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Autore: Simply96    25/02/2012    7 recensioni
1900 - Inghilterra.
Courtney Dawson non avrebbe mai voluto intraprendere quel viaggio.
Non avrebbe mai voluto sposare un uomo che non amava.
Non avrebbe mai dovuto innamorarsi dell'uomo sbagliato.
Dalla storia:
Duncan non si era lasciato fuggire nemmeno una parola.
Strinse a sua volta la mano di Courtney.
Era chiaro che la ragazza stava dalla sua parte e questa era la cosa più importante. [...]
- Perché vuoi uccidermi? – chiese lei, prendendo la parola.
- Perché mi ami, non è così? –
Di punto in bianco, Heather sentì il mondo crollarle addosso.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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 Capitolo 9
L'oscuro passato e le scelte future.


Harold si era eternamente pentito di ciò che aveva fatto. In preda al panico, dopo averle dato quella botta in testa,  giusto per peggiorare ancora di più le cose, aveva preso la ragazza e l’aveva legata ad un albero
E ora che la Principessa si era svegliata, Harold le stava di fronte cercando di trovare un modo per sfuggire da quella situazione.

Courtney lo guardava con astio, gli occhi ridotti a due fessure e la bocca storta in un sorriso assassino.
- Slegami. Ora. Subito. Immediatamente. -
All’ultima parola, che era stata urlata rabbiosamente, il povero ragazzo si piegò in avanti inginocchiandosi.
- Non volevo, Principessa! Non era mia intenzione .. io … non so cosa mi è preso, la supplico, non lo dica al Comandante Duncan! -
Courtney capì che era stata legata da un perfetto idiota.
Di nuovo.

Sospirò amareggiata. Ora doveva solo aspettare che qualcuno notasse la loro assenza e li venisse a cercare.
All’idea di rimanere, ancora, sola con quell’essere, Courtney chinò la testa di lato iniziando a maledire mentalmente quello stupido Comandate che l’aveva lasciata a quell’essere patetico.
- Non lo dirò a Duncan. - mentì spudoratamente.
Era ovvio che, la prima cosa che avrebbe fatto non appena Duncan le si fosse presentato davanti, sarebbe stata sputargli in faccia tutto su Harold.

Il ragazzo si ricompose un po’, alzandosi in piedi e iniziando a camminare avanti e indietro, pensando a cosa fare.
Doveva trovare un compromesso.
Lui sapeva poco sulla ragazza e, inoltre, sembrava che a lei non interessasse nulla dei pirati.
- Signorina Courtney, mi dica cosa vuole e io lo farò! - disse portandosi una mano al petto.
La ragazza non si scompose minimamente.
- Ci fai o ci sei? Ti ho già detto che voglio che mi sleghi d
a questo maledettissimo tronco! – sbottò con voce piatta.
Harold abbozzò un sorriso, cercando di rendere quella conversazione un po’ più piacevole.
Cosa che, naturalmente, non avvenne.
- Bè, tranne quello. -

Courtney cercò di non pensare a come, una volta liberatasi, avrebbe ucciso quel cretino.
Ma cos’aveva che non andava? Insomma, sembrava un tipo pacifico e sensibile, un po’ rintontito, ma sapeva che in fondo non era cattivo.
Solo un po’ bizzarro.
Bè, Courtney odiava i tipi bizzarri come Harold.
Soprattutto se, dopo aver commesso il crimine, la fissavano con due occhioni innocenti, cercando una qualche manifestazione di pietà da parte della vittima.

Oh, ma Courtney era vendicativa.
Gliel’avrebbe fatta pagare. Come si era permesso di legare lei, l’unica figlia dei Dawson, la futura sposa del bel Principe Burromuerto?
Ma ora che ci pensava … preferiva restare in una nave piena di pirati provetti, più tosto che passare la vita accanto ad un uomo che non amava.
Non che amasse in particolar modo quegli stolti, certo.

