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Autore: rose_jh    22/02/2012    8 recensioni
Mi avvicinai a lui. Mi chinai e gli diedi un bacio, l'ultimo bacio, sulle labbra.
Lui percepì un soffio.
Si guardò intorno confuso. Poi chiuse gli occhi e realizzò. I muscoli del suo viso si rilassarono, la fronte si sciolse. Poi riabbracciò la ragazza e le sussurrò: - Per sempre. -
Infilai le dita tra i suoi capelli soffici.
"Per sempre." sussurrai, ma Lui non mi sentì.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I was nothing without you.


Il silenzio della mia casa, al contrario di tutte le altre volte, in cui sembrava urlare "Quella puttana della tua matrigna ti ha abbandonato anche per stanotte.", adesso mi urlava "Cosa aspetti?! Sei sola, fallo." .

Quasi automaticamente il mio corpo si sollevò dal letto e, trascinando i pedi, arrivai al bagno. Chiusi la porta alle mie spalle, afferrai "l'oggetto" e scivolai con le spalle sulla porta fino a terra.
Mentre ancora altre lacrime solcavano le mie guance lasciai che la lama fredda mi squarciasse la cute dei miei polsi; godei nel vedere le prime gocce di sangue uscirmi dal braccio, così affondai la lama ancora più in fondo, fino a tracciare una linea verticale che, per colpa della mia mano tremante, si concluse alla fine ad uncino, creando una J, ricoperta dal liquido rosso che alloggiava nelle mie vene.
"La sua iniziale, cazzo" pensai.
Mentre il dolore cresceva sempre più e la ferita bruciava, la mia mente, quasi volesse ripassare il coltello nella piaga, riprodusse ciò che era successo qualche ora prima prima.
Tanti flash disordinati trovarono la loro cronologia, per poi produrre una specie di film nella mia testa.
Una festa, un bicchiere di vodka, Lui ubriaco, io ubriaca, il mio vestito nero scollato, i miei tacchi vertiginosi, le scale, la stanza, il suo alito che sapeva di alcool, il bacio... il letto. Le sue mani dietro la mia schiena che abbassavano la lampo. Il mio risveglio dallo stato di trance, il mio quinto, o sesto bicchiere di vodka mezzo vuoto che gli si rovesciava in testa. Io che, dopo tanta forza per levarmi dalla sua presa massiccia, mi levavo i tacchi e correvo giù per le scale. Le sue imprecazioni dietro di me. Lo sbattere della porta della grande villa dietro le mie spalle. Il vicolo cieco. Lui, di nuovo, dietro di me, poi di fronte a me. Io con le spalle al muro, lui che cercava di baciarmi, io che mi dimenavo. Il secondo bacio, le sue mani che scendevano lungo i miei fianchi. Il mio calcio, lui piegato a meta', io che senza tacchi correvo verso casa. Le chiavi sotto lo zerbino, la corsa al letto, le lacrime.
Rivissi in meno di cinque secondi l'intera serata e tutto ciò mi portò a continuare la mia opera.
Mi addormentai o, forse, persi i sensi. So solo che mi svegliai il giorno dopo all'alba per il bruciore delle ferite. Il mio polso era in un lago di sangue. Pulii tutto con le poche forze che mi rimanevano e mi preparai un bagno caldo.
Affondai nell'acqua calda a pensare, a mente lucida adesso.
Lo amavo.
Nonostante tutto, lo amavo.
Non mi importava che in quel vicoletto mi avesse quasi violentata. 
Ricordavo a malapena il sapore amaro dei suoi baci, ma nella mia mente era stato il massimo che avessi potuto desiderare. Non sapevo perché fossi scappata da lui; alla fine lo volevo anche io. Forse volevo solo che lui non fosse ubriaco, come me. Forse volevo che lui mi amasse, non che mi volesse portare a letto come una delle tante.
Non lo sapevo neanche io il perché.
Passavano i minuti, le ore, i giorni.
Una settimana, forse.
Ed io ero a casa, a piangere, senza mangiare, sul mio letto.
Ogni sera, se non anche la mattina e il pomeriggio, ripetevo il rituale: aggiungevo dei tagli e riaprivo quello a forma di J, volevo che Lui rimanesse SU DI ME per sempre, se fosse stato necessario.
Settimo giorno, lunedì.
Capii che non potevo continuare così: accudire l'ex compagna tossica di mio padre, morto da qualche mese, senza saper neanche accudire me stessa.
Così la mattina di quel fottuto settimo giorno mi alzai alle sette, indossai dei jeans, una t-shirt e tanti bracciali, mi truccai e mi sorrisi allo specchio cercando di essere credibile. Presi la cartella e uscii di "casa".
Arrivai davanti la mia scuola; ormai non mi importava più di quello stupido edificio. Andavo lì per passare il tempo da quando anche mio padre era morto, e da allora la mia pagella era piena di insufficienze.
Sorrisi a coloro che mi sorrisero senza problemi, risposi che avevo avuto la febbre e ora stavo bene.
