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Autore: Shadowolf    20/02/2012    1 recensioni
Fandom: Marvel Comics
Pairing: Steve Rogers/Tony Stark
Non avrebbe mai dovuto, a nessun costo, avventurarsi fino al cancello di ferro, così imponente e minaccioso. Nessuno del paese aveva mai osato farlo, e a ragione. Era risaputo che quello era territorio off limits. Era appartenuto ad Anthony Stark un tempo, prima che questi scomparisse nel nulla.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Ormai erano passati diversi mesi da quando Steve aveva bussato alla porta della villa della Bestia. Quanti, non avrebbe saputo dirlo con certezza, perché il tempo era cominciato a scorrere indeterminato da quando si era offerto di restare al posto di Bucky, caduto prigioniero del padrone di quell’immensa dimora, per il semplice fatto di aver osato bussare alla sua porta, in cerca di aiuto. Non avrebbe mai dovuto, a nessun costo, avventurarsi fino al cancello di ferro, così imponente e minaccioso. Nessuno del paese aveva mai osato farlo, e a ragione. Era risaputo che quello era territorio off limits. Era appartenuto ad Anthony Stark un tempo, prima che questi scomparisse nel nulla. Voci di corridoio dicevano che era successo quando aveva cominciato a fare certi esperimenti su sé stesso. Ma nessuno era mai stato in grado di confermarlo. Nessuno l’aveva più visto, da dieci anni a quella parte. Nessuno, prima di Bucky. Che non aveva mai creduto alle dicerie popolari, e si rifiutava di cambiare strada quando c’era brutto tempo, e la strada più corta per tornare in paese era proprio quella che passava davanti a Villa Stark. Ed era stato proprio un temporale a farlo andare fuori strada quel giorno: aveva perso il controllo della sua moto ed era finito contro il tronco di un albero. E siccome si riteneva troppo intelligente per credere a ciò che la gente diceva, aveva oltrepassato il cancello della villa senza permesso ed aveva suonato al campanello per chiedere aiuto. Stupido Bucky.
L’allarme era scattato soltanto un paio di giorni dopo, tuttavia, sempre per colpa del brutto tempo, che aveva reso impossibile determinare prima se il ragazzo fosse già partito o meno dalla casa del suo amico. Steve si era offerto volontario per setacciare qualsiasi zona gli avessero voluto affidare. Come altrettanto prevedibile, gli era toccata quella antecedente a Villa Stark. La motivazione era stata molto semplice e chiara. “È il tuo migliore amico,” gli avevano detto, “e tu sei giovane e muscoloso. Se è lì, sei il solo che possa salvarlo.” Il che era vero, con ogni probabilità. Lui aveva accettato subito, ed era partito neanche un’ora dopo, un piccolo zainetto in spalla. Aveva battuto ogni pezzo di terreno possibile, e dopo aver trovato la moto poco distante dalla villa aveva dovuto semplicemente arrendersi all’evidenza: Bucky doveva aver fatto di testa sua per l’ennesima volta, ignorando il consiglio di tutti e andando a cercare aiuto oltre quei cancelli imperiosi e minacciosi. Steve sapeva che avrebbe dovuto fare lo stesso, non fosse altro che per sperare di salvarlo. E così aveva fatto, senza starci a pensare su due volte. Aveva scavalcato il cancello e attraversato l’intero, immenso e cupo cortile, arrivando a bussare alla porta d’ingresso. Ed è lì che era cominciato il suo incubo personale.

C’era voluto un bel po’ di tempo, ma eventualmente Anthony e Steve avevano imparato a comunicare, in un certo modo, tutto particolare. Se non altro, impediva alla Bestia di lasciare la stanza infuriato, sbraitando a gran voce contro chiunque. Adesso riuscivano a rimanere insieme finanche un’ora. Steve lo credeva un vero e proprio miracolo. Aveva imparato – a sue spese, ovviamente – che la cosa era facilmente fattibile evitando un solo argomento di conversazione: quel reattore che gli illuminava il petto. Andava tutto bene, se non lo menzionava. Steve non aveva ancora scoperto il motivo per il quale si scatenasse una simile reazione in lui. I suoi occhi diventavano come infuocati, e una rabbia cieca si impossessava immediatamente di Anthony. Arrivava a scaraventare ogni cosa per aria, non curandosi dei danni che provocava ai suoi stessi immobili. Ed ogni volta che succedeva, Steve rimaneva lì, a bocca aperta, una volta di più sconcertato di fronte a tutto ciò. Così adesso si limitava ad ignorare completamente l’argomento, in sua presenza. Tuttavia questo non gli impediva di ritornarci spesso su, con i suoi pensieri, e di interrogare quegli strani robot con un corpo unico, due braccia e nessuna testa al riguardo. Ignorava come diavolo ci riuscissero, fatto sta che parlavano e ragionavano, come avessero un’anima tutta loro. Come se fossero... umani. Aveva provato a cercare una spiegazione alternativa, ma non ci era riuscito. Così era andato avanti considerandoli tali. E non se n’era mai pentito.

