Premessa
Dunque questa è la prima
volta che scrivo una Seblaine, quindi non mi
aspettavo molto da questa fic, ma una certa persona,
che per convenienza chiameremo Thalia e che l’ha
letta in anteprima ha detto che le piace un casino, quindi la propino a
chiunque abbia voglia di leggerla con un peso in meno sul cuore. Sì, ero in ansia
per questa fic, va bene? Spero solo che il mio Seb vi piaccia. Io lo amo! Cioè amo Seb,
non il mio Seb.
O entrambi? Boh.
Ma bando alle ciance.
Voglio solo dire che le citazioni in corsivo vengono da “Persuasione” di Jane Austen, ma l’avreste capito comunque.
Detto ciò, vi auguro
buona lettura.
Vale
~
Persuasion
Se
c’era una cosa che Blaine amava alla follia, quella
era il suo solito cappuccino al Lima Bean, magari sorseggiato davanti a un buon
libro, tra i vari chiacchiericci che affollavano il locale.
Blaine amava i libri. Amava
ingannare l’attesa con essi, amava perdersi nelle storie che narravano e
dimenticare per un momento la vita reale.
Ma
quel giorno, mentre scorreva con gli occhi le parole di quel piccolo
capolavoro, si soffermò su una frase in particolare e la trama del romanzo
sembrò dissolversi.
“Voi
mi trafiggete l’anima.”
La
rilesse molte volte, perché c’era qualcosa di poetico in essa e curioso allo stesso tempo. Curioso
perché, non si spiegava come, ma avvertiva che le sensazioni insite in quella
frase gli appartenessero.
E
nell’esaminare per la settima volta le lettere nere che giacevano su quella
distesa bianca, ne capì la ragione, allorché un’ombra lo costrinse ad alzare
gli occhi, mentre la sua mente era ancora annebbiata dalla patina di magia che
un libro di solito ti lascia.
Succede
così: sei concentrato a far qualcosa e, all’improvviso, senti il bisogno di
alzare gli occhi e curiosare sull’identità di quella persona che, magari,
mentre stai bevendo un cappuccino nel tuo bar preferito, leggendo uno dei tuoi
libri preferiti, fa il suo ingresso. Si direbbe una specie di sesto senso, dato
che l’arrivo di quella persona costrinse il moro a sentire di più le parole della Austen.
Normalmente
un libro ti allontana da ciò che hai intorno, eppure Blaine,
in quell’istante, faceva parte della narrazione in maniera reale. Squadrava la persona che avanzava con passo sicuro verso il
bancone e si chiedeva perché i suoi occhi non riuscissero a staccarsene e
perché la sua anima sembrava trafitta
irreparabilmente.
Forse
perché aveva giurato a sé stesso che non avrebbe ceduto, che non avrebbe creato
confusione… che non si sarebbe innamorato.
E non era una cosa che aveva fatto per sé, non era una scelta congeniale ai
suoi impulsi, né tantomeno qualcosa che lo facesse sentire bene.
“Io sono
tra l’agonia e la speranza.
Non
ditemi che è troppo tardi, che questo prezioso sentimento è svanito per
sempre.”
‹‹Jane
Austen?››
Blaine distolse lo sguardo
dagli altri caratteri che avevano attratto il suo cuore e lo avevano straziato
in così pochi passaggi. Il riflesso verde e brillante degli occhi di Sebastian
e il suo sorriso sbieco gli fecero perdere un battito. Si era avvicinato a lui
e non se n’era accorto, oppure si era lasciato prendere così tanto dai pensieri
che il tempo era finito per passare troppo in fretta?
‹‹Non
pensavo ti potesse piacere›› continuò il Warbler,
prima di accostare una sedia al tavolo di Blaine,
sedervisi e bere un sorso del suo caffè.
‹‹È
uno dei miei preferiti›› gli rispose Blaine,
chiudendo con cura il suo libro e tentando di non indugiare troppo sul viso
dell’altro ragazzo.
