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Autore: samek    17/02/2012    3 recensioni
Spin-off di "Take my Hand, Come Back to the Land": I sogni di Arthur non sono proprio spariti e Merlin non sa controllare la propria magia.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Drago, Morgana | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Fandom: Merlin

Fandom: Merlin.

Pairing/Personaggi: Arthur/Merlin, Kilgharrah, Morgana, più vari nominati.

Rating: Pg13;

Beta: Barry Allen waferkya.

Genere: Introspettivo, Romantico.

Warning: Reincarnation!AU, Slash, Spin-off.

Words: 2083 (fiumidiparole).

Summary: I sogni di Arthur non sono proprio spariti e Merlin non sa controllare la propria magia.

Note: Spin-off di Take my Hand, Come Back to the Land. Il titolo, come quello della storia che la precede, è un verso di Stripped dei Depeche Mode. Scritta per la quarta settimana della COW-T 2 di maridichallenge, Missione 2: Poi – Team Magic Sticks.

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù

 

Metropolis has Nothing on This

 

A dire il vero, i sogni non erano del tutto scomparsi. Si erano diradati, tutto qui.
C’erano ancora notti in cui Arthur, nel suo mondo onirico, tornava ad essere un Principe – o un Re, a seconda del periodo cronologico in cui erano ambientati – e si rendeva conto che tutte le persone importanti della sua vita erano lì: suo padre, i suoi amici, i suoi professori. E Merlin.
Mancava sempre sua madre, ovviamente, e Kay, il suo fratellino, che frequentava ancora il liceo. E non voleva nemmeno pensare a quanto quella stronza di Morgana fosse spaventosa, nel passato. Ancora più del presente, cioè.
Per quello lui era sempre felice di tornare a casa, al risveglio, anche se c’erano cose che inevitabilmente perdeva – il suo regno, il trono, i baci di Gwen quand’era ragazzo, l’eterna fedeltà di Merlin quando era vecchio; Arthur pensava fosse il prezzo da pagare per ciò che aveva guadagnato qui.

*°*°*°*°*


Il Professor Kilgharrah – il cui nome di battesimo, guarda caso, era Draco – insegnava psicologia al Camelot, una materia che Arthur a dir poco detestava. Perché si era iscritto al corso, allora? Per capire se era pazzo, ovviamente.
Dopo che i sogni erano cominciati, gli era sembrato l’unico modo per fare chiarezza e capire se quello che credeva di sapere poteva essere vero o no, senza fare qualcosa di sospetto come andare da uno strizzacervelli.
Comunque non era a causa di quello che stava per bussare alla porta del suo ufficio. Stava per farlo perché Kilgharrah aveva il potere, era un mago, proprio come Merlin; Arthur ne era certo ed era in cerca di un modo per spiegare al suo nuovo amico quello che gli stava succedendo. Cosa poteva essere meglio di una chiacchierata da stregone a stregone?
«Merlin è qui» esordì una volta entrato nello studio del Professore.
«Chi?» fu la pronta risposta di quest’ultimo.
«Merlin. O Emrys, come preferisce chiamarlo. È qui, ha il potere e non sa come usarlo» spiegò spiccio.
«Ah» fu tutto ciò che rispose Kilgharrah, poi – con molta calma – continuò: «E tu perché sei qui, Arthur Pendragon?»
Lui si accigliò. «Perché… perché lei è come lui. E può aiutarlo, può spiegargli come padroneggiare la magia» sbottò, impulsivo.
Il Professore iniziò a ridere. Sonoramente.
«Se pure, per assurdo, credessi alla tua bizzarra teoria sulla reincarnazione, Mr. Pendragon, perché dovrei accollarmi una simile responsabilità?» domandò ragionevolmente, dopo qualche minuto di ilarità.
Arthur sbatté le ciglia. Già, perché? Come fai a spiegare ad un uomo alto quasi due metri, che ti fissa con un paio di inquietanti occhi dorati e con un sogghigno da squalo, che in un'altra vita era un lucertolone gigante molto amico del mago più famoso di tutti i tempi?
«Ha presente Dragonheart[1] esordì, facendo sì che il docente inarcasse un sopraciglio «Merlin è Bowen e lei è Draco» concluse, convinto.
«Un’analogia molto interessante» replicò Kilgharrah, incrociando con aria pigra le braccia sulla scrivania, davanti a sé «Ma non è una risposta».
Arthur, con molta eleganza e maturità, s’imbronciò.

