Anime & Manga > Kenshin
Segui la storia  |      
Autore: Kai_Harn    10/04/2004    1 recensioni
Il seguito de "Il riposo del guerriero"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

E’ il seguito della fanfic “Il riposo del guerriero”. Spero che anche questa mia piccola storiella vi piaccia!! Il capitolo iniziale non ha nessuna funzione, ma serve solo per rendere la fic un po’ più originale.

Buona lettura!

 

 

UNA LUNGA RICERCA

 

 

CAPITOLO 1: Kyoto 2002

 

 

“Mamma!!!! Dove cavolo devo cercare??” urlò una ragazzina dall’alto di una ripida scala di legno all’indirizzo della madre.

Questa, guardandola dal basso un po’ spazientita le rispose

“Non lo so. Prova nelle casse che ha portato il nonno. Forse li troverai qualcosa di utile”.

“OK! borbottò la ragazza, tirando fuori da un angolo una scolorita cassetta di legno “Forse qui….”.

Non riuscì a finire la frase, interrotta da un rumore ben conosciuto, quello del suo cellulare, che trillava a tutta carica.

“Mamma, io esco” strillò scendendo le scale di corsa.

“Hai trovato qualcosa?”.

“No, ma posso sempre controllare stasera o domani” fu la risposta.

“Sicuri?”.

A questa frase, detta con tono finto serio, la ragazza rispose ridendo

“Parola di Rieko Shinomori!”.

 

 

“E la tua ricerca come va Rie?”

“ Insomma…” rispose Rieko all’amica accanto a lei “Secondo mio padre dovrei cercare tra le cose che mio nonno ha portato dalla campagna. Ci ha riempito di così tante scatole che qualcosa dovrei trovare sicuramente…cose sui miei antenati e simili. Anzi, perché non sali a casa mia e mi aiuti a cercare?”.

“Meglio di no, vado a studiare, domani Shigeura m’interroga in matematica”

“Beh, allora ci vediamo a scuola!”.

 

Salutata l’amica, Rieko aprì silenziosamente il cancello della sua villetta, accolta dall’abbaiare festoso del suo cane.

“Sono a casa!” disse verso la cucina “Mamma, ci sei? Mamma?”

“Sono qui” rispose una voce dalla soffitta “Forse ho trovato qualcosa di interessante”

“Arrivo subito” disse Rieko, salendo velocemente la scaletta di legno che pendeva dal soffitto.

La mamma era seduta in mezzo ad una moltitudine di carte, stoffe polverose, ed intorno erano numerose casse aperte.

“Rieko, dai un’occhiata tu, io vado a cucinare!”

“Affermativo!” esclamò la ragazza, sedendosi per terra, respirando con aria poco felice le nuvole di povere che si alzavano a tutti i lati.

“Coraggio Rie, forse prenderai un bel voto” disse a se stessa afferrando un pacco di carte legato da uno spago.

 

La ricerca proseguì per un paio d’ore. Dapprima fu poco entusiasmante, poiché le prime due scatole contenevano solo una serie di documenti relativi ad un ristorante chiamato Aoiya, che pare sorgesse nel centro di Kyoto.

ricordò Rieko.

In effetti, suo padre, professore universitario di storia giapponese, le raccontava spesso storie riguardanti la sua città “”.

 

Altre due casse, stavolta di legno, erano invece piene di polverosi stracci, di un colore che doveva essere stato blu.

Dentro una delle due casse, sotto i vestiti, erano delle armi, che Rieko non aveva mai visto. E

Dei piccoli coltelli, ancora affilati nonostante il tempo trascorso.

“Ma tu guarda!” esclamò a voce alta, tentando di spostare un’altra cassetta, più piccola e leggera delle altre.

Questa si rivelò di gran lunga più interessante delle precedenti. Conteneva, infatti, una buona quantità di oggetti interessanti: fotografie, quaderni, nastri, tutto piuttosto scolorito ma ancora in buono stato.

Rieko ora era elettrizzata. Non aveva mai pensato che tutte le vecchie cose provenienti dalla casa di campagna di suo nonno potessero essere così interessanti.

 

“Rie, è pronto!”. La voce della mamma che la chiamava la distrasse per un attimo.

“No, scendo dopo!” rispose, ormai decisa ad andare fino in fondo nella ricerca. “A noi!”.

 

La piccola cassetta che si accingeva a svuotare prometteva davvero un ricco bottino.

