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Autore: jaejae    27/02/2012    5 recensioni
»INFINITE »Pairings: non li elenco onde evitare spoilers; la fanfiction è puramente slash.
Sungyeol conduce una vita all'insegna della musica e del divertimento, ha buoni amici e un posto di lavoro fisso, eppure ha sempre come la sensazione che sia impossibile fuggire da quella gabbia di apatia che lo intrappola. In un giorno di pioggia, senza rendersene conto, uno strano ragazzo su un autobus, un lettore mp3 abbandonato e una canzone sconosciuta gli apriranno quella gabbia...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non ci posso credere... la famosa long. È arrivata. Congratulazioni! (?)
Insomma, non voglio fare come al solito e perdermi in chiacchiere infinite, voglio solo dire che, com'è segnalato negli avvertimenti, questa fanfiction è ambientata in un universo alternativo, perciò vi chiedo di dimenticare tutto ciò che sapete sulla vita reale dei membri degli INFINITE e provare a vederli in questo nuovo contesto... molto rock. E se vi state preoccupando: no, tranquilli, il nuovo drama di Myungsoo "Shut Up! Flower Boy Band" non c'entra nulla con questa storia, non è neanche lontanamente ispirata, e sinceramente avevo idee su un'ipotetica fanfiction sugli INFINITE in tema rock band già da prima che uscisse la notizia della partecipazione di Myungsoo in quel drama, perciò.
Per quanto riguarda i pairings (che saranno diversi), ho preferito non inserirli nell'introduzione perchè avevo l'impressione che svelarli ora potesse causare spoilers. Poi vabbhè, in realtà ho già scritto su Twitter quali saranno le coppie principali, quindi per alcuni non è più un mistero. LOL
Come prima capitolo è un po' incasinato, ma spero lo apprezzerete lo stesso. Buona lettura!



Capitolo 1

Sungjong entrò di soppiatto nella stanza buia, cercando di non fare rumore. Come sempre si era scordato di togliersi le scarpe all'ingresso perchè non era mai stata sua abitudine, perciò si sedette sul proprio letto e si tolse le Dr. Martens scure sul momento, per poi abbandonarle malamente sul pavimento, senza nessun ordine. Non voleva rischiare di disturbare il proprio compagno di stanza accendendo la luce della abat-jour sulla scrivania, quindi cercava di farsi luce con l'illuminazione del cellulare. Era ormai un'azione abituale, ma ogni volta pensava che fosse una scocciatura togliersi i vestiti, indossarne altri adatti per dormire e infine infilarsi a letto... era davvero un'enorme scocciatura, e lui si sentiva così stanco e fiacco. Un sacco di volte si era semplicemente infilato sotto alle coperte indossando ancora i vestiti con cui era rincasato, troppo stanco per preoccuparsi di cose del genere.
Sungyeol lo guardava, raggomitolato sotto alle coperte del proprio letto, e si chiedeva se Sungjong avesse mangiato, se avesse fatto i compiti per la scuola, se il suo lavoro serale in quel locale fosse andato bene, se semplicemente stesse bene. Non gli faceva mai domande simili direttamente, perchè sapeva che l'altro non avrebbe mai ammesso di avere un qualsiasi tipo di problema, però dentro di sé, a volte, se lo chiedeva.
Il cellulare di Sungjong vibrò nel silenzio notturno, segnalando l'arrivo di un messaggio. Sungyeol osservò il più piccolo premere qualche tasto a caso dell'apparecchio e fissarne lo schermo. Sguardo spento. C'erano delle volte in cui Sungjong, che di solito era sempre vitale, sembrava spegnersi completamente, diventare irraggiungibile. Erano quei momenti che costringevano Sungyeol a farsi domande.
«Yah, Sungjong-ah.»
Sungjong si voltò di scatto verso Sungyeol, gli occhi enormi: doveva essersi spaventato.
«Hyung. Scusa, ti ho svegliato?» sussurrò avvicinandosi al letto del più grande, ora accennava ad un sorriso.
