Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Ricorda la storia  |      
Autore: Lorelei    26/02/2012    4 recensioni
La famosa lista delle quarantasette cose da correggere di Duncan, compilata da Courtney.
Cosa c'era scritto sopra?
Courtney sarà antipatica quanto volete, ma non è certo nata ieri.
E Duncan sarà figo e carismatico quanto volete, ma non è certo un bravo ragazzo.
E se quella lista non fosse così inutile come crediamo? Qui abbiamo un Duncan perseguitato dalla sfortuna, una Courtney onnipresente anche se non compare mai ed una Gwen schietta come una doccia fredda. Più Izzy,Noah e Geoff che interpretano il nobile ruolo delle comparse.
Perchè DXC e DXG possono azzuffarsi quanto vogliono, ma un buon suggerimento non è sempre una perdita di tempo.
Questa è la prima storia che scrivo, spero solo non sia venuta fuori una schifezza...altrimenti critiche costruttive e consigli sono i benvenuti.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

  
Assurdo.
Ecco, proprio la definizione che serviva.
Assurdo.
Questo era tutto quello che Duncan era riuscito a pensare leggendo quella lista.
La lista compilata da Courtney poco prima che si lasciassero.
Quella con più di quaranta cose da correggere nel suo comportamento.
Ancora non riusciva a capire come fosse finita tra le sue cose.
Poteva essere stato il caso, poteva essere stato uno scherzo di cattivo gusto, fatto stava che se l’era ritrovata fra i bagagli al ritorno dal reality.
Moriva dalla voglia di darle fuoco, ma la curiosità era stata così forte che l’aveva letta tutta, dall’inizio alla fine.
Ad ogni frase scritta, il suo desiderio di vomitare cresceva sempre di più.
“ Piantala di forzare gli armadietti “, “ Non parcheggiare in sosta vietata”, “ Non usare la fontana dei giardini pubblici come piscina “…
Ma per cosa cavolo l’aveva preso?!
Per uno di quegli sfigati santarellini dei suoi compagni di scuola, che ogni anno la eleggevano come rappresentante d’istituto?!
Quella per lui era normalissima routine!
Strappò la lista in tanti piccoli pezzetti e la gettò a terra ( non fosse mai che la pulizia e l’ordine regnassero in camera sua), e tanto fu che non ci sputasse sopra.
“ È proprio una fortuna che non le abbia dato retta.“
 
Le 7:00.
Ora di alzarsi.
Duncan amava dormire fino a tardi, almeno fino alle dieci di mattina.
Ma non quel giorno.
Perché finalmente, dopo tanto tempo trascorso in giro per il mondo, sperso in luoghi idioti a fare cose idiote, era di nuovo a casa.
E ci teneva a far sapere ai suoi concittadini che Duncan il terribile era tornato.
Per farlo ci avrebbe impiegato tutto il giorno, ma ne sarebbe valsa la pena.
Non poteva certo permettere che la sua fama di violento ribelle scricchiolasse a causa dei lunghi mesi di assenza.
Come l’aveva definito Courtney?
“ Necessità morbosa ed autocelebrativa di attenzioni mediante atti criminosi ”.
Dove diavolo avesse pescato una tale accozzaglia di parole, solo lei lo sapeva.
Sogghignò cinicamente al pensiero della sua ex, ed uscì calpestando ciò che rimaneva della lista stracciata il giorno prima.
 
