Fandom: Merlin.
Pairing/Personaggi: Arthur/Merlin, Kilgharrah, Morgana, più vari nominati.
Rating: Pg13;
Beta: Barry
Allen waferkya.
Genere: Introspettivo, Romantico.
Warning: Reincarnation!AU, Slash, Spin-off.
Words: 2083 (fiumidiparole).
Summary: I sogni di Arthur non sono proprio spariti e Merlin non sa controllare la propria magia.
Note: Spin-off di Take my Hand, Come Back to the Land. Il titolo, come quello della storia che la precede, è un verso di Stripped dei Depeche Mode. Scritta per la quarta settimana della COW-T 2 di maridichallenge, Missione 2: Poi – Team Magic Sticks.
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
Metropolis has Nothing on This
A dire il vero, i sogni non erano del tutto scomparsi. Si
erano diradati, tutto qui.
C’erano ancora notti in cui Arthur, nel suo mondo onirico, tornava ad essere un Principe – o un Re, a seconda del periodo
cronologico in cui erano ambientati – e si rendeva conto che tutte le persone
importanti della sua vita erano lì: suo padre, i suoi amici, i suoi professori.
E Merlin.
Mancava sempre sua madre, ovviamente, e Kay, il suo fratellino, che
frequentava ancora il liceo. E non voleva nemmeno pensare a quanto quella
stronza di Morgana fosse spaventosa, nel passato. Ancora più del presente,
cioè.
Per quello lui era sempre felice di tornare a casa, al risveglio, anche
se c’erano cose che inevitabilmente perdeva – il suo
regno, il trono, i baci di Gwen quand’era ragazzo,
l’eterna fedeltà di Merlin quando era vecchio; Arthur pensava fosse il prezzo
da pagare per ciò che aveva guadagnato qui.
*°*°*°*°*
Il Professor Kilgharrah – il cui nome di
battesimo, guarda caso, era Draco – insegnava
psicologia al Camelot, una
materia che Arthur a dir poco detestava. Perché si era iscritto al corso,
allora? Per capire se era pazzo, ovviamente.
Dopo che i sogni erano cominciati, gli era sembrato l’unico modo per
fare chiarezza e capire se quello che credeva di sapere poteva essere vero o
no, senza fare qualcosa di sospetto come andare da uno strizzacervelli.
Comunque non era a causa di quello che stava per bussare alla porta del
suo ufficio. Stava per farlo perché Kilgharrah aveva
il potere, era un mago, proprio come Merlin; Arthur ne era certo ed era
in cerca di un modo per spiegare al suo nuovo amico quello che gli stava
succedendo. Cosa poteva essere meglio di una
chiacchierata da stregone a stregone?
«Merlin è qui» esordì una volta entrato nello studio del Professore.
«Chi?» fu la pronta risposta di quest’ultimo.
«Merlin. O Emrys,
come preferisce chiamarlo. È qui, ha il potere e non sa come usarlo» spiegò spiccio.
«Ah» fu tutto ciò che rispose Kilgharrah, poi
– con molta calma – continuò: «E tu perché sei qui, Arthur Pendragon?»
Lui si accigliò. «Perché… perché lei è come
lui. E può aiutarlo, può spiegargli come padroneggiare
la magia» sbottò, impulsivo.
Il Professore iniziò a ridere. Sonoramente.
«Se pure, per assurdo, credessi alla tua bizzarra teoria sulla
reincarnazione, Mr. Pendragon, perché dovrei accollarmi una simile responsabilità?» domandò
ragionevolmente, dopo qualche minuto di ilarità.
Arthur sbatté le ciglia. Già, perché? Come fai a spiegare ad un uomo alto quasi due metri, che ti fissa con un paio di
inquietanti occhi dorati e con un sogghigno da squalo, che in un'altra vita era
un lucertolone gigante molto amico del mago più famoso di tutti i tempi?
«Ha presente Dragonheart?» [1] esordì, facendo sì che il docente inarcasse un sopraciglio
«Merlin è Bowen e lei è Draco»
concluse, convinto.