«No, tranquillo, ero già sveglio», bisbigliò Sungyeol in risposta. Erano buffi quei momenti, quando erano solo loro due nella stanza ma comunque si preoccupavano di parlare a bassa voce, come per evitare di poter svegliare qualcuno. C'erano state delle volte in cui avevano speso delle ore a parlare tra loro durante la notte, per tutto il tempo s'erano parlati a voce bassissima, come lasciandosi cullare l'uno dalla voce dell'altro, fino ad addormentarsi. Quelli erano stati probabilmente i momenti più felici ed intimi della loro amicizia.
«Yah, io ho fame. Tu hai mangiato? Che ne diresti di uno spuntino di mezzanotte?» propose Sungyeol, senza neanche sapere che ore fossero realmente o se fosse il caso di lasciare perdere; aveva solo avuto la sensazione che probabilmente Sungjong non avesse cenato. Non andava bene mettersi a letto a stomaco vuoto, giusto?
Sungjong si scostò una ciocca di capelli dal viso, come pensieroso: «In effetti ho un po' fame.»
«Visto? Io so sempre tutto. Il menù di oggi comprende solo ramen istantaneo ai gamberetti, non sei contento?»
E allora Sungjong sorrise, annuendo. A Sungyeol piaceva un sacco vedere Sungjong sorridere. Cioè, non sorridere semplicemente, perchè quello lo faceva sempre, ma sorridere di cuore: con quei capelli biondo platino, quando rideva sembrava un sole, irradiava tutto. Quasi gli dispiaceva potergli offrire solo ramen istantaneo ai gamberetti, ma lui non era un sole pretenzioso, non si sarebbe mai lamentato.
Sungyeol desiderò rimangiarsi tutta la premura che aveva avuto verso Sungjong quando, per l'ennesima volta, inciampò nelle scarpe del più giovane una volta alzatosi dal letto.
«È andata bene al lavoro oggi?» gli chiese Sungyeol più tardi in cucina, mentre preparava senza particolare cura il ramen. Sungjong si strinse nelle spalle e rispose: «Come sempre. Non c'era molta gente sta sera.»
«Lavorare sempre fino ad orari così tardi non è faticoso per uno studente?» fece con aria pensierosa, sentendo che nella domanda c'era qualcosa che non andava. Ci pensò su e riformulò la frase. «No, anzi, uno studente liceale non dovrebbe proprio lavorare di sera.»
Sungjong arricciò il naso ed annuì come per dargli ragione, ma invece disse: «Se non lavoro non campo.»
«Io dico che tu non hai capito niente dalla vita: finché sei ancora in tempo dovresti tornare dai tuoi e fare la bella vita del mantenuto. Hai tempo tutta una vita per sgobbare e diventare indipendente.»
«Sì, fare il mantenuto e intanto rinunciare alla musica, alla band, a tutto? No, grazie.»
Sungyeol rimase segretamente colpito, perchè Sungjong aveva di nuovo dimostrato di avere coraggio, molto più di tutte le altre persone che aveva conosciuto nell'arco della sua vita: era stata la cosa che l'aveva spinto ad accettarlo nella band, quando s'erano conosciuti circa un anno prima. Era successo nel periodo in cui ancora Sungyeol e gli altri due membri del gruppo, suoi compagni di scuola, suonavano in una band e facevano concerti unicamente per divertimento, senza mai realmente pensare alla musica come ad una professione o ad una cosa che li avrebbe coinvolti anche negli anni a venire. Era quel periodo di ribellione in cui tutto ciò che facevano era azzuffarsi con altri ragazzi senza cervello e rischiare l'espulsione da scuola un giorno sì e uno no, senza mai prendere nulla sul serio, stabilendo a priori che divertirsi dovesse essere la prima regola in ogni situazione, sia che potesse rivelarsi rischiosa o meno. In quel periodo strano di stallo, in cui nessun rischio a cui andavano in contro volutamente sembrava smuovere la monotonia di ogni giorno, Sungjong improvvisamente apparve.
