(Un)Happy Ending
La rabbia che lo acceca è però
troppo grande perché riesca a immaginare di metterla a tacere con una risata,
qualcosa di profondo che ha radici antiche, propaggini che affondano nelle
nebbie del tempo e di un passato che fu e non è più ormai, ma lo ha reso così
com’è.
Come il mostro che lei ha cercato di
ritrasformare in uomo.
Rumplelstiltkin non ride e
il volto flaccido del Re ha uno spasmo di dolore quando lo stivale lo colpisce
la prima volta. L’intervallo tra il primo e il secondo colpo è breve quanto il
bacio che si sono scambiati. L’unico, quello d’addio. Il ricordo gli fa
contrarre la mascella. Schiocca la lingua contro il palato e la suola della
scarpa schiaccia un po’ di più la fronte sudata del Re che sussulta tanto quanto
più lui preme.
Il Re è un vigliacco nel
modo in cui lo è stato lui, sia da uomo che da mostro. È stato per paura
infatti che non le ha creduto, il timore di rimanere ferito dall’illusione di
una speranza troppo bella per essere vera, bella quanto è – era - lei. Belle.
Un’altra contrazione più
forte, al centro del petto stavolta, lo coglie impreparato e lo fa quasi
sobbalzare per il dolore acuto che ne è conseguito. Si era quasi dimenticato
come fosse avere un cuore, cosa significasse. I sentimenti a lungo sopiti e ora
risvegliati glielo stanno già sgretolando. Lo rodono da dentro, come se fossero
tanti ratti a rosicchiarglielo. Se non sapesse per esperienza che sia così il
dolore, potrebbe quasi pensare che la Regina sia finalmente riuscita ad
aggiungere anche il suo alla macabra collezione che l’ha resa famosa.
Gli sembra di sentire le
unghie che premono nello stritolarglielo con esultanza vittoriosa.
– Pietà? – ripete
socchiudendo gli occhi in fessure ostili e chinando la schiena in avanti, in un
avvicinarsi diffidente e insieme disgustato alla figura riversa sui lastroni di
pietra del pavimento gelido. – Pietà? Come quella che tu hai rifiutato a lei? –
- No. No! – mormora il Re
in una preghiera implorante.
Lei avrà fatto lo stesso mentre la torturavano?
Avrà pianto invocando un briciolo di comprensione o umanità nei suoi aguzzini?
Lo avrà odiato ritenendolo responsabile? Gli ultimi suoi istanti saranno stati
di rimpianto o di disprezzo? Biasimo verso quel mondo barbaro e brutale che ha
impedito l’avverarsi di ogni suo sogno?
Sono tutte domande che lo
ossessionano, un tormento che non conoscerà mai fine. Perché sono domande, quelle,
a cui nessuno pare in grado di trovare risposta.
- Non hai tenuto fede al
patto. Lei era mia, un bene che mi apparteneva e tu ti sei arrogato il diritto
di distruggerlo! Ebbene l’accordo è saltato. Una principessa per un regno.
Salva l’una intatto l’altro. Ora che lei non c’è più non vedo perché dovrei
mantenere la mia parte d’impegno. Non quando tu – il tacco premuto di nuovo con
rabbia nella guancia del Re prostrato, un gemito soffocato ad allietargli le
orecchie – sei visibilmente venuto meno alla tua! –
La voce infingarda del Re
soppianta quella della coscienza.
- È colpa vostra – pigola
ed è la disperazione a smuoverlo, vacua ma abbastanza intensa da dare una
parvenza di decisione a quella voce querula e piagnucolosa. – Colpa vostra –
ridice in tono d’accusa e lamento. – Perché l’avete fatta tornare? Come avremmo
potuto riaccettarla tra noi? Come riprenderla qui dopo che era stata con voi? Era
infettata dal male e andava purificata o ci avrebbe contaminati tutti!–
- Era tua figlia – sibila Rumplelstiltkin
squadrandolo dall’alto con ribrezzo. – Chi farebbe mai quel che hai fatto tu
alla propria stessa progenie? –
- Non era mia figlia, non
più – insiste il Re in tono di pianto. Cos’ha
lui da piangere? Che diritto ha lui di piangere? Lui che l’ha mandata al rogo? - Ho perso la
mia Belle il giorno in cui si è consegnata a voi, essere maledetto e senza
cuore.-
- Si è sacrificata per te e
il tuo popolo. Avrebbe meritato rispetto e ogni tipo d’onore per il solo fatto
di essere erede di un cialtrone quale te! E invece cosa ha ottenuto? Una morte
indegna, ogni genere di crudeltà e rifiuto. Dimmi una sola ragione per la quale
non dovrei ammazzarti qui, adesso. Dammi una sola buona ragione. –
Le sue parole hanno un
suono rauco e viscide irrompono con violenza nel silenzio circospetto della
sala, quanto il panico puro e semplice che sente scuotere il Re. Era davvero
sua figlia?
Lei non avrebbe vacillato.
Coraggiosa ed eroica, gli avrebbe tenuto testa.
E non avrebbe voluto questo. Basta un attimo, distrazione o incertezza, a
minare le fondamenta di quella che per lui sarebbe la vendetta più dolce. Un
castigo giusto, equo e legittimo, ma che non servirebbe a riportarla indietro, tantomeno
a restituirgliela. L’amarezza della considerazione serve a disfare le trame
della sua collera, a rabbuiare l’espressione contrariata e farlo ripiombare
nelle ombre del risentimento. Un astio crudo e cupo che non ha altri
destinatari che non siano lui.