Da una manciata di minuti sfrecciava sulla sua nuova moto, appena verniciata di nero e verde.
Finalmente poteva andare dove gli pareva senza che nessuno rompesse le scatole.
Cosa c’era scritto in quella lista?
“ non superare i limiti di velocità “.
Bah…non aveva certo preso la patente rispettando il limite di velocità.
Minacciare l’esaminatore di incendiargli l’auto era stato più che sufficiente.
Era tranquillamente immerso in questi pensieri, quando…
FLASH!
No.
Non poteva essere.
Da quando quell’autovelox stava lì?!
Dovevano averlo installato mentre lui partecipava al reality.
Cavolo, non aveva proprio voglia di beccarsi una multa!
Poco male, avrebbe sostituito la targa della moto.
Poi, come un lampo, gli tornò in mente uno dei punti della lista di Courtney:
“ Mettiti il casco quando vai in moto. “
Doppio cavolo!
Lui odiava i caschi! Gli spiaccicavano la cresta e, quando se li toglieva, sembrava che una forma di vita aliena verde avesse fatto il nido sul suo cranio.
Si passò una mano fra i capelli, scocciato.
Probabilmente l’autovelox lo aveva fotografato in faccia, ed in quel caso cambiare targa sarebbe stato inutile: lo conoscevano tutti!
Allucchettò la moto e si diresse verso quella stupida macchinetta che gli stava guastando la giornata.
Non era molto in alto, e lui aveva un’ottima mira.
Cercò intorno, e finalmente trovò un sasso grande quanto il suo pugno.
Che diceva il punto dieci della lista? “ Non distruggere le telecamere di sorveglianza “.
“ Beh, e ora che mi dici, perfettina? ” pensò Duncan mentre scagliava la pietra e la guardava sfracellare l’obbiettivo elettronico di quell’aggeggio infernale.
“ Sì! “ esultò mentalmente.
Ma la sua euforia durò una frazione di secondo, perché il sasso, cadendo, colpì un ragazzino che si mise a frignare talmente forte da richiamare l’attenzione di tutti i passanti.  
Il suo accompagnatore, un omaccione che probabilmente aveva fatto parte della squadra di pallacanestro dell’esercito, si diresse minaccioso verso il punk.
Punto trentadue della lista: “ non gettare pietre dal cavalcavia “.
“ Ma questo non è un cavalcavia, è un incrocio!” si ritrovò a discolparsi mentalmente il ragazzo, mentre cominciava a sudare freddo.
Due vecchiette lo guardavano scuotendo la testa, un bambino lo additava e sua madre gli spiegava che così non ci si comporta.
Intanto quell’armadio umano si avvicinava, seguito dal moccioso in lacrime.
Al cervello di Duncan non ci volle molto per trovare una soluzione:
“ Gambe!!!! “
Rapido come un falco, il teppista si girò, e s’infilò in un dedalo di stradine seminando i suoi inseguitori.
Quando non ebbe più fiato si accorse di essere arrivato al parco cittadino, e crollò esausto su una panchina.
Non impiegò molto a riprendersi, ormai era allenato, ed appena recuperò la capacità di ragionare, cominciò ad imprecare in tutte le lingue che conosceva (cioè una…non che Duncan avesse degli ottimi voti in lingue straniere).
Quando si fu sfogato, afferrò il suo coltello e cominciò ad incidere il suo famoso teschio sul tronco di un albero.
Era una cosa che lo rilassava.
Nonostante cercasse in tutti i modi di non pensarci, gli tornò in mente un altro dei punti della lista:
“ non incidere la corteccia degli alberi.”
“ Ma tanto cosa vuoi che succeda… “
Non aveva finito di pensarlo che una vocina acuta e fastidiosa gli urtò i timpani:
“ Ehi, signore, cosa crede di fare? “
Si girò.
Una sensazione fin troppo familiare.
Una ragazzina di circa dieci anni, con i capelli scuri e delle leggere lentiggini lo stava guardando malissimo.
Alle sue spalle, altre due bambine, più o meno della stessa età, lo fissavano con uno sguardo da pubblico ufficiale.
Tutte e tre erano vestite da ragazze scout.
“ Sentite, mocciose, oggi non è giornata, quindi vedete di lasciarmi in pace. “
La prima bambina, che doveva essere la capogruppo, assunse un’espressione ancora più corrucciata.
“ Guardi che non è affatto bello rovinare gli alberi!”
“ Già! “aggiunse un’altra “ Gli alberi sono di tutti! A lei piacerebbe se scrivessimo sulla sua auto?“
Duncan stava per ribattere che lui non aveva un’auto, ma poi pensò che sarebbe sembrato un perfetto idiota a discutere con tre mocciose scout di dieci anni.
In quel momento da dietro l’albero spuntò una quarta bambina, la quale si unì al gruppetto dicendo:
“ Io prima l’ho sentito dire un sacco di parole brutte! “
La capogruppo ormai lo stava fulminando con lo sguardo.
Il punk si sentiva leggermente stupido.
“ Beh “ pensò “ Per tirarmi fuori da questa situazione non c’è che un modo… “
 
“ Grazie di avermi aiutato con la ricerca di storia, non ce l’avrei mai fatta da solo. “ A parlare era stato Geoff che, seduto su una panchina insieme a Noah, si stava godendo un po’ d’ombra.
“ Avevo scelta? L’alternativa era dare ripetizioni di matematica a Izzy ” rispose sarcastico l’altro, al quale non andava proprio giù l’idea di far parte del cosiddetto gruppo di secchioni che devono aiutare tutti con i compiti.
Intanto la rossa in questione era scomparsa tra i rami dando la caccia a uno scoiattolo.
Noah si rilassò, beandosi di quei così rari minuti di silenzio, quando all’improvviso scorse qualcosa di molto strano.
All’inizio pensò ad un’allucinazione.
Si girò verso Geoff, il quale aveva assunto la medesima espressione stupita.
“ Lo vedo solo io, o lo vedi anche tu? “ domandò il festaiolo.
In quel momento Izzy spuntò alle loro spalle, agitando trionfante quello che doveva essere lo scoiattolo.
“ Ehilà, ragazzi, cosa sono quelle facce da triglia? Ehi, ma non è Duncan quello che sta scappando inseguito dalle bambine scout? “
 