Lo incontrarono per la prima volta dopo un loro concerto in una live house ad Hongdae, ai loro occhi era apparso piccolo e spaesato, ed era zuppo di pioggia, sembrava un pulcino che aveva perso la mamma chioccia e cercava disperatamente un riparo, un riparo dalla vita e da tutto, offrendo in cambio solo la sua posizione come bassista. A Sungyeol era piaciuto subito, il suono del basso di Sungjong. Era il suo modo di suonarlo. Quel suono prendeva, ridimensionava e trasformava in forza vitale tutte quelle sensazioni sgradevoli che Sungjong doveva aver vissuto sulla propria pelle: le vesciche delle mani che ti sanguinano perchè hai suonato troppo, le prese in giro, le porte sbattute in faccia, le critiche, le punizioni inflitte da genitori troppo ristretti per capire cosa potesse significare la musica e l'esigenza di suonare per alcune persone. Sungyeol... no, anzi, l'intera band era stata colta da un forte senso d'appartenenza nei confronti del bassista (trascorsi simili, chi più e chi meno), perciò avevano fatto tutto ciò che era stato in loro potere per Sungjong: per quanto poco avesse potuto significare, erano un po' diventati quella mamma chioccia di cui il ragazzo aveva avuto bisogno. D'accordo, forse una "madre" non propriamente corretta nei metodi e nelle azioni impulsive, ma non l'avevano mai lasciato da solo un momento: l'avevano difeso dai bulli, gli avevano dato un posto dove suonare in pace, gli avevano tinto i capelli pur sapendo che nessuno là fuori l'avrebbe presa bene (specialmente i genitori di Sungjong), gli aveva addirittura regalato un nuovo basso elettrico mettendo insieme i loro risparmi quando, improvvisamente, un giorno, il basso di Sungjong sparì dalla sua stanza e non ricomparve più. Per ultimo, gli concessero di vivere in quell'appartamento in affitto in cui coabitavano come compagni di band e amici, quando il ragazzo scappò di casa e si presentò alla loro porta con il viso ridotto ad una maschera pallida di lacrime. Erano trascorsi tre mesi, ormai.
«Yah, cosa state facendo?»
Sungyeol e Sungjong si voltarono: sulla soglia della cucina Woohyun li guardava storto, gli occhi assottigliati e i tratti del viso contratti come chi s'era appena svegliato da un sonno pesante, una mano infilata nei pantaloni a grattarsi la parte bassa della schiena, o forse una chiappa.
«Prepariamo qualcosa da mangiare, c'è venuta fame», rispose Sungyeol che mise sul tavolino basso la pentola con dentro il ramen appena preparato e si sedette accanto a Sungjong. Woohyun annuì interessato e si avvicinò.
«Tu cosa ci fai sveglio a quest'ora, hyung?», incalzò Sungjong.
«Ho sentito un gran chiasso dalla cucina e sono venuto a vedere che combinavate», rispose Woohyun, accomodandosi anche lui intorno al tavolo, praticamente auto-invitandosi a condividere quel lieto spuntino fuori orario.
Sungyeol lo guardò male e fece uno schiocco di disapprovazione con la lingua. «Sei venuto a rovinarci la festa, sei peggio di una piattola.»
In risposta, Woohyun tirò su con il naso, prese le bacchette di Sungjong e rovistò nella zuppa appena preparata chiedendo: «È con i gamberi?»
Woohyun: vocalist del gruppo. Sungyeol non avrebbe saputo calcolare con precisione da quanto tempo si conoscessero, probabilmente da troppo tempo. Avevano sempre fatto tutto insieme, nel corso degli anni: stessi hobby, stesse scuole, stesse amicizie. Poi era arrivato quello strano momento in cui Sungyeol aveva incominciato ad appassionarsi alla musica e alla chitarra. Dato che Sungyeol aveva sempre amato la voce di Woohyun, sin da quando erano bambini e cantavano insieme le sigle dei cartoni animati nel giardino di casa, formare una band con Woohyun divenne come un processo naturale, seppur avesse sempre avuto l'impressione che Woohyun non avesse mai preso la musica troppo sul serio, per lui era più una valvola di sfogo.
