Tempo sereno ed un sole che ha il
coraggio di illuminare il marcio di quel posto. Non cambia nulla. Se
piove o
c’è il sole…Non cambia nulla. Forse
è questa la triste realtà di quel luogo,un
luogo che a molti spaventerebbe ma che attira altri. Odore
nell’aria,odore di
sesso e birra che anche a quest’ora invade le narici di chi
vi si
ritrova,quest’ora come tutte perché quel quartiere
è frenetico,vive di notte e
di giorno fino a che i suoi abitanti non si ritrovano a marcire a
terra,tra
barboni,ladri,prostitute e comandanti che vogliono divertirsi.
C’è sempre chi
comanda e chi esegue soprattutto in quel luogo. Ma tra bottiglie
rotte,cocci di
vetri e preservativi pare esserci anche un locale aggraziato,nascosto
dopo un
bordello. Una vecchissima struttura di legno con lo sgabuzzino sul
dietro che è
crollato da qualche tempo,solo macerie eppure quella struttura,ora pare
solida,forse qualcuno ha rimediato un po’ di calce. Qualche
tavolo
all’interno,tre sono occupati ed il resto è
libero. Una figura che occupa il
tavolo verso destra,quello più riparato verso il muro. Gambe
incrociate quasi
completamente sul povero ripiano,fasciate da un paio di jeans
attillati,vecchi
e scuri,che mettono in risalto la massa dell’uomo,sedere che
cala,appena per
stare comodo e per assumere una posizione più simile
all’essere
sdraiato,schiena che,ricoperta da una semplice canotta bianca a maniche
corte,aderisce alla fine dello schienale della povera sedia che ogni
tanto
cigola. Davanti a se,distante circa cinque centimetri dagli anfibi neri
un
boccale di birra ormai a metà. Il freddo
c’è,anche se lui è tedesco e quindi lo
sente poco e nulla,probabilmente è questo della giacchetta
di pelle,con le
cucitura,che sta indossando,anche se c’è poca
utilità visto che le maniche sono
rigirate fino ai gomiti,le mani,screpolate e trascurate sono entrambe
dietro la
testa,immerse nei capelli completamente bianchi,quasi inesistenti. Gli
occhi
sono chiusi,non sta dormendo,non può dormire però
si sta divertendo ad
ascoltare,anche se è una cosa che non darà mai a
vedere,il divertimento non è
per uno come lui. Nell’aria suoni,parole,gente che ride
perché ubriaca e
tant’altro,il tizio dietro il bancone,che lavora per
chissà chi,li fissa
tutto,mentre asciuga un boccale che sgocciola. Lineamenti duri quelli
del volto
di Diedrich,un volto da uomo con tanto di barbetta sul mento(?) che
andrebbe
rasata e occhiaie sotto gli occhi celesti ora chiusi. Duri,freddi
lineamenti
che dovrebbero far capire alla gente che si trova
lì,soprattutto a quei due che
se lo guardano sghignazzando,che non è un’animale
socievole. Ciel sereno quello
che ha prevalso in tutta la giornata, c’è persino
quella luce accecante che si
rischiava di scordare con tutto quel freddo e quella dannata neve che
ha
congelato non pochi posteriori questo inverno. Quale miglior luogo per
passare
un pomeriggio come quello se non l’antro di perdizione dei
quartieri che va percorrendo
da qualche ora? Non sono i corpi che si svendono per briciole quelli
che lo
interessano, bensì la merce per cui molti lo fanno.
Sì, lui ama la sofferenza
umana, ma ancor di più ama studiarne le fonti e scoprire il
modo di replicarle
nel suo mondo: quello sintetico di anfetamine e droghe. Così
finisce in quel
localino sperduto in mezzo a tanti relitti umani. Non considera nessuno
di loro
più prezioso della merda che si ritrova a calpestare in
quelle strade ricolme
di vizi. Eppure se ne stà lì, seduto al bancone,
che finge d’essere immerso in
quello che si augura ardentemente possa esser definito caffè
corretto. Placido
e privo di qualsivoglia preoccupazione al mondo pare, stonando
egregiamente col
luogo dato gli abiti dal taglio più elegante che casual.
