I see my world crumble and fall, before my
eyes
I never imagined my life could turn out this
way
So cold so black so alone.
Le corde stringevano troppo,
quando stordito riprese conoscenza nel buio di una stanza scarsamente
illuminata, umida e con un puzzo sgradevole, ma questa era un pò una
consuetudine ormai, routine. Peccato doversi sempre ritrovare in quelle
spiacevoli situazioni, svegliarsi chissà dove in balia di chissà
chi, ma era la sua vita e l'abitudine è una cosa che può corroderti
lentamente. Così, neanche trovandosi quel pazzo di fronte, in piedi, a
brandire il suo stesso coltello, la meraviglia era stata palesata da
un minimo gesto impulsivo, da un tentativo di ribellione, da qualsiasi cosa che
avrebbe mosso un qualunque altro essere umano. I suoi occhi non trasmettevano
nessuna emozione e sembravano più scuri, lontani del solito verde
brillante, spenti per così dire.
Poi come aveva immaginato quella
sensazione arrivò, come mille altre volte; il metallo freddo sulla pelle gli
provocò un brivido, forse dopotutto non ci si poteva abituare alle ferite, al
dolore. Sentì distintamente il fiotto caldo del suo sangue percorrergli il
braccio e scivolare via, insieme ad un pò della sua forza, ed un formicolio si
diramò fino alla punta delle dita, intorpidendole.
Jeffrey continuava a parlare da un pò - quel pazzo figlio di puttana e i suoi deliri da psicopatico - aveva pensato con rabbia, fingendo di ascoltarlo e cercando un modo per liberarti - o sperando in un'entrata scenica del suo fratellino a salvargli il culo - ma poi aveva detto qualcosa, qualcosa di diverso, qualcosa di giusto e la sua mente era stata rapita, soggiogata, bloccata, allontanata da ogni altro pensiero, intenta solo ad ascoltare.
Voi parlavate un sacco.
Avete dimostrato di avere carattere.
Volevate disperatamente salvare il
mondo, all'epoca.
Dean, sussulto impercettibilmente. Ricordava la sera in cui aveva dovuto
torturarlo, in una bettola fuori città, per estorcere al demone che lo
possedeva maggiori informazioni possibili. Era successo solo pochi mesi prima,
ma quello stronzo ne parlava come se fossero anni, e come se li conoscesse,
come se sapesse qualcosa di cui in realtà neanche lui era certo.
Distolse lo sguardo mentre una smorfia gli incrinava il volto
marmoreo.
Ti uccide sapere che la
gente continua a farsi male e tu non puoi impedirlo. O per meglio dire, ti ha
già ucciso, vero?
Fu un altro
colpo ben assestato, per essere un maniaco, quel figlio di puttana, con le
parole ci sapeva fare. Come faceva?
Era così palese, era così facile
interpretarlo, quando gli riusciva difficile comprendersi da sè, o farsi capire
dal fratello, sangue del suo sangue?
Ed ora, lì, nelle mani di uno
sconosciuto pluriomicida si sentiva quasi psicoanalizzato - e con successo
perfino.
Così con la consapevolezza della veridicità delle parole di
quel ragazzo, che si faceva largo dentro di lui, al dolore fisico si aggiuse un
altro tipo di sofferenza, quella sopita nei meandri della sua anima, quella che
aveva cercato di controllare costruendo intorno un muro, un pò come aveva fatto
Morte nella mente di Sam. E se quello era stato un insuccesso, il suo non poteva
che essere ancora peggio, bastava raschiare un poco la superficie perchè tutto
fluisse via, irrorando ogni cellula del suo corpo di un malessere istantaneo e
incontrollabile.
Ne era sicuro, al dolore fisico ci si può abituare, ma
l'anima: è tutta un'altra storia.
- Sai cosa? Fottiti! -
aveva quindi esclamato, più per placare i suoi pensieri che le smanie di quel
miserabile. Cercando di riprendere il controllo, l'aveva guardato con
cattiveria, con la durezza che lo caratterizzata, era rientrato - o almeno
credeva - nel ruolo che gli era stato imposto dalla nascita. Qualcuno non gli
aveva forse detto, molto tempo fa, che avevano tutti un ruolo da recitare
nella vita? E da quel ruolo non si poteva fuggire.