«Un’analogia molto interessante» replicò Kilgharrah,
incrociando con aria pigra le braccia sulla scrivania, davanti a sé «Ma non è
una risposta».
Arthur, con molta eleganza e maturità, s’imbronciò.
*°*°*°*°*
«Questa camera è…» iniziò Merlin, non appena Arthur lo invitò ad entrare nella sua stanza.
«Invidiabile? Straordinaria? Meravigliosa?» gli venne in aiuto lui.
«Un porcile» concluse l’amico, osservando gli
abiti sparsi in giro ed i libri accatastati alla rinfusa sulla scrivania, per
poi lasciar scivolare lo sguardo sul letto disfatto, il tappeto di traverso e
le carte di snack ammucchiate sul comodino.
«Sei una ragazza, Emrys?» sbuffò Arthur,
infastidito «Se vuoi metterti a rassettare, fai pure» lo invitò con un ampio
gesto.
«Per chi mi hai preso, per il tuo servo?» ribatté mordente
l’interpellato «Sono qui per darti una mano con quel compito, perché ti sei
quasi messo a frignare, ieri sera, quando hai ricordato la scadenza
dell’esame».
«Non stavo frignando» esclamò l’altro scandalizzato.
«Stavi decisamente frignando».
«Ripetilo e…» cominciò Arthur.
«E cosa?» lo provocò Merlin con un sorriso furbetto.
Ti faccio svuotare i vasi da notte di tutto il castello, stava
per venirgli fuori, poi si ricordò che i pitali non si usavano più da almeno un
secolo e che non esisteva nessuno castello. Si
accigliò, irritato con se stesso. A volte con Merlin gli succedevano queste
cose e non sempre lui riusciva a frenarsi in tempo. Doveva sembrare proprio uno
svitato.
«Pronto? Terra chiama Pendragon.
Pendragon, mi ricevi?» lo
riscosse l’amico, sventolando una mano davanti alla sua faccia.
Arthur sbuffò, afferrò il suo polso, tirandolo verso di sé, ed aiutato dal fattore sorpresa e dal peso – per quanto
esiguo – dello stesso Merlin, lo proiettò sul letto lì vicino.
«Non è corretto» protestò Emrys.
«Non so di cosa parli» lui tentò di fare orecchie da
mercante, ma all’improvviso la porta della camera si spalancò da sola,
buttandolo giù come un birillo.
Merlin scoppiò a ridere e poi chiese: «Hai i fantasmi a casa, Arthur?»
Questi grugnì e scollò la guancia dalle mattonelle per rivolgergli
un’occhiataccia. Sul serio non se ne rendeva conto? «Dobbiamo
davvero parlare di questa faccenda della tua magia innata e di quanto questo
sia scorretto: usarla contro gli amici. Metti su muscoli, anziché approfittare
dei tuoi doni».
Merlin si ghiacciò.
«M-magia? Di che
accidenti parli?» smozzicò, dopo quasi un minuto
intero.
Arthur si mise seduto e lo fissò con calma. «Della
porta che si apre da sola, della birra che mi è risalita al naso ieri sera al
pub, della mia cartella che si è sfondata nel bel mezzo del corridoio qualche
giorno fa, della palla che mi è schizzata in faccia il giorno che ci siamo
conosciuti… devo continuare? Magia, idiota. La tua magia» rispose, cercando di mantenere un tono tranquillo, che non
lo spaventasse; Emrys lo stava già guardando con gli
occhi terrorizzati di un coniglietto, non era il caso di infierire.
«Hai fumato quella roba strana che si è
procurano Gwaine?» tentò Merlin con un sorrisino
tremolante.
Arthur storse la bocca. «No, te l’ho detto che
non mi piacciono quelle schifezze. Dico sul serio, Emrys».
«S-sono solo
coincidenze. N-non… non puoi dimostrare niente!» esplose questi.
