Andati.
Se ne erano andati tutti.
Il
sogno di Niklaus Mikaelson non poteva andare a finire peggio.
E Caroline, oh Caroline, era stata
lei a tradirlo, a
pugnalarlo alle spalle, a illuderlo e poi distruggerlo nel corso di
pochi
minuti.
Erano pochi i momenti in cui
Klaus, il potente ibrido senza pietà, si era sentito
così solo e scoraggiato da
dover affogare i suoi dispiaceri nell’alcol.
Tempo fa, aveva giurato di non
riporre più le sue speranze nelle persone, di non soffrire
ma di lasciare che
gli altri provassero dolore al posto suo.
Gli dava fastidio ammetterlo,
ma non era riuscito ad adempire a ciò che si era ripromesso,
perché i ricordi
erano ancora troppo vivi e incalzanti per cercare di dimenticare.
Vuotò in un solo sorso un
bicchiere pieno di vodka e lo ripose sul tavolo del Mystic Grill.
Tutto taceva quella sera, e
doveva ammettere che non gli sarebbe dispiaciuto sentire le voci
scossanti
degli amichetti di Elena. Non gli sarebbe dispiaciuto per niente.
L’ultima cosa che voleva,
quella sera, era cadere ancora una volta nei suoi pensieri bui e
profondamente
malinconici.
Si sentiva un uomo che ormai
aveva perso tutto: la vita, l’amore, la dignità,
la fiducia, la famiglia.
Il suo cuore morto parve
sobbalzare, tramortito dalle troppe scosse di quel giorno.
“Un bicchiere di bourbon,
grazie” sulla sedia accanto alla sua, si era appena seduto un
Damon Salvatore
sbronzo di sangue e alcolici.
“Brutta serata, amico?” gli domandò
Klaus sarcastico con il perfetto accento da gentlemen inglese che si
accentuava
ogni volta che faceva dell’ironia o era arrabbiato.
“Brutta serata, brutta vita…”
rimasero in silenzio, ognuno a contemplare il proprio bicchiere vuoto.
“E tu?” gli domandò il
vampiro, perspicace.
“Non sono cose che ti
riguardano” lo squadrò di sottecchi e Damon
ricambiò la malinconia che doveva
esserci in quel momento nello sguardo di Klaus.
“La mia famiglia se n’è
andata. Sono di nuovo solo” disse d’un fiato
l’ibrido, vuotando l’ennesimo
bicchiere.
“Ironico…” biascicò
l’altro. “La
mia di famiglia, è
troppo indaffarata
a mangiare conigli e scrivere pensieri depressivi su un
diario” Niklaus lo
guardò interrogativo, ma in meno di un secondo decise di
lasciar perdere.
Damon lo osservò per un lungo
istante e poi sospirò.
“L’ibrido grande e grosso che
piange… Questo sì che è un avvenimento
epico” e
rise. Una risata che a Klaus sembrò
insopportabile. Senza che se ne accorgesse, una lacrima era sfuggita
languida
sulla sua guancia.
“Stai zitto, nullità” gli
ringhiò contro, sbattendolo al muro.
“Ehi amico, datti un contegno!
Cosa c’è? Ti è morto il
gattino?” rispose Damon stringendo i denti.
Non aveva senso uccidere
quella nullità. Non quella sera.
Girò i tacchi e si diresse
verso l’uscita, mentre il vampiro dagli occhi di ghiaccio
ancora lo guardava
basito.
In una parte della sua
coscienza, Damon sapeva che l’ibrido non stava piangendo
perché la sua famiglia
era andata altrove.
C’era ancora un segreto a Mystic Falls, ne
era certo.
E lui l’avrebbe scoperto.
Niklaus si era ripromesso di
seppellire la sua umanità insieme a lei, in quel giorno di
dicembre distante
secoli ormai.
Ma quella sera i pensieri
correvano veloci e, nonostante la sua avversione, non riuscì
proprio a lasciare
nascosti i ricordi che ancora lo legavano a sua sorella.
La sua sorella gemella.