Fatto sta che si conoscevano da talmente tanto tempo, che a volte il fatto di conoscersi così a fondo sembrava un enorme disturbo per entrambi, così semplicemente litigavano e poi non si parlavano più per un po' di tempo. Alla fine, ogni volta, dal nulla riprendevano a rivolgersi la parola e incominciavano a dirsi di tutto a raffica, fino a parlare l'uno sull'altro, come per rimediare al tempo perso nel non cercarsi... e così finivano di nuovo esattamente al punto di partenza. Alcuni dicevano che il loro rapporto fosse preoccupante, addirittura malato, ma loro non l'avevano mai vista così: era solo un rapporto di amore-odio che formava un circolo vizioso interminabile, ma di cui non avrebbero mai potuto fare a meno. Nessuno estraneo alla faccenda, vedendoli, avrebbe detto che quei due erano amici intimi. Comunque, neanche loro si proclamavano tali. In verità, vedendo l'attuale Woohyun e il suo sconfinato (e a tratti irritante) aegyo, probabilmente nessuno avrebbe mai detto neanche che il ragazzo fino a qualche tempo prima era stato un classico tipo aggressivo, aveva addirittura rischiato il carcere dopo in seguito ad una rissa particolarmente violenta. Sungyeol lo guardava adesso e non poteva credere sul serio che quell'attraente ragazzo sempre sorridente che cercava di conquistare i cuori di tutti, così simile al Woohyun che aveva conosciuto da bambino, fosse lo stesso tipo spaventoso con cui aveva avuto a che fare fino ad un paio d'anni prima. Gli sembrava incredibile che quella persona fosse riuscita a sedare a quel modo gli impeti violenti di Woohyun, quando lui, che gli era stato accanto sin da bambino, non c'era riuscito.
«Sungjong-ah, hai l'aria stanca. Hai lavorato tanto?» fece Woohyun dopo un po', fissando Sungjong di sottecchi mentre si infilava gli spaghetti in bocca.
«Non così tanto, è che ieri notte sono stato in piedi fino all'alba per finire di studiare.»
Woohyun mise su un viso pieno di sgomento e rattristamento: probabilmente per lui la frase "stare in piedi fino all'alba per studiare" racchiudeva un concetto del tutto sconosciuto. «Aigoo, se continui così finirai col sentirti male», disse poi.
«Che vuoi? Non tutti sono così fortunati come te da avere i genitori che gli pagano vitto e alloggio. Ramen. Ce n'è un po' anche per me?»
Howon, alias Hoya quando salive sul palcoscenico in veste di batterista, fece la sua improvvisa entrata in scena. I capelli dorati gli stavano ancora scompostamente dritti in testa a causa del gel, addosso solo una canottiera e dei pantaloni sciatti. Anche così faceva la sua gran figura, ma a Sungyeol non interessava affatto, si chiese solo perchè improvvisamente fosse sveglio anche lui, chiedendo di poter mangiare il suo ramen.
Woohyun, piuttosto che sorprendersi di vedere Hoya lì, mise su un'aria indispettita e sbottò: «Cosa vorresti dire? Anch'io lavoro.»
Anche Hoya si sedette intorno al tavolo e agguantò due bacchette. «Due giorni a settimana.»
«È sempre un lavoro.»
Quando Sungyeol vide Hoya prendersi una porzione abbondante con le bacchette e portarsela alle labbra, sentì nitidamente che qualcosa nell'intera vicenda non quadrava: insomma, tutti gli abitanti della casa s'erano improvvisamente riuniti a mangiare ramen nel bel mezzo della notte, quando due di loro neanche erano stati invitati. La cosa suonava improbabile. E Sungyeol era profondamente contrariato.
«Yah! Questo era solo uno spuntino per me e Sungjongie, voi ve lo state spazzolando tutto!» sbottò improvvisamente, sventolando le sue bacchette per aria con fare minacciosa. Ad un tratto, senza ragione apparente, gli occhi di tutti erano puntati verso Hoya, come per chiedergli come, quando e perchè fosse finito lì, a rubare ramen preconfezionato.
«Mi ero alzato per andare al cesso e vi ho visto tutti qui e poi ho sentito odore di ramen, così m'è venuta fame», spiegò candidamente.
Sungyeol avrebbe voluto ribattere, ma Sungjong fece uno dei suoi sorrisi radiosi e disse: «È bello mangiare tutti insieme, vero? Di solito non lo facciamo mai.»