Ma Dean aveva perso
la strada, non era più un bravo interprete, non lo era mai stato, spinto sempre
dall'istinto, calpestando la razionalità non era mai stato all'altezza
dell'attore che si aspettavano che fosse, ma a lui era sempre andava bene così,
ce l'aveva fatta a modo suo, per un pò, poi la storia gli era sfuggita di mano,
era andata fuori trama, alla deriva come la sua mente.
E quel matto,
aggirandosi per la stanza putrida, continuava a vaneggiate
teatralmente.
Ehi, io ero lì. Ero depresso,
Dean.
Perchè lui...non c'era più.
Ero distrutto, un
ammasso di emozioni e bevevo...
Dean avrebbe voluto scomparire,
sprofondare inghiottito dalla terra o magari semplicemente privarsi delle
orecchie, come la povera vittima legata ed imbavagliata accanto a lui, se fosse
servito a non ascoltare più le sue parole. Era di fronte ad un mostro
da fermare, questo lo sapeva, ma , ironia della sorte, il parallelo con la
sua vita era così evidente in quel momento che lo stava spezzando a
metà. Una cercava di liberarsi, cercava di architettare un piano, trovare
una via d'uscita, rimanere lucida mentre comandava al corpo di reagire, di
lottare contro quelle corde; l'altra voleva cedere, piangere, esplodere in un
tripudio di scintille, perchè bruciava sofferente, come nelle fiamme
dell'inferno, attanagliata in una morsa che non cedeva mai, con cui nessuna
catena avrebbe potuto competere. Quando era iniziato tutto questo? Dean
non era riuscito a darsi una risposta; alle domande che si poneva, cercando
soluzioni nella memoria, se ne aggiungevano sempre altre, troppe,
per eludere il labirinto in cui si ritrovava ogni volta che
cedeva alle sue emozioni. - Chiudile fuori - si ripeteva sempre, ma
non ne era in grado. Non poteva farlo.
E per un istante, un breve
momento sfuggente, pensò che forse sarebbe stato meglio se fosse rimasto lì,
all'inferno.
Quante cose non avrebbe dovuto vedere, affrontare, quanti
non avrebbe visto morire; ma sopratutto quanti non avrebbe perso
,solo se stesso. Era un buon prezzo da pagare, considerando
che lui, era ormai perso comunque, era solo l'apice dell' iceberg.
-
Dean come stai? -
- Dean, è mattina... stai già bevendo! -
- Dean,
parlami. -
Quelle frasi, Sam le aveva pronunciate fino allo
spasimo negli ultimi tempi. E tutte le volte si era rifiutato di rispondere
evitando il suo sguardo, cambiando argomento, fuggendo via con qualche scusa
buttata lì e poco credibile.
Lui era distrutto. Lui era un ammasso di
emozioni. Lui beveva. E adesso se ne stava là,
impotente, paragonandosi ad un mostro, un pazzo omicida, un figlio di
puttana qualunque, cosa ne poteva sapere? Jeffrey aveva solo qualche rotella
fuori posto, eppure perchè le sue parole sembravano così vere? Così giuste?
Perchè sembrava conoscerlo, capirlo? Sembrava mettere in piazza quello che lui
aveva paura di ammettere, e forse, anche solo di vedere.
Volevo uccidermi.
Un sorriso amaro si fece largo
sul volto di Dean, la morte era un pensiero che l'aveva accompagnato per mano da
sempre, in realtà l'aveva perfino conosciuta, ci aveva cenato - riuscì a pensare
in quel momento, nell'inverosimilità del tutto. Poi beffardo, combattendo più
contro se stesso, usò una delle sue battutine ad effetto, le situazioni critiche
non avevamo mai frenato il suo umorismo. Adesso, però lo faceva per tutelarsi,
c'era qualcosa che si stava arrampicando dentro di lui, un pensiero, un'idea
malsana che non doveva nascere, non in quel momento, o forse mai e poi mai.
Invece si stava facendo largo sempre di più, artigliandogli l'anima, salendo su,
sempre più su, passando dal cuore, facendolo sanguinare. Strinse forte gli
occhi, scosse la testa come se bastasse a scacciarlo. E poi giunsero ancora le
parole di quel folle a colpirlo...