Però … infondo, era una convivenza pacifica. Anche se Duncan era l’essere più odioso che avesse mai visto sulla faccia della terra, quando stava con lui era come se … come se … oh, al diavolo.
Courtney stava bene con Duncan, doveva ammetterlo.
Lui aveva cercato d’ucciderla, buttandola in mare. Ma alla fine, non lo aveva fatto.
Era un pirata, vero, ma perché Courtney era ancora lì con lui? Perché era ancora … viva?
- Non so … forse potrebbe interessarle … che ne so, qualcosa sulla vita dei pirati? -
Harold la scosse dai suoi pensieri.
- Ovvero? - chiese inarcando un sopracciglio.
- Per esempio … Izzy è la nostra Comandante! - disse sorridendo, entusiasta.

Courtney fece si con la testa: - Lo so già. Non hai niente da dirmi per far si ch’io rimanga in silenzio? -
Harold doveva inventarsi qualcosa, ma Courtney era così maledettamente chiusa! Non le interessava niente, a volte chiedeva solo informazioni su Duncan e …
Un momento.
Courtney s’interessava di Duncan.

Courtney non faceva altro che chiedere di Duncan!
Il giovane pirata aveva ancora una chance. Era la sua ultima possibilità.
Poteva fornire delle informazioni su Duncan per il silenzio della ragazza.
Ormai, avendo in pugno la situazione, decise di calmarsi e si sedé  a terra.
- Allora … non vuoi sapere nulla sulla nostra ciurma? - ripeté con fare superiore.
- No! Voglio solo che tu mi lasci andare! - sbottò la ragazza.
- Quindi, immagino che tu non voglia nemmeno sapere … come mai Duncan si trovava mezzo morto in Spagna circa sei anni fa. -
Courtney sgranò gli occhi. Persino Harold sapeva qualcosa sul loro Comandante?
Aveva passato giorni e giorni a chiedere in giro preziose informazioni sul ragazzo dagl’occhi azzurri e aveva tralasciato Harold, poiché pensava che fosse troppo poco importante per sapere cose che non lo riguardavano minimamente.
- Se ti dico qualcosa di lui, resterai in silenzio? - domandò piegando le gambe.
Courtney non doveva cedere. Non poteva vendersi … che figura ci avrebbe fatto?
Ma la curiosità la divorava.
Cazzo, erano giorni che si trovava lì, e sapeva pochissime cose su Duncan!
Ora che aveva la possibilità di colmare tutti i suoi dubbi, non doveva lasciarsela sfuggire così.
- E va bene. - si arrese alla fine.
- Giuralo! - continuò lui.
- Giuro sull’ Inghilterra che non dirò nulla di ciò che è accaduto, qui. -
Sapeva che avrebbe dovuto mantenere alla sua parola, quindi Harold si sarebbe salvato. Ma, d’ora in avanti, avrebbe cercato di non trovarsi sola con lui.
- Che vuoi che ti racconti? - domandò.
B’è, cerano molte cose che Courtney voleva sapere sul loro Comandante.
- Che ne so. Parlami … dell’inizio, della vita di Duncan prima che facesse il pirata … - provò facendo spallucce.
Harold si rigirò una fogliolina fra le mani, iniziando il racconto su Duncan.
- Duncan non è sempre stato … così come ora. Personalmente non lo conoscevo, ma da quello che mi ha detto Trent, prima era un ragazzo come tutti gli altri. Amava divertirsi e fare tardi la sera, stare in giro tutto il giorno e tornare a casa con le ginocchia sbucciate e i gomiti arrossati. Era così la sua vita, prima che …  prima che la sua famiglia venne esiliata dalla Scozia. -
Il ragazzo s’interruppe, prendendo un po’ di fiato e sospirando.
- Dalla Scozia? Quindi … siete pirati Scozzesi? - domandò Courtney. Bè, era ormai noto che la Scozia, sebbene fosse sotto l’impero Inglese, non provava così tanta allegria di essere “dominata”. Era più che plausibile il fatto che ci fosse rivalità fra le varie nazioni ma, nonostante ciò, continuavano a vivere un’esistenza pacifica, senza combattimenti assurdi e guerre senza senso.
- Oh no, assolutamente. La famiglia di Duncan, assieme ad altre famiglie, venne cacciata dalla loro patria per un atto di tradimento. All’epoca, il padre di Duncan non faceva altro che lavorare ed’era a capo di un micidiale assalto al governo Scozzese. Era un traditore, per farla breve. -
Finalmente, Courtney capiva da chi Duncan aveva preso lo spirito ribelle.
- Il padre di Duncan e altri uomini erano … spie Spagnole. -
La ragazza sussultò all’ultima parola. Spie … da parte della Spagna?
- Esattamente. Anni prima, la famiglia di Duncan ebbe un enorme debito con una famiglia spagnola. Era un’enorme quantità di denaro, era certo che da sola non ce l’avrebbe mai fatta. Così, il capo della famiglia latina, decise di assumere il padre di Duncan come spia. E non solo, a sua volta, quando sarebbe diventato grande, anche Duncan avrebbe dovuto intraprendere quello sporco lavoro doppiogiochista. La loro sorte era ormai segnata. Stanco e afflitto, una sera la lettera del resoconto che il padre del nostro Comandante mandava mensilmente alla Spagna, venne intercettata da un Tenente. -