«È vero», concordò Woohyun con aria improvvisamente entusiasta: aveva trovato un diversivo. «Godiamoci questo bel momento in famiglia.»
Dopo un risvolto simile della vicenda, Sungyeol non riuscì più a dire nulla, neanche quando si vide soffiare da sotto il naso l'ultima porzione di ramen rimasta. In pratica aveva mangiato poco e niente, neanche lanciare sguardi minacciosi aveva aiutato a salvaguardare ciò che gli spettava di diritto, ma nonostante tutto sentì improvvisamente un calore familiare che non aveva niente a che fare con il ramen nella pancia, era più una soddisfazione dal punto di vista emotivo. Sungjong aveva ragione, era bello stare tutti insieme. Anche se abitavano nello stesso appartamento, c'erano delle volte in cui a malapena si incrociavano per giorni, ognuno aveva il proprio lavoro e i propri impegni, di solito stavano insieme solo se c'era da parlare di musica, delle attività del gruppo o fare le prove.
Improvvisamente, quell'appartamento divenne come un nido e loro divennero i pulcini che ci stavano dentro, cercando di proteggersi dall'esterno, ancora incapaci di volare. Sdraiati sul pavimento della cucina, parlavano del più e del meno, a volte seriamente e altre volte prendendosi in giro; guardavano il soffitto come se non ci fosse una parete bianca a sovrastarli, ma come se guardassero le stelle, come facevano ai tempi del liceo, quando passavano le nottate fuori.
Mentre prendevano gradualmente sonno uno raggomitolato accanto all'altro, Sungyeol sentì come se tutto ciò che li circondava facesse parte di un sogno astratto, anche la parete di destra del salotto, la sua preferita, quella dove c'era appesa una bandiera rossa riportante il nome della loro band, sotto la quale erano appoggiate una chitarra elettrica, una acustica e un basso elettrico. La parete era ricoperta da poster, adesivi, articoli e altre cose apparentemente inutili, come setlist di concerti o varie date scritte a caso, come per assicurarsi che nessuno se ne dimenticasse. Proprio lì accanto, poi, c'era un mobiletto in metallo su cui stava appoggiato un grande stereo nero, mentre negli scaffali sottostanti erano accatastati decine o centinaia di dischi. Se guardavi bene, in un angolo in basso, nascosti da occhi indiscreti, potevi perfino notare dei CD dei gruppi pop femminili che Woohyun rinnegava di aver mai comprato, ma che eppure erano lì.
Sungyeol adorava il loro rifugio, che non s'erano mai azzardati a chiamare "appartamento in affitto", perchè quel posto era tutto un misto di piccoli particolari assurdi che probabilmente avrebbe ricordato per sempre, come l'odore che si respirava nelle stanze, che era un misto tra quell'odore tipico di maschio e di sigarette, oppure il disordine che regnava sovrano ovunque; l'anta del terzo scompartimento della credenza della cucina che non stava mai chiusa del tutto e la grande varietà di prodotti igienici (mai utilizzati) piazzati sopra alla lavatrice in bagno. Come scordare la pessima fantasia color cachi del rivestimento per il divano? E, soprattutto, il modo in cui Sungjong facesse chiasso rincasando troppo tardi ogni notte, dopo il lavoro, e come Sungyeol inciampasse sempre nelle scarpe del maknae lasciate sparse per la loro stanza ogni sacrosanta mattina.
Quella notte, Sungyeol fece un sogno strano: sognò di trovarsi sotto ad un pioggia battente, sotto a quella pioggia trovò un gatto nero. Nel momento in cui il gatto gli si avvicinò e lui cercò di sfiorarlo, il gatto scomparve.

Neanche a farlo apposta, il giorno seguente un temporale si scatenò sulla città di Seoul sin dalle prime luci dell'alba.
«Pioggia a catinelle...»
«... cielo a pecorelle?»
«È l'incontrario: "Cielo a pecorelle, pioggia a catinelle".»
«Vero.»