Sebastian
lo studiò a lungo. Osservò ogni ruga dovuta alle sopracciglia aggrottate, ogni
sospiro che gli fuoriusciva dalle labbra, la luce diversa nei suoi occhi, e poi
lo incalzò così: ‹‹Strane preferenze per uno felicemente fidanzato››.
E
sapeva di aver centrato il bersaglio, sapeva cosa volevano dire quegli occhi
spenti, sapeva l’effetto che aveva su Blaine, sapeva
che qualcosa era cambiato. Perché
nonostante quello che era successo, l’operazione che aveva dovuto affrontare a
causa sua, aveva continuato a messaggiare con lui e a
rispondere alle sue chiamate in maniera cortese. Blaine
non si era mai preso la briga di chiudere definitivamente con lui e questo a
Sebastian bastava per conoscerlo.
Blaine non rispose all’insinuazione
di Sebastian neanche quando non ebbe più la scusa del cappuccino, dato che aveva
vuotato la sua tazza in un paio di sorsi. Avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa
come “Anche chi è fidanzato legge romanzi di questo tipo”, ma stranamente non
riusciva a trovare appiglio alla sua ironia. Era sparita chissà dove,
inghiottita dai sentimenti e dall’angoscia.
Sì,
angoscia, perché per quanto volesse
non poteva stare con Sebastian Smythe, non poteva
lasciare il suo ragazzo per stare con lui, non poteva lasciare il suo ragazzo,
farlo soffrire ed essere felice. Era meschino e non era giusto… E non aveva
senso. Perché avrebbe dovuto? Conosceva Sebastian. Lui era semplicemente un
predatore. Non c’era traccia di sentimenti nel suo cuore.
“Oppure
mi sbaglio?” gli venne da chiedersi, perché gli risultò strano accorgersi di
come lo stava guardando. Era lì, seduto, il bicchiere abbandonato sul tavolo, i
gomiti poggiati su di esso e il mento sulle nocche delle mani, intrecciate tra
loro, e lo sguardo… dolce.
Quest’ultimo non si era mai visto sul suo viso. Quello non era il solito stronzo…
Era un ragazzo. Un ragazzo, punto. E
forse semplicemente non se n’era mai accorto, forse lo aveva sempre guardato in
quel modo, ma era stato troppo concentrato sulla sua moralità per darvi peso. A
cosa gli serviva essere onesto, quando in realtà non lo era neanche con sé
stesso?
Non
riusciva a spiegarsi come aveva fatto a ridursi in quello stato, come mai si
ritrovasse ad avere la gola secca mentre i loro occhi erano incatenati in
quella maniera, senza nessuna frase detta o pensata che spezzasse quella tensione.
E
Sebastian non aiutava. Probabilmente aspettava ancora una risposta
soddisfacente.
Era
così lui. Amava avere l’ultima parola su tutto.
‹‹Penso
che la vita sia troppo breve per rimuginare su ciò che è giusto e ciò che non
lo è›› riprese dopo qualche minuto, allontanando le braccia dal tavolo ed
alzandosi in piedi.
Blaine non capì il senso di
quella frase, principalmente perché era stata detta da Sebastian e lui non era giusto. Col Glee
Club non lo era mai stato. Ma non indugiò oltre su quel pensiero, bensì si
ritrovò a pregare che non se ne andasse.
Tuttavia
non si stava dirigendo verso l’uscita. No… Stava aggirando il tavolo per
avvicinarsi a Blaine che, dal canto suo, lo seguì con
lo sguardo.
Sebastian
si mise entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni, con estrema nonchalance, e
proseguì verso Blaine col suo solito passo lento e
deciso.
Si
fermò davanti a lui e si chinò.
“Non
ho mai amato nessuna all’infuori di voi.
Posso
essere stato ingiusto, forse debole e offeso, ma incostante mai.”
Un
bacio. Questo era ciò che mancava e che era arrivato, giusto o non giusto che
fosse.
Non
era come Blaine si aspettava, perché lui aveva sempre
avuto una concezione particolare di Sebastian. Per lui predatore significava
passionale, eppure quel bacio non aveva nulla di tutto quello.