Rieko iniziò a guardare le fotografie; erano circa una decina, con date che andavano dal 1878 in poi. La prima che vide rappresentava un giovane molto alto ed affascinante, seduto accanto ad una ragazzina con una lunghissima treccia. In un’altra erano i due, insieme ad un signore anziano e a due ragazzi e due giovani donne, ambedue molto carine. La terza foto ritraeva l’ingresso di un ristorante, dinanzi il quale si trovava la ragazzina con la treccia.

Nelle altre vi erano sempre le stesse persone, da sole o in gruppo. Quella che colpì Rieko più di tutte fu l’ultima immagine, più recente delle altre. Era datata 1882 e vi erano ritratti il giovane della prima foto, la ragazza con la treccia e un neonato seduto in terra.

Sul retro, solo dei nomi: Aoshi, Misao e Nenji-chan.

Rieko riguardò le foto più volte, incuriosita da quei volti sconosciuti appartenenti al passato e le mise accuratamente da parte.

Rimanevano da analizzare i due quaderni. La ragazza sciolse con calma i nastrini che avvolgevano il primo e lo aperse con cautela, sfogliandone pian piano le pagine ingiallite e ricoperte da una grafia tonda ed un po’ irregolare.

“Vediamo se riesco a leggerlo” si disse la ragazza aprendo la prima pagina

 

-Diario di Misao Makimachi-

-Non so se dovrei ringraziare Kaoru per avermi suggerito di iniziare a tenere un diario, ma credo che mi sarà in ogni modo utile, o almeno lo spero-

 

 

CAPITOLO 2: il diario di Misao

 

Sembra strano cercare di ricordare tutto quello che mi è successo negli ultimi mesi, visto che non è mai stata mia abitudine vivere guardando il passato. Eppure penso che fare un esame di quest’ultimo periodo possa in qualche modo essere un’esperienza positiva.

 

Dal giorno della battaglia con Shishio sono trascorsi lentamente, inesorabilmente tanti giorni.

Subito dopo la fine di quell’avventura, quando Himura e gli altri erano tornati a Tokyo, per un po’ mi ero illusa che tutto sarebbe potuto tornare come prima.

L’Aoiya era stata ormai ricostruita, e il nonno e i ragazzi seguitavano le loro vite di sempre, indaffarati nel loro doppio lavoro.

Vivere una vita normale pur essendo degli Oniwabanshu. Per loro poteva essere facile, erano ormai abituati da anni. E in fondo anche per me non avrebbe dovuto essere difficile.

Solo che non riuscivo a fare bene i conti con i miei sentimenti.

La persona che avevo cercato disperatamente per anni ed anni ora si trovava vicino a me.

Aoshi-sama abitava con noi all’Aoiya…o per lo meno così era in teoria. Passavano intere settimane senza che ci vedessimo, poiché, dalla fine di quella maledetta battaglia, quando lui e Himura erano tornati, passava tutte le sue giornate chiuso al tempio, immerso in eterne preghiere.

 

Noi sapevamo che sarebbe trascorso del tempo prima che potessimo riprenderci, ma intanto i giorni passavano e tutti noi avevamo ripreso le nostre vite.

Solo Aoshi-sama non riusciva a riprendere i contatti con la realtà. I fantasmi del passato lo perseguitavano ancora. Hannya, Shikijo, Beshimi e Hyottoko e le loro morti gli pesavano ancora, vive e pressanti. E il dolore per aver tradito i compagni rimasti lo vessava senza pietà.

Così, nel tentativo di sanare le ferite del cuore, impiegava le giornate al tempio, tornando a casa a sera inoltrata.

 

I primi tempi lo aspettavo spesso all’uscita, poi smisi quando capii che era completamente inutile. La mia presenza stessa era inutile, nel suo cuore non c’era nessun posto che io potessi occupare. I vivi non avevano importanza per Aoshi-sama, la sua unica compagnia erano i suoi tormentati pensieri.

Così a poco a poco mi ero rassegnata all’evidenza. Smisi di sperare e cercai di continuare la mia vita, fingendo che mai nulla fosse successo. Agivo come se lui non ci fosse mai stato, ignorando la sua presenza, pure così tangibile vicino a me.

Ogni sera lui tornava a casa ed ogni sera reprimevo la tentazione di andare ad accoglierlo con un abbraccio. Cercavo di resistere quando sentivo i suoi inconfondibili passi sulle scale, mordendomi le labbra per non urlagli “ti voglio bene”.