Woohyun e Sungyeol si lanciarono un'occhiata che aveva la stessa allegria di due che a breve sarebbero usciti di casa consapevoli di dover affrontare una delle più feroci tempeste della stagione e, di fatto, sarebbe andata così. Sungyeol pensò quasi di telefonare al suo datore di lavoro e dirgli che s'era preso un brutto raffreddore e che perciò quel giorno non sarebbe proprio riuscito a presentarsi al negozio di strumenti musicali in cui lavorava, ma era quasi sicuro che il suo capo avrebbe scoperto l'inganno immediatamente... tempo sprecato. Guardò di nuovo fuori dalla finestra, poi guardò l'orologio: se non si muoveva avrebbe perso l'autobus e sarebbe di nuovo arrivato in ritardo. Probabilmente chiunque l'avrebbe scambiato per pigrizia, ma in realtà aveva seriamente un bruttissimo presentimento, uno di quelli che ti dicono: "non uscire di casa o ti capiterà qualcosa di brutto". Sentiva una certa sensazione sgradevole allo stomaco, che si trattasse di un virus? Magari non era in forma perchè aveva mangiato ramen in piena notte e poi s'era addormentato sul pavimento. Forse, se solo fosse sul serio uscito di casa, sarebbe stato colto da atroci crampi intestinali in mezzo alla strada, senza nessuno bagno nelle vicinanze... certo, sarebbe successo qualcosa di simile, pressoché sicuro. Si mise davanti allo specchio del bagno per vedere se la sua recitazione fosse ancora convincente come una volta, mettendosi a fare delle smorfie di dolore tenendosi la pancia con le mani; una cosa simile avrebbe convinto il suo capo? Può essere, dopotutto era un attore nato, gliel'avevano sempre detto tutti. Dopo un attimo di soddisfazione personale, Sungyeol sembrò afflosciarsi su sé stesso: in ogni caso non poteva starsene a casa. Per sicurezza, prima di uscire, prese una medicina per lo stomaco a caso dal mobiletto dei farmaci.
Si sentì abbastanza sollevato, comunque, perchè il tragitto da casa sua al negozio filò nella più totale e solita apatia, se escludiamo una nonnina che sull'autobus cercò di coinvolgerlo in un'interessante conversazione sul tempo e sulla temperatura che era troppo bassa per il periodo primaverile. E lui, sempre il solito Sungyeol, che finiva per sorridere alla sconosciuta e gli dava pure ragione.
Mancavano ormai poche fermate alla sua destinazione, quando il ragazzo che gli stava seduto di fianco, che fino a quel momento aveva sonnecchiato con il cappuccio della felpa tirato sul capo e gli auricolari nelle orecchie, non sembrò svegliarsi di soprassalto. Sungyeol gli lanciò un'occhiata di sottecchi, ma non riusciva a vederlo bene in volto, scorgeva solo il suo profilo, un bel naso dritto, labbra sottili. Beh, comunque non aveva importanza. Il ragazzo si sfilò gli auricolari quando nell'aria si levò il suono di un cellulare squillare e rispose alla chiamata con voce vagamente strascicata, bassa. Sungyeol non prestò attenzione alla conversazione, non erano certo fatti suoi, e si mise a guardare fuori dal finestrino: Dio, che tempo di merda, non ricordava l'ultima volta che aveva visto tanta pioggia tutta insieme. Stava quasi per appisolarsi con la testa appoggiata contro il finestrino, quando l'autobus si fermò ad una fermata e qualche secondo dopo il ragazzo che gli stava di fianco si alzò di scatto, forse non s'era accorto di essere arrivato a destinazione. Anche quando si alzò, lo sconosciuto si lasciò alle spalle un buon odore, un odore naturale non alterato da profumi o dopobarba. Sungyeol sorrise leggermente tra sé: il tipo non doveva essere stato tanto male, ciò che aveva visto e sentito un po' lo incuriosivano, ma sapeva già che nel giro di qualche secondo si sarebbe scordato di quello sconosciuto sull'autobus e probabilmente non ci avrebbe più pensato.
Stava per riappoggiare la testa contro il finestrino, tornando a sgombrare la mente da ogni pensiero, quando lo sguardo gli cadde sul posto alla sua destra, prima occupato da quel ragazzo. A terra, accanto ai suoi piedi, stava un piccolo lettore mp3... ed era lo stesso che prima aveva visto tra le mani dello sconosciuto incappucciato.