Ho capito che non ero niente senza il mio demone e ho deciso
di riprendermelo.
- Ho deciso di riprendermelo. Ho deciso di riprendermelo. Ho deciso di
riprendermelo. - l'eco si diffuse come un'epidemia nella mente di Dean, come se
tutte le cellule del suo corpo lo gridassero in coro e lasciassero finalmente
libera l'idea che spingeva per uscire. Quante volte lui aveva deciso di
riprendersi qualcosa?
Nell'ipocrisia del - Non si puo avere tutto
quel che si vuole, la vita non va mai come vorresti.- Parole sue,
parole che aveva detto ad un povero Cristo qualunque, che si era limitato a
desiderare l'amore di una ragazza, gettando una moneta in una fontana.
Parole sue a cui non aveva mai dato ascolto. Che ne poteva sapere
quell'innocente di ciò che lui aveva fatto nella vita, arrogandosi poi di
intavolare lunghi e travagliati discorsi sulla correttezza. Aveva sempre
cercato di stravolgere il corso degli eventi, per suo fratello, e non
solo, aveva fatto qualunque cosa, era finito all'inferno per riportarlo
indietro. Ed ogni volta che il destino decideva per lui, combatteva sino
allo stremo delle forze perchè le cose tornassero sul giusto binario. Non aveva
mai incassato semplicemente, con il capo chino; adesso invece cosa stava
facendo? Smarrito, debole, senza scopo guardava i giorni passare privi di
significato, non riconoscendosi nell'immagine che lo specchio restituiva o
disprezzandola totalemente. E non combatteva, non lo faceva più, aveva
deposto le armi e si era inginocchiato, lo sguardo che rivolgeva sempre
entusiasta al cielo, alle sue stelle e la sua immensità, si limitava alla
terra, quella stessa che non aspettava altro che fagocitarlo nuovamente e
ricacciarlo negli inferi.
Perfino le sue mani avevano smesso di lottare per
liberarsi.
Era un inutile ammasso di carne su una sedia, come un panno
vecchio abbandonato. Un contenitore vuoto.
E in quel momento gli occhi
avvamparono, la vista si annebbiò, la stanza iniziò a tremare e le orecchie a
fischiare doloranti. L'aveva già vissuto quel momento, diverso ma allo stesso
tempo troppo simile, il ricordo gli pizzicò impudente il cuore. E dentro di lui
qualcosa esplose, scattò e si accese di nuova speranza. Gli sembro di respirare
dopo tanto tempo, si guardò intorno spaesato, non c'era nessun sibilo nell'aria,
la stanza tremava certo, ma lo vedeva bene il perchè: il ragazzo era andavo
avanti con quell'assurdo rituale e di li a poco ci sarebbe stato un altro mostro
da eliminare definitivamente. E Dean Winchester non se ne sarebbe stato lì
seduto a guardare.
Dean Winchester non si faceva eliminare dal primo figlio
di puttana che si trovava sulla sua strada.
Dean Winchester aveva altri
programmi, nuovi programmi.
- Se c'è una soluzione, un incantesimo
magari, un qualsiasi cosa, allora io potrei trovarlo, io dovrò
trovarlo.
E lo farò, Cass. Davvero, a qualunque costo... - rivolse gli
occhi al cielo, un istante soltando immaginando l'infinità che si stagliava
oltre quel misero tetto e con ritrovato vigore spezzo le corde che lo
tenevano legato.
Living goes by fast, catch your
breath
and it will pass you by.
And it won't last, to sulk with the
memories you hold.
Break from the ropes your hands are tied. Dark will turn to light, in time I'll be alright. I know.
Nda.
Sono un pò "nervosa" perchè è
la prima fic che pubblico in questo fandom e cimentarsi in qualcosa di nuovo è
sempre un pò problematico, ma supernatural mi piace veramente troppo e non ho
saputo resistere. L'ultima puntata mi ha ispirato molto, il discorso di
Jeffrey mi ha fatto subito pensare a Castiel e al suo agognato ritorno, cosa che
credo Dean desidererebbe più di chiunque altro, così è nata questa
piccola shot. Il titolo e le citazioni sono di una canzone della mia band
preferita gli Avenged Sevenfold - All the things will end.
Spero vi
piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima ^^
Anita_
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