- No … e poi, che successe? Dov’è ora la famiglia di Duncan? Perché è … solo? -
Courtney non riusciva a crederci. Il ragazzo, quel ragazzo che la irritava continuamente, aveva un passato tormentato alle spalle. Possibile che lei non se n’era mai accorta? Possibile che quel sorriso, fin troppo beffardo, fosse solo una maschera del dolore interno di Duncan?
- Fu giudicato, ci fu una sentenza, giorno dopo giorno la vita di suo padre divenne un inferno. Fin quando … non fu giustiziato. La pena di morte fu l’unica soluzione a quel problema. Duncan lo vide, per l’ultima volta, mentre veniva trascinato a forza all’interno di una stanza. Poi si sentì solo un forte boato, e la vita continuò a trascorrere come se nulla fosse. -
A Courtney vennero le lacrime agl’occhi, ma le ricacciò subito indietro. Era commossa, ma allo stesso tempo irritata. Perché aveva vissuto una vita così? Che ne fecero poi di lui e della madre, vedova?
- Duncan amava suo padre. Era come un punto fisso per lui, un traguardo da raggiungere. Un traguardo però, che segnò la sua fine, anni dopo. Esiliati dalla Scozia, lui e sua madre si rifugiarono nell’unico paese di cui sapevano qualcosa: la Spagna.-
- E .. trovarono la famiglia con cui erano indebitati, giusto? Insomma, praticamente la famiglia di Duncan era stata obbligata ad accettare quel lavoro! Che ne fecero di … lui? - chiese sussurrando la Principessa.
Harold inarcò un sopracciglio, credendo di essere sexy.
Sembrava una capretta mutilata, ma Courtney preferì non sdrammatizzare quel momento toccante.
- Si, Duncan e sua madre arrivarono in Spagna sani e salvi. Trovarono la famiglia per cui lavoravano, furono accettati nella Reggia, però … -
- Però cosa? -
Courtney era sempre più agitata.
- Non ricevettero una buona ospitalità. Al contrario … la madre fu ingaggiata come cuoca, qualcosa del genere. Duncan venne abbandonato. Non lo tenerono con se, fu lasciato … in mezzo alla strada. -
- Cosa? Vorresti dire che la famiglia ha accettato nella Reggia solo la madre poiché serviva una cuoca o una domestica, mentre Duncan venne cacciato via perché non avevano bisogno di lui? -
Harold fece si con la testa, abbassando lo sguardo.
- E’ … è … è una cosa inammissibile! E la madre? Cos’ha detto la madre? -
- Cosa può fare una donna rimasta vedova e costretta a lavorare per non essere cacciata e morire di fame? Cosa può fare una donna nel vedere il suo unico figlio mandato via, sulla strada, come un cane? -
La risposta venne da se.
Niente.
La madre di Duncan non fece niente, subì in silenzio e stette al suo posto.
Courtney non poteva accettarlo. Lo riteneva un comportamento scorretto. Ma d'altronde … non vi erano soluzioni.
- Io .. non so cosa successe quella sera, dopo soli due anni. Fu una notte terribile, da come mi disse Trent. Nemmeno Duncan, per quanto si sforzi, riesce a ricordare. C’è solo una cosa, un’unica immagine nella sua mente, che continua a tormentarlo ogni notte: il figlio della Famiglia con cui avevano il debito che puntava la pistola contro sua madre e poi … e poi vuoto totale. La mattina dopo si era svegliato sulla spiaggia, pieno di graffi e bruciature. Da qui la conosci la storia, no? -
Courtney aveva le labbra secche, la bocca asciutta. Il cuore batteva troppo velocemente .. o magari troppo lentamente. C’era un caos nella sua mente. Troppe informazioni da assimilare, troppe notizie su quell’uomo così freddo e tagliente … che cercava solo un posto dove venisse accettato.
Nessuno lo aveva amato. Lo avevano abbandonato.
Prima la scomparsa di suo padre, poi il rifiuto della madre …
Ma c’era una domanda che Courtney si era posta sin dall’inizio. Una domanda che le martellava in testa come un pneumatico. Una domanda che avrebbe risposto a tutti i suoi dubbi.
 Perché l’aveva rapita …
Perché la voleva uccidere …
Perché era lì quella notte, sulla sua nave, vestito da marinaio …
- Harold … la Famiglia Latina, quella che costrinse Duncan e i suoi a lavorare per loro … quella che li fece vivere nel terrore … quelli che lo cacciarono … Harold, è la famiglia Burromuerto?. –
Il silenzio l’avvolse.
Lo sconforto, il dolore, il rimpianto …
Sentir pronunciare quella parola, fu come ricevere una lama tagliente al petto.
- Si. -
 

