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Autore: lirin chan    20/02/2012    4 recensioni
"Sherlock, come ti senti?"
Lo sguardo che gli lanciò valse più di tutte le parole che poteva inventarsi.
Sono coperto di fazzoletti, ha il naso rosso come quello delle renne di Natale, ho freddo, ho caldo, mi fa male la testa, mi viene da vomitare e tu mi chiedi come mi sento?
Più o meno doveva significare questo, più ovviamente rigiri mentali alla Sherlock a cui non aveva voglia di pensare al momento.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di Sensazioni, Fazzoletti e Psicopatici con la Febbre



John Hamish Watson capì che c'era qualcosa che non andava fin dal primo momento in cui mise piede in cucina alle otto del mattino di un grigio martedì di novembre. Era ancora intontito dal sonno e stava sonoramente sbadigliando quando dovette per forza aggrottare le sopracciglia chiare tentando di capire se quello che vedeva era reale o meno – cosa che ormai era diventata tristemente abituale per lui fare da quando si era trasferito in quell'appartamento.

Sherlock Holmes, il suo psicopatico – ok, ok sociopatico ad alta funzionalità – coinquilino, si stava preparando il the. In cucina. In vestaglia. Senza averlo svegliato con un urlo di guerra per farlo preparare a lui.

Adesso, John non si sarebbe mai permesso di credere di avere un livello di deduzione pari a quello dell'unico consulting detective al mondo, ma che c'era qualcosa di strano sarebbe stato lampante anche ad Anderson.

"Che succede?" Chiese non muovendosi dall'entrata della cucina e continuando a fissarlo con uno sguardo sospettoso.

L'altro nemmeno si scompose, limitandosi a prendere in mano la sua tazza di the ed allontanarsi dai fornelli. Lo sorpassò e con una grazia tutta sua andò a schiantarsi a sedere sul divano di pelle facendo svolazzare la vestaglia scura che portava.

John seguì con lo sguardo aggrottato tutto il passaggio mentre quella sensazione che gli attanagliava le viscere si fece più forte. Stava succedendo qualcosa, se lo sentiva, ma aveva paura a chiedere.

'Mai svegliare lo Sherlock che dorme.' pensò, stanco.

Sospirando decise di lasciar perdere e di dedicarsi alla colazione. Sherlock non disse una parola per tutto il tempo.



John Hamish Watson continuò a sentire che c'era qualcosa di sbagliato anche quando alle nove e trenta si chiuse alle spalle la porta dell'appartamento per andare in ambulatorio. Aveva lasciato Sherlock esattamente dove si era posizionato un'ora e mezza prima, e dire che non aveva nemmeno toccato il the che si era fatto.

Scese le scale e salutò cordialmente la signora Hutson che era tutta presa dallo spazzare il pianerottolo.

"Oh, buongiorno a te, caro!" Salutò sorridendogli la donna. "Sherlock è piuttosto silenzioso stamattina. Qualche omicidio appassionante?" Chiese, ridacchiando.

John si chiese come la frequentazione con Sherlock Holmes avesse reso una povera vecchietta vedova – si poteva considerare vedova una che fa accertare l'esecuzione di suo marito? - in un'appassionata dello splatter.

"Buongiorno. Beh, in realtà no... è lì sul divano immobile con una tazza di the in mano da almeno due ore e non ha ancora proferito parola. Pensi che se lo è perfino preparato da solo, strano eh? Che stia finalmente crescendo?" Buttò lì ridacchiando mentre si sistemava la lampo del giubbotto

Fu il silenzio forzato che calò su di loro che lo mise in agitazione. La signora Hutson non era mai stata così in silenzio, nemmeno quando a minacciarla era stato Sherlock armato di pistola e fuori di testa per mancanza di casi. Gettò l'occhio su di lei notando che era improvvisamente sbiancata e lo fissava, sconvolta.

"Signora Hutson? Tutto bene?" Chiese John avvicinandosi a lei e sfiorandole una spalla con una mano. Lei si risvegliò subito, trasalendo.

