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La
Follia [come un Trillo del Diavolo]
«Una
notte sognai che avevo fatto un patto
e che il diavolo era al mio servizio. Tutto mi riusciva secondo i miei
desideri
e le mie volontà erano sempre esaudite dal mio nuovo domestico.»
Sherlock
Holmes carezzava con
l’archetto le corde del violino, sfiorandole appena con la delicatezza
dovuta
ad un’amante.
Le labbra schiuse e gli occhi ben celati dietro le tremanti palpebre
tingevano
sul suo viso un puro piacere, decisamente molto più elevato rispetto
alla banale estasi sessuale che si
sarebbe
potuta erroneamente leggere fra le sottili rughe d’espressione.
“John, ho bisogno
di pensare…”
Aveva
cacciato via il proprio coinquilino forse in maniera decisamente
indelicata –e non che se ne curasse, in realtà- però la tristezza che
era
affiorata sul volto del Dottor Watson a quelle parole gli aveva, poi,
uncinato
il cuore, tramutandosi in una segreta
ed agrodolce malinconia da celare agli occhi di uno dei suoi rari affetti.
A Moriarty, però, proprio a lui,
aveva concesso il privilegio di assistere a quell’assolo delicato,
fissandolo
attraverso il vetro della finestra chiusa che gli era davanti.
«Risponde tutto ai tuoi piani?»
Sherlock parlò quasi in un sussurro e, arrestando per un attimo la voce
del
violino, si concentrò sulla pioggia che aveva iniziato a screziare un
cielo
grigio come la cenere.
«Puoi
tranquillamente dedurlo tu stesso, o
sbaglio?»
Il sorriso di Moriarty quasi costrinse anche le sue labbra a piegarsi
in una
smorfia ilare, ed allora l’investigatore riprese a far gemere
il violino con desiderio crescente: chiudendo nuovamente gli
occhi, ascoltò il respiro del proprio rivale fondersi al tamburrellare
della
pioggia, alle note di un’antica melodia, al
battito del suo cuore pulsante.
« Immaginai
di dargli il
mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria,
ma
quale fu il mio stupore quando ascoltai una sonata così singolare e
bella,
eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire
nulla
che le stesse al paragone. Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere,
che mi
si mozzò il respiro.»
Sherlock intravide
brillare
negli occhi neri di Moriarty un piacere che sfiorava la perversione, ed
in
parte riconobbe la gioia dalla quale lui stesso veniva lambito ad ogni
trionfo,
ad ogni soluzione apparentemente
incomprensibile ma tuttavia l’unica
assolutamente plausibile che sbatteva di volta in volta sotto
al naso della
polizia.
D’altra parte, entrambi possedevano quella dose di genio –o meglio,
Sherlock di
genuina razionalità, l’altro di semplice follia- in grado di posare
negli
altrui cuori il timore di non essere per niente all’altezza della realtà.
L’investigatore era rimasto affascinato dalla tela che Moriarty aveva
tessuto appositamente
per lui: con ogni enigma, con ogni caso risolto Sherlock aveva stretto
attorno
alla propria gola sottili ed invisibili filamenti…
Ed infine stava soffocando.
Riconosceva la brillantezza, l’astuzia, l’ingegno di quel diavolo suo
rivale; e
ne poteva udire la risata e la voce vibrare attraverso i legami che gli
stritolavano le membra.
«Ti
brucerò.»
Le
dita calde di Moriarty si chiusero attorno al suo collo gelido e,
accarezzandone la cute, fremendo, premettero contro la carotide per il
solo
gusto di avvertire il battito regolare dell’investigatore scuoterle.
A disgustare Sherlock, però, non furono gli accurati tocchi del rivale
e
nemmeno il suo respiro che gli si imprimeva addosso –e dentro sé
appuntò quanto
fosse intimo e sconosciuto quel contatto-, ma venire interrotto
all’apice
dell’assolo… oh, quello lo
disturbava
alquanto.
«Fui
svegliato da questa violenta sensazione e presi all'istante il mio
violino,
nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena
ascoltato,
ma invano.
»
«Come puoi stare
dalla parte degli angeli, se non hai mai visto
l’Inferno..?»
Le
parole appena bisbigliate da Moriarty gli sembrarono simili ad un grido famelico, e provò a seppellirle
sotto i toni sempre crescenti e più frenetici della sonata!
Ma erano comunque lì, intrecciate
alle note, fuse con esse in un erotismo impalpabile e quanto mai
seducente.
«Sta’ zitto.»
Lo azzannavano e con le parole giungevano le sue labbra a divorarlo.
