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Autore: lilyblack    24/02/2012    0 recensioni

'Stanotte ho sognato Diego!'
Quando Dafne sentì esclamare quella frase alla sua compagna di scuola, appena sedutasi al tavolo con lei, pronta a fare colazione e con un sorriso raggiante sulla faccia, tremò. Sentì distintamente un brivido freddo correrle lungo la schiena, nettamente in contrasto e fuori luogo, data la bellissima giornata primaverile che imperversava su Roma.

I sogni infranti, possono essere una pioggia poco silenziosa, una scarica di grandine improvvisa e più grandi saranno i sogni, più grande sarà la disperazione.
Seguendo le note di una canzone tipica dell'infanzia di molti di noi, una piccola storia che parla, a modo mio, dell'uscita da quell'infanzia.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice: Questa è la versione 'Originale' di una mia storia precedentemente pubblicata nel fandom di HP. E' da tempo che volevo approcciarmi a storie originali che non fossero poesie e questo è un modo per assorbire il passaggio in un certo senso e far diminuire un po' la paura.
Spero vi piaccia :D
Lys


Hopelessness



I sogni son desideri
chiusi in fondo al cuor

'Stanotte ho sognato Diego!'


Quando Dafne sentì esclamare quella frase alla sua compagna di scuola, appena sedutasi al tavolo con lei, pronta a fare colazione e con un sorriso raggiante sulla faccia, tremò. Sentì distintamente un brivido freddo correrle lungo la schiena, nettamente in contrasto e fuori luogo, data la bellissima giornata primaverile che imperversava su Roma.

Era il loro ultimo anno, i loro ultimi giorni dopo un anno che era significato ricostruzione e sacrifici; tutti i loro coetanei erano concentrati sugli esami, sullo studio e sentivano forse di dover dimostrare qualcosa. L'incoscienza degli ultimi anni era andata via con la guerra, lasciando nella maggior parte dei casi spazio a delle persone adulte; si erano concretizzati, tutti.

Tutti, tranne Lucia, che continuava a farneticare del suo ex ragazzo ad ogni pié sospinto, senza badare troppo a quello che le accadeva attorno, convinta che la vita fosse solo una favola. Ogni giorno scendeva dalla sua camera raccontando, con un tono della voce piuttosto discutibile, sprazzi di fantomatici sogni: era sempre stata così, pochi desideri e semplici, che confluivano in un unico grande sogno, il matrimonio con il principe azzurro.



nel sonno ci sembran veri
e tutto ci parla d’
amor
se credi chissà che un giorno
non giunga la felicità…


Non le era mai passato lontanamente per la testa, Dafne ne era più che convinta, che qualcosa potesse non andare come lei aveva deciso. Credere fermamente nei suoi sogni, nei suoi desideri: per lei tutto ciò bastava, se c'era la sua volontà allora il mondo doveva cadere ai suoi piedi.
Tentò di non risponderle, sperando con ogni sua forza che quel giorno, almeno quel giorno, decidesse di farla stare in pace. Era bravissima a dispensare paroline adatte ad ogni occasione e a rassicurare gli altri, lì dove fosse stata sicura che, una volta rassicurati, l'avrebbero lasciata in pace; quel giorno, però, faceva eccezzione. Strinse con nervosimo la lettera che teneva tra le mani, senza far arrivare alcuna espressione al volto: occhi nella tazza di latte caldo che le suore del collegio avevano appena servito, bevendo con i pensieri apparentemente rivolti altrove, si sarebbe detta perfettamente e realisticamente distratta.


'Violanti mi senti!!!'

'Dafne...Pansy. Mi chiamo Dafne...'


Odiava, sentirsi chiamare per cognome: la rendeva un numero o un nome stampato su di un albero genealogico e non le piaceva, ma questo Lucia non riusciva a capirlo, era troppo lontano dal suo modo di pensare. Loro, erano troppo diverse e nessuno avrebbe scommesso sulla loro amicizia, Dafne men che meno, tanto che ancora dopo più di sette anni, non riusciva a decidere se erano amiche o meno. La sensazione però che qualsiasi cosa fossero, quel giorno avrebbero smesso di esserlo, era una certezza per lei.


'Si, hai ragione, Daf...mi vuoi ascoltare?!?'