– Non meriteresti altro che
la morte, lo sai, vero? Ma anche la morte sarebbe troppo per un vigliacco come
te. – Lo farebbe avvicinare a lei e questo è un dono di cui non è degno.
Lo stivale scivola via
dalla pelle scorticata del Re. Sarà stata
così anche la sua poco prima che morisse? Di un rosso sangue vivido e
ustionato? Lei che era solo rosa e bianca, un fiore da scoprire petalo per
petalo?
La repulsione lo riassale.
Orrore, avversione, pazzia. Vorrebbe vedere tutti loro morti, ma sarebbe quello
che lei desiderava? Si porterà il dubbio nella tomba. Se…
Se non sarà il rimorso a spedire
lui per primo, considera tra sé. L’assicurazione di quella riflessione ha un
ché di salvifico. Lo rassicura.
- Ringrazia la tua buona
stella, Re dei miei stivali. Oggi il regno è ancora in piedi, ma non grazie a te.
Trema perché il giorno in cui mi vedrai di nuovo, saprai che sono tornato qui
per portare a termine quel che non ho voluto fare ora. Avrò la mia vendetta, in
questo mondo o nell’altro, fosse l’ultima cosa che faccio – promette e il Re
già rabbrividisce perché sa: Rumplelstiltkin non mente mai. A nessuno che non
sia se stesso perlomeno.
*
Rumplelstiltkin esce a
testa alta nel cielo limpido di mezzanotte, lasciandosi il Palazzo e il
Villaggio alle spalle, gli occhi bassi e cauti, sovrappensiero. Un altro giorno
è alle porte, imminente come l’alba che tra poche ore scalcerà per uscire e già
preme lungo il confine dell’orizzonte creando una foschia sottile e traslucida;
un altro giorno è concluso e il castello attende il suo ritorno, buio e
polveroso.
Nell’aria della notte gli
pare di sentire spifferi lievi, brezze leggere e canterine, ma anche qualcosa
di accogliente. In un nero che non è quell’azzurro odioso e insopportabile che
lo perseguita ora più che mai, gli pare quasi di sentire una carezza gentile.
Un sorriso che sfuma nel vento, tra l’erba rasa dei prati e la rugiada. Lui non
riesce a rispondergli. Incurva la schiena e affretta il passo, lo sguardo
corrugato nel vuoto, le mani artigliate. Non è ancora pronto a perdonare alcuno,
men che meno se stesso. La pietà che prova non è per nessuno che non sia lei.
Il cuore che lei gli ha restituito non proverà mai alcun sentimento che non sia
dedicato a lei, in ognuno inciso il suo nome.
‘Belle’ paiono sussurrare
quei palpiti e per quanto dolenti Rumplelstiltkin non può non pregare affinché
quella pena non giunga mai a conclusione. È il suo lieto fine quello: non dimenticare.
Note
d’autore:
Ho letteralmente divorato
questa serie, o almeno ciò che c’è da divorare al momento. È inutile sottolineare
che io l’ami già alla follia, così come trovo quasi superfluo aggiungere quanto
profondamente sia radicata in me la venerazione per questo personaggio: Mister
Gold, Tremotino alias Rumplelstiltkin. L’attore è abilissimo, di una competenza
magistrale nell’interpretarlo, per non parlare poi della padronanza con cui
riesce a destreggiarsi tra un mondo e l’altro che mi fa liquefare.
Il personaggio in sé e per
sé invece è un altro paio di maniche. È a mio avviso un incrocio ben riuscito di
molti pregi, difetti e caratteristiche di altri personaggi sparsi nel mondo
incantato di libri e film piuttosto famosi. Almeno io la vedo così. Non trovate
infatti ci sia qualcosa in lui che ricorda vagamente il Cappellaio Matto di
Alice nel Paese delle Meraviglie, la versione più recente intendo (quella di
Tim Burton per essere più espliciti), nonché anche qualcos’altro di
ravvicinabile alla figura dello Spaventapasseri e dell’Uomo di latta de “Il
meraviglioso mago di Oz”? O sono solo mie impressioni? Il tutto unito poi ad
una personalità enigmatica e sfuggente, propria al carattere di fondo del
personaggio, e mille sottigliezze che me l’hanno reso ormai caro quanto nessun
altro nel telefilm. Nutro molta simpatia per Emma e Biancaneve, va detto, ma
lui rimane il favorito al momento, nonché il più riuscito e per sfaccettature e
per resa e caratterizzazione. L’episodio con Belle poi è stata la ciliegina
sulla torta. Mi ha fatta andare in delirio definitivamente e convinto a
sfogarmi con questo breve scarabocchio, le mani che già prudevano dal terzo
episodio per scrivere qualcosa (su Emma, ma diamo tempo al tempo finché ce
n’è).
Primo tentativo nel fandom
quindi, un esperimento mal riuscito e febbrile, un poco esaltato sicuramente,
ma sorvoliamo!
Spero di essere riuscita a
trasmettervi qualcosa, come al solito, e di non aver instillato da subito il
desiderio di chiudere la pagina e scappare a gambe levate xD
Concludo con un abbraccio
caloroso a tutti, se vi va lasciate un commento che è sempre ben accetto ;)