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Autore: EverShadow    18/02/2012    4 recensioni
Ambientato nel 18° secolo in Europa. All’età di 10 anni, Santana Lopez, nata in una famiglia benestante, conosce una contadina chiamata Brittany. A discapito delle differenze tra le due classi sociali, Santana si innamora di lei. [Traduzione]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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xcv Buongiorno a tutti! Questa fanfic non l’ho scritta io ma EverShadow che ovviamente mi ha dato il permesso di tradurla. Spero di averlo fatto nel modo giusto visto che non ho mai avuto l’occasione di farlo. Qui potete trovare la storia in lingua originale: http://www.fanfiction.net/s/6506398/1/Music_Box

Detto questo vi auguro una buona lettura!!


Prologo: Regalo di compleanno


La famiglia Lopez non era una di quelle famiglie su cui scherzare. Loro erano amici intimi del re e la loro fortuna e influenza non conoscevano limiti. Questo non era come se la famiglia Lopez voleva sovrastare su chiunque infatti erano considerati come gente per bene con un padre, una madre e la loro unica figlia. Gli unici problemi che avevano avuto era con la famiglia Karofsky che erano stati spodestati dal loro trono quando è stata scoperta la loro negligenza a sorvegliare il principe durante una visita. Il principe era scivolato e caduto nel fiume, inzuppandolo fino all’osso facendolo quasi annegare. Il Duca era un medico e raggiunse il suo posto nell’alta società quando salvò il figlio del re da una terribile malattia. Nessun altro medico conosceva come curare il ragazzo. Ma l’allora Marchese Lopez diede un’occhiata al ragazzo e lo curò solo come lui sapeva fare standogli affianco per un’intera settimana, non lasciandolo per nessun motivo ad eccezione quando era veramente necessario. Quando il ragazzo finalmente si svegliò e la febbre fu sparita, il re pianse dal sollievo. Così il re lo assunse immediatamente come suo medico personale e qualche volta anche come consigliere. Il Marchese Lopez divenne così Duca prendendo il titolo nobiliare dalla testa della famiglia Karofsky e questo fu la causa del rancore tra le due famiglie.

Il Duca Lopez si affermò non solo come un talentuoso medico, ma anche come un carismatico ed efficace diplomato. Lui usò questa sua forte influenza per riparare e rinforzare le relazioni con gli alleati e le sue azioni servivano anche per fare in modo che il re si fidasse di lui sempre più. Loro erano considerati coloro che portarono la pace nelle nazioni vicine e istituirono nuovi trattati con nazioni lontane dal regno. Il re si era vantato molto spesso del suo consigliere, dicendo che era solo grazie a lui che iniziò una nuova era di ricchezza e di prosperità nella loro grande nazione.

La famiglia Lopez avevano solo una figlia, una brillante e vivace bambina chiamata Santana. Il re una volta chiese al Duca il perché non avevano mai provato ad avere altri figli. Lui gli promise che se avrebbe avuto un altro figlio gli avrebbe dato il privilegio di avere il più alto titolo nobiliare che poteva dargli. Ma il Duca rifiutò, attribuendo la sua esitazione alla fragilità di sua moglie.

“Ho già rischiato di perderla durante la gravidanza. Non voglio rischiare un’altra volta. E inoltre ho già la più bella bambina che un padre vorrebbe avere e io sono a posto così.” Rispondeva il Duca ogni volta che il re glielo chiedeva.

Sin da quando era bambina, chiunque la vedesse era convinto che lei era destinata a diventare una bellissima ragazza, se possibile ancora più bella di qualsiasi altro figlio dei Fabray. Anche i Fabray avevano una figlia della stessa età di Santana. La loro famiglia si occupava della finanza del Paese, e decidevano a chi imprestare soldi e a rimborsarli. I Fabray erano conosciuti anche per la loro impareggiabile bellezza. Per molte generazioni, gli uomini e le donne della loro famiglia erano famosi per il fatto di spezzare cuori semplicemente entrando in una stanza. La figlia più grande già faceva i suoi affari a corte nonostante la sua giovane età. Già alcuni ragazzi, che erano in procinto di diventare degli uomini, avevano provato a corteggiarla ma lei li aveva respinti tutti facilmente, seguendo il consiglio della madre, ossia quello di “ottenere e scovare il più ricco e importante uomo che poteva trovare“. La loro seconda figlia, Quinn, sembrava seguire le orme della sorella. Lei e la figlia dei Lopez avevano giocato assieme numerose volte, mentre i loro padri discutevano di affari e le loro madri si intrattenevano con lunghe chiacchierate riguardanti i propri mariti, dei servitori e soprattutto del gossip di corte. Le due famiglie erano molto vicine anche a causa della loro posizione nobiliare ed erano fortunati perché andavano d’accordo.