***

 (n.d.A. Ma non è stupenda 'sta immagine? *.*)

- Io sarei cosa?! -
Heather cercava di sopprimere quel leggero tremolio che c’era nella sua voce, assieme allo stupore che la sovrastava. Ovviamente, Lui non si era accorto di quanto fosse imbarazzante per lei quella conversazione. Heather sapeva che stava bleffando, che era uno dei suoi stupidi giochetti per farla irritare. Non aveva alcuna prova! Quindi, meglio continuar a far finta di non sapere nulla.
- Ah no? Bè, secondo me è proprio come dico io. Tu sei cotta di me, ammettilo. -
Quello stupido sorrisetto apparve sul volto raggiante di Alejandro.
Oh, quanto avrebbe voluto prenderlo a schiaffi!
- E io ti dico di no! Sei solo un inutile bambino in cerca di attenzioni e … e io che continuo ancora a parlarti! Basta, questi tuoi giochetti sono alquanto irritanti e non sensati. Ti consiglio di iniziare a pensare un po’ al tuo futuro, invece di darmi fastidio! - sbottò la ragazza in preda a una crisi nervosa.
Quella mattina non passava mai. Josè era andato a caccia da qualche parte con alcuni aristocratici spocchiosi e quindi le aveva dato tutta la giornata libera.
Che strano.
Ovviamente, il solito inopportuno fratello minore, era sempre fra i piedi proprio quando magari Heather aveva voglia solo di riposarsi e non pensare a nulla.
E invece?
Invece no!
La ragazza sedeva su una panchina del grande giardino. Il suo intento era quello di starsene li, al sole, a respirare un po’ d’aria e … a ripensare agl’ultimi avvenimenti.
Ma proprio mentre si stava rilassando per bene, il muso affascinante di Alejandro era spuntato da dietro un albero ed ecco che, in un batter d’occhio, se l’era ritrovato davanti a parlare di quanto Lei fosse presa da lui
Che fosse vero o meno?
Bè, l’importante era che lui non scopriva che si, Heather si era lentamente innamorata.
Di lui.
Tralasciando questo … dettaglio, Alejandro continuava a ipotizzare che la ragazza che lo aveva baciato alla Reggia dei Mijant era proprio lei.
Inizialmente la serva aveva iniziato a sudare freddo e a domandarsi come era riuscito a scoprirlo.
Poi, capì perfettamente che la stava solo stuzzicando e che voleva vedere una sua reazione alle parole : “- Mhh no è stata una noia mortale la festa, tranne la parte del bacio con un’affascinante donna piena di tributi. -“
Oh, era frustrante.
E anche fuori luogo.
- Basta, me ne vado! – ringhiò lei, mostrando i denti come un cane.
- Suvvia, è solo una semplice chiacchierata fra vecchi amici, che c’è di male? E poi, non è mica un reato essere innamorata dell’affascinante figlio minore dei Burromuer-
Non fece a tempo di finire la frase che Heather lo spinse leggermente indietro, facendolo barcollare.
Quando Alejandro sollevò lo sguardo, si era aspettato una ramanzina dalla ragazza su quanto fosse “stupida” e “inappropriata” quell’affermazione su di lei.
E invece, la ragazza stava abbozzando un piccolo sorrisino malizioso. Era insolito vedere quel sorriso, erano anni che non lo faceva.
Non si trattava di un ghigno, non si trattava di una risata falsa o minacciosa.
Era solo un leggero incurvamento delle labbra verso l’alto.
Per molti non significava nulla.
Ma per Alejandro, quella era la fine. Da anni, quel viso era sempre stato serio o indaffarato, se non crudele. Da anni, non mostrava un piccolo accenno ad un vero e proprio sorriso.
Era … meravigliosa.
- Alejandro, vieni qui. Devo parlarti. –
A parlare non era stata la ragazza, ne tanto meno Josè, che nel frattempo era rientrato, in anticipo.
Era suo Padre. Il capo dei Burromuerto.
Heather si ricompose, allontanando leggermente la mano che porgeva ad Alejandro che, intanto, si era sistemato il colletto della camicia, borbottando qualcosa.
-Signor Burromuerto – La ragazza chinò il capo in segno di rispetto.
Fosse stato per lei, mai e poi mai si sarebbe piegata al volere di quell’uomo.
Ma, date le circostanze, cercava di fare la buona. Infondo non era stupida, essere vista di buon occhio dal Capo Famiglia, significava essere protetta e ben accettata ovunque i Burromuerto andassero.
Nonostante non provasse così tanta simpatia per quell’uomo, era facile apparirgli come una piccola serva e suscitare in lui un po’ di compassione, tanto che l’aveva assegnata fin da piccola ai suoi figli, e non l’aveva venduta.
- Alejandro, vieni nella mia stanza. –
Il tono non accettava repliche e il ragazzo fu costretto a seguirlo.
Prima di andarsene, però, fece un occhiolino alla ragazza, che incrociò le braccia e volse lo sguardo dalla parte opposta.
 