«Dimostrare?» fece lui incredulo «A che
mi serve dimostrarlo? Non devo mica portarti davanti all’Inquisizione
Spagnola» sorrise divertito «Ehi, senti, basta che la smetti di accanirti su di
me, d’accordo? Puoi controllarlo, se vuoi» aggiunse
con più tatto, quando si rese conto che l’amico sembrava solo più teso.
«Che diavolo ne sai tu?» sbottò, infatti.
«Non sei il solo, ci sono altri come te».
«Tu?» chiese scettico Merlin.
«No, non io, i miei unici doni sono… sai… un fisico da infarto e fegato
da vendere» Arthur sorrise affascinante «Ma conosco un paio di persone»
aggiunse più serio, pensando al Professor Kilgharrah ed a Morgana, la figlioccia di suo padre.
Emrys scosse la testa. «Mi stai prendendo in
giro» disse cocciuto «E non è divertente».
Allora lui si alzò per sedersi al suo fianco e mettergli una mano sulla
spalla. «Ehi, non sono così tanto coglione,
okay?» all’occhiata dubbiosa dell’amico alzò gli occhi al cielo, ma poi
continuò: «Possiamo sistemare la cose. Sta tranquillo, idiota»
e lo scosse leggermente, prima di attirarlo contro il suo petto e sfregargli le
nocche sul cuoio capelluto, facendolo gemere come una ragazzina.
Quando lo lasciò finalmente andare, Merlin si passò una mano tra i
capelli, borbottando un ennesimo Ouch, ma
stava sorridendo.
Arthur assentì, soddisfatto. «Così va meglio» approvò, sorridendo a sua
volta.
*°*°*°*°*
C’era un motivo fondato per il quale Arthur era consapevole
di non essere pazzo: fatta eccezione per i suoi genitori, Morgana, Gwen ed Elyan, che conosceva fin
da bambino, lui aveva incontrato Gwaine, Lancelot, Leon, Percival e tutti gli altri solo dopo che i sogni erano
cominciati.
Si era avvicinato a loro proprio per quello, a dirla tutta, ed una cosa l’aveva sorpreso – ma nemmeno poi così tanto,
perché se si fosse soffermato a pensarci si sarebbe accorto che era logico;
peccato lui non fosse tipo che riflettesse prima di agire –, non appena aveva
attaccato bottone con loro: erano andati subito tutti d’accordo, formando una
squadra di football forte e compatta, ed un circolo di amici indissolubile,
come se si conoscessero da tutta la vita.
Lo stesso era accaduto con Merlin, il giorno in cui l’aveva incontrato.
L’aveva invitato a venire con loro al pub, quella sera, e lui si era subito
inserito nel gruppo con la facilità di un tassello di mosaico mancante. Arthur
era stato certo che sarebbe accaduto, per questo gli aveva detto: «So che
diventeremo ottimi amici», quella mattina.
Ora, quasi un mese dopo, mentre lo osservava seduto dall’altra parte del
tavolo, intento a confabulare sottovoce con Gwaine,
cercava solo di non pensare a quanto fosse stupidamente adorabile con addosso quella felpa blu – aveva la stampa di un pinguino
sul davanti! – ed i capelli arruffati come un nido
d’uccelli.
Morgana, a capotavola, gli rivolse un sorrisetto saputo e Arthur
ricambiò con una smorfia. Okay, aveva un cotta per Emrys, e allora?
«Se son rose, fioriranno» cinguettò la ragazza.
«Ci tieni tanto ai capelli?» replicò lui, a mo’ di minaccia, impugnando
un coltello.
«Provaci e da domani potranno chiamarti Arlene»
rispose a tono Morgana.
Le Fay un par di
palle, era una strega, ecco cosa! E non nel senso che aveva poteri magici; era
proprio una megera.
*°*°*°*°*
Arthur non era
esattamente famoso per essere uno che si arrendeva facilmente, per quello,
qualche giorno dopo, si trovava di nuovo davanti all’ufficio del Professor Kilgharrah. Tuttavia, prima che potesse bussare alla porta,
questa si spalancò, mostrandogli il cipiglio severo del docente.