Santana era un’amabile bambina. Cresceva senza dare importanza al mondo, educata dai più competenti insegnanti di lingue, retorica, musica e etichetta. Crescendo e partecipando alle feste con i suoi genitori, imparò velocemente come essere raffinata. Le donne di corte l’adulavano, convinte che lei era una piccola dolce principessa sicure che in futuro sarebbe riuscita ad attirare l’attenzione di qualche bel giovane. Santana in cambio sorrideva e ringraziava per i complimenti.

Ad essere onesti, Santana era un po’ difficile da tenere a bada. I domestici che lavoravano nell’estate della famiglia se ne resero subito conto. Appena imparò a gattonare, già andava in giro ad esplorare la casa con le sue dozzine di stanze e con un vasto giardino. La sua balia imparò subito che distogliendo lo sguardo dalla bambina poteva causare più di un’ora di ricerche. Santana sapeva tutti i posti migliori per nascondersi. Scorrazzava per tutta la casa, tuffandosi nelle credenze e ridacchiando fino a quando la balia la sentiva e la riportava con lei nella sua stanza.

Non c’era dubbio che Santana fosse viziata. Suo padre gli portava nuovi giochi ogni giorno. Molti di loro erano regali ricevuti dal re e una volta gli donò dei pony purosangue dalla criniera dorata per farla cavalcare quando sarebbe diventata più grande. Non c’era nessuna cosa che a Santana mancasse.

Crescendo nell’aristocrazia, Santana non trovava mai il tempo per gli amici. Era sempre occupata tra lezioni, partecipare a concerti oppure ad intrattenere gli ospiti. Come giovane ragazza spesso dava un’occhiata fuori e osservava gli stallieri e le domestiche a giocare a nascondino tra i cespugli. Sembravano felici, così contenti della propria vita che qualche volta Santana le venne voglia di unirsi a loro. Ma erano di ceto inferiore e sua madre gli aveva detto di non andare a giocare con loro se non voleva correre il rischio di farsi contagiare dalle malattie che avevano.

La curiosità e la ribellione, comunque, le fece ignorare quello che la madre le disse. Infatti una mattina, quando la balia non la stava guardando, scese nella stalla. Principalmente voleva vedere il pony bianco che aveva ricevuto dal re come regalo di compleanno anticipato. Trovò un ragazzo addormentato sdraiato sulla paglia e si avvicino pian piano. Il ragazzo aveva addosso una camicia bianca,  bretelle e pantaloni marroni. La sua faccia era nascosta da un capello che teneva sulla faccia per non farsi abbagliare dal sole. Santana, nel suo bianco vestito di pizzo e fronzoli, si fece avanti.

“Scusami.” Disse. Il ragazzo gli rispose russando. “Scusami!” Disse più forte. Il ragazzo si svegliò  saltando immediatamente in piedi.

“Huh? Cosa? Non colpirmi!” Rispose portando le proprie mani in posizione di difesa. “Non stavo dormendo, stavo pensando! Giuro!” Si guardò intorno e realizzò che non era in pericolo di essere stato scoperto che dormiva sul lavoro. Sospirò e rimise il suo capello in testa e sbadigliò. Sputò sulla paglia e si pulì il naso con la manica. Santana all’inizio era disgustata dalla sua mancanza di buone maniera ma allo stesso tempo l’affascinava. Lui rappresentava tutto quello che lei non era sporca, povera ma libera. Lo riconobbe come uno dei ragazzi che giocava nel cortile dalla famiglia e, se non sbagliava, era lo stalliere che era incaricato di prendere cura dei suoi pony.

 “Cosa vuoi?” Le chiese.

“Sono venuta quaggiù per vedere il mio pony, Eris.” Rispose. Il ragazzo sogghignò.

“Lui è qui.” Disse, indicando con il pollice una delle stalle dove il pony sbuffò e scosse la testa. Santana sorrise e osservava il ragazzo pulirsi i denti mentre guardava in giro.

“Cosa ci fai qui?” Gli chiese.

“Cosa pensi che ci faccia? Non ci sei mai stata in una stalla prima?” Ghignò. Santana si offese dal suo tono di voce e mise le braccia sulle anche arrabbiata.

“Questo non è il modo per parlare a una signora.” Disse indignata.

“Tu non sei una signora.” Rispose il ragazzo facendole la linguaccia. Santana si accigliò ancora di più vedendo le smorfie che le rivolgeva il ragazzo.

“Rimangiatelo! Io sono una signora! Sono educata e vestita come una di loro. Mio padre è un Duca.”