*°*°*°*°*


«Questa camera è…» iniziò Merlin, non appena Arthur lo invitò ad entrare nella sua stanza.
«Invidiabile? Straordinaria? Meravigliosa?» gli venne in aiuto lui.
«Un porcile» concluse l’amico, osservando gli abiti sparsi in giro ed i libri accatastati alla rinfusa sulla scrivania, per poi lasciar scivolare lo sguardo sul letto disfatto, il tappeto di traverso e le carte di snack ammucchiate sul comodino.
«Sei una ragazza, Emrys?» sbuffò Arthur, infastidito «Se vuoi metterti a rassettare, fai pure» lo invitò con un ampio gesto.
«Per chi mi hai preso, per il tuo servo?» ribatté mordente l’interpellato «Sono qui per darti una mano con quel compito, perché ti sei quasi messo a frignare, ieri sera, quando hai ricordato la scadenza dell’esame».
«Non stavo frignando» esclamò l’altro scandalizzato.
«Stavi decisamente frignando».
«Ripetilo e…» cominciò Arthur.
«E cosa?» lo provocò Merlin con un sorriso furbetto.
Ti faccio svuotare i vasi da notte di tutto il castello, stava per venirgli fuori, poi si ricordò che i pitali non si usavano più da almeno un secolo e che non esisteva nessuno castello. Si accigliò, irritato con se stesso. A volte con Merlin gli succedevano queste cose e non sempre lui riusciva a frenarsi in tempo. Doveva sembrare proprio uno svitato.
«Pronto? Terra chiama Pendragon. Pendragon, mi ricevi?» lo riscosse l’amico, sventolando una mano davanti alla sua faccia.
Arthur sbuffò, afferrò il suo polso, tirandolo verso di sé, ed aiutato dal fattore sorpresa e dal peso – per quanto esiguo – dello stesso Merlin, lo proiettò sul letto lì vicino.
«Non è corretto» protestò Emrys.
«Non so di cosa parli» lui tentò di fare orecchie da mercante, ma all’improvviso la porta della camera si spalancò da sola, buttandolo giù come un birillo.
Merlin scoppiò a ridere e poi chiese: «Hai i fantasmi a casa, Arthur?»
Questi grugnì e scollò la guancia dalle mattonelle per rivolgergli un’occhiataccia. Sul serio non se ne rendeva conto? «Dobbiamo davvero parlare di questa faccenda della tua magia innata e di quanto questo sia scorretto: usarla contro gli amici. Metti su muscoli, anziché approfittare dei tuoi doni».
Merlin si ghiacciò.
«M-magia? Di che accidenti parli?» smozzicò, dopo quasi un minuto intero.
Arthur si mise seduto e lo fissò con calma. «Della porta che si apre da sola, della birra che mi è risalita al naso ieri sera al pub, della mia cartella che si è sfondata nel bel mezzo del corridoio qualche giorno fa, della palla che mi è schizzata in faccia il giorno che ci siamo conosciuti… devo continuare? Magia, idiota. La tua magia» rispose, cercando di mantenere un tono tranquillo, che non lo spaventasse; Emrys lo stava già guardando con gli occhi terrorizzati di un coniglietto, non era il caso di infierire.
«Hai fumato quella roba strana che si è procurano Gwaine?» tentò Merlin con un sorrisino tremolante.
Arthur storse la bocca. «No, te l’ho detto che non mi piacciono quelle schifezze. Dico sul serio, Emrys».
«S-sono solo coincidenze. N-non… non puoi dimostrare niente!» esplose questi.
«Dimostrare?» fece lui incredulo «A che mi serve dimostrarlo? Non devo mica portarti davanti all’Inquisizione Spagnola» sorrise divertito «Ehi, senti, basta che la smetti di accanirti su di me, d’accordo? Puoi controllarlo, se vuoi» aggiunse con più tatto, quando si rese conto che l’amico sembrava solo più teso.
«Che diavolo ne sai tu?» sbottò, infatti.
«Non sei il solo, ci sono altri come te».
«Tu?» chiese scettico Merlin.
«No, non io, i miei unici doni sono… sai… un fisico da infarto e fegato da vendere» Arthur sorrise affascinante «Ma conosco un paio di persone» aggiunse più serio, pensando al Professor Kilgharrah ed a Morgana, la figlioccia di suo padre.
Emrys scosse la testa. «Mi stai prendendo in giro» disse cocciuto «E non è divertente».
Allora lui si alzò per sedersi al suo fianco e mettergli una mano sulla spalla. «Ehi, non sono così tanto coglione, okay?» all’occhiata dubbiosa dell’amico alzò gli occhi al cielo, ma poi continuò: «Possiamo sistemare la cose. Sta tranquillo, idiota» e lo scosse leggermente, prima di attirarlo contro il suo petto e sfregargli le nocche sul cuoio capelluto, facendolo gemere come una ragazzina.
Quando lo lasciò finalmente andare, Merlin si passò una mano tra i capelli, borbottando un ennesimo Ouch, ma stava sorridendo.
Arthur assentì, soddisfatto. «Così va meglio» approvò, sorridendo a sua volta.

