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Autore: Slayer87    22/02/2012    10 recensioni
Gli altri avevano emozioni, sentimenti… lui era solo un sociopatico ad alta funzionalità che non poteva mai smettere di pensare. E mai voleva dire mai. Non c’era mai stato un solo momento nella sua vita in cui poteva dire di non essere stato lucido e nel pieno possesso delle facoltà mentali.
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Fuori Controllo.
Autore: Slayer87
Beta: nessuna, orrori tutti e solo miei.
Fandom: Sherlock (BBC)
Pairing: John/Watson
Rating: R
Note: dedicata alle mie adorate sociopatiche. C’è un pezzo di tutte noi in questa storia…
 
Fuori Controllo.
 
Sherlock conosceva ogni sfumatura di emozione che la razza umana poteva produrre, e sapeva riconoscerla negli altri meglio di chiunque altro, ma quando si applicava a lui rapportato a chi li stava intorno le cose cambiavano.
Non si ricordava di essersi mai fidato di qualcuno o di aver mai voluto qualcuno vicino.
Conosceva parole comeintimità e sentimento solo come nozioni che venivano usate dal suo cervello per dedurre fatti e smascherare colpevoli. Erano parte delle cose che doveva conoscere per poter fare il suo lavoro, ma come tante altre cose non gli erano mai state affini.
Non aveva mai avvertito il desiderio di approfondire la sua conoscenza in questi argomenti.  
Gli altri avevano emozioni, sentimenti… lui era solo un sociopatico ad alta funzionalità che non poteva mai smettere di pensare. E mai voleva dire mai. Non c’era mai stato un solo momento nella sua vita in cui poteva dire di non essere stato lucido e nel pieno possesso delle facoltà mentali. Aveva sempre evitato qualunque cosa potesse alterare il suo stato mentale.
 
Droghe e alcool, all’inizio. E dopo, sesso.
 
E se le prime due erano controllabili, una volta ben studiate, l’altra era solo inconcepibile.
Troppe distrazioni, troppi stimoli e soprattutto niente controllo.
La sola idea di non avere il coltello dalla parte del manico lo rendeva meno lucido del solito, e fin da quando aveva imparato questa cosa era sempre stato attento a mettersi in condizione da non dover mai nemmeno essere tentato dalla mancanza di controllo.
 
Bastava la sua mente, sempre a lavoro, a tentarlo.
Ogni tanto sentiva questi barlumi di consapevolezza emergere - Ma se mi lasciassi andare? Ma come sarebbe smettere di pensare? – ma li soffocava subito.
Innanzitutto nessuno si sarebbe mai voluto avvicinare a lui in quel modo – non dopo averlo conosciuto – e poi lui non si sarebbe mai fidato. Dare ad un altro essere umano, imperfetto e incapace, la possibilità di ferirlo, di avvicinarsi a lui fino a quel punto non era semplicemente tollerabile.
 
Tutto questo… tutto questo fino a John.
 
Quando aveva scelto di avere un coinquilino non si aspettava… John Watson.
I primi giorni erano stati quasi un sogno? Certo, aveva analizzato ogni parola di John, ricavato dati da tutte le parte possibili, si era fatto ben tredici idee su di lui che aveva attaccato da ogni singolo lato, eppure era stato lo stesso John, seppure in maniera inconsapevole, ad aver fatto a pezzi le sue tredici idee dopo qualche settimana, e Sherlock aveva deciso che valeva la pena abitare con quel Dottore ancora un po’, giusto perché non lasciava mai una sfida aperta, e John Watson era una sfida per lui, almeno all’inizio.
 
Come si fosse arrivati alle conversazioni sul divano era una sfida nella sfida.
Conversazioni… John parlava poco, più che altro lo lasciava ragionare sui casi, intervenendo di tanto in tanto con un commento assolutamente fuori luogo, o con intuizioni non meglio giustificate che non serviano a nulla, se non, talvolta, a dargli una nuova prospettiva sul problema. Da essere una sfida, John era diventato utile.
Nessuno era mai stato utile, per lui. Era sempre stato lui utile agli altri…
 
Quando non c’erano casi da affrontare John era bravo a sottrarlo alla noia.
Era sempre un essere umano, uno normale per di più, ma ci metteva l’impegno e tentava davvero di stargli dietro. Era ammirevole.
 
Quando Sherlock si era reso conto di provare ammirazione per John era rimasto perplesso da se stesso. Aveva deciso di includere anche quello nell’enigma “John”, come lo aveva chiamato, e stava studiando anche se stesso.
 
Quello fu il primo indizio.
Non si studia mai se stessi, non si è mai obiettivi.
 
Il tempo passava.
Una volta, parlando di un caso, era venuto fuori il discorso delle fobie.
John gli aveva chiesto quale fosse la sua, se mai ne avesse avuta una.
Stupendo perfino se stesso aveva risposto, peraltro in maniera sincera.
 
Quello fu il secondo indizio.
Reazioni non programmate.
 
L’Illuminazione – il momento in cui capì la sfida che costituiva John Watson avvenne di lì a pochi giorni. Guardandosi indietro, si stupì di quanto in fretta si fossero definite le cose.
 
Erano appena scampati ad una sparatoia.
Erano nella camera da letto di Sherlock, e si stavano ripulendo dallo sporco.
Stavano ridendo, come era successo in uno dei loro primi incontri, quando John perse l’equilibrio, cadendo all’indietro, mentre cercava di slacciarsi una scarpa senza avere base d’appoggio. La reazione naturale di Sherlock era stata quello di aiutarlo, salvo poi seguire l’altro in avanti, visto che ormai era troppo tardi per frenare la caduta.
Finirono uno sopra l’altro, sul letto.
 
Quello fu il terzo ed ultimo indizio.
Perdita del controllo.
 
Si guardarono negli occhi. E poi fu se come un’altra persona si fosse impossessata di Sherlock.
Fu un’altra persona a togliersi i vestiti e a toglierli a John. Fu un’altra persona che baciava e si lasciava baciare. Non era più lui. Faceva fatica a respirare. Voleva smettere. Non voleva mai smettere.
 
C’era una parte del suo cervello che stava continuando ad analizzare tutto, e per quanto la mano di John su di lui fosse piacevole, e la bocca – quella bocca era semplicemente meravigliosa – non smettesse di compiere miracoli, attentando al suo autocontrollo, questo resisteva e resisteva…
 
Poi ci fu un attimo.
L’Illuminazione.
 
Aveva paura di perdere il controllo.
Lo perse.
Un singolo attimo di buio in cui il cervello di Sherlock si spense.
Si spense davvero. Niente pensieri. Niente deduzioni. Niente.
Solo corpo, piacere e John, dentro e fuori.
Durò un nanosecondo, forse anche meno.
Ma il suo cervello si era spento, e anche se l’attimo dopo stava già analizzando come e perché questo era successo, era possibile non pensare per lui.
 
Ma soprattutto, aveva affidato se stesso ad un altro.
Si era lasciato andare, era diventato vulnerabile, più vulnerabile di quanto lo era mai stato e non ne era stato ferito.
John, il suo coinquilino, la persona che ammirava, gli aveva fatto perdere il controllo e lo aveva perso assieme a lui.
Aveva paura di fidarsi.
Si fidò.
 
The End
   
 
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