“Sicuramente non hai nessuna bellezza per cui vantarti! Pensavo che le signore dovevano essere bellissime!” La prese in giro il ragazzo. Santana voleva colpirlo ma l’insulto la colpì nel profondo e iniziò a piangere. Il ragazzo vedendola rise più forte. Ma appena i suoi lamenti furono sentiti al di fuori della stalla, un giovane uomo entrò per vedere cosa stava succedendo.

“Lady Santana!” Esclamò. Dando un’occhiata alla situazione per capire cosa fosse successo.

“Uh oh.” Disse il ragazzo allontanandosi. I suoi occhi scattarono all’uscita della stalla, chiedendosi quanto veloce le sue gambe potevano correre per evitare di essere beccato. Ma mentre decideva di muoversi, il padrone della stalla piombò dentro e lo prese dal retro della sua camicia tirandolo su.

“Come ti sei permesso di far piangere la giovane Lady?”

“Lasciami!” Piagnucolò il ragazzo cercando di divincolarsi dalla sua presa. L’uomo lo colpì sulla testa.

“La prossima volta che ti azzardi di fare piangere la giovane Lady, Puck, giuro che ti menerò così tanto che ti sentirà anche tua madre in paradiso!” Urlò lo stalliere. Santana, si divertì leggermente ma stava  male nel guardare lo stalliere colpirlo un paio di volte tra le spalle, strappando al ragazzo una lunga serie di bestemmie che Santana non aveva mai sentito prima ma causarono soltanto una rabbia crescente nell’uomo.

“Non bestemmiare di fronte alla Lady!” Comandò l’uomo.

“Scusa! Lasciami andare adesso!” Supplicò Puck. Finalmente preso dalla pietà, o forse dal desiderio di non sottoporre la figlia del Duca Lopez a simile violenza, lo stalliere lo mise giù.

“Mi scusi Lady. Puck è un po’ irascibile ma l’ha fatto a fin di bene e si prende cura dei vostri cavalli perfettamente. Se mi volete scusare.” L’uomo s’inchinò leggermente e uscì fuori per continuare a preparare i cavalli per la caccia pomeridiana. Puck si alzò, lievemente curvo sulle anche. Si massaggiò la testa e le spalle, controllando se c’era qualche danno permanente. I suoi occhi si riempirono di lacrime, trattenendole e cercando di ricacciarle indietro furiosamente.

“Perché sei ancora qui?” Chiese girandosi in modo da nascondere le lacrime per non affondare nella vergogna. Santana si asciugò le guance dalle lacrime.

“Hmph, non vorrei essere mai venuta qua!” Urlò prima di voltarsi uscendo dalla stalla e dirigersi verso casa. Lui si sdraiò sulla paglia, si strofinò gli occhi e singhiozzò silenziosamente prima di raggomitolarsi. Santana non poteva fare a meno di sentirsi un po’ dispiaciuta per il ragazzo anche se la aveva insultata.

Ritornata a casa, Quinn Fabray era appena arrivata per il solito appuntamento settimanale di gioco. A Santana le piaceva quella ragazzina, anche se a volte diventava un po’ sgradevole. Era una adorabile ragazzina bionda con occhi color nocciola e pelle che sembrava porcellana a Santana ricordava le bambole con cui giocava. La signora Lopez salutò la signora Fabray educatamente, invitandola per il tè, lasciando le due ragazzine a se stesse. Santana guardò Quinn che si spostò nervosamente.

“Vuoi giocare con le mie bambole?” Chiese Santana. Quinn annuì e le due si diressero nella stanza della ragazza. Quando furono entrate, salirono sul letto prendendo le bambole di porcellana dal comodino. Quinn vestì la sua bambola con un vestito da ballo mentre Santana optò per un pratico abbigliamento da equitazione.

“Domani sarà il mio compleanno, Quinn.” Disse Santana.

“Quanti ne compi?” Chiese Quinn.

“Ne farò 10, abbiamo la stessa età.”

“Non è vero, tu sei un pelo più grande di me!” controbatté Quinn mentre Santana aggrottò la fronte.

“Mio padre dice che diventerò una bambina grande, daremo una grandissima festa e tutti saranno invitati, anche te.” Disse Santana.

“Lo so mia madre me lo ha menzionato.” Rispose Quinn, sollevando la bambola così che potesse osservarla meglio.

“Mio padre mi porterà ad una casa d’aste così potrò prendere qualsiasi regalo che voglio.” Disse Santana vantandosi. Quinn fece un ampio sorriso. Le piaceva la casa d’aste, era piena di ogni sorta di oggetti e persone che agitano le mani. Aveva un felice ricordo di quel posto e specialmente le piaceva l’uomo con il martello con i suoi grossi baffi.

