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Autore: Mama we re All full of Lies    19/02/2012    1 recensioni
Non era in giacca e cravatta come tutti gli altri, ma non era nemmeno vestito male. Una spessa felpa grigia gli lasciava intravedere la camicia sotto e dei pantaloni aderenti mostravano le belle gambe secche. Salutò il capo dell'Hotel e s’incamminò verso le scale dietro alla reception che portavano nei sotterranei. No, lui non era come quelli che chiamavano e compravano le prestazioni degli altri ragazzi. Lui era dall'altra parte, era uno di quelli che si faceva il culo nel lavorare, nel vero senso della parola.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- La Storia dell'Ebano Bronzato e del Bugiardo -













   Come funzionavano le cose all'Hotel Three Meters To Sky, Gerard, lo sapeva fin troppo bene. Sì, certo, era un Hotel e su questo non c'erano dubbi: un ingresso, una reception, un personale anche fin troppo gentile nei tuoi confronti per essere un Hotel a tre stelle. Ovviamente non meritate, tutti quelli che lavoravano là dentro sapevano che le stelle se l'erano comprate e che, presto, ne avrebbero presa anche una quarta, bastava poco, dopotutto, mettere a posto l'ascensore mal funzionante o disintasare i bagni del piano terra. Ma se era quella la vita di oggi, nessuno s’interessava, nessuno faceva domande. La gente se ne riguardava bene nel restare lontana da brutte situazioni. Furbizia, forse, o codardia?
   Per non parlare della gente che girava là dentro, tutta vestita in giacca e cravatta, con il sigaro in mano e i capelli fottutamente curati, un sorriso da playboy -per quanto un uomo di quarantacinque anni potesse esserlo- e gli occhi vogliosi. Facevano tutti a gara nel rapire le donne degli altri, sempre vestite con abiti fin sotto le ginocchia, ma troppo, troppo aderenti e troppo scollati. Un vero e proprio invito e poi, quando si facevano beccare da sole nel retro dell'Hotel e venivano stuprate, dopo, andavano dalla polizia e recitavano la parte delle innocenti donne nolenti di tutte le perversioni dell'uomo. Per quanto potessero essere convincenti, continuavano a indossare quegli abiti comprati nei sexy shop.
   Per gli uomini che invece non riuscivano ad accalappiarsi una bella donna ben curata, moglie di un chissà quale direttore di una chissà quale famosissima azienda, c'era sempre la seconda chance: bastava prendere il telefono, digitare un numero in particolare, fissare una notte, avere i soldi e decidere se volevi passare la notte con una o con uno. Strano come tutti quei signorotti che ai ricchi volevano somigliare quando invece di nobile non avevano niente, frullasse l'idea di andare a giro a lavoro scopandosi la propria segretaria affermando di essere etero convinto, mentre la notte sceglievano volutamente un ragazzo con cui potersi divertire. E non era una cosa molto furba, costruirsi una dignità per le prime dodici ore della giornata e poi sputtanarla nelle restanti dodici.
   I ragazzi e le ragazze che lavoravano lì come prostitute e prostituti ragionavano spesso sul nome dell'Hotel, tutti lo avrebbero volentieri cambiato in "Three Meters To Hell", tanto per far aprire alla gente gli occhi, tanto per far ricordare a loro stessi che razza di lavoro facevano la notte. Tra l'altro non erano pagati neanche bene, ma se uno era al lastrico, o sceglieva di vivere sotto i ponti o sceglieva di vendersi. In qualche modo così, uno poteva anche arrivare alla fine del mese.
   Gerard si recava lì quasi ogni notte. Era un bel ragazzo, aveva quasi trentaquattro anni e quel giorno che ormai giungeva al termine era il due Aprile. Già pensava cosa sua madre gli avrebbe regalato quell'anno per il suo compleanno, bastava anche una cena in famiglia, lui, lei e suo fratello. Suo padre non c'era ormai da molti anni e in veste di primogenito, aveva giurato a se stesso di portare a casa qualche soldo per far tirare avanti lui e sua madre, che non lavorava, e suo fratello che nonostante cercasse un posto ogni giorno, nessuno lo assumeva mai. Ormai erano quasi quattro anni che quest'ultimo cercava disperatamente lavoro e conosceva ogni bar e ogni ristorante in città; inoltre suonava il basso e Gerard sborsava un bel gruzzolo di soldi al mese per permettere a Mikey, il fratellino minore per l'appunto, di prendere lezioni private.
   Entrò nell'Hotel, qualcuno lo fissò. Non era in giacca e cravatta come tutti gli altri, ma non era nemmeno vestito male. Una spessa felpa grigia gli lasciava intravedere la camicia sotto e dei pantaloni aderenti mostravano le belle gambe secche. Salutò il capo dell'Hotel e s’incamminò verso le scale dietro alla reception che portavano nei sotterranei. No, lui non era come quelli che chiamavano e compravano le prestazioni degli altri ragazzi. Lui era dall'altra parte, era uno di quelli che si faceva il culo nel lavorare, nel vero senso della parola.