Era
quasi uno sfiorarsi di labbra, un paio di movimenti lenti e delicati.
E
se Blaine non fosse stato certo del fatto che
Sebastian non avesse timore di scoprire le sue carte in pubblico, avrebbe
pensato che fosse quella la causa.
Però
lui non era pudico. Era un tipo che, una volta individuato il bersaglio, non se
lo lasciava sfuggire per nulla al mondo, e quindi le cose erano diverse
stavolta.
Blaine non era un capriccio. Forse
Sebastian ne era innamorato e se lui non se n’era accorto, era perché il Warbler sapeva nasconderlo… Voleva nasconderlo. Non poteva mostrare le sue debolezze al mondo.
Era l’orgoglio a farlo mentire,
facendo credere a tutti che Blaine fosse il suo
ennesimo bottino, ed era la gelosia a
fargli sputare veleno quando il moro era insieme a Kurt Hummel.
Eppure
quella mattina, i loro occhi si erano incontrati ed entrambi avevano visto
oltre le apparenze. Non sapevano se sarebbe cambiato qualcosa tra loro, ma quei
secondi rimanevano comunque preziosi… anche se troppo pochi.
Quando
Sebastian si staccò da lui, desiderò con tutto sé stesso avere più tempo e con tutto il suo cuore avere
di più Blaine. Un misero bacio non bastava
se gli lasciava dentro quel bruciore e quella morsa allo stomaco, e non gli
bastava anche per un altro motivo. Perché negli occhi di Blaine
era ricomparsa una scintilla di vita e perché forse, se non fosse stato un
ragazzo così stupido e così dannatamente giusto
– pensò Sebastian, si sarebbe sporto e si sarebbero baciati di nuovo.
Ma
terminò tutto lì.
Blaine distolse lo sguardo da
Sebastian e quest’ultimo si allontanò dal suo viso, e lo fecero quasi
simultaneamente.
Subito
dopo il Warbler fece qualche passo indietro e non
seppe perché, però disse: ‹‹Ti chiamo stasera››.
E
lo avrebbe chiamato davvero. Era quasi una routine ormai. Anche Blaine vi era abituato. Non che si dicessero chissà cosa al
telefono. Parlavano di stronzate, in verità. A differenza dei loro sentimenti,
quelle erano stronzate. Eppure quell’ammissione, quella sorta di avviso, quella
specie di “Ricordati di tenere carico il cellulare, perché stasera ti chiamo”
era così strano a scorgersi tra le righe.
Perfino
Sebastian se ne era meravigliato mentre usciva dal locale con le guance
accaldate, cosa che lo costrinse a pensare che si stava rammollendo.
Ma
la verità era un’altra e dentro di sé la conosceva. Lui amava Blaine, con tutti i pro e i contro,
nonostante si ostinasse a stare con Kurt, nonostante non riuscisse ad ammettere
che anche lui provava lo stesso.
Lo
amava.
Anche
a Blaine passò quel pensiero per la testa,
soprattutto riaprendo “Persuasione”, nel vano tentativo di evadere di nuovo
dalla realtà e di sviare l’imbarazzo dal suo viso. Quel passaggio, che lo aveva
rapito poco prima, proseguiva per qualche altra riga, rispecchiando come
nessun’altra cosa l’animo di Sebastian Smythe.
“Non
ve ne siete accorta?
Possibile
che non indoviniate i miei desideri?
Non
avrei atteso neanche questi dieci giorni se avessi conosciuto i vostri
sentimenti.
Devo
andare senza conoscere il mio destino ma tornerò qui o vi seguirò non appena
possibile.”
E
fu allora che comprese. Non che non lo sapesse già, ma in quelle parole c’era
tutto quel che serviva per esserne sicuro e per prevedere che la telefonata,
che avrebbero avuto quella sera, non sarebbe stata come le altre.
Semplicemente
diversa, perché nel momento in cui
avessero racimolato il coraggio necessario, avrebbero messo a nudo i loro
sentimenti.
Fine.
~