“Prendi un’altra bambola. Questa è vecchia.” Suggerì Quinn.

“E’ il mio compleanno.” Disse Santana. “Prenderò quello che voglio io.” Quinn tirò su le spalle con indifferenza.

“Prendi una bambola comunque.” Santana posò la bambola e guardò attraverso la finestra. Si stava annoiando di giocare con le bambole tutto il tempo. Era quello che voleva fare Quinn ogni singola volta che veniva da lei. Voleva uscire.

“Andiamo a giocare in giardino!” Disse Santana, saltando sul letto. Quinn la guardò come se avesse detto la cosa più ridicola che avesse mai sentito.

“Fuori? Ma ci sono le api là! L’ultima volta che abbiamo giocato fuori mi hanno punto e faceva veramente male!” Santana si ricordava di quel giorno. Stavano raccogliendo i fiori lungo un sentiero e Quinn ne raccolse uno dove c’era un’ape che non voleva dividere il fiore con la ragazzina e quindi punse Quinn proprio sulla mano. La bionda si lasciò sfuggire un grido che assordò Santana e fuggì dentro casa. Santana la seguì, facendo cadere i fiori sulla strada. Non si riuscì a calmare Quinn per ore e da allora evitò di avvicinarsi a qualsiasi fiore.

“Sarà divertente! Ti prometto che non verrai punta questa volta.” Si lamentò Santana.

“Non voglio.” Disse Quinn incrociando le braccia, rifiutandosi di muoversi.

“Bene. Io esco. E dico a tua madre che sei stata tu a rompere il set da tè quella volta che abbiamo fatto cadere sulla sala da ballo.” Gli occhi di Quinn si spalancarono quando senti minacciarsi.

“Non lo faresti mai!” Disse. Santana le fece la linguaccia.

“Allora vieni con me!” Disse uscendo dalla stanza. Quinn fece cadere la bambola sul letto e la seguì, dicendogli di fermarsi mentre attraversavano le cinque stanze che c’erano per arrivare alla porta che dava all’esterno. Prima che se ne rese conto si ritrovò in piedi sulla passerella a ciottoli in giardino, spostando il peso da un piede a l’altro.

“Santana… Non voglio stare qui.” Piagnucolò mentre Santana si potava al suo fianco.

“Avanti Quinn. Te lo prometto, prometto che non verrai punta!” Disse. Quinn si morse le labbra nervosamente e si guardò attorno. Vide i giardinieri che badavano ai fiori e un stalliere che stava camminando verso stalla attraversando il cortile. Santana seguì il suo sguardo e vide il ragazzo. Quest’ultimo, sentendosi osservato, alzò lo sguardo e quando incontrò lo sguardo di Santana le fece la linguaccia e camminò nella direzione opposta.

“Chi era quello?” Chiese Quinn.

“Uno stupido stalliere.” Rispose Santana.

“Dovresti dire a tuo padre di farlo educare, fargli capire qual è il suo posto. Non si dovrebbe comportare in quel modo con noi.” Disse Quinn. Santana alzò le spalle.

“Non mi importa di lui.” Passeggiando Quinn si dimenticò della sua paura. Si fermarono alla gigantesca fontana che si trovava al centro del giardino e si sederono sulle panchine pietra. La bionda si portò i capelli indietro.
“Mia sorella ha già un Duca che la vuole sposare. Mia madre ha detto che dovrebbe sposarlo perché è il più vicino per entrare nella monarchia. Dice che se gioco bene le mie carte, cresco bene e con l’aiuto di mia sorella forse potrò sposarmi con un principe!” Disse Quinn allegramente invece Santana alzò ancora una volta le spalle.

“Mio padre ha già molti soldi e non vedo il motivo di volerne altri.”

“Mia madre dice che se non si può sposare il re allora si può sempre sposare qualcuno che si avvicini e dovresti farlo anche tu.” Disse Quinn con una certa aria da snob. Santana non disse niente. Si era già sentita dire la stessa cosa da sua madre, tranne che sua madre non aveva menzionato la parola “dovere” ma l’aveva sostituita con “volere” facendo sottintendere, che a causa delle conoscenze che aveva il padre, Santana di doveva sposare per forza con uno di alto rango che fosse di suo piacere o meno. Santana non rispose mai niente, semplicemente annuiva e rispondeva “Si madre” come una brava ragazza dovrebbe.

“Quinn! Quinny!” Una voce le raggiunse dalla veranda sul retro. Quinn si alzò e si voltò verso Santana.