Roba che sembra si sia
messo un cartello dietro la schiena con scritto “Rapinatemi
vi prego” ma
dovrebbero solo provarci. Non è uno che ami la violenza, non
nelle risse
almeno… come armi preferisce le sue creazioni, i suoi
immancabili cocktails che
potrebbero stendere un cavallo con una semplice punturina. Ma alla
fine, chi se
ne frega, no? Se ne stà lì, col viso
perfettamente rasato, i capelli pettinati
con giusto un ciuffo castano che gli ricade dinnanzi agli occhi
d’ambra. Dire
che sa perfettamente dove si trovi ciascuno dei presenti è
inutile, si fa i
cavoli suoi ma non è uno sprovveduto. E pare interessante
come il comportamento
umano sia così squisitamente prevedibile. In quel buco di
mondo, si possono
riscontrare i classici stereotipi dei cosiddetti relitti umani. Avanti
con lo
spettacolo dunque, vuol vedere quanto dureranno quegli sghignazzamenti
dei due
tipi che non fanno che fissare il ragazzone in apparenza placidamente
addormentato, lo ha notato più per la stazza e la
tonalità insolita dei suoi
capelli. Straniero, nessuno si salva da esser feccia.L’occhio
destro si apre,lasciando
intravedere l’iride celestiale,ghiacciata,non è
una tonalità normale di celeste
è più chiara e fredda delle altre,dovuta alla
quasi completa assenza di
melanina nel suo corpo,probabilmente Dio non ne aveva abbastanza per
riempire
tutto quel palazzo. Alto sarebbe dire poco. Sono quasi due metri quelli
che
stanno facendo tribolare la sedia,per non parlare del suo peso. Lo
sguardo si
porta ad esaminare chi sghignazza,con abbastanza indifferenza,lo sa
poco e
niente il Giapponese,è un animala analfabeta che non sa
leggere tutti i segni
di questo popolo strano e questo lo rende più pericoloso. Le
gambe sono
bellamente aperte,il busto leggermente in avanti nel prendere il
boccale di
birra,nessuna allucinazione,non ancora,non ha dormito da come fanno
notare le
occhiaie e forse ha anche paura di vedere qualche mostro. Un
ragazzo,dai
capelli neri mezzi rasati,dilatatori e abbigliamento largo si
avvicina,era uno
di quelli che sghignazza,in compagnia del suo compagno biondo
ossigenato dai
denti storti. Lì ignora,non vede il motivo per la quale
dovrebbe dargli
attenzione,il boccale viene preso e portato alla bocca,qualche sorso
giusto per
inumidire le sottili labbra completamente chiare. “Ehy tu! Lo
sai che questo è
il posto del nostro capo?” Pronuncerebbe quindi il ragazzo
moro,poggiando le
mani sopra il tavolo alla quale sedie Diedrich,non risponde,non ancora
e
probabilmente è questo che che da fastidio al
biondo:”Ma non lo vedi? Ha l’aria
di uno stupido questo bambolotto!” risponderebbe
all’amico,tentando di prendere
quindi il nostro energumeno per la canotta e ci riesce,scostandogli la
bocca
dal boccale e facendo cascare il liquido sui vestiti lavati che
poco,ora dovrà
stare un'altra settimana con quella orba sporca:Male. Entrambi gli
occhi ora si
portano su di loro,come a volergli dare le attenzioni che due bambini
vogliono.
“Alzati in piedi coglione!” parole che capisce
perfettamente e alla quale
stranamente ubbidisce,dare un po’ di corda a quei ragazzi non
dovrebbe fargli
male…no? Prevedibile, dannatamente scontato. Gli stereotipi
umani sembrano
usciti da stampini preconfezionati tanto per fargli salire la nausea.
Come
schifa la volgarità, la massa di carne inutile che, senza
accorgersene, si
stanno gia putrefacendo in vita. Lerciume, un male da estirpare, niente
di più.