*°*°*°*°*

C’era un motivo fondato per il quale Arthur era consapevole di non essere pazzo: fatta eccezione per i suoi genitori, Morgana, Gwen ed Elyan, che conosceva fin da bambino, lui aveva incontrato Gwaine, Lancelot, Leon, Percival e tutti gli altri solo dopo che i sogni erano cominciati.
Si era avvicinato a loro proprio per quello, a dirla tutta, ed una cosa l’aveva sorpreso – ma nemmeno poi così tanto, perché se si fosse soffermato a pensarci si sarebbe accorto che era logico; peccato lui non fosse tipo che riflettesse prima di agire –, non appena aveva attaccato bottone con loro: erano andati subito tutti d’accordo, formando una squadra di football forte e compatta, ed un circolo di amici indissolubile, come se si conoscessero da tutta la vita.
Lo stesso era accaduto con Merlin, il giorno in cui l’aveva incontrato. L’aveva invitato a venire con loro al pub, quella sera, e lui si era subito inserito nel gruppo con la facilità di un tassello di mosaico mancante. Arthur era stato certo che sarebbe accaduto, per questo gli aveva detto: «So che diventeremo ottimi amici», quella mattina.
Ora, quasi un mese dopo, mentre lo osservava seduto dall’altra parte del tavolo, intento a confabulare sottovoce con Gwaine, cercava solo di non pensare a quanto fosse stupidamente adorabile con addosso quella felpa blu – aveva la stampa di un pinguino sul davanti! – ed i capelli arruffati come un nido d’uccelli.
Morgana, a capotavola, gli rivolse un sorrisetto saputo e Arthur ricambiò con una smorfia. Okay, aveva un cotta per Emrys, e allora?
«Se son rose, fioriranno» cinguettò la ragazza.
«Ci tieni tanto ai capelli?» replicò lui, a mo’ di minaccia, impugnando un coltello.
«Provaci e da domani potranno chiamarti Arlene» rispose a tono Morgana.
Le Fay un par di palle, era una strega, ecco cosa! E non nel senso che aveva poteri magici; era proprio una megera.

*°*°*°*°*

 

Arthur non era esattamente famoso per essere uno che si arrendeva facilmente, per quello, qualche giorno dopo, si trovava di nuovo davanti all’ufficio del Professor Kilgharrah. Tuttavia, prima che potesse bussare alla porta, questa si spalancò, mostrandogli il cipiglio severo del docente.

