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Autore: taemotional    20/02/2012    1 recensioni
[KameDa]
"L’artista ‘Bella Copia’.
E’ così che tutti chiamavano il pittore asiatico che viveva in quel lussuoso appartamento nel quindicesimo arrondissement, ovvero in uno dei quartieri più alla moda e rinomati della città di Parigi.
In particolare, l’edificio in cui viveva lui, dava proprio sulla Senna e bastava guardare dalla sua finestra per vedersi sormontare per centinaia di metri da quello che da due secoli era il simbolo della città."
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kazuya, Koki, Tatsuya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Commento: Posto questa vecchia ficci per farla leggere a Sara <3 Che dire... ho molti ricordi legata ad essa e per questo ho deciso di postarla così com'è, senza rivedere lo stile né la punteggiatura (che di solito ho sempre sistemato prima di postare su efp)... spero vi piaccia ^^ Questa è la prima parte ma posterò anche BLOSSOM 2 e 3 (sì è lunga xD ma non troppo ^^) Ecco il primo capitolo di BLOSSOM 1 allora! <3 buona lettura~

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NOTA: il corsivo corrisponde ai pensieri del personaggio o, se è inserito in un discorso diretto, corrisponde alla lingua francese.

  


-Nello stesso modo con cui abbiamo protetto quei variopinti petali insieme,
Così, con la stessa gentilezza, li vedremo appassire,
finché anche l’ultimo petalo non sarà caduto.-


L’artista ‘Bella Copia’.
E’ così che tutti chiamavano il pittore asiatico che viveva in quel lussuoso appartamento nel quindicesimo arrondissement, ovvero in uno dei quartieri più alla moda e rinomati della città di Parigi.
In particolare, l’edificio in cui viveva lui, dava proprio sulla Senna e bastava guardare dalla sua finestra per vedersi sormontare per centinaia di metri da quello che da due secoli era il simbolo della città.
 