- Di cosa volevate parlarmi, Padre? –
L’atmosfera non era fra le migliori. Stare di fronte a suo padre lo metteva sempre a disagio e iniziava a comportarsi in modo innaturale.
Invece, il padre sembrava così a suo agio, tanto da stendersi completamente sulla poltrona davanti al figlio, per poi rimettersi dritto.
- Ho parlato con il Signor Mijant. – iniziò, prendendo alcuni fogli dalla scrivania.
Mijant … quel nome lo catalogava subito alla parola “Matrimonio”.
- Sono anni che lo conosco. Sai che non stiamo in conflitto e che i nostri rapporti sono … tranquilli, vero?–
Alejandro fece si con la testa.
Dove voleva arrivare?
Il padre non gli staccava gli occhi di dosso e questo non faceva altro che peggiorare le cose.
- Non pensare che non ne sapevo nulla, Alejandro. Il discorso che ti ha fatto quella sera, la proposta di matrimonio … ero a conoscenza di tutto. –
Il ragazzo sussultò, sgranando gli occhi color smeraldo.
- Voi sapevate … ? –
- Avanti, è ovvio che il Capo famiglia di una casata che vuole unire due famiglie si rivolge dapprima all’altro Capo. Tu sei solo mio figlio, non decidi nulla in confronto a ciò che decido io. Non comandi i traffici che vanno dal Brasile, non comandi i vari porti, non hai decine e decine di subordinati ai tuoi piedi. –
Quelle parole furono taglienti come coltelli.
Il significato di quelle poche frasi erano che Alejandro non valeva nulla, rispetto a suo Padre.
Quel discorso stava andando a farsi sempre più fitto, sempre più rigido.
- Lo so, Padre. Ma cosa centra adesso? – azzardò, cercando di respirare regolarmente.
A quella domanda, l’uomo si alzò, lasciando cadere i fogli. Il viso era una smorfia di rabbia repressa che voleva uscire da tutti i pori ma che, comunque sia, continuava a trattenersi.
- Cosa centra? COSA CENTRA?-
Il Padre iniziò ad avvicinarsi alla poltrona del ragazzo, camminando attorno alla scrivania.
- Pensi che non l’abbia notato? Pensi che IO non osservi i miei figli? –
- No Padre, non metto in dubbio il vostro lavoro con noi. Siete un brav’uomo, un bravo marito e un bravo padre … -
Quando il Capo era nervoso, l’unica cosa che riusciva a placare poco a poco la sua ira, erano i complimenti.
Forse, questo grande bisogno di essere ammirato, Alejandro lo aveva preso proprio da lui.
Infatti l’uomo strinse i pugni e attese qualche secondo prima di riprendere la parola.
- Ho visto come la guardi. C’è lo stesso mio sguardo verso la donna che infine ho sposato. –
Ora si che anche Alejandro iniziava a temere quel discorso.
Ma di chi diamine stava parlando?
Forse … parlava di una ragazza del loro villaggio?
O magari di una domestica …
O forse di …
- Heather.
Quel nome fu sibillato a denti stretti.
Alejandro non potè far altro che abbassare il capo e volgerlo verso la finestra, che inquadrava la panchina dove pochi minuti prima si trovava con la ragazza.
Ora la panchina era vuota, come vuoto l’alone che girava attorno a lui in quel momento.
- Non hai nulla da dire, vero? Guarda come ti sei ridotto. Non combatti nemmeno più. L’hai data vinta ai tuoi sentimenti. Il tuo orgoglio, il tuo onore … sei un Burromuerto! I principi come te, i Capi come me, le persone nobili e importanti come noi non possono far parte dello stesso mondo loro. Ricorda i tuoi doveri, Alejandro. Ricorda le tue scelte. Capisci che ti sta solo manipolando? Lei vuole questo, vuole metterti alle strette. Diventerai lo zimbello del Paese, se segui le sue orme. Il cuore non può offuscarti la mente, Alejandro. –