"Oh, sì, caro! Stavo... pensando. Credo che per qualche giorno starò da mia sorella. Mi dispiace." Detto questo si allontanò dall'uomo rientrando subito nel suo appartamento.

John rimase a fissare la porta chiusa per qualche altro attimo prima di aggrottare le sopracciglia chiare – diavolo, troppo, troppo spesso lo faceva.

Si strinse nel suo vecchio giubbotto e uscì di casa tentando di ignorare la sensazione che adesso, le viscere, gliele stava tramutando in poltiglia.



John Hamish Watson ebbe la certezza che qualcosa di orribile stava per accadere quando alle undici e trentadue, mentre stava salutando l'ennesimo paziente con il raffreddore, squillò il telefono. Sfilò il cellulare dalla tasca e strinse le sopracciglia in un'espressione dubbiosa – maledizione, tre volte in un giorno, questo poteva voler dire solo l'apocalisse. Cerco di farsi forza con un sospiro mentre la stretta alle viscere divenne improvvisamente voglia di rimettere bile.

"Dottor Watson, spero di non disturbarla." Se possibile la voce Mycroft Holmes al telefono era ancora più detestabile alle sue orecchie di quando la sentiva dal vivo.

"Si figuri, più libero di così." Rispose sarcastico massaggiandosi una tempia.

"Me ne rallegro." John cercò di non chiedersi se lo stesse prendendo in giro o se non avesse compreso il suo tono. "Allora non le dispiacerà tornare a casa."

"Cosa?" Se possibile, il suo sguardo divenne ancora più corrucciato.

"Stia tranquillo, i suoi pazienti sono in buone mani. Sia mai che il buon nome del servizio sanitario inglese ne risentisse."

In quel momento la porta del suo studio si aprì. Un uomo in veste da dottore fece la sua comparsa con un piccolo cenno di saluto. John lo fissò e ricambiò, più per abitudine che per vera voglia. Riportò la sua attenzione a Mycroft.

"Si può sapere che cosa sta succedendo?!" Esclamò, esasperato.

"Torni a casa, Dottor Watson. Passi... delle belle giornate." E così chiuse la telefonata.

John rimase qualche attimo con il cellulare attaccato all'orecchio, incredulo.

Decisamente, odiava la stirpe Holmes.



John Hamish Watson si rassegnò al proprio destino mentre saliva le scale che portavano all'appartamento. Aveva appena messo piede sul pianerottolo quando da dietro la porta si udì un sonoro starnuto.

John sbatté due o tre volte le palpebra prima di aprire, titubante, la porta. Ed entrò nel regno dei fazzolettini di carta. Ce ne erano ovunque: sui mobili, per terra, sui davanzali della finestra, sopra al teschio, sulla sua poltrona preferita, inchiodati al muro, insomma, in tutti i posti possibili tranne che nel cestino. E, come ciliegina sulla torta, sul divano c'era Sherlock, anch'esso sommerso da fazzoletti.

Immaginare cosa stesse succedendo non era difficile.

"Sherlock, come ti senti?"

Lo sguardo che gli lanciò valse più di tutte le parole che poteva inventarsi.

Sono coperto di fazzoletti, ha il naso rosso come quello delle renne di Natale, ho freddo, ho caldo, mi fa male la testa, mi viene da vomitare e tu mi chiedi come mi sento?

Più o meno doveva significare questo, più ovviamente rigiri mentali alla Sherlock a cui non aveva voglia di pensare al momento.

"Ti porto a letto, il divano non è un buon posto per un malato." Disse avvicinandosi all'altro che mosse una mano, debolmente.

"Lasciami qui." Borbottò, stanco.

John alzò gli occhi al cielo.

"Sherlock, per una volta - Dio solo una - mi vuoi dare retta? Se non sbaglio tra i due il medico sono io."

L'altro sembrò pensarci su.

