterrita il suo filo rosso, quello sotteso ai suoi pensieri, sotteso alla sua vita, in bilico come una ballerina funambola. Ma l’oggetto le si ripresentò davanti, con la forza di un testardo, quasi spaventandola.

-        Quanto impeto oggetto! Fai attenzione! Disse.

-        Volevo farmi vedere dagli occhi tuoi belli di cerbiatto. Perché mi guardavi e basta.

-        È vero, pensò lei con stupore. È vero, disse. Io ti vedo. E ti sento, sento la tua voce!

In quel momento sentì sciogliersi in una pozza d’acqua. Era una sensazione fresca e improvvisa, di forte impatto, come una doccia gelata. Non sapeva dire quanto tempo stette immersa in quella pozza, ma il suo corpo si era abituato e l’acqua era ora tiepida e dolce, la cullava teneramente mentre si assopiva. Quando si risvegliò dopo il sonno ristoratore, vide l’oggetto che la fissava con dolcezza. Si sorprese di riconoscere la dolcezza, dopo infinito tempo passato in compagnia di dolore e amarezza, tristezza e diffidenza: non credeva di esserne più capace.

Mentre sentiva le membra leggere, per la prima volta dopo tanto tempo sentì il profumo dell’aria che sapeva di dolce appena sfornato e si rese conto di essere in volo.

Un lieve sorriso timido si delineò sulle sue labbra e l’oggetto che lo avvertì ne raccolse tutto il significato, beandosi di quell’evento straordinario: quel primo sorriso era per lui. Volarono per un tempo infinito nel quale lei rivide dopo tanto tempo la vita. Riconobbe il cielo, le stelle, le nuvole e il mare, riconobbe le case, il sole, la luna, i gabbiani. L’oggetto la sosteneva con dolcezza, in quel suo battito d’ali ancora incerto, come le gambe di un bambino che muove i primi passi.

Infine si sedettero a riposare, sopra uno scoglio incastonato nel mare. Lei prese a guardarlo con vivo interesse, sentendosi calda, viva, rovente nel sangue. D’un tratto sentiva il battito del suo cuore, sentiva l’affluire dell’ossigeno nel sangue. Sentiva le cellule del suo essere, sentiva il cervello vibrare.

Aveva percezione di sé e finalmente aveva percepito l’oggetto in quanto oggetto del suo pensiero.

L’oggetto si aprì a lei ed ella vide che aveva ampie ante e uno spazio infinito dentro di sè. L’armadio l’accolse tra i suoi ripiani, un po’ di lei si nascose nei suoi cassetti. Si sparse il profumo dei capelli di lei, impregnando il legno dell’armadio che si rigenerava e ritrovava lo scopo per il quale esisteva. Lui l’aveva cercata per questo.

Lei si distribuì in quegli spazi naturalmente, come ci si infila sotto le coperte morbide e calde in inverno quando ci si lascia abbandonare al sonno beato. Ci si accovacciò con tutto l’abbandono possibile, accoccolandosi meglio, tra un ripiano e l’altro. Lasciò degli enormi spazi vuoti, perché ancora sentiva di non poterli prendere, di non doverli attraversare. Ci sarebbe stato tempo.

C’era tutta la vita per scoprire quegli spazi. Aveva tutta la vita per poterne scovare i segreti, assaporarne le storie, incontrarne le memorie.  Così tra una carezza e una tenerezza sentì in lontananza la sua risata. Si sforzò di ascoltarla, ora ne aveva le forze. Restò in ascolto.

E quella d’improvviso rise più forte, argentina e chiara.

-        Ridi ancora, si disse, ridi, ti sento! Si, sei vicina … eccoti! Ti ho ritrovata! Fatti guardare … sei tu? Si! Sei proprio tu, sono io! Eccomi, sono qui! Sono qui e rido … e sono felice! Eccomi finalmente, mi sono ritrovata. E queste cosa sono? Lacrime. Rido e piango, per la felicità! Che gioia vivere!

E così dicendo si abbracciò forte. Si volse infine e l’armadio la strinse a sé prendendola in braccio.

E si accorse che lui aveva gambe e braccia e occhi dolci di bambino. E si accorse che l’armadio era un uomo, un ragazzino. Si accorse di sentirsi a casa, di volerselo tenere tutto per sé . Dentro di lui si stava così bene …

Non voglio lasciarti per nulla al mondo, gli disse.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Scarlett87