«Se tu imparassi a volare,
vedresti l’Inferno ed allora, smettendo di strisciare su questa terra,
potresti
comprendere quanto è ridicola la tua posizione!»
Sherlock avvertì il sapore del sangue sul palato ed il calore del
liquido
ematico inumidirgli la nuca.
Percepì l’oscurità calare crudelmente sui suoi occhi, sentì il dolore
spezzargli le ossa e scavargli dentro.
E
lì con lui Moriarty gli mordeva la lingua, affondandovi i denti e
rideva,
rideva instacabilmente attraverso la pioggia e la musica e le grida
dell’Inferno,
tingendosi le labbra col rosso del nettare che si riversava dalla bocca
di
Sherlock direttamente nella sua gola assetata.
Oh, l’investigatore allora comprese.
Comprese come il proprio cuore stesse per scoppiare, bruciare, bucargli
il
petto ed offrirsi in un grumo nero e sporco alla bestia che l’avrebbe
assaporato su di un piatto d’argento, tagliandolo con posate di oro
rovente.
Volare sarebbe stato semplice, a quel punto.
Tendere le braccia e provare a contemplare l’Inferno da lontano, prima
di
rimanervi intrappolato e comunque comprendere di non poterne uscire
indenne…
«Il
brano che composi è, in verità il migliore che abbia mai scritto, ma è
talmente
al di sotto di quello che m'aveva così emozionato che avrei spaccato in
due il
mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato
possibile
privarmi delle gioie che mi procurava.»
Sherlock riaprì gli
occhi a sonata conclusa.
Posò lo sguardo sul cielo ormai nero consumato dalla pioggia; osservò i
passanti che in strada si affrettavano verso casa, i taxi rincorrersi
ed infine
intravide il profilo di John dirigersi al 221b.
Non riuscì a comprendere se il peso che allora avvertì sul petto fosse
dovuto
al sollievo di rivederlo, al senso di colpa per averlo -come
sempre- tenuto fuori da ogni suo piano o al timore di possedere una preoccupazione.
Sapeva, però, che Moriarty aveva messo appunto apposta per lui un’opera
d’arte
assai sofisticata e che Sherlock Holmes non sarebbe stato da meno…
Un brivido che riconobbe essere imbevuto di piacere…
ma no, no!
Eccitazione, ecco cos’era! Lo scosse
al considerare tale prospettiva.
E sorrise, lo fece con un pizzico di amarezza nel momento stesso in cui
udì i
passi di John fermarsi sulla soglia della porta.
Holmes, allora, pose l’archetto sulle corde del delicato violino e
socchiudendo
gli occhi ricominciò a suonare il concerto in sol minore di Giuseppe
Tartini.
Il Trillo del Diavolo rieccheggiò fra le mura dell’appartamento,
trascinando
con sé una macabra parata di incubi e paure
di cui l’investigatore non aveva bisogno, risparmiando solo quel
pizzico di
follia che, forse, si sarebbe rivelato fondamentale in quel vicino atto
finale…
«Stare
con gli angeli non mi impedisce di
intravedere l’Inferno, Moriarty.»
*La citazione del testo è un aneddoto dell’astronomo francese Jérôme Lalande, che riporta la descrizione del sogno che ispirò a Tartini il Trillo del Diavolo*
Salve a tutti!
Dio, ammetto che questa è la mia prima fic in assoluto nel fandom delle serie TV! ^^’
Sono una che gironzola soprattutto tra gli anime e i manga!
Bhé, a questo punto che dire?
Spero che questa breve shot possa essere stata di vostro gradimento! Si colloca durante la 2x03, consideratela un Missing Moments: ho immaginato un attimo di riflessione di Sherlock, uno dei più intensi poco prima di decidere cosa fare, come fronteggiare Moriarty. ^^
Se siete appassionati di musica classica, vi consiglio caldamente di ascoltare il Trillo del Diavolo di Tartini, che è assolutamente meraviglioso.
Ho ritenuto che fosse adatto al contesto… a Sherlock, a Moriarty.
Quel pezzo è follia pura, lo amo!
Oh, ho cercato di legare la citazione al testo e alle sensazioni di Sherlock! Moriarty come il diavolo, la bellezza della sua trama che soffoca Sherlock, Holmes che sa di non poter evitare l’Inferno, ma, infine, non rinuncia a contemplarlo.
Parallelamente Tartini descrive il diavolo come suo servo, la bellezza della sonata, la sua incapacità di riprodurla, il non rinunciare a farlo.
Well, ho finito! ^^
Grazie a chi ha letto, grazie a chi mi lascerà un propria opinione! =)
Un bacio!
Iria.