Entrai in classe appena suonata la campanella; misi la testa sul mio banco, che condividevo con lui dal primo giorno di scuola, chiudendola nelle mie braccia incrociate e decisi di aspettare che la prima ora passasse guardando fuori la finestra. Iniziai a pensare.
Era il mio migliore amico.
Un puttaniere, ma il mio migliore amico.
Io amavo lui, lui amava "le ragazze". Mi illudevo che in quello stupido gruppo c'entrassi anche io.
-Rose.- 
rabbrividii.
Mi convinsi fosse frutto della mia immaginazione e continuai a guardare fuori la finestra.
- Ehi, Rose.-
rabbrividii ancora.
La sua voce.
Il mio inconscio la riproduceva talmente bene da stupirmi.
- Ti prego, guardami. So che sei... incazzata. No, di più. Ferita, umiliata, io... sono stato un mostro. - una fitta allo stomaco mi colpì nel sentire quelle parole. -Adesso lo so. Adesso ricordo tutto quello che è successo quella cazzo di sera. Adesso so che c'è qualcosa che devo farmi perdonare, ma che forse non mi perdonerai mai. -
Una lacrima mi scese dall'occhio al naso, per poi cadere rumorosa sul banco.
L'ennesima lacrima per il ragazzo che amavo.
- Rose...- continuò. -...scusami. MI DISPIACE. Come devo dirtelo?! - sospirò pesantemente. - Non rispondi alle chiamate, ai messaggi, persino alla porta di casa.- 
era vero. Fottutamente vero. Ero diventata come un'alga, non vivevo più. Se respiravo era solo colpa del mio stupido corpo che non voleva saperne di morire, come aveva però fatto la mia anima.
- Ro... -
La sua splendida voce fu interrotta dal bidello che annunciò che il professore alla prima ora non c'era, e saremmo entrati l'ora successiva.
- Rose. - mi richiamò severo. - Cazzo, girati! - Sbatté un pugno sul banco e rabbrividii ancora.
Con lentezza sollevai la testa dal banco, ma guardai ancora alla mia sinistra, non rivolgendo alcuno sguardo a lui che era seduto alla mia destra. Vidi la classe svuotarsi dopo l'ultimo coglione che uscì dalla porta.
Presi la borsa da terra e mi alzai dal banco.
Sospirò esasperato; mi accorsi che portò le mani nei capelli. 
- Perché mi fai questo, eh?! Vuoi farmi del male?! Vuoi ripagarmi di quello che ho fatto io a te quella sera?! Vuoi che io soffra come un cane?! - Urlò con la voce rotta dal pianto. - Non sai quanto mi faccia male solo non sentire la tua voce, adesso. -
- N-non...te n'è...mai...importato...de
lla...mia...voce.- sussurrai ancora girata verso la finestra fissando il vuoto. Poi mi voltai verso di lui e in quegli occhi ritrovai il mio infinito. Non potei fare a meno di vedere le lacrime cadere veloci sul suo viso. - Addio, Joseph. - dissi adesso a voce piena.
Ero arrivata fuori la porta della classe che mi sentii dire: - M-ma... Rose, io ti amo! -
- No, non é vero. - risposi subito, lasciandolo, forse, senza parole.
Tornai a casa, lui non mi seguì. Era stato un segno che il prof della prima ora non ci fosse; forse voleva dire che anche quel giorno sarei potuta stare a casa. O forse era una scusa.
Rivederlo mi aveva fatto male.
Se da un lato stare lontana da lui mi faceva male, stargli vicino mi feriva ancora di più.
Una volta stesa sul mio letto, presi, poi, la decisione più importante della mia vita.
Ma prima dovevo fare una cosa.
Afferrai il cellulare, lo accesi e iniziai a scrivere un sms.
"Ciao amore mio. Inizio col dirti scusa, per tutto quello che ti ho fatto. Non volevo, giuro. Ma è stato più forte di me, e purtroppo ti ho amato con tutta me stessa. E ti amo ancora, amore mio. Ti amo come mai ho amato nessuno.
E ti richiedo scusa perché forse, anche se ne dubito, dopo stamattina proverai dolore. Scusami amore, ma anche questo è più forte di me.
Perché come ben sai, IO NON SONO FORTE. 
E non solo per te; non è stata colpa tua.
I miei mi aspettano, sai? É già da un po' che mi chiamano. 
Credo di dover ascoltarli: quando erano vivi disobbedivo sempre, adesso farò la brava figlia.
Scusami, ti ripeto. Spero che mi perdonerai, un giorno. 
Ti amo, non scordarlo.
Addio."
Glielo inviai.
Mi diressi ancora verso il bagno, ma stavolta libera dal peso che portavo dentro. Non gli avevo mai detto cosa provassi per lui.
Mi sedetti a terra, stavola con la schiena contro la vasca, e tagliai.
La lama fredda faceva male come la prima volta, quasi il mio corpo fosse consapevole fosse l'ultima.
Il sangue colavo; facevo diventare le ferite sempre più profonde e automaticamente il dolore aumentava senza freno. 
Il bruciore era al culmine; sentivo le vene battermi ovunque. Iniziai a sentirmi stanca.
Poi cessò all'improvviso.