“Devo andare, mia madre mi sta chiamando. Ma ti vedrò alla tua festa domani. Assicurati che sarà divertente, capito?” Disse annuendo leggermente a Santana e si precipitò in casa. Santana si alzò e fece un grande sospiro. Guardò verso la stalla e si accorse che il giovane stalliere, Puck, la stava osservando. Lui le fece una boccaccia e Santana voltò la testa dall’alta parte in modo irriverente e tornò anche lei a casa.

Per un bambino di 9 anni, il giorno prima di compierne 10 dura una vita e mezza. Santana si agitava continuamente a tavola, guardando l’orologio ogni pochi secondi per vedere quanto tempo passava. Sua madre, mentre era impegnata a tagliare l’anatra, la guardò.

“Le brave ragazze sanno come essere pazienti, anche quando si parla del proprio compleanno.” Le fece notare. Santana alzò gli occhi al cielo mentre sua madre non la stava guardando. Suo padre, vedendola, scoppiò in una risata profonda.

“Tua madre ha ragione. E le brave ragazze potranno prendere quello che vogliono domani alla casa d’aste.” Disse facendo sorridere la bambina.

“Davvero papà?” Chiese, saltando su e giù dalla sedia eccitata.

“Certo.” Annuì il padre. Santana sorrise e iniziò a mangiare le verdure come una brava ragazza. Sua madre annuì con approvazione mentre mangiò i suoi piselli. Quando la cena fu finita, Santana andò di sopra e si fece un bagno, anche se odiava farlo. Tutto quello a cui pensava era che il giorno successivo sarebbe andata alla casa d’aste per prendere la cosa più bella e cososa che poteva trovare. Mentre la sua balia la fece infilare a letto, si mise a sedere di scatto.

“Nana, cosa vorresti prendere domani alla casa d’aste?” Le chiese. Nana dolcemente persuasa dalle lusinghe si sdraiò pian piano.

“Prenderò qualsiasi cosa che catturerà il mio sguardo” Ripose.

“Che cosa vuoi?” Chiese Santana. La balia rise leggermente.

“Lady, cosa voglio io e cosa vuoi tu sono due cose totalmente differenti. Vai con tuo padre domani alla casa d'aste e lo saprai quando lo vedrai.” Infilò Santana nel letto e lasciò la stanza. La ragazza guardò fuori dalla sua grande finestra la luna spendente circondata dalle stelle. E mentre si stava per addormentare, tutto quello che riusciva a pensare erano scatole piene di gioielli, bellissimi fermacapelli e vestiti che sarebbe riuscita a trovare domani.
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Quando Santana si svegliò il giorno successivo, saltò immediatamente giù dal letto. Era ancora presto e la casa d’aste non era ancora aperta ma lei voleva già andare per vedere quello che c’era in vendita. Infatti si precipitò nella camera dei suoi genitori che entrambi dormivano ancora profondamente. Saltò sul letto incominciando a saltare.

“Papà! Papà! E’ il mio compleanno!” Suo padre russò e aprì i suoi occhi ancora mezzo addormentato.

“Principessa non sono neanche le sette.” Mormorò.

“E’ il mio compleanno! Voglio andarci presto!” Disse continuando a saltare colpendo le braccia dei genitori.

“Vai con lei.” Disse sua madre. “Non c’è nulla di male arrivare presto, lo sai.” Suo padre fece un grande sbadiglio e si sedé. Santana batté le mani con entusiasmo mentre lui sbadigliava, allungando le braccia sopra la sua testa.

“Va bene principessa, ma prima di tutto facciamo colazione, capito?” Le disse, strofinandosi gli occhi e scivolando nella sua veste. Santana scese dal letto e abbracciò la gamba del padre.

“Grazie papà!”  Scese di corsa a cercare la sua balia cosicché si potesse vestire propriamente. Suo padre le sorrise e riempì il suo portafoglio con delle banconote, sufficienti da comprare addirittura tutta la casa d’aste se solo lei voleva e sperò che quello non rientrava nei piani della figlia.

Erano a malapena le undici quando la carrozza arrivò alla casa d’aste. Quella era un edificio di media grandezza, con colonne di marmo e muri di granito. Alti funzionari fecero la loro comparsa e suo padre chiacchierò con la maggior parte di loro. Santana nel frattempo si tenne occupata guardando tutti i diversi oggetti in vendita. In un angolo c’era un bellissimo comò color castagno con sopra un magnifico set da tè d’argento e d’oro. Di fianco ad esso ci stava un vaso di porcellana blu e oro. Dipinti con cornici d’oro allineati su delle mensole. Libri costosi erano esposti in vetrine. Santana guardava tutto con occhi avidi.