   Arrivò davanti al suo armadietto, era uno dei pochi non scassati e facilmente riconoscibili per i graffi sullo sportello. Li fece lui i primi tempi che lavorava in quel posto, in preda alla rabbia e al terrore, aveva iniziato a lavorare che considerava ancora il sesso come una deliziosa conseguenza dell'amore, dell'essere sposati. Balle, avrebbe detto ora. Solo balle. Il sesso, dopo intere notti passate a farlo con gente che non conosceva e che non amava, diventava noioso e finto, tanto che passato il primo anno cominciò a fingere di gemere e spesso non raggiungeva l'orgasmo. Aveva imparato dai migliori, sapeva recitare così bene che i clienti -spesso troppo strafatti o ubriachi fradici per accorgersi di qualcosa- restavano soddisfatti dai suoi servigi, convinti di aver fatto un bel lavoro nel farlo "venire".
   Si tolse la felpa e si aggiustò i capelli rossi allo specchietto attaccato all'interno dello sportello e lasciò le chiavi della macchina nell'armadietto, per poi richiuderlo e nascondere la chiave sotto di esso. Funzionava sempre, mai nessuno trovava la chiave, e poi non avevano motivo di farlo, dentro i loro armadietti nessuno avrebbe mai trovato più che un borsellino pieno di trucchi e di un ricambio. Si apprestò nel risalire le scale, mancavano dieci minuti alle nove, all'orario in cui doveva cominciare a lavorare. Alla reception la graziosa ragazza del banco gli consegnò un foglio con delle indicazioni, la solita borsa del lavoro e la chiave della stanza 312. La calligrafia che riconobbe subito apparteneva al suo capo, un vecchio uomo decrepito che ogni giorno lo spendeva in ospedale in punto di morte, sempre colpito da acciacchi e a volte anche da infarti, ma niente di tutto ciò lo fermava. Riceveva telefonate ogni giorno e rispondeva sempre, prendeva nota sul suo blocco scuro di tutte le prenotazioni e dopo sistemava gli orari di lavoro di ogni singolo ragazzo e di ogni singola ragazza. I clienti che preferivano un qualcuno in particolare non mancavano mai e organizzava tutto in modo che dettagliato è dir poco. Quella sera gli era toccata una camera nuova, non ci aveva mai messo piede dentro e né il nome né il cognome del cliente gli ricordavano nulla.
   Arrivò al terzo piano che mancavano cinque minuti alle nove. Trovò la stanza e si fermò davanti alla porta in ebano, chiudendo gli occhi, come aveva sempre fatto. Lo aiutava a calmarsi, ogni volta era teso e impaurito. Certo, da una parte anche curioso, curioso di vedere che tipo di persona ci fosse dall'altro lato della porta, com'era fatta, quanti anni dimostrava. Aveva sempre timore di trovare il solito cliente che spendeva molto di più delle cifre standard per dare uno strappo al regolamento e per poter così divertirsi anche in modo perverso con lo sfortunato o la sfortunata che gli capitava. Botte e droga erano i più frequenti, ma c'era anche chi andava oltre.
   Bussò alla porta ed entrò. Inutile aspettare risposta, le camere erano insonorizzate. E poi anche se lo trovava già nudo in mezzo alla stanza, non si sarebbe per nulla scandalizzato.
   -Buonasera.- disse entrando nella stanza apparentemente deserta
   -Sono nel bagno, accomodati pure.- una voce abbastanza matura. Sicuramente aveva circa la sua età. Uscì dal bagno con ancora un po’ di schiuma da barba in viso-Tu sei il ragazzo che mi hanno affidato per stanotte, immagino.-
   Affidato, manco lo avesse adottato -Mi chiamo Gerard, lieto di conoscerla.- Gli avevano sempre insegnato il portare rispetto ai loro clienti, ma a che serviva? Mostrarsi gentili e socievoli quando invece, dalla tua bocca, dovevano uscire solo gemiti e sospiri di piacere. -Lei è il signor Brian Anthon Jeremy Butler?-
   -In persona.- si avvicinò a lui -Devo firmare qualcosa?-
   Gerard annuì e gli porse dei moduli con poche righe scritte sopra -Un paio di firme qua... e qua. E poi siamo a posto.-
   -...Perfetto. Ci sono regole da seguire?- domandò mettendo via la penna
   -A parte quelle base, che credo che lei conosca, l'unica altra regola che regna è quella di non baciarmi sulle labbra.-
   -Immagino sia una cosa del tipo... "Le labbra sono molto più pure e sacre del corpo stesso".-
   -Esatto.- mise via i fogli nella borsa del lavoro e poi tornò a guardare il cliente. -Volete che le dia del lei o del tu?- La solita domanda che doveva rivolgere a tutti.