Poche volte trasgredii a quegli ordini che mi ero imposta, limitandomi in ogni caso ad aprire la porta della mia camera, non appena lo sentivo arrivare, e richiuderla subito, rimproverandomi per la mia debolezza.

 

Da quel periodo così ricco di avvenimenti, alla fine avevo solo ricavato una costola rotta ed una serie di amarezze senza fine, mentre trascinavo stancamente la mia gloria di eroina salvatrice di Kyoto.

Ma a che mi era servito? Era molto meglio prima, quando giravo per il Giappone alla ricerca di Aoshi-sama, nella speranza di poterlo rivedere un giorno, vivendo con l’orgoglio di essere un membro dei gloriosi Oniwabanshu.

Eppure tutti i miei compagni avevano tutti ricavato qualcosa oltre alle ferite. I ragazzi avevano potuto di nuovo combattere dopo anni di inattività ed il nonno si era divertito come non mai. Inoltre un nuovo frequentatore si era aggiunto all’Aoiya. Un certo Seijuro Hiko, che spesso veniva qui solo per il piacere di farsi versare il sakè. Il maestro di Himura, infatti, apprezzava molto, perfettamente ricambiato, la compagnia di Ochika.

Così ora tutti erano di nuovo felici e contenti, mentre io trascorrevo le ore a scrivere lunghe lettere, che poi inviavo ai miei amici di Tokyo.

 

Ed il tempo se n’andava.

Eravamo ormai in estate, la stagione che più amavo.

La cosa che più mi piaceva di quel periodo era una festa religiosa che si svolgeva ogni anno. Per quell’occasione il piccolo tempio, quello dove Aoshi-sama andava sempre a pregare, veniva addobbato e tutto il quartiere partecipava ai festeggiamenti.

 

CAPITOLO 3: Notte

Anche quell’anno la tradizione sarebbe stata rispettata. Così tutti si preparavano allegramente per l’evento.

Li per li non mi preoccupai più di tanto della festa, nello stato d’animo in cui mi trovavo, non mi sentivo proprio di andarci. Gli altri invece erano entusiasti; Omasu e Ochika avevano persino tirato fuori i loro abiti migliori per l’occasione, mentre il nonno pregustava già le bevute che avrebbe fatto.

Io decisi di rimanere all’Aoiya e lasciai che gli altri andassero a divertirsi, nonostante i ragazzi avessero tentato di convincermi ad andare con loro.

 

“Ufff” esclamai a voce alta, osservando i miei compagni che si allontanavano lungo la strada. Una volta tanto avevo l’intero edificio tutto per me. Non solo la casa, ma persino il ristorante era chiuso quel giorno. Insomma, deserto pieno.

Non sapevo che fare, così indossai un leggero kimono da casa ed uscii nel cortile.

La serata era molto bella, tranquilla, e silenziosa. Solo in lontananza si sentivano i rumori esterni, ma mi giungevano ovattati, come se fossero lontani anni luce.

Mi sedetti sotto il porticato, e rimasi un po’ li, ferma, con gli occhi chiusi, a sentire il canto delle cicale.

 

 

” pensai, tentando di scacciare dalla mia mente l’immagine di Aoshi-sama.

“Ma che m’importa?” dissi a voce alta alzandomi in piedi. Iniziavo un po’ a pentirmi di non essere uscita con gli altri. Forse mi sarei distratta e non avrei pensato a lui.

Chissà cosa stava facendo, chiuso nella sua camera. Se non dormiva, di certo leggeva quei suoi difficili libri occidentali, pieni di parole che non capivo. O forse era perso nelle sue riflessioni….

E meno male che avevo appena detto che non avrei pensato a lui.

Era inevitabile purtroppo. E lo sapevo perfettamente. Per me in questo mondo c’era solo lui.

Avrei dovuto arrendermi all’evidenza, ma non ci riuscivo. Mi era troppo difficile smettere di sperare. Anche se, a dir la verità non sapevo in cosa sperare ormai.

 

“Basta Misao!” mi dissi “Non è degno di te lagnarti così!”. Mortalmente annoiata decisi di uscire e cercare il nonno e gli altri. Stare in casa da sola non aveva alcun senso e chissà, forse avrei anche estorto un bel regalo al mio buon vecchio Jiya*.

Presa la mia decisione, chiusi gli occhi e saltai per rimettermi in piedi.

 

Fu un affare di pochi secondi, ma quando li riaprii mi trovai davanti Aoshi-sama.

“Aoshi-sama!” esclamai.

“Scusami, ti ho disturbata….mi dispiace” disse lui, accingendosi ad andarsene.