«Sapevo che ti avrei trovato qui» borbottò questi, con voce
cavernosa, lasciandogli lo spazio per entrare, prima di richiudere con
attenzione la porta.
Il ragazzo si chiese se avesse avuto una visione magica di quell’evento,
ma venne subito riscosso da quelle riflessioni.
«Stammi bene a sentire, Arthur Pendragon»
scandì Kilgharrah, cappeggiando su di lui con la sua
mole imponente, nonostante l’allievo fosse tutt’altro che uno scricciolo
«Omonimo o no, non mi importa un accidenti di chi tu
fossi – o credi si essere stato – in una vita passata. Sapere cosa sono
non ti dà il diritto di ricattarmi, né di comandarmi a bacchetta» si avvicinò a
lui di qualche passo, costringendolo ad indietreggiare
ed Arthur si rese conto che, anche se il Drago non aveva ricordi, nulla
l’avrebbe messo di nuovo in catene o al servizio di qualcuno. «Provocami ancora
ed io renderò la tua vita un inferno, puoi starne
certo, non importa che tuo padre sia il maledettissimo fondatore di questa
università. Ora prendi questo e sparisci» concluse,
schiaffandogli un foglietto sul petto.
«Cos’è?» chiese il ragazzo, dispiegandolo con circospezione.
«Una lista di libri di magia per principianti. Dalla al tuo amico e poi andatevene al diavolo lontano da
me» ordinò, riaprendo la porta dell’ufficio.
Arthur gli rivolse un sorriso entusiasta. «Lei è una brava persona,
Signore» dichiarò, correndo via prima che Kilgharrah
iniziasse a sputare fuoco; qualcosa gli diceva che poteva farlo anche in quella
forma.
*°*°*°*°*
Arthur non si limitò a dare la lista a Merlin, si procurò
personalmente tutti i libri – molti dei quali erano antichi e costosi – e
glieli fece recapitare a casa. La faccia stupita dell’amico non aveva prezzo.
«Ehi, te l’avevo detto che potevamo sistemare le cose» disse soddisfatto, mettendogli una mano sulla spalla e,
all’improvviso, Emrys gli gettò le braccia al collo e
si strinse forte a lui, ridendo di pura gioia.
Arthur barcollò, travolto dal suo peso non poi così esiguo e da tutti
gli spigoli acuti delle sue ossa, ma lo abbracciò deliziato, approfittando del
momento affondare il naso nel suo collo lungo ed
assaporare il suo profumo. Quando Merlin, ancora sorridente, si scostò appena
per ringraziarlo, lui lo baciò morbidamente sulle labbra, come
era normale, come aveva sempre fatto. Solo che quello era il ventunesimo
secolo, non il sogno, e quindi gli occhi dell’amico si spalancarono, perché non
era normale un accidenti.
Arthur sentì il cuore precipitargli più o meno
nella zona delle caviglie ed impallidì. «Scusa, io… non so proprio cosa mi sia
preso» smozzicò, sfuggendo il suo sguardo,
imbarazzato.
Si aspettava tante cose: un pugno, probabilmente – perché dopotutto
Merlin era un uomo ed era così che le persone normali, cioè etero e sane di
mente, reagivano a certe cose – o che fuggisse per non rivolgergli mai più la
parola, e quando Emrys lo prese
per il collo della maglia e lo spinse contro il muro, non chiuse gli occhi,
obbligandosi a vedere il colpo arrivare. Solo che ciò che arrivò non era affatto un cazzotto e all’improvviso le labbra di
Merlin erano sulle sue ed Arthur aveva la bocca piena della sua lingua, e
magari sì, okay, stava gemendo come un ragazzina.
Si aggrappò a lui, stringendo i suoi fianchi ossuti ed
attirandolo di più contro di sé, mentre si puntellava alla parete per tenersi
in piedi, perché gli si stavano piegando le ginocchia, e pensò di non essere
mai stato tanto felice del fatto che non si potesse fuggire dal Destino.
FINE.