Per la prima volta nella sua vita, il ragazzo si sentì crollare il mondo addosso.
La barriera d’indifferenza e superbia che lo proteggeva si era rotta.
Ora era facile attaccarlo senza riceve difesa.
Si sentiva un verme, non sapeva più cosa fare.
Il Padre notò il cambio d’umore del figlio ma questo non bastò per compiacerlo.
Alejandro rimaneva sempre in silenzio di fronte alla sua potenza.
Era così … facile per il Capo della loro famiglia mettergli i piedi in testa …
Si, era l’unico uomo che il ragazzo temeva.
- Hai solo una scelta da fare. Da quella scelta dipenderà la tua vita. Sai già di cosa si tratta, non è così? –
Alejandro alzò la testa, iniziando a rivendicare il proprio onore e rispetto.
- Perché proprio io? Perché devo sempre decidere io queste cose? Carlos è già sposato, ma Josè? Cos’ha di diverso Josè? Perché non può sposare lui l’unica dei Mijant? –
Il padre sembrò addolcirsi, o perlomeno gli occhi cambiarono intensità.
Sospirò, portandosi una mano al petto.
- Josè non ha cuore. Lo sai che è così, non farmelo ripetere. Carlos ha già una vita ben fatta, è sistemato da anni. A lui lascerò molto del mio patrimonio, compresa questa Reggia con le sue Dame. Per te, invece, ho riservato il meglio. Alejandro, sai che ho sempre preferito te. Sei il più scaltro, sei furbo, un donnaiolo, sei come me. Se accetterai di sposare la figlia dei Mijant, avrai fin da subito il controllo di due città, questa che già controlli in parte ora, più quella della tua futura sposa. Tutti i loro benefici andranno a te. Non puoi rinunciare, non c’è altra via d’uscita. Vivrai felice, avrai tutti i confort che hai già qui, se non di più! Alejandro, questa è la tua occasione. E’ la tua strada, la devi solo percorrere. Il percorso già c’è, ma manca il traguardo. Fai la scelta giusta, e tutto andrà per il meglio. –
Le parole del Padre erano così … vere.
Non facevano una piega. Tutto era stato sistemato, Alejandro non avrebbe dovuto faticare ne altro. Ormai la sua vita era scritta, mancava solo il finale, ma tutta la trama era ben fatta.
Sapeva anche lui che quella era la cosa giusta per tutti.
Da anni bramava il potere. Da anni amava essere ammirato e amato da tutti.
Voleva spiccare fra la nobiltà, voleva raggiungere traguardi che neppure suo padre era riuscito a scorgere.
Ma se invece avesse dato una svolta?
Se invece avesse cambiato il finale e, quindi, anche l’intera trama della sua vita?
- Padre, e se io rinunciassi? E se io dicessi di no e rimanessi … qui? So che ogni tua scelta, ogni tua ipotesi, tutto ciò che dici è vero. Ma so anche che molte azioni partono dal cuore, non dal cervello. Se si da retta al cervello, si vive una bella vita, ma non sempre va a finire come ci si aspetta. Quando invece è il cuore che comanda, le strade da percorrere si dividono in mille sentieri e, ognuno di essi, porta ad una fine diversa. Voglio scegliere anche io. Voglio essere io quello che sceglie la propria vita e felicità. Ne saprò fare buon uso, è la verità. –
Quello sfogo lasciò turbato il padre.
Ora Alejandro stava in piedi, non tremava più come prima. Gli occhi bruciavano, così come il suo viso, che mostrava cenni di rossore qua e la.