Mi accasciai sulla destra e chiusi gli occhi; volevo dormire, solo dormire.

Poi però mi alzai e mi appoggiai, in piedi, alla finestra del bagno, guardando il soffitto. Ero confusa. Leggera, stranamente leggera. E confusa.
Sentii la porta di ingresso aprirsi con una botta e un - ROSE! - urlato istericamente dalla voce che amavo.
La porta del bagno si spalancò sbattendo contro il muro.
- OH NO, CAZZO! NO! - urlò lui guardando un punto a terra e iniziando a cacciare lacrime. 
Non capivo. Perché non mi guardava?
Misi a fuoco dove fosse il suo sguardo e solo allora realizzai.
Si mise in ginocchio, a terra, davanti QUEL corpo inerme.
Le prese il viso tra le mani, poi prese il suo polso e lo accarezzò con il pollice singhiozzando.
- J? - sembrò chiedere a se stesso. - Che... Che cosa ti ho fatto, amore mio? Cosa? Perché sono stato così stupido? - disse tra una lacrima e l'altra alla ragazza che teneva adagiata sulle sue gambe.
Poi la abbracciò, sporcandosi tutto di sangue.
- Io ti amavo. - singhiozzò. - IO TI AMO. - si corresse. - E ti amerò per sempre, amore mio. Ti amerò per sempre, Rose. - le disse.
Mi avvicinai a lui. Mi chinai e gli diedi un bacio, l'ultimo bacio, sulle labbra. 
Lui percepì un soffio.
Si guardò intorno confuso. Poi chiuse gli occhi e realizzò. I muscoli del suo viso si rilassarono, la fronte si sciolse. Poi riabbracciò la ragazza e le sussurrò: - Per sempre. -
Infilai le dita tra i suoi capelli soffici.
"Per sempre." sussurrai, ma Lui non mi sentì.
  
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