La sua voce così desiderosa di attenzione, così infantile da ricordarle sua sorella minore di otto anni, fece leva sulla parte di cuore che era legata alla tenerezza e che, in fondo, provava pena per lei. Pena e tenerezza, fu per questo che alzò gli occhi verdi dalla colazione e li diresse verso il volto dell'altra, così scuro e diverso dal suo come erano diverse le loro vite, i loro sogni e i loro caratteri. Annuì lentamente, e si preparò ad una colazione molto lunga.



I sogni son desideri
chiusi in fondo al cuor
nel sonno ci sembran veri
e tutto ci parla d’amor

'Ho sognato che ero in camera mia, a scrivere sul mio diario...Mi sentivo molto sola e avevo bisogno di dirlo a qualcuno, tu non c'eri, non so dove fossi, e io avevo quel fastidioso buco, al posto del cuore.
Lo sai, è così che mi sento, da quando non è più nella mia quotidianità: è come se mi mancasse qualcosa, come se l'argento fosse diventato grigio e ai miei sogni mancasse vitalità.

Volevo scrivere che mi ero svegliata stringendo violentemente il cuscino credendo che potesse ridarmelo, ancora affondata nella nebbia dei sogni e arrabbiata con me stessa, perché non ero nella stanza con lui, clandestina, ma banalmente ferma nel mio letto.
Rendermi conto che non sarei potuta essere con lui comunque, perché non è più al collegio, mi aveva poi tranquillizzata e mi ero finalmente decisa a scrivere, a scrivergli una lettera...'


Quella parola risuonò nella testa di Dafne impovvisamente, facendole stringe la mano sinistra convulsamente sotto il tavolo; ringraziò tutti i santi che le venivano in mente per il suo autocontrollo e sorrise appena a colei che, nonostante tutto e in un modo tutto suo, in quegli anni le era stata amica. Sentì un fastidio sordo alla bocca dello stomaco, quando incrociò i suoi occhi felici e luminosi, ma lo scacciò con la stessa velocità con la quale si assicurò che il foglio, che aveva fra le mani quando l'altra era arrivata, fosse al momento perfettamente chiuso e illegibile.


'Mi senti Daf?'

'Si Lucy..ti seguo.'

'Quando ho aperto lo scrigno della carta da lettere, sono volate fuori decine di quelle farfalle che mi piacciono tanto, quelle bianche e nere. Quelle che piacciono anche a te.Una di queste farfalle portava una lettera. Lui aveva scritto a me capisci? Lui a me. Non mi aveva dimenticata e io so che non mi ha dimenticata anche nella realtà!'


C'era qualcosa in tutto quello che stava accadendo, che non le piaceva.
Sua sorella sedeva poco più in la, rigida sulla sua sedia e perfettamente ligia nella sua routine mattutina: libro per ripassare, capelli perfettamente ordinati, espressione impassibile e un thè amaro a farle compagnia.
Quando alzò lo sguardo su di lei e i loro occhi, verdi in egual modo, si incontrarono, capì che lei sapeva e che nelle loro menti stavano passando gli stessi pensieri. Piegarono le labbra in una smorfia mesta nello stesso momento, condividendo i pensieri e i gesti come facevano da bambine, anche se bambine non lo erano più oramai. Fu uno stallo di pochi istanti, poi tutte tornarono alle loro occupazioni; Alice a far finta di studiare, Dafne a fingere che tutto quello non la toccasse. La guerra aveva insegnato sicuramente questo a tutti loro, a fingere più di quanto non sapessero fare, se serviva a sopravvivere.


'Io lo so sai, che un giorno tornerà a prendermi. Un ben giorno la mia cameriera verrà a dirmi che un aitante giovanotto moro è in salotto a parlare con papà e che mi manda un mazzo immenso di quelle rose rosa che mi piacciono tanto. Io farò finta di non sapere di cosa stiano parlando, così da essere sorpresa quando mi darà l'anello.
Siamo destinati a stare insieme io e lui e sono convinta, che se non mi ha ancora cercata, è perché un fidanzamento, deve essere dignitoso e la ragazza non deve sapere. Lui vuole sorprendermi, ecco, ne sono convinta.'