L’invito era arrivato completamente inaspettato, quel primo pomeriggio. Erano seduti l’uno affianco all’altro sulle rispettive poltrone, Steve a leggere un libro, Tony a guardare la tv. Il silenzio regnava quasi totale, ad eccezione del rumore di Dummy mentre lavava il pavimento delle altre stanze, e della musica sottile dei titoli di coda del film che la Bestia aveva appena finito di vedere. Poi all’improvviso aveva spento la televisione, e si era voltato nella sua direzione.
‹‹ Steve. ›› lo aveva chiamato, la voce leggermente rauca e il tono ormai quasi totalmente addolcito, anche se conservava ancora un po’ della vecchia rudezza.
Lui aveva messo giù il libro ed aveva alzato gli occhi su di lui, sorridendogli appena.
‹‹ Sì? ››
‹‹ Sei invitato a cena, questa sera. Con me. ››
Era rimasto stupito, a quelle parole, intuendone quasi subito il senso sotteso all’invito. Perché loro mangiavano sempre insieme, quindi presa ad un livello superficiale poteva essere soltanto un’inutile sottolineatura. In realtà, Steve credeva che la Bestia gli avesse appena chiesto un appuntamento. Gli aveva spesso parlato di come nessuno prima di allora l’avesse mai invitato fuori a cena, nonostante lo desiderasse molto e la gente di solito diceva che era un ragazzo carino e dai modi educati. “Forse è questo il problema,” gli aveva confidato una volta “lo sono troppo. E la gente oggi non va in cerca di cose serie, soltanto incontri brevi e fugaci.”
Certo non aveva mai immaginato di averlo colpito così tanto, da spingerlo ad esporsi a chiedergliene uno. Sapeva quanto poteva essere suscettibile, in fatto di sentimenti e robe del genere. Ecco perché era stato spiazzato dalla proposta.
‹‹ Sei sicu-- ››
‹‹ Alle sette e mezza, nella sala da pranzo principale. Mettiti un bel vestito. ›› aveva tagliato corto, prima di alzarsi ed abbandonare la stanza senza aggiungere una parola in più.

In piedi davanti allo specchio, Steve guardava la propria immagine riflessa mentre Dummy gli stava infilando delicatamente il frak, muovendosi attorno a lui.
‹‹ Sei splendido, Steve. ›› gli aveva poi, il tono allegro e sinceramente impressionato. E pur non essendo un narcisista, lui si era trovato a sorridere e ad annuire di fronte all’evidenza. Faceva davvero la sua bella figura, conciato in quel modo.
‹‹ Grazie, Dummy. ›› gli aveva risposto, e dopo un altro attimo di incertezza, si era diretto verso la porta.
‹‹ Andrà bene, Steve. ›› aveva aggiunto il robot, girandosi verso di lui un’ultima volta.
Era quello che stava sperando anche lui. Non osava neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere in caso contrario. In procinto di scendere quell’immensa scalinata, Steve aveva preso un profondo sospiro, come se si stesse preparando ad andare sott’acqua in apnea per tanto tempo. Poteva avvertire il cuore battergli più forte in petto.

Uno, cinque, dieci gradini. Il respiro era già un po’ mozzo, nonostante stesse scendendo, e non salendo. E poi lo aveva visto. Dritto e orgoglioso nella sua posa, in attesa ai piedi della scalinata. I loro occhi si erano incontrati quasi subito, e Steve improvvisamente si era sentito più leggero, tanto che prima di realizzarlo si era ritrovato lì con lui, a sorridergli quasi timidamente. Perché anche Tony si era premurato di darsi una sistemata complessiva, e adesso era semplicemente bellissimo, quello era l’unico aggettivo che riusciva a formulare Steve nella propria testa. Aveva scelto una camicia nera, forse nella vana speranza di nascondere il reattore. Non c’era completamente riuscito, ma almeno l’aveva oscurato un pochino. Comunque fosse, a lui non importava nulla di tutto quello. Bastavano i suoi occhi per fargli dimenticare di tutto il resto, lucina blu nel petto compresa.
La cena era stata veloce ma non frettolosa, e abbastanza in fretta Steve aveva capito che il piatto forte doveva ancora arrivare. La Bestia gli aveva preparato una sorpresa che andava oltre la semplice cena. Perché in fondo lo sapeva anche lui, che quella non poteva mai essere un’occasione del tutto speciale, visto che la ripetevano ogni giorno, vestiti eleganti a parte. Avevano conversato amabilmente mentre mangiavano, e si erano riservati di assaggiare il dolce più tardi. Perché subito dopo il secondo Tony si era alzato e gli era andato vicino, rivolgendogli un breve e un po’ impacciato inchino, porgendogli la mano e sorridendogli appena.
‹‹ Vuoi... accompagnarmi nel salone? ›› gli aveva chiesto, ed era allora che Steve aveva capito che il momento importante stava per succedere. Perché di solito la Bestia non domandava, pretendeva e basta.
‹‹ Certo... ›› gli aveva sorriso di rimando, afferrando la sua mano e lasciandosi condurre nell’altra stanza.
Come avevano fatto il loro ingresso in sala la musica aveva cominciato a suonare. Violini ed arpe insieme, in una dolce e mistica armonia che aveva condotto entrambi in un’altra dimensione dopo solo una manciata di attimi, la dose necessaria per arrivare al centro della sala e cominciare a muoversi lentamente, l’uno stretto contro l’altro, gli occhi di Steve in quelli di Tony, le loro mani unite in un unico abbraccio. Fino a quando annullarono tutto il resto, e rimasero loro due da soli, a ballare in uno spazio infinito, fuori da ogni logica, ogni gabbia, ogni sistema.
Fuori da ciò che è sensato e ciò che è irrazionale, conosciuto ed ignoto, scientifico e soprannaturale.
Persi l’uno nell’altro, e insieme in quel momento che sapeva di magico, di speciale, di unico, di inscindibile ed eterno.
E probabilmente lo era.

   
 
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