Questo era il suo compleanno, e suo padre gli aveva detto che poteva prendere tutto quello che voleva. C’erano anche dei cagnolini in vendita e Santana prese seriamente in considerazione di prenderne uno ma poi notò qualcosa riposto in cima di un mobile destinato alla mostra di piatti e argenterie. Era un carillon rosso brillante, rifinito in oro. I disegni incisi sopra erano un intricato schema celtico, simile a delle edere aggrovigliate ad un grande albero. Nella parte anteriore c’era una disco di porcellana che mostrava un angelo con le braccia alzate mentre delle colombe bianche lo circondavano. Santana si avvicinò subito e lo prese tra le sue mani. Lo aprì e il carillon iniziò ad intonare la più dolce melodia che lei avesse mai sentito. Guardandolo più da vicino si rese conto che c’erano diverse gemme luminose inserite nei lati, che andavano dai diamanti ai rubini.

“Noi non dobbiamo toccare le cose.” Disse suo padre, prendendo gentilmente il carillon dalle sue mani.

“Lo voglio papà!” Disse indicandolo. Suo padre lo guardò dal alto al basso.

“Va bene principessa. Sei sicura?” Le chiese.

“Si! Sono assolutamente sicura!” Insisté, annuendo entusiasta. Il padre rise e pescò diverse monete di grande valore dal suo portamonete. Aprì quello rosso e blu di Santana e le lasciò cadere dentro.

“Ecco qui. Questo dovrebbe bastare per comprarlo quando verrà il momento. Sai come si vince all’asta, vero? Ho un paio di affari da sbrigare nella stanza accanto. Devi solo alzare la mano alla fine. Se perdiamo, ricordati il nome della persona che l’ha comprato e dimmelo, va bene?” La baciò sulla fronte.

“Si papà.” Rispose Santana. Suo padre si addentrò in mezzo alla folla raggiungendo i suoi amici nella stanza accanto cosicché potessero discutere delle faccende della nazione.

Santana si sedé su una sedia, aspettando il momento in cui portavano su il carillon. Guardò i suoi avversari, soprattutto erano uomini grassi e vecchi che cercavano di comprare regali per le loro figlie, mogli o amanti. Ma oggi era il compleanno di Santana e lei doveva vincere l’asta. Man mano che gli uomini portavano su i vari oggetti, gli occhi di Santana iniziarono a vagare per la stanza cercando di vedere se riconosceva qualcuno. Ne conosceva uno o due dai balli che avevano partecipato ma non c’era nessuno che ricordava realmente.

“E qui abbiamo questo bellissima vetrina…” Disse il banditore. Santana sbadigliò, sentendosi stanca dal lungo viaggio e dal essersi alzata presto quella mattina. Ma scosse la sua testa e si concentrò sull’obiettivo a portata di mano. Non si sarebbe mai perdonata se qualcuno vincesse l’asta perché si era addormentata.

Pensò alla stravagante festa che avrebbe fatto più tardi. Era sicura che i Fabray le avessero comprato qualcosa da indossare come negli scorsi 9 anni. Sarebbero venuti anche i Berry anche se per loro era un lungo viaggio, essendo lontano dal Paese. Il re e il principe si sarebbero fermati, anche se brevemente, ma era entusiasta lo stesso di avere qualcuno di reale, non importava chi.

“E qui abbiamo questo meraviglioso carillon scarlatto…”L’attenzione di Santana scattò davanti a se e si concentrò sull’oggetto. Era lì, in tutta la sua gloria, venne presentato sul palco. Si sedette e attese con impazienza. Non sembrava che attirasse molto interesse nell’oggetto, fortunatamente per Santana.

“Ti prego papà! Non farlo papà, ti prego.” gridò una giovane ragazza bionda con occhi azzurri terrorizzati e vestita da contadina al uomo, senza alcun dubbio suo padre, aggrappata alla sua gamba. Le lacrime scorrevano veloci sulle sue guance mentre lo supplicò.

“Questa è la cosa migliore da fare.” Disse suo padre ma guardando nei suoi occhi mostrava che qualunque decisione aveva preso era stata molto difficile.

“Non lasciarmi papà!” Si lamentò la ragazza. “Non mandarmi via!”

“Tu hai cinque fratelli e una sorella appena nata. Quest’uomo ha offerto abbastanza soldi per prenderci cura di tua madre e dei tuoi fratelli. Moriranno di fame, non lo capisci?” Suo padre cercò di spiegarle, levando le sue braccia sottili dalla gamba. Alla loro sinistra, un vecchio uomo con i capelli bianchi contava un bel gruzzolo di soldi. La ragazza nascose il volto nelle gambe del padre singhiozzando. In quel momento tutti li stavano guadando a causa del baccano che stavano facendo.

"Non mi dare via, papà! Non lasciarmi!” Ripeté la ragazza. Santana ritornò a guardare il carillon e poi la ragazza. Doveva avere circa la sua età.