Ormai era pomeriggio inoltrato.
Duncan cominciava a sospettare che stracciando quella lista si fosse scatenata su di lui una qualche maledizione.
Com’era possibile che tutte le conseguenze delle sue azioni si scatenassero su di LUI?!
Non gli era mai successo!
Stava prendendo in considerazione l’idea di tornarsene a casa e ficcarsi sotto le coperte, quando, una volta tornato all’incrocio dell’autovelox infernale, si rese conto che la sua moto era scomparsa.
SCOMPARSA!
LA SUA MOTO!
Ed ora cosa avrebbe dovuto fare?!
Sporgere denuncia?
LUI?!
Stava per vomitare una scarica di parolacce tale che le bambine scout di quella mattina sarebbero corse dalla mamma in lacrime, quando si accorse del segnale stradale.
Divieto di sosta.
Ripensò alla lista di Courtney.
“ NON È POSSIBILE! “
 
Eccolo lì.
In questura.
Per recuperare la sua moto.
E non era neanche sicuro che fosse il posto giusto.
Dannata burocrazia.
Era ancora intento a borbottare quando il questore si rivolse a lui con un pizzico d’ironia:
“ Ah, Duncan, qual buon vento? “
L’unica cosa che impedì al ragazzo di gonfiarlo di pugni fu il concetto sbirro-uguale-pistola-uguale-dolore.
Invece, sibilò:
“ Sono qui per la mia moto. “
Lo sguardo del poliziotto si fece serio.
“ Ah, sì…a tal proposito, ci sono arrivate da un autovelox delle foto di te che superi il limite di velocità, senza casco, ed una registrazione di una telecamera di sicurezza di te che distruggi il suddetto autovelox e colpisci un ragazzino…”
 
Duncan uscì dall’edificio incavolato come un toro da corrida (o un cavallo da rodeo).
Aveva preso più multe in quel giorno che in anni di malefatte.
Ora sarebbe stato al verde almeno fino alla fine dell’anno, e sicuramente i suoi gli avrebbero sequestrato la moto.
Ed era convinto che fosse tutta colpa della lista di Courtney.
Quale diavolo era l’ultimo punto?
Ah, sì!
“ Guarda a destra e a sinistra prima di attraversare.”
 
Un tonfo.
Lo stridere delle quattro ruote sull’asfalto.
Un dolore fortissimo alla testa.
Si era accorto di trovarsi in mezzo alla strada un secondo troppo tardi.
Ed ora era lì, steso come un perfetto idiota.
Avrebbe voluto urlare per la rabbia.
Imprecare per il dolore.
Piangere per la frustrazione.
Ma si rese conto di non poter far niente di tutto ciò.
Scoprì di avere paura.
Paura che tutto fosse finito in modo così…assurdo.
Paura della commiserazione degli altri.
Paura di non avere la forza di tirarsi su.
Paura di aprire gli occhi e guardare le persone che si erano radunate intorno a lui.
Le ultime cose che sentì furono una sirena e due paia di braccia che lo sollevavano da terra, inerme come un bambino.
 
Poi…buio.
 
Buio.
 
“ Duncan? Duncan, ci sei? “
Il ragazzo aprì gli occhi, trovandosi davanti una ragazza pallida dai capelli scuri.
Intorno a lui, le pareti bianche di un ospedale. Non faticò a capire di essere ricoperto di garze, bende e cerotti.
“ Gwen? “
Lei assunse un’espressione di rimprovero.
“ Cos’è questo tono deluso? Chi ti aspettavi di vedere? Courtney? “
“ Beh…credevo di essere morto e destinato all’inferno, quindi, tecnicamente, sì…”
“ Questo non è molto gentile da parte tua, Duncan.” Disse una seconda voce femminile familiare.
Troppo familiare.
 Il punk e la dark si voltarono.
Courtney era sulla soglia della stanza.
La sua postura rilassata e l’espressione non troppo sorpresa di Gwen fecero intuire al ragazzo che l’ispanica doveva essere là dietro da molto tempo.
Se non altro, da prima che Gwen arrivasse.
“ Cosa ci fai qui? “ le chiese, acido.
Lei non si scompose.
“ Frequento le lezioni di pronto soccorso. Ho saputo che eri ricoverato, e volevo vedere come stavi.” Fece una pausa “ Potresti anche ringraziarmi, quando all’ospedale c’ero io non sei certo venuto a trovarmi. “
Lui tacque. Era vero.
La castana riprese la parola:
“ Ho saputo com’è successo…so che non dovrei dirtelo in queste condizioni, ma…te l’avevo detto!”
Courtney uscì.
Duncan era rimasto senza parole. Dopo qualche secondo, quando ebbe assimilato la frase, aprì la bocca per replicare.
“ Lascia perdere.” Lo fermò, gelida, Gwen. Anche lei aveva letto quella lista. “ Ha ragione. E poi…tu le avresti detto la stessa cosa.”
Duncan non seppe cosa rispondere, quindi, fingendo di voler dormire, optò per un dignitoso silenzio.
 
 
 
 
 

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Lorelei