Grazie allo specchio piazzato dietro alle innumerevoli bottiglie nel
muro del
bancone, lui riesce a vedere l’intera scena senza dover
neppure girare di un
millimetro il collo. E si limita a sorseggiare ancora il suo
caffé mentre i
clown di turno vanno a stuzzicare il can che dorme. <
un altro grazie >
lui è persino educato nel modo
di rivolgersi al barista che, nel frattempo, probabilmente a
controllato il
fucile che tiene nascosto sotto il bancone. In un posto simile non ci
si
difende certo con margherite. Pare annoiato della vita, indifferente a
quanto
lo circonda come gli scivolasse addosso, tant’è
che prende il giornale che s’è
portato appresso ed inizia a sfogliarlo, come fosse seduto ad un
cafè del
centro in un tranquillo pomeriggio come quello. Eppure gli occhi si
puntano
spesso su quello specchio, la stazza che rivela il giovanotto
assecondando la
richiesta di quei due è impressionante. Gli verrebbe da
ridere, i giapponesi
non son certo famosi per l’altezza, probabilmente i bulletti
vorrebbero che si
rimettesse a cuccia, ma ormai il teatrino è cominciato,
chissà che non gli tocchi
scomodarsi per salvare la sua tazzina dopotutto. Dei odia spettinarsi,
spera
vivamente che si spacchino il muso a debita distanza da lui se proprio
devono
placare gli ormoni. A lui già disgusta l’ambiente
di quel porcile, figuriamoci
doversi persino scomodare per schivare una rissa. Ma d'altronde reputa
tutti
quei luoghi allo stesso modo, eppure è lui a recarcisi,
è solo in posti simili
che incontra le sue migliori cavie. Diachi sta
lì,fermo a godersi il marciume che esce da quei due
individui,alti
probabilmente un metro e settantacinque,forse un po’ di
più,stessa azione che
fa Diedrich nel guardarli,nessuna espressione sul volto del ragazzo che
dimostra molto più della propria età,un viso
rovinato dall’insonnia,insonnia
che sgretola i lineamenti di un giovane e si immischia a quelli duri di
un
Tedesco,insomma un volto non molto comune. <…> Non pare parlare troppo,forse per gli altri
neanche lo sa
fare,taciturno quindi mentre ora,il biondastro andrebbe a ridere come
una
gallinella:”Ma lo hai visto? È anche
ignorante!” Commenta,divertito mentre il
poro batterebbe un pugno sul proprio gomito “Voglio prendermi
un premio e le
sue scarpe,sai che successo?” Parlano,dando esattamente per
scontato che
Diedrich non capisca,lo sguardo perde visibilmente interesse,il moro
carica un
destro che va a colpirgli il volto e il biondo molla la presa,facendolo
finire
contro il tavolo,non si muove il nostro cucciolo,che si rialza
semplicemente in
piedi,gli altri ridono ancora,il barista è spaventato e
c’è chi inizia a fare
scommesse sul vincitore. “Allora? Non reagisci?”
Chiede seccato il biondo che
si riavvicinerebbe dando qualche calcio alle caviglie,come per farlo
scivolare
nuovamente,mentre da dietro,con atti da ninja(?),il moro andrebbe a
tirare i
capelli bianchi di Diedrich,il capo seguirebbe i movimenti,con la
schiena
piegata e le mani lungo i fianchi. La presa sui capelli si
stringe,voluminosa
mentre l’altro caricherebbe un pugno verso lo stomaco,al
colpo Diedrich non può
tirare avanti la testa,è presa ed infatti,per quella
reazione spontanea qualche
capello strappato si potrà trovare nelle mani
dell’altro. Lo sguardo pare non
dargli molto interesse,incassa molto i colpi. Le iridi di ghiaccio
sfiorano la
figura di Diachi senza interesse ma,al secondo colpo sullo
stomaco,qualcosa
pare smuoversi,un sorriso nasce sopra le labbra,un sorriso malsano,la
lingua
fuoriesce a leccarsi le labbra e il sangue che esce da quello inferiore
spaccato,scoppierebbe a ridere per quelle mosso insulse,oltre al fatto
che loro
sono completamente scoperti,non risponde,li lascerebbe illudere in
quella
marcia menzogna.Santa pace… che squallore! Sembrano usciti
da un giallo
d’infima categoria quei due, i soliti teppistelli spiccioli
che non valgono
manco il suo sputo. Coglie lo sguardo del ragazzo che ora stanno
pestando
allegramente e… interessante. Non vi legge nulla, nemmeno
noia tanto per dirne
una. Quel dettaglio riesce a catturarne l’attenzione. Il
giornale vien
bellamente tralasciato mentre continua a sorseggiare il suo
caffé. Nuova tazza
fumante che lo alletta decisamente di più della violenza
gratuita e scontata di
quei due bifolchi. E’ un dettaglio di quel volto tirato da
una stanchezza che
par cronica quello che gli fa assottigliare lo sguardo d’un
tratto. Nota quel
sorriso, meraviglioso! Si sorprende ad imitarlo già
pregustando quando accadrà.