Dopo un primo momento di panico, lo raccolse e si guardò in giro freneticamente, ma ormai il tipo era sceso alla fermata precedente. Grandioso. Semplicemente grandioso. Si rigirò l'apparecchio tra le mani, ansioso. Probabilmente dalla fretta di scendere il ragazzo non si era accorto che gli era scivolato. E adesso? Beh, come si dice? "Chi trova tiene", no? No, forse non era così, forse era "Chi cerca trova"... non era molto bravo con i modi di dire. In ogni caso non è che stesse rubando o che, assolutamente, dopotutto non aveva poi così tanto tempo da perdere al punto da scendere da quell'autobus unicamente per cercare il proprietario di quel coso. Non era sua responsabilità.
Tanto per curiosità e per farsi gli affari altrui, accese il piccolo mp3 e fece scorrere i brani, rimanendo sinceramente sorpreso: c'erano molti degli artisti che ascoltava anche lui. Sorrise vedendo che era stata inserita l'intera discografia dei Led Zeppelin. Buon inizio. Alcuni nomi nuovi gli saltarono all'occhio e avrebbe voluto infilarsi gli auricolari e ascoltarli, ma anche per lui era giunto il momento di scendere dall'autobus. Si infilò il lettore mp3 nella borsa a tracolla e si alzò dal proprio posto. Lo aspettava un altro giorno di lavoro.
Il negozio in cui lavorava era uno di quelli che magari non si notavano immediatamente, ma una volta che li scoprivi e ci mettevi piede, restavi incantato. A lui era successo lo stesso, la prima volta che c'era finito per caso ai tempi delle scuole medie. Era stato il proprietario di quel negozio che l'aveva coinvolto con la musica rock e gli aveva insegnato a suonare decentemente la chitarra elettrica.
Il suo capo, un vecchio burbero che si faceva chiamare Snake a causa di un serpente tatuato sull'avambraccio destro, era uno che aveva suonato la chitarra per tutta la vita, senza mai trovare uno sbocco sulla via del professionismo. Se l'era spassata, aveva suonato, fatto concerti, un sacco di casino con altri musicisti, finché un giorno, verso i suoi trentacinque anni, si svegliò una mattina e si accorse di essere un totale fallito. Niente moglie, niente eredi, nessun posto di lavoro fisso. Solo un porcile che chiamava casa, tre chitarre, un mucchio di amici che chiamavano solo quando era ora di fare musica ma che quando avevi realmente bisogno non erano mai rintracciabili e un cane di nome Bubu. Snake s'era guardato attorno e s'era chiesto: "Perchè tutto sto schifo?", perciò s'era tagliato i capelli, aveva lasciato la band di cui aveva fatto parte a quei tempi ed era andato a vari colloqui di lavoro. Una decina d'anni dopo riuscì ad aprire il proprio negozio di strumenti musicali, perchè non era mai riuscito realmente ad abbandonare la musica, eppure era ancora senza moglie, senza eredi ed abitava ancora nel solito porcile. Il cane Bubu era morto. Questa era la gloriosa e commovente storia di Snake, il rocker fallito.
Comunque, Sungyeol doveva ammettere che Snake era una delle persone più importanti della sua vita, perché lo aveva reso ciò che era diventato, gli aveva dato una passione e uno scopo per cui vivere, successivamente persino un lavoro, gli doveva davvero tanto.
«Ritardo di tre minuti. Te li scalo dalla paga», annunciò Snake appena vide Sungyeol varcare l'ingresso del negozio. Ok, come non detto, forse non aveva poi così tanti buoni meriti.
Sungyeol lo guardò a sopracciglia inarcate e disse: «Buongiorno anche te, eh.»
Snake era un tipo assolutamente inconfondibile: basso, impettito, accigliato, gli occhiali da sole nonostante si trovasse al chiuso e il tempo fuori non fosse esattamente soleggiato, la fronte alta e lunghi capelli neri tenuti in una coda. E, come se non bastasse, era abbastanza meteoropatico. Sungyeol ebbe un'improvvisa illuminazione: ecco cos'era stato quel brutto presentimento che aveva avuto prima di uscire di casa, doveva essere riferito alla meteoropatia di Snake! Quasi gli caddero le braccia a terra: sì, lo sapeva già che gli avrebbe solo reso le ore di lavoro estenuanti con i suoi "fai questo, fai quello, veloce!", come succedeva ogni volta che si svegliava con il piede sbagliato. Davvero una magnifica giornata.