Quando quella mattina arrivai là, di fronte a quel caseggiato, non potei resistere e rimasi qualche secondo ad osservare i prismi di luce verdognola e biancastra che la brezza dell’alba causava sulla superficie del fiume altrimenti piatta.
Dopo qualche secondo, nel momento in cui portai la mano destra a spostare i capelli dietro all’orecchio, venni in qualche modo scosso dal ticchettio del mio orologio da polso.
Volsi allora lo sguardo alle mie spalle, verso il suo probabile appartamento e mi incamminai in direzione dell’entrata.
Sul campanello non c’erano etichette col suo nome, non servivano. Solo il numero 707 mi fece capire che stavo suonando il pulsante giusto.
Mentre salivo quelle scale a chiocciola per arrivare al terzo piano -quello in cui abitava lui- cercai di riportare alla mente quale fosse il suo vero nome, non Bella Copia né l’Asiatico, ma quello con cui lo avrei salutato una volta arrivato davanti al suo portone.
Niente.
Non lo conoscevo.
Nessuno lo sapeva. O, più probabile, a nessuno interessava veramente, perché è solo il nome d’arte che concede una certa fama a qualsiasi artista. Nemmeno il mio agente, che mi aveva mandato da lui aveva saputo dirmi il suo nome: “Va da Bella Copia e fatti fare un ritratto” mi aveva detto semplicemente “E’ l’unico che abbia accettato di farlo. Così forse la tua fama da modello crescerà... peggio non potrebbe comunque andare”.
Feci un verso di stizza con la bocca. Me ne andrò presto comunque, pensai.
Bussai alla porta e, dopo che il pittore mi venne ad aprire, rimanemmo qualche secondo a scrutarci senza dire niente.
Sarà cinese? Ma io non sapevo una parola in cinese. Coreano? Non sembra dai tratti... Giapponese o forse Tailandese?
E probabilmente lui si stava ponendo le stesse domande.
Alla fine, lo salutai in francese con un semplice buongiorno e mi inchinai. Lui non rispose al saluto e chiese solo se fossi stato mandato dall’agenzia che lo aveva contattato il giorno prima.
Annuii.
La prima cosa che pensai a seguito di quella conversazione stentata fu che lui, a parte gli occhi, non aveva più nulla di orientale. Le sue maniere, il suo modo di parlare e di rapportarsi con uno sconosciuto erano scontrose, aspre e rude come quelle di un francese con la puzza perennemente sotto al naso.
Tanto me ne andrò presto... continuavo a ripetermi in testa.
Mi fece entrare, e io rimasi sconcertato alla vista del suo studio. Era completamente privo di qualsiasi mobilia e le pareti erano bianche, spoglie anch’esse di quadri o di suoi schizzi. Riuscii comunque a misurare lo spazio grazie alle ampie finestre alla mia sinistra e ad un divano rosso in fondo alla sala, che fu la prima cosa che, entrando, aveva attirato la mia attenzione.
Iniziai a camminare all’interno dirigendomi verso l’unica finestra aperta e mi stupii del fatto che i miei passi non producessero eco. Da là riuscivo ad abbracciare con la vista un ampio tratto della Senna e, se mi sporgevo, potevo veramente vedere la Torre Eiffel. Feci perno con le braccia e, staccando anche i piedi dal pavimento, cercai di scorgere la punta del monumento.
Che fai?” mi chiese il pittore rientrando nella stanza con un cavalletto e dei fogli bianchi.
Mi suicidavo” risposi pacato e poi tornai con i piedi a terra.
Non si scompose -come mi aspettavo- e, ignorandomi, iniziò a preparare l’attrezzatura. Io allora andai a sedermi sul divano.
Solo in quel momento notai in un angolo una vaschetta con dentro tre piccole ninfee non ancora sbocciate.
Come si dice ‘ninfea’ in francese?
Decisi di volermi risparmiare la figuraccia e chiesi invece perché le pareti fossero così bianche.
Mi guardò un secondo.
Cos’hanno le mie pareti?” chiese con un tono stizzito. Quel francese che usciva dalla sua bocca stonava enormemente coi tratti dolci e poco marcati del suo viso.
Niente... immaginandomi la stanza di un pittore, l’avevo pensata diversamente
Diversamente?
Più... disordinata
Si lasciò sfuggire una risata. Cercai di fissarmi con la mente quell’attimo che, come prevedevo, durò meno di un secondo.
Che guardi?” chiese subito tornando serio.
Scossi la testa. Non volevo farmelo nemico. Dopotutto, a quel che sapevo io, quell’uomo -che al massimo poteva avere 25 anni- non parlava mai con i suoi modelli. E nemmeno con gli altri artisti di Parigi a dirla tutta. Disprezzato e tenuto lontano da tutti a causa della sua bravura e diversità, si era costruito attorno a sé un guscio impenetrabile: avevamo adottato due modi completamente opposti per proteggerci da quel luogo.
Tornai a guardare le ninfee nella vaschetta di fango: nel momento della fioritura sarebbero state bellissime. Chissà di che colore...  
“Sono boccioli di ‘Fiore di loto’” disse in giapponese. Lo guardai di scatto.
Ah... scusami, non mi avrai capito... ho detto che...
“Ho capito” lo interruppi nella mia lingua natale.
Il pittore mi osservò per qualche istante con un’espressione tra lo stupito e il disgustato, poi tornò a parlare in francese.
Iniziamo... ho deciso di farti posare emulando la posa di una scultura italiana molto famosa...
“Parla giapponese, no? Io sono giapponese... la prego, non parliamo in francese...”
Siamo in Francia” rispose avvicinandosi senza però guardarmi negli occhi “Anzi, a Parigi
“Che centra... è giapponese anche lei, no?” continuavo a rispondere e a chiedere in quella lingua che lui sembrava disprezzare così tanto.