Riuscì quasi a strozzarsi, con il latte, ma deglutì quel sorso amaro, di lacrime e lattosio, come se niente fosse. Un po' si odiava, per quella consapevolezza che si faceva strada sempre di più nella sua mente: doveva dirglielo.
Doveva spezzare un sogno, sapeva di doverlo fare, ma non era malvagia e non riusciva a sentirlo giusto quel compito, sulla sua pelle
Conosceva il sapore ferroso dei sogni infranti, delle aspettative disilluse e il pensiero che dovesse essere lei ad infliggere quel colpo, le risultava parecchio ostico. Era come nuotare controcorrente, negare il vero colore del cielo o affermare che i nazisti erano persone per bene; le bruciava la gola e le opprimeva il petto.


'Faremo una gran festa, quando finalmente ci fidanzeremo. Balleremo d'inverno, sotto la neve, così non si vedranno le mie lacrime di gioia.'


Fare una grande festa d'inverno per il loro matrimonio, era un sogno ricorrente che Lucia aveva da anni e rivedersi l'immagine così, improvvisamente rievocata innanzi agli occhi, la fece balzare in piedi.

Un gesto improvviso, istintivo e impulsivo, nato dall'esplosione di quelle energie che la maggiore delle sorelle Violanti, teneva costantemente sottocontrollo e che alcuni sospettavano addirittura essere inesistenti, pensando che fosse talmente sottomessa alla rigida educazione combinata del collegio e della famiglia alto borghese, da essere diventata quasi totalmente priva di entustiasmo e buoni sentimenti.

Gli occhi sgranati dell'amica, le fecero per un attimo pensare che l'innocenza esisteva anche sotto l'egida di quel loro mondo brutalmente maltrattato dalla guerra, da credi e da famiglie a volte troppo ingombranti.


'Che hai Daf?'


Aveva almeno quattro paia di occhi puntati su di sé. Poteva sentire distintamente anche gli occhi di Tommaso puntati dietro la sua nuca, dalla postazione isolata e riservata che gli era consona, nella tavolata della metà maschile del collegio, in ottima compagnia con quelli di Martina, la sua migliore amica, sgranati e spaventati.
La lettera le bruciava tra le dita, non ricordava nemmeno quando l'avesse ripresa tra le mani. Gelida, nell'apparenza, mentre solamente le dita e gli occhi vibravano di quel nervosismo che le scuoteva l'anima. Avrebbe preferito la gelida indifferenza che alcuni attribbuivano al suo carattere, a quei cinque minuti d'inferno.


'Che succede? Hai dimenticato qualcosa?'


Gli occhi scivolarono via dalla figura di Lucia fino a quella della sorella, a cui intimò di alzarsi. Ben presto, lì non sarebbero state le benvenute e ritirarsi era un gesto onorevole, quando era impossibile salvarsi altrimenti; non era una filosofia coraggiosa quella, ma in fondo loro erano solo delle ragazzine, non erano tenute ad avere un carattere forte.


'Lucy...stamattina ho ricevuto questa. Mi dispiace.'


Poche parole, mentre le tendeva la lettera. Rammentò vagamente la storia di Giuda che le suore raccnotavano a mo di monito e si ritrovò a pensare, per la prima volta nella sua vita, di quale ingrato compito dovesse essere stato il suo.

'Viterbo.
15 Maggio 1949.


Dafne,
sarò breve, nella lettera, perché come sai, non amo scrivere.

Alcuni giorni orsono io e tuo padre, abbiamo dato l'assenso per il matrimonio di tua sorella , con il figlio dei Della Spada, Lamberto.
Noi siamo una famiglia rimasta pura dalla guerra, privi di qualsiasi affiliazione e il loro patrimoni, è una dote più che giusta, per questo matrimonio.
Sarà felice.
La festa di fidanzamento si farà a Luglio,due settimane dopo il tuo diploma e supponiamo che il matriomonio avverrà
dopo il diploma di Alice stessa, in modo che entrambi abbiano abbondante tempo per abituarsi all'idea.

Tua sorella sa, stalle accanto.

Mi raccomando per i tuoi esami, rendici orgogliosi.


Mamma.'


non disperare nel presente
ma credi fermamente
e il
sogno realtà diverrà.



Il suono dei sogni infranti, quel giorno, fu quello dell'urlo di Lucia, solitamente vivace ed esuberante, che si propagò per il castello quando Dafne era già fuori la Sala. Giurò a se stessa che non avrebbe mai dimenticato quel brivido di rimorso: il rimorso di chi ha svelato che non sempre i sogni diventano realtà.



   
 
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