   -Del tu.- prese posto accanto a lui, sembrava averlo già fatto altre volte perché non aveva timore nel muoversi e lo guardava tenendo bene a freno la voglia di saltargli addosso -Sai che sei proprio carino?-
   Gerard sorrise. Era un sorriso finto, lo si capiva, non riusciva più a sorridere davvero da quando era entrato a lavorare in quel posto -Essere carino fa parte del mio lavoro.-
   Lui sorrise -Credo che con te starò bene...- si avvicinò baciandogli il collo, lui gli afferrò la giacca -Posso?-  
   Il cliente annuì mentre continuava con le labbra a riempirlo di baci. Non era delicato ma nemmeno troppo forte, per come era abituato l'escort lui era anche eccessivamente frenato. Gerard cominciò a spogliarlo, piano, tanto per vedere se avendoci impiegato più tempo nel togliergli i vestiti, allora le ore sarebbero volate più in fretta. Prese la giacca e la piegò con cura, sistemandola in un angolino del letto e dopo gli tolse anche la cravatta e la camicia e ripeté la stessa azione con calma e attenzione. Brian lo guardò alzando un sopracciglio -Dovete fare anche questo?-
   -Esattamente.- sorrise, di nuovo falsamente -Hai preferenze?-
   -Mh... bé...- Brian si strusciò su di lui, Gerard gli slacciò i pantaloni e mise una mano dentro i suoi boxer -Oh cazzo...-
   Gerard pensò che reagivano tutti allo stesso modo, con un "Oh cazzo" appena lui gli sfiorava -neanche toccava- appena l'erezione. Raramente i clienti avevano altre reazioni come un "Oh si", che dopotutto era una grandissima variante della prima esclamazione.
   Brian era trasognante, troppo impegnato nel godersi la mano decisa dell'altro nelle sue mutande da riuscire solo a spogliare l'escort. Così, con una mano che giocherellava calma e ferma con il suo membro, l'altra libera prese a sbottonare la camicia, il cliente sospirava e alitava sul suo petto nudo e liscio. Gerard era fatto così, curava moltissimo se stesso e il suo corpo, bianco quasi come il latte e liscio grazie alle creme che ci spargeva ogni giorno. Si poteva definire quasi femmineo da tutte le attenzioni che si dedicava. O solo narcisista.
   Brian reagì e lo fece sdraiare dolcemente sul letto, per un attimo lo guardò in viso e gli leccò una guancia. -Sei anche buono.-
   -È il trucco che mi da questo sapore.-
   -Non è cattivo. Affatto.-
   -Si ma è tossico, vedi di non ingerirlo, non sono un necrofilo.-
   Bugia. Bé, non era necrofilo, ma voleva che il suo cliente se ne stesse steso per terra. Stecchito.
   -Spogliati...-
   Gerard socchiuse per un momento gli occhi. L'ultima volta che gli avevano dato quell' ordine, risalente a tre giorni fa, non aveva ancora finito che il suo cliente, uno sulla cinquantina, gli era praticamente saltato addosso. Il nonnetto aveva completato l'opera strappandogli la biancheria intima e bloccate le gambe lo aveva penetrato con non molta gentilezza. Aveva trattenuto un gridolino di dolore ma non ebbe l'occasione di protestare con il suo padrone una volta passata la notte, perché il vecchio lo pagò molto più dei duemila che erano richiesti per un'intera nottata.   
   Rimase completamente nudo sotto lo sguardo fisso di Brian e solo allora, tolti anche i boxer, aprì di nuovo gli occhi. Stavolta non era successo niente. -Hai anche un corpo perfetto...- si spogliò velocemente anche lui e si preparò nel penetrarlo -Ehi, ehm... Gerard, si, non è che hai un preservativo in quella borsa?-
   L'escort si rialzò un secondo e tirò fuori dalla borsa un pacchetto nuovo -Posso sapere il perché?-
   Il cliente scosse la testa -Ti spiegherò poi.-










   Note finali: 
   Allora, eccoci qua. Premetto subito che ci saranno altri capitoli, ma non l'ho ancora finita, quindi non so quanto ci metterò nel postarla tutta. Ho davvero combattuto con me stessa, non sapendo se pubblicarla o meno, ma visto che oggi  è un giorno speciale perché è il compleanno del mio Frank, ho deciso di pubblicarla. E la dedico a lui, che in realtà è una lei e qui si chiama Maylene. 
   Spero che in questo modo possa leggere e anche apprezzare, e che sia felice che finalmente può leggere la tanto promessa fan fiction della quale le avevo parlato mesi e mesi fa. 
   E per chi legge e/o recensisce, un grazie sincero. Buon proseguimento.


   Carattere scrittura Times New Roman - grandezza 16, giustificato. (Tanto per ricordarmelo.)
  
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