Sì, lo sono”  
“Come si chiama in realtà?” chiesi speranzoso, ma lui non rispose e mi fece alzare dal divano strattonandomi un braccio.
Avevo esagerato? Ora mi cacciava?
Spogliati”mi ordinò incrociando le braccia.
“Eh?”
“Spogliati” ripeté in giapponese.
“Avevo capito!”
“Allora, fa come ti ho detto... sei venuto perché ti faccia un ritratto, giusto? La tua agenzia mi ha già pagato dicendo che avresti fatto tutto quello che ti chiedevo. Non vuoi un po’ di pubblicità per la tua immagine? Non so se lo sai, ma sono famoso qua. Non vedi dove abito? Non vuoi diventare famoso?” e continuò a blaterare frasi senza senso per cinque minuti elogiando sempre di più la sua autorità tra i pittori di Parigi.
Io lo ascoltavo immobile col sorriso stampato in faccia.
“Che hai da sorridere?” chiese a un certo punto arrossendo.
“Senza rendersene conto, ha continuato a parlare in giapponese tutto il tempo”
Boccheggiò un secondo, poi ritrovò subito il suo tono gelido.
“La smetti di guardarmi così e ti spogli come ti ho detto? O sei gay e ti vergogni? Anche loro mi trovano affascinante, sai?”
Continuava a rivolgersi a me in tono freddo e distaccato. Ma non troppo, perché dopotutto stava parlando la mia lingua.
Feci un cenno con la testa e mi sfilai veloce la t-shirt rimanendo a petto nudo.
Lui continuava ad osservarmi.
“Comunque è lei che mi guarda in modo strano...” buttai là togliendo anche i pantaloni “Così va bene?”
Portò la mano al mento in segno di voler pensare, “Anche quelli” aggiunse poi indicando i boxer.
“Eh!?” esclamai io “Non mi avevano detto che lei disegnasse nudi... io sono un modello che posa per gli stilisti con i vestiti addosso! Non posso mica farmi vedere in giro completamente nudo!!”
Il pittore diventò visibilmente divertito.
“Baka!” mi disse “Stavo scherzando... va a sederti sul divano”
Aveva uno strano accento, chissà da quanto tempo non parlava più in giapponese.
Tornai di nuovo a sedermi su quel divano maledicendo mentalmente quell’artista che mi aveva fatto prendere un colpo del genere. Quasi quasi ci avevo creduto...
Andò alla parete e premette un pulsante sul muro: lentamente, delle serrande scesero sulle finestre oscurando completamente la sala.
Rimanemmo qualche secondo al buio e il mio cuore prese a battere più veloce. Che mi prende?
All’improvviso un click, e un fascio di luce che partiva dal soffitto illuminò il divano e parte della sala, lasciando nell’ombra solo gli angoli della stanza, la parte opposta a dove ero seduto, e la vaschetta di fiori di loto.
Il pittore tornò al divano e mi disse di distendermi, di poggiare il capo sulla mia mano destra, e di lasciare che l’altro braccio seguisse la linea curva del mio corpo leggermente rialzato.
“Conosci ‘Paolina Borghese’ del Canova...” disse prendendo un tessuto bianco e comprendo la parte inferiore del mio corpo con questo panno “Anche se questo non è un triclino, l’importante è che tu assuma la sua posa, poi il resto lascialo alla mia mano”
Andò a sedersi su uno sgabello dietro al treppiedi prendendo una matita e un foglio bianco.
Tornò a guardarmi.
“Ma il soggetto della scultura non era una donna...?” gli chiesi io, trovando quella posizione alquanto ridicola.
“Lo conosci allora?”
“Ho studiato all’accademia di Belle Arti a Tokyo”
“Comunque... era la sorella di Napoleone III” riprese il pittore con uno dei suoi commenti che non rispondevano alle mie domande, ma che evidenziavano solo e soltanto il fatto di essere francese o meno.
“Lo scultore era italiano... e io sono giapponese” commentai ironico. Il pittore mi ignorò e iniziò a disegnare rapido con le matite.
“La luce vibra sul tuo corpo...” disse poi, cambiando argomento “Ci sono solo passaggi rapidi tra luce e ombra... non ho bisogno di sfumare nulla. Mi piace”
Dopo qualche minuto, quando il braccio su cui poggiavo il capo iniziava a formicolare, quel pittore fece un espressione strana, quasi sbigottita. Guardava il suo foglio immobile, come pietrificato e poi guardava me, ripetendo l’azione tre o quattro volte.
“Perché...?” mormorò. Poi, come impazzito, prese il foglio e lo strappò. Io rimasi immobile.
Iniziò ancora da capo. Una, due, tre volte. E il pavimento impeccabile iniziò a ricoprirsi di fogli strappati.
Alla quarta, sorrise.
“Perché... non riesco a concentrarmi sul foglio?”
“Mmm... qualcosa la distrae?” fui, senza sapere il perché, attratto dalla vaschetta nell’angolo. Sembrava che quei boccioli fossero un po’ più aperti di prima.
“Puoi dire al tuo manager di venire a ritirare il ritratto domani?” mi chiese improvvisamente, alzandosi.
 “Okay... ma senza modello riuscirà a completarlo?” chiesi dopo essermi rivestito.
“Sono un’artista... mi chiamano ‘Bella Copia’... lo sai il perché?”
Annuii.
“Non lo è più da oggi” dissi, e indicai i pezzi di fogli a terra.
Sorrise, “Colpa tua” disse.
“Allora come si farà chiamare d’ora in poi?”
“Col mio nome vero, probabilmente”
Annuii, e mi diressi alla porta.
“Non lo vuoi sapere?”
“Se lei me lo vuole dire...”
“Kazuya,” disse prima che io completassi la frase “Piacere di averti conosciuto” e si inchinò.
“Piacere,” risposi sorridendo “Io sono Tatsuya”

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Continua.....
   
 
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