Oh, finalmente l’aveva detto.
Finalmente i suoi pensieri erano usciti fuori, dopo anni e anni di muto servizio.
Alejandro non voleva sposarsi ne tantomeno vivere una vita così ben fatta, tranquilla.
Alejandro voleva scriversi da solo la vita, voleva viverla fino in fondo.
Svegliarsi la mattina e non sapere cosa succederà nel futuro, questo era il suo sogno!
Ma il Padre non capiva … o forse, è meglio dire che non voleva capire.
Si rabbuiò nuovamente.
Al figlio poco importava il suo pensiero, non più. Insomma, cosa poteva succedere, se si fosse ribellato a quella stupida proposta?
- Proprio non vuoi capire, eh? – iniziò il Capo, poggiando la schiena contro una parete.
- Figlio, sai che ti voglio bene. Ed’è per questo che voglio il meglio per te. Sei ancora troppo giovane per comprendere certe cose, ma un giorno mi ringrazierai. Tu sposerai la figlia dei Mijant, perché se non lo fai, loro ci faranno guerra. Non sarà una vera e propria guerra, ovviamente, ma cercheranno di metterci sempre i bastoni fra le ruote. Sarà un conflitto fra le due famiglie più potenti della Spagna. Comporterà fame ai nostri villaggi, l’economia s’abbasserà d’un botto. Entreremo in crisi, sia noi che loro. Sarà una distruzione reciproca. E tutto questo per cosa? Per un tuo capriccio! Anzi … tutto questo, perché tu vuoi lei. La brami, la desideri sempre di più. Non capisci neppure questo, perché un minimo di buon senso ti è rimasto. Ma poco a poco, lei inizierà ad essere la tua ragione di vita. Da tempo temevo questa tua infatuazione, è per questo che l’ho ceduta a Josè, nella speranza che ti passasse dalla mente. Invece no, al contrario, sembra che siate ancora più uniti di prima. Mi dispiace, Alejandro. Ma questo è quello che un padre deve fare per il bene di suo figlio, per il bene dell’intera cittadina. -
Mentre prima il tono di voce del padre era più controllato, ora era tutt’altro.
L’uomo pulsava di rabbia ovunque, ogni sua parte del corpo provava una tale ira per lei che, se l’avesse avuta fra le mani, l’avrebbe uccisa all'istante.
Alejandro iniziò ad aver paura, ma cercò di non mostrarlo al padre.
Cosa significava tutto questo?
Lui innamorato di Heather?
L’aveva sempre vista come una gran bella donna, l’unica che lo capiva a pieno ed’era ovvio che provava per lei un sentimento ben oltre l’amicizia.
Ma … era veramente amore? O semplice passione?
Poco importava, in quel momento.
Perché le parole che il Padre disse poi, furono come proteste verso la sua libertà.
Alejandro si era portato le mani ai capelli, disperato.
Non sapeva se inginocchiarsi e supplicarlo di non farglielo fare o se tenere alta la testa per rivendicare il suo onore.
La situazione era in bilico.
Alejandro pensò di morire, quello che stava succedendo non poteva essere vero.
No, non lo avrebbe mai e poi mai fatto!
- E’ deciso, Alejandro. Non puoi far nulla per tornare indietro. Lei è l’unico ostacolo che ti è rimasto. Un giorno mi ringrazierai, ne sono certo. Fallo e la tua vita sarà in pace, per sempre. E’ un ordine, non puoi disubbidire. Hai tempo fino alla fine di questo mese, poi provvederò io stesso. -
Il Capo aveva parlato, nessuno avrebbe osato andare contro i suoi piani.
Heather sarebbe morta.
Alejandro aveva il compito di ucciderla.