Ma lui non è un tipo violento, no… Gli tocca
ricordarsene di tanto in tanto
tuttavia. Per qualche strano motivo il giornale finisce piegato accanto
alla
tazzina, e le mani vanno a tirar dal taschino della giacca un astuccio
anonimo,
nero, che par contenere un kit per la manicure per quanto possano
capirne gli
altri, manco fosse una donnina che stà per mettersi a fare
le unghie. Par
rifletterci tuttavia, e scuote il capo. Naaa… chi glielo fa
fare d’intervenire?
Lasciamo che i polli si spennino da soli, come detto, lui odia
spettinarsi. Si
limita così a lasciare il suo kit ignoto sul bancone. Destra
che trattiene la
tazzina con tanto di gomito poggiato, sinistra penzoloni con
l’avambraccio che
ne sostiene il peso del busto proteso leggermente in avanti. Insomma
è il
ritratto del menefreghismo quell’uomo, d'altronde lui non
è poi tanto
giovincello, e ne ha viste talmente tante che quella gli pare una
brutta
replica di vecchi episodi.Tutti i ricordi sono marciti,tutti i nomi
dimenticati
in quella testa,tutto questo per cosa? Per sopravvivere. Sono state
erose
figure da mostri immaginari,tutto questo per cosa? Per ritrovarsi in un
locale
a fare a botte. Nessuno attira la sua attenzione ora,particolarmente
nessuno,neanche
il bell’imbusto che ha provato a leggere il suo
sguardo,però si è stancato,la
schiena è decisamente troppo tirata,dovrebbero fare i
servizi agli anziani
questi due tempisti. Sbuffa,schiudendo solo ora le labbra. Il gomito
destro
anbrebbe a dare una botta,così piegato coprirebbe la pancia
di colui che sta
dietro,che per difesa andrebbe a dargli una capocciata riuscita bene,la
mano
quindi va a prendere il capo,nel frattempo,in contemporanea il piede si
è
alzato,con tanto di stivali dando un bel calcio in mezzo alle gambe
all’altro,proprio mentre l’ultimo destro viene
donato nello stomaco,incassa
si,fa male si…ed è per questo che la sua mente
malsana lo fa sorridere. Una
capocciata tra i due,questo dopo aver preso anche il capo
dell’altro che dal dolore
per il colpo nelle parti basse deve essersi piegato. Un colpo netto che
fa
sbattere i due crani vuoti all’apparenza ma pieni ,visto il
botticello. Sorride
lasciando le due figure. Il moro che stava dietro che non subito danni
alle
parti basse,da bravo ratto andrebbe a scappare o comunque si
allontanerebbe
dalla scena. Mentre l’altro con i poveri gioielli di famiglia
frantumati cade a
terra. Pessima cosa. Lo sguardo si ci porta davanti,il sorriso si marca
maggior
mente nel vederlo agonizzare.
Violenza, pura e squisitamente istintiva
violenza. La natura è saggia più di quanto non lo
sia l’intelletto umano. Si
nasce, si cresce, si muore. Semplice. Eppure gli umani si affannano per
dare un
senso più profondo a quell’effimera esistenza che
scivola tra le dita di chi la
va percorrendo. Il più delle volte ci si ritrova a fare i
conti con un pugno di
mosche. Nel suo caso le pretese, la sua ragione di vita, è
la conoscenza, non
dei reconditi misteri dell’universo, bensì di
quelle assurde fantasie e
meccanismi contorti che solo il cervello umano riesce ad elaborare. E
divino
constatare come alcuni realmente non siano altro che primati
dall’aspetto
umanoide, ai quali non degnerebbe neppure di ripulirgli le scarpe,
finirebbero
solo per lordarle col loro tocco. Invece poi altri riescono a
sorprenderlo,
beh… forse è una parola troppo grossa, diciamo a
smuoverlo dal mal di vivere
che pare radicato in lui. Diamanti grezzi che spiccano nella melma. Ce
ne sono,
ma a volte è troppo tardi anche per loro, sono talmente
immersi nel lerciume da
diventarne parte inconsciamente. Certo che di cazzate ne riesce a
macinare pure
lui in quantità industriale. Sbuffa, andandosi ad accendere
una sigaretta,
tanto per quel che vale quel locale è già nel
caos. Ed ecco che dopo lo scatto
della zippo, che si perde nella melodia di colpi che l’albino
ha deciso di
assestare, una nuvola di denso fumo fuoriesce da quelle labbra dal
taglio
severo. Socchiude gli occhi per schermarli da quelle spire. E rischia
di
sorridere addirittura avvertendo il tipico suono di ossa rotte.
Un’occhiata
allo specchio gli conferma ciò che era scontato sin
dall’inizio: quei due hanno
fatto una brutta fine. L’unica nota apprezzabile sono i
rivoli di sangue che
ornano il bel volto del ragazzone. Tutti col cervello fuso a quanto
pare, s’è
lasciato pestare perché s’annoia? Scrolla appena
le spalle e dal taschino
esterno della giacca tira fuori un fazzoletto immacolato, di quelli che
difficilmente si vedrebbero in un posto simile <
se hai finito ripulisciti… la tintoria è carogna
con le macchie di sangue >
azz, s’è sprecato il nostro Daichi, ha rivolto la
parola a
qualcuno, e probabilmente verrà pure ignorato da quello
straniero che rivela un
tono di voce bellamente… piatto, quasi non lo avesse
minimamente smosso l’esser
stato sbattuto come un tappeto e poi aver ripagato con la stessa
moneta. Tra le
dita della mano destra il fazzoletto, che prontamente finisce sul
bancone a
quasi mezzo metro di distanza dalla sua tazzina. Lui certo non intende
sporcarsi, il fazzoletto è sacrificabile. Torna a guastarsi
il suo caffé, in
attesa che torni tutto alla solita banale atmosfera insulsa di prima.
Persino
il barista pare rilassarsi vedendo come uno dei teppisti si da alla
fuga e come
vien messo in ginocchio il secondo. Tutti si fanno i cazzi loro
là dentro, as
usual.Sarebbe tentato di continuare,di spaccargli ogni stupido legame
che lo
tiene in sesto,proprio come i lego,eppure si ferma ritraendo il
piede,si piega
appena con il busto,per esaminare meglio quei lineamenti presi dalla
paura,puro
terrore,se morisse con quel viso finirebbe troppo bene per lui,ed
è così,che il
nostro energumeno di tira suo,girandosi verso il tavolo solo con il
busto e
fissando il casino. La birra a terra e il tavolino rovesciato. Forse
è meglio
che cambia posto da quel che vede,scommesse vinte e scommesse
perse,gente che loda(?),si
ha sentito bene,la mano sinistra si insinua nelle tasche,la destra
invece si
porta lungo il busto e lo sguardo verso Daichi ed il suo stupido
fazzoletto.
Quando il diavolo ti accarezza, vuole l’anima e qui siamo
perfettamente in
tema,guarda intorno atono,impassibile come per capire meglio,le parole
arrivano
veloci come fiumi ed è ora che la mano si porta a sfiorare
il volto,sangue è
vero,se n’era quasi dimenticato,lui c’è
abituato,quella gente no. Non interessa
etichettarlo,precisiamo però lo incuriosisce visto che come
figura stona
particolarmente. Muove qualche passo l’interno,avvicinandosi
quindi al
bancone,si alinea anche con il fazzoletto che ancora non prende. Le
iridi
ghiacciate restano a fissarlo per qualche istante,come interessate o
catturate.
<…>
Non
parla,asociale fino al midollo a quanto pare,ma lo sappiamo tutti che
in
matematica il prodotto di due numeri negativi è positivo.
Solo ora la mano
andrebbe quindi ad accettare “l’aiuto”
retorico dell’uomo,la destra che senza
problemi si dirige,con le propria dita tozze e secche a prendere il
fazzoletto.
Lo sguardo ancora verso di lui:
La "fanfiction" non è una vera e propria fiction o meglio,le azioni sono copiate come sul gdr perchè io non posso permettermi di correggere un'altra player!
Diedrich ha come volto Dante di Devil May Cry
Daichi ha come volto Asami Ryuichi
Entrambe le player hanno acconsentito alla pubblicazione della loro role e a quelle future.
Il gdr dalla quale è tratto è Sakura No Unmei
Sia la Diedrich che la Daichi spera vi piaccia! Love and Joy ~