“E’ la cosa migliore.” Disse calmo il padre, la sua faccia contorta dal dolore e dall’agonia al pensiero di vendere la propria figlia in questo modo. “Sarai sfamata, vestita e avrai un tetto sulla testa migliore di qualsiasi altro di noi potrebbe avere.”

“Ecco qua i tuoi soldi.” Disse l’aristocratico, tendendogli i soldi e l’uomo li prese.

“Papà ti voglio bene, non lasciarmi!” Suo padre le accarezzò la testa e poi la spintonò verso l’aristocratico. Santana la guardava, non sapendo perché si sentisse così male per lei. Non aveva mai visto una cosa del genere. Sapeva che le giovani domestiche venivano da qualche parte ma non aveva mai visto vera transazione.

Quello che non sapeva era che la transazione dei domestici non era una cosa semplice. L’aristocratico era ben noto, famigerato di acquistare giovani ragazze e crescerle come le sue amanti. Nessuno gli aveva mai detto nulla a causa del suo immenso potere e dalla quantità di denaro che possedeva. Quello che faceva con i suoi soldi erano solo fatti suoi. Se voleva prendere delle ragazze per il suo bordello personale, il quale era il suo campo,  nient’altro. E questa ragazzina non era una eccezione. I soldi che lui offriva erano troppo allettanti, soprattutto dopo che la madre aveva dato alla luce un altro bambino. Quindi lei era il sacrificio che la sua famiglia aveva fatto per continuare a sopravvivere.

Santana osservò come la ragazza piangeva per suo padre. Qualcosa nel ghigno dell’aristocratico fece sentire Santana a disagio, e non gli piaceva per niente quello scenario. Riguardò il carillon. La gente stava facendo delle offerte in maniera costante. Rivolse lo sguardo per osservare ancora la vicenda. Ormai l’aristocratico aveva preso entrambi i polsi della ragazza cercando di mantenerla calma sotto il suo controllo.

“Fa la brava!” Le ordinò, dandogli uno schiaffo in faccia. Le persone intorno a lui si spaventarono al suono dello schiaffo ma fecero il loro meglio per ignorarlo e concentrarsi sull’asta in corso. La bionda si calmò per un istante con ancora in lacrime che le segnavano il viso.

“Altre offerte? Qualcun’alto?” Disse il banditore. Santana adocchiò il carillon. Era bellissimo e aveva catturato la sua attenzione e lei doveva comprarlo.

“E‘ il tuo compleanno oggi, no?” Sentì dire dall‘aristocratico. “Lasciami comprare una collana per te, hmm? Sarà bellissima su di te.” Il modo in cui lo disse fece accapponare la pelle a Santana. Guardò la ragazza, che abbassò la testa in segno di sconfitta. Ma a quel punto la bionda alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Santana. Qualcosa dentro Santana si spezzò e il suo cuore soffrì vedere quella ragazza che era stata venduta dal padre il giorno del proprio compleanno.

Si alzò dalla sedia e si diresse verso di loro. L’aristocratico notò qualcuno molto basso che stava camminando verso di lui e guardò chi fosse. Subito la riconobbe.

“Lady Santana Lopez! Questo è un piacere!” Disse in un modo di cui non lasciò trasparire nessun senso di colpa per quello che stava facendo.

“100 e uno, 100 e due…” Annunciò il banditore. Santana deglutì e fece la sua decisione.
“Venduto!” Il martelletto cadde e il carillon fu portato via. Santana porse il suo portamonete all’aristocratico.

“Voglio comprarla.” Annunciò. La ragazza bionda alzò velocemente lo sguardo, con gli occhi sgranati per lo shock. L’aristocratico diede un’occhiata alla sua nuova mercanzia e poi al portamonete che Santana gli aveva allungato. Lo prese e ci guardò dentro. C’era abbastanza denaro da comprare due ragazze bionde.

“Um… Mia Lady, mi dispiace dirle che lei non è in vendita.”

“E’ il mio compleanno.” Annunciò Santana. “Mio padre mi ha detto che posso prendere tutto quello che voglio alla casa d’aste.”

“Ma perché vuole proprio lei?” Chiese l’aristocratico. Santana alzò le spalle. Non ci aveva pensato molto.

“Domestica.” Rispose. “Um… La mia domestica personale.” L’aristocratico incominciò a sudare. Non c’era nessun modo per ribaltare la situazione. Rifiutare ad una qualsiasi richiesta dei Lopez significava l’arrivo imminente di grossi problemi per lui. Ma allo stesso tempo non voleva rinunciare alla ragazza. Era sicuro che quando sarebbe cresciuta sarebbe diventata una bellezza unica e quindi era molto più riluttante a dargliela per vinta alla ragazzina Lopez.  