 
Angolino:
Ehm …. Allooooora, ciao :D
Ok, che ne pensate? Fa schifo? Ooc? E’ una grandissima schifezza? Vi prego, non uccidetemi!
So che sto in ritardo, ed’è per questo che per farmi perdonare, potete chiedermi una piccola anticipazione del prossimo capitolo. Vi dirò, più o meno, qualunque cosa mi chiedete! Ovviamente, cercherò di essere vaga, sennò dopo che sorpresa è? xD
Passando alla storia: la parte DxC la ritengo noiosa all’inizio, ma spero che il racconto di Harold sulla vita di Duncan vi abbia incuriosito! J Questo capitolo, in generale, è pieno di informazioni che ritengo importanti per l’andamento della storia ;)
La parta AxH? Oh *w* e pensare che inizialmente non avevo idee! Invece, grazie ad un’immagine trovata su Deviant Art  (fonte di ispirazione *-*) è uscita fuori questa … cosa .-.
Che ne dite?
Se avete delle domande, dubbi, consigli, tutto quello che volete, vi ascolto! :D
Alla prossima <3
P.s Per non avere rogna, voglio far sapere che le immagini utilizzate in questo capitolo e nei precedenti non sono di mia proprietà ma appartengono a qualcun'altro. Nella prima c'è scritto il proprietario e non ho tolto la sua firma, mentre la seconda l'ho trovata così, non firmata. 
  
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