"No." Borbottò semplicemente per poi girarsi su un fianco e dare le spalle al dottore. John dovette aggrapparsi a tutta la sua freddezza militare per non infilargli in gola i fazzoletti usati che aveva sotto i piedi.

Sarebbe stata una lunga giornata.



John Hamish Watson voleva morire. Sul serio, nemmeno l'Afghanistan l'aveva ridotto in quello stato e Sherlock Holmes con il raffreddore ci era riuscito in mezza giornata.

"John, non spostare i fazzoletti! Sono tutti dove dovrebbero stare!"

"John, ho fame!"

"John, la medicina!"

"John, i fazzoletti!"

"John, la coperta!"

"John, fa freddo!"

"John, fa caldo!"

"John, il sole entra dalla finestra!"

"John, stai respirando troppo forte!"

"John, la televisione è stupida!"

"John, mi annoio!"

"John, il libro sulla mensola!"

"John, ho detto la mensola!"

"John, credo di stare per vomitare!"

"John, ho voglia di pesce fritto e crema!"

"John, sto per morire, me lo sento!"

Sherlock Holmes con l'influenza avrebbe fatto scappare perfino Satana.

Adesso capiva perchè la Signora Hutson si era data alla macchia. Vecchia volpe, era avvantaggiata perchè conosceva quello psicopatico da più tempo.

E Mycroft! Sapeva che lo stava immischiando in qualcosa di pericoloso, ma non avrebbe mai sospettato che l'avrebbe portato sull'orlo della pazzia!

Sospirò mentre si sedeva sul letto occupato da Sherlock. Finalmente, dopo ore, era riuscito a convincerlo ad andare in camera sua e ad addormentarlo. Per fortuna il giorno dopo non avrebbe avuto più nulla, era solo una leggera influenza di passaggio.

Fece per alzarsi quando sentì un mugolio indistinto provenire da Sherlock. Stette guardarlo qualche attimo prima di tranquillizzarsi. L'uomo dormiva beato respirando piano.

"Se tu la smettessi di andare in giro nudo avvolto solo da un lenzuolo forse adesso staresti a sparare al muro come sempre..." Borbottò John. "Ma non saresti il grande Sherlock Holmes se non lo facessi, vero? Sul serio, sei così... stupido, a volte." Solo in quel momento si rese conto che era del tutto inutile fargli la predica se il diretto interessato non lo ascoltava.

Lo osservò, Sherlock che dormiva era uno spettacolo davvero molto raro, in effetti dubitava di averlo mai visto. I capelli corti gli si appiccicavano un po' sulla fronte per via del sudore. Senza nemmeno pensarci John li spostò facendo attenzione a non svegliarlo.

"Cerca di riposare, psicopatico." Disse mentre gli accarezzava distrattamente i capelli.

"Sociopatico ad alta funzionalità..." Borbottò nel sonno l'altro facendo alzare gli occhi al cielo il povero dottore. Nemmeno mentre dormiva riusciva a smettere di pensare.

"Sempre l'ultima parola, perfino da moribondo..." Disse, esasperato, John mentre si alzava e raggiungeva con calma la porta.

"Buonanotte, Sherlock."

"'Notte, John..."




NdLirin

Beh, tutto ciò non ha senso. È la prima volta che esco dalla sezione 'anime&manga' quindi non so bene cosa sia venuto fuori, considerando che ho voluto evitare di far lavorare il cervello del nostro consulting detective non sentendomi per niente all'altezza di farlo muovere come dovrebbe. Odio non saper far muovere i personaggi quasi quanto odio farli OOC e già con John sento di aver rasentato il limite.

Spero comunque che vi sia piaciuta! Se volete lasciare un commentino fate pure! Spero solo di non aver fatto un abominio completo!

Ah, per la cronaca... Sherlock ha attaccato l'influenza a Watson... Ma questa è un'altra storia!

A presto, Lirin Chan!


P.S. Niente beta, quindi spero di aver visto tutti gli errori, ma se ce ne fossero perdonatemi!


   
 
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