 

Per un attimo rimasi smarrita, ma riacquistai subito il mio sangue freddo. Dovevo trattenerlo, anche a costo di commettere una stupidaggine.

“Come mai sei qui fuori?” gli chiesi, sedendomi nuovamente.

“La mia camera era troppo calda”

“Ah, capisco” mi rispose.

Li per li pensai che stesse per andarsene. Invece si sedette accanto a me.

Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata, ma non mi mossi di un solo millimetro. Non potevo…avevo aspettato quel momento per così tanto tempo che adesso non mi sembrava vero.

 

“Non sei andata con Okina e gli altri?” mi chiese.

“No, non n’avevo voglia” risposi.

 

Avrei voluto dirgli tantissime cose, ma le parole mi morivano in gola appena tentavo di pronunciarle. Come per paura di dire qualcosa di sbagliato.

Così tacqui, tormentandomi le mani in silenzio.

 

CAPITOLO 4: guarigione

 

“Si sta bene qui, vero?” disse, sedendosi accanto a me.

“Si…io odio il caldo”

“Ah…e come va la tua costola?”

“Ormai è guarita…e da parecchio tempo anche” risposi, aggiungendo un lieve tono di rimprovero nella mia voce.

“Mi dispiace…io…”. Aoshi-sama pronunciò queste parole con lo sguardo chino verso il basso.

“Lascia stare…”.

“No…” mormorò “No….”.

“Non ti preoccupare, davvero. Ormai è passata. E poi dovrei essere orgogliosa di avere un ricordo della battaglia” sorrisi.

“Già, sei l’eroina che ha salvato Kyoto dall’incendio”.

“Ah, ne hai sentito parlare anche tu?”

“Si…”

“Beh, come nuovo Okashi…” iniziai, accorgendomi appena in tempo dell’errore che stavo per compiere.

“E’ vero…non sono più il capo adesso” disse.

La sua voce mi parve colma di tristezza. Avevo commesso una grossa stupidaggine a dire quella frase, ed ora non sapevo come rimediare.

“Non è vero…tu lo sei ancora. Io ti ho solo sostituito per un po’. E ora ti cedo di nuovo la carica”.

“Misao…come puoi ancora parlarmi come se nulla fosse successo?”

“Perché?” gli chiesi.

Sapevo bene di cosa parlava, ma non riuscii a rispondergli.

Era strano persino che avesse rotto il suo isolamento e si trovasse li con me. In quel momento però non m’importava per quale ragione Aoshi-sama fosse li. C’era, e volevo che mi rimanesse sempre accanto.

Mi alzai in piedi e lo guardai negli occhi.

“Aoshi-sama….una volta dissi a Himura che non volevo che si accollasse lui tutte le responsabilità, ma che poteva dividerle con gli altri”.

“Misao…”.

“Per quanto il dolore delle ferite possa essere insopportabile, per quanto tu ti senta in colpa, ora è tutto passato. E loro…loro non vorrebbero mai vederti in questo stato”.

 

Finalmente le parole che volevo dirgli, erano uscite dal mio cuore. Ora si trovavano sospese nell’aria, tremanti come piccole lucciole. Nessuno di noi parlò; e rimanemmo li, immobili, nel buio cortile dell’Aoiya, leggermente illuminato da un raggio di luna.

 

Fu lui a rompere il silenzio. Con una frase semplice, breve, ma che per Aoshi-sama aveva tanti significati.

“Misao…tu li ricordi ancora?”.

“Come potrei non ricordarli? Beshimi…che per farmi divertire mi raccontava le storie del suo paese…Hyottoko…di lui ammiravo l’abilità di mangiafuoco…Shijiko….era così alto che agli occhi di una bambina sembrava una montagna…e poi Hannya, il compagno della mia infanzia, il mio maestro….”

 

Aoshi-sama non rispose…ma chinò il capo stancamente, velando lo sguardo con i suoi capelli scuri.

Non capivo cosa stesse succedendo, ne sapevo cosa avrei dovuto dire. La risposta arrivò pochissimo dopo…quando Aoshi-sama alzò la fronte.

Mormorò solo una parola….”grazie”, e poi mi chiuse in un abbraccio che mi lasciò senza fiato.

Mentre mi stringeva, potei sentire le sue labbra, insieme al sapore delle sue lacrime che scendevano leggere, mischiate alle mie.

E compresi che era l’inizio della guarigione……..

 

 

 

FINE!

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kenshin / Vai alla pagina dell'autore: Kai_Harn