“Per cortesia, c’è qualcos’altro che posso fare per lei? Le posso offrire un’altra domestica, una più gentile e obbediente di questa.” Supplicò l’aristocratico.

“Io voglio questa.” Disse Santana, battendo i piedi per terra.

“Hai vinto principessa?” Proprio in quel momento il padre di Santana si avvicinò. Santana lo guardò così come l’aristocratico che diventò pallido.

“No papà, voglio questa ragazza.” Disse fermamente. Suo padre tirò indietro la testa per  la sorpresa e guardò la ragazzina di cui sua figlia gli stava parlando.

“Cosa? Ma non volevi il carillon? Pensavo…” Vide della determinazione nei suoi occhi. “Ma perché vuoi prendere questa ragazza?

“Questo è precisamente quello che gli ho chiesto, Vostra Grazia.” Disse l’uomo. Il Duca Lopez finalmente guardò l’aristocratico a cui Santana voleva comprare la ragazza. Strinse gli occhi all’istante quando riconobbe l’uomo e sapeva esattamente cosa aveva intenzione di farle.

“Conte.” Disse freddamente.

“Gli ho detto alla vostra amabile figlia,” Il Duca schizzò quando sentii quelle parole ma mantenne la sua espressione sotto controllo. “Che io ho molte altre ragazze che lei potrebbe avere come domestica.”

“Io voglio lei.” Santana ripeté fermamente. “Ho perso il carillon per questo.” Il Duca sorrise dolcemente a sua figlia per poi rivolgere uno sguardo agghiacciante diretto al Conte.

“E’ il compleanno di mia figlia.” Disse. L’aria di potere e superiorità sfociavano da tutti i pori e il Conte sapeva questa era una battaglia che non poteva vincere. “E sembra che lei abbia bisogno di una domestica pe sfociavano da tutti i pori e il Conte sapeva questa era una battaglia che non poteva vincere. rsonale.” Il Conte rise nervosamente.

“Ma…”

“In quel portamonete ci sono abbastanza soldi da comprare questa ragazza.” Disse rivolgendogli uno sguardo leggermente ostile e minaccioso. “Vi suggerisco di prenderlo, è un bel affare per voi dopo tutto.” Il Conte rabbrividì.

“Bene… molto bene, Duca. Mi perdono per qualsiasi disagio abbia causato.” Disse, rilasciando la ragazza. Il Duca la prese gentilmente per mano e la ragazza si portò l’altra alla bocca, tremante dalla paura. Il Conte salutò Santana.

“Le auguro un buon compleanno, Lady Santana.” Disse con voce aspra per poi lasciare la casa d’aste. Il Duca tirò un sospiro di sollievo e guardo la ragazzina tremante che piangeva.

“Hai ottenuto il tuo regalo di compleanno, Santana” Disse indicando con la testa la contadina pietrificata. “Andiamo a casa, credo che mi stia per venire mal di testa.” Si strofinò le tempie e portò entrambe fuori dalla casa d’asta. Santana si appoggiò allo schienale e osservò la ragazza. Stava ancora tremando come una foglia ma si asciugò le ultime lacrime rimaste. L’intera faccenda era stata traumatizzante per lei ma sembrava più a suo agio ora che non era più nelle mani del Conte. Quando salirono sulla carrozza, Santana e il padre si sederono da un lato e la bionda all’altro, con le ginocchia piegate in modo da nascondere il viso.

“Nessuno ti farà del male.” L’assicurò il Duca. “Te lo posso assicurare.” La ragazza annuì debolmente. “Ci dirai il tuo nome?” La ragazza scosse la testa e serrò le labbra. I suoi occhi erano ancora umidi. Il Duca sospirò. Frugò nelle tasche e tirò fuori due caramelle. Una la porse alla figlia e l’altra alla ragazzina.

“Ti prometto con non ti succederà niente di male.” Ripeté. La bionda spostò lo sguardo dalla caramella al Duca, che la guadava con occhi rassicuranti. Allora la ragazza allungò la mano per prenderla per poi scartarla  e portandosela alla bocca prima di ritornare alla sua posizione rannicchiata. Santana la guardò, notando che lei fece la stessa cosa con piccoli intervalli per poi distogliere lo sguardo. Il resto del viaggio fu silenzioso, il Duca si addormentò a metà strada. Quando ebbero raggiunto casa, Santana parlò.

“Mi chiamo Santana.” Disse. “Come ti chiami?” La bionda scivolò dalla sua posizione e incontrò il suo sguardo.

“Mi chiamo Brittany.”

 
  
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