In serata, mentre tornava a casa una volta finita la giornata di lavoro, Sungyeol riflettè sul fatto che era ormai da un po' di tempo che la sua band non si esibiva dal vivo, dovevano rimediare. Pensò anche che gli serviva proprio un manager per organizzare queste cose, loro stavano diventando troppo fiacchi.
Alzò lo sguardo verso il cielo notturno, che non era più coperto di nuvole, ma si riuscivano ad intravedere le stelle. Dopo tutta la pioggia scesa durante il giorno, la temperatura s'era abbassata un bel po' rispetto ai giorni scorsi. Sungyeol si strinse nella propria giacca di pelle con un sospiro. Freddo, freddo. A lui non piaceva il freddo e naturalmente l'autobus era in ritardo. Improvvisamente si ricordò di quel che era successo quella stessa mattina sull'autobus... ma certo, il lettore mp3 dello sconosciuto. Lo estrasse dalla borsa a tracolla e si infilò gli auricolari nelle orecchie, poi lo accese.
Cercò qualche traccia particolare o che non conoscesse già. Ne ascoltò alcune senza particolare entusiasmo, non andavano granché in contro al suo gusto: non era un patito della musica rock dal tipico stampo coreano, aveva sempre pensato che nella maggior parte dei casi mancasse di energia.
L'autobus arrivò e Sungyeol avrebbe voluto recriminare all'autista i ben otto minuti di ritardo, ma non disse nulla. Prese posto in uno dei posti in fondo, continuando l'ispezione dei brani in quel lettore mp3 che, tra parentesi, non era neanche suo. Stava quasi per rinunciare alla possibilità di trovare altre canzoni interessanti tra quelle che ancora non conosceva, quando accadde qualcosa. Ne trovò una che non aveva né titolo né artista. Curioso. Il brano partì con un leggero rumore di fondo, lasciandolo un po' interdetto: sembrava una registrazione amatoriale... poi il suono di una chitarra acustica gli invase le orecchie, leggera, delicata. Una melodia mai sentita prima, che non aveva neanche un che di familiare. Che canzone era? Magari una cover? Aspettò che una voce incominciasse a cantare sulla base per dargli un ulteriore indizio, ma nessun canto gli arrivò alle orecchie, era un brano strumentale. Ed era così triste, così profondamente intimo... Sungyeol sentì le corde del proprio animo venire pizzicate, si sentì emozionato per la prima volta dopo tanto tempo di apatia. Chiuse gli occhi e, mentalmente, a quella chitarra che stava ascoltando, aggiunse il tocco ritmato di un basso, la batteria che batteva sui tamburi delicatamente, senza distorcere quella sensazione eterea che riusciva a trasmettere l'intera canzone. Sentì la voce di Woohyun aggiungersi, cantare qualcosa che ancora non sapeva cosa fosse, e sentì il proprio stomaco contorcersi: era il brano perfetto per loro band. Era perfetto per la voce di Woohyun, doveva essere lui a cantarla, se lo sentiva dentro. Ancora ad occhi chiusi, sentì nascergli dentro alcune parole... aveva voglia di scrivere. Voleva riarrangiare quella canzone, seppur non conoscesse nulla su quella canzone, da dove fosse spuntata. Improvvisamente sentì quei suoni dentro e tutti intorno a sé, li sentiva sbocciare come fiori alle prime luci del mattino. Ed era così stupefacente che Sungyeol, senza rendersene conto... si mise a piangere.


Continua...




Se siete arrivati fin qui e siete pieni di domande... tranquilli, è normale. Questo prima capitolo è più una sorta di introduzione che un vero primo capitolo. Lo so che ho accennato a mille cose ma di fatto non ne ho spiegata nessuna, ma per ora dev'essere così. Non preoccupatevi, tutto verrà svelato nel corso dei capitