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Autore: Martina1039    21/02/2012    2 recensioni
«Il padre, Andy, al quale è dedicata Wake me up when september ends, morì di cancro all'esofago il 10 settembre 1982, quando Billie Joe aveva solo 10 anni. »
E' corta, forse troppo e sono ancora alle prime armi; tuttavia incrocerò le dita perchè possa piacere a qualcuno.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicono che il buon giorno si veda dal mattino, e quel 17 settembre del 1982 non aveva affatto l’aspetto di essere una bella giornata per me.
Ricordo un vecchio paio di pantaloni neri, un po’ sciupati e scoloriti col tempo, appesi in una gruccia riposta sull’anta dell’armadio; detestavo quei pantaloni, come odiavo altrettanto la giacca che avrei dovuto abbinarci. Diavolo, era il funerale di mio padre, come se la situazione non fosse stata abbastanza triste, sarei dovuto andarci vestito con quei terribili abiti smessi.
Tuttavia, non era di certo il giorno adatto alle lamentele, il minimo che avrei potuto fare sarebbe stato infilarmi quel dannatissimo completo facendomelo piacere una volta per tutte, rispondere ai parenti con un semplice “va tutto bene” anche se le cose prendevano una piega tutt’altro che piacevole e sedermi su delle scomode panchine di una chiesa ormai cadente a piangere lacrime silenziose.
Che poi mi chiedevo sempre perché, perché proprio papà. Ogni sera, alla televisione trasmettevano notizie riguardanti furti, assassinii e via discorrendo; con tanti criminali in città, perché proprio lui, era innocente.
Il nonno diceva spesso che sono sempre i migliori a lasciarci; forse aveva ragione, magari quel signor qualcuno lassù è fin troppo egoista da volerli tutti al suo fianco.
Mamma non aprì bocca per tutta la mattinata, si spostava di stanza in stanza per rifare i letti, controllando che io ed i miei fratelli fossimo pronti. Alla fine decisi persino di non metterla la giacca, non ne volevo proprio sapere e mamma non ci fece nemmeno caso, era troppo distratta dai suoi di pensieri per far fronte anche ai miei capricci.
Passarono i 10 minuti di macchina più strazianti mai trascorsi in vita mia, troppo silenziosi, troppo..tristi.
Erano già tutti schierati davanti le porte della chiesa: le zie con i loro soliti abiti appariscenti, le dita delle mani che sembravano chele di granchi quando ti arraffavano le guance per poi stamparti un’enorme macchia di rossetto proprio sul lato destro del viso, lasciandoti addosso quella scia di fastidiosissimo profumo, evidentemente messo in abbondanza; i soliti “amici di tuo padre” ed i cosiddetti “falsi dispiaciuti” la quale unica parola che riusciva a fuoriuscire dalle loro misere bocche era “condoglianze”, accompagnata da un falso sguardo di rammarico ed una debole stretta di mano. Buffoni, pensavo, era proprio necessario chiamare questa gente? Non c’entravano nulla tutte quelle persone, eppure l’unico a sentirsi fuori posto ero io.
Quando le porte si aprirono non riuscii altro che a dire - «scusami mamma» - e me ne corsi subito a casa.
Spiegai le coperte del mio letto una volta entrato in stanza, trascorsi circa due ore a fissare il vuoto disteso sul materasso del mio letto, la chiave girata due volte nella serratura. Fuori pioveva e la camera da letto era invasa dal silenzio, mi facevano compagnia solo le centinaia di gocce d’acqua battenti sul vetro della finestra ed il suono dei miei singhiozzi.
Avevo le idee confuse, parole su parole che ronzavano in testa senza un verso di percorrenza.
Mi dispiaceva di non aver mai conosciuto abbastanza mio padre, non sopportavo l’idea di non poter più sentirlo suonare la batteria o di non essere svegliato dal rumore del suo camion che lasciava casa la mattina presto per poi tornare il giorno dopo; lui non sarebbe più tornato, mai più.
Poco tempo più tardi sentii bussare alla porta, era la mamma, me l’aspettavo.
«Billie, tesoro, fammi entrare per favore.» -
Battè il pugno contro la porta svariate volte, mi conosceva fin troppo bene per sapere che non stavo dormendo; tuttavia non le aprii, non me la sentivo di affrontare un discorso, tanto meno in quelle condizioni, non volevo mi vedesse; così le dissi solamente - «svegliami, per favore, svegliami quando finisce settembre.» -
  
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