«Sapevo che ti avrei trovato qui» borbottò questi, con voce cavernosa, lasciandogli lo spazio per entrare, prima di richiudere con attenzione la porta.
Il ragazzo si chiese se avesse avuto una visione magica di quell’evento, ma venne subito riscosso da quelle riflessioni.
«Stammi bene a sentire, Arthur Pendragon» scandì Kilgharrah, cappeggiando su di lui con la sua mole imponente, nonostante l’allievo fosse tutt’altro che uno scricciolo «Omonimo o no, non mi importa un accidenti di chi tu fossi – o credi si essere stato – in una vita passata. Sapere cosa sono non ti dà il diritto di ricattarmi, né di comandarmi a bacchetta» si avvicinò a lui di qualche passo, costringendolo ad indietreggiare ed Arthur si rese conto che, anche se il Drago non aveva ricordi, nulla l’avrebbe messo di nuovo in catene o al servizio di qualcuno. «Provocami ancora ed io renderò la tua vita un inferno, puoi starne certo, non importa che tuo padre sia il maledettissimo fondatore di questa università. Ora prendi questo e sparisci» concluse, schiaffandogli un foglietto sul petto.
«Cos’è?» chiese il ragazzo, dispiegandolo con circospezione.
«Una lista di libri di magia per principianti. Dalla al tuo amico e poi andatevene al diavolo lontano da me» ordinò, riaprendo la porta dell’ufficio.
Arthur gli rivolse un sorriso entusiasta. «Lei è una brava persona, Signore» dichiarò, correndo via prima che Kilgharrah iniziasse a sputare fuoco; qualcosa gli diceva che poteva farlo anche in quella forma.

*°*°*°*°*


Arthur non si limitò a dare la lista a Merlin, si procurò personalmente tutti i libri – molti dei quali erano antichi e costosi – e glieli fece recapitare a casa. La faccia stupita dell’amico non aveva prezzo.
«Ehi, te l’avevo detto che potevamo sistemare le cose» disse soddisfatto, mettendogli una mano sulla spalla e, all’improvviso, Emrys gli gettò le braccia al collo e si strinse forte a lui, ridendo di pura gioia.
Arthur barcollò, travolto dal suo peso non poi così esiguo e da tutti gli spigoli acuti delle sue ossa, ma lo abbracciò deliziato, approfittando del momento affondare il naso nel suo collo lungo ed assaporare il suo profumo. Quando Merlin, ancora sorridente, si scostò appena per ringraziarlo, lui lo baciò morbidamente sulle labbra, come era normale, come aveva sempre fatto. Solo che quello era il ventunesimo secolo, non il sogno, e quindi gli occhi dell’amico si spalancarono, perché non era normale un accidenti.
Arthur sentì il cuore precipitargli più o meno nella zona delle caviglie ed impallidì. «Scusa, io… non so proprio cosa mi sia preso» smozzicò, sfuggendo il suo sguardo, imbarazzato.
Si aspettava tante cose: un pugno, probabilmente – perché dopotutto Merlin era un uomo ed era così che le persone normali, cioè etero e sane di mente, reagivano a certe cose – o che fuggisse per non rivolgergli mai più la parola, e quando Emrys lo prese per il collo della maglia e lo spinse contro il muro, non chiuse gli occhi, obbligandosi a vedere il colpo arrivare. Solo che ciò che arrivò non era affatto un cazzotto e all’improvviso le labbra di Merlin erano sulle sue ed Arthur aveva la bocca piena della sua lingua, e magari sì, okay, stava gemendo come un ragazzina.
Si aggrappò a lui, stringendo i suoi fianchi ossuti ed attirandolo di più contro di sé, mentre si puntellava alla parete per tenersi in piedi, perché gli si stavano piegando le ginocchia, e pensò di non essere mai stato tanto felice del fatto che non si potesse fuggire dal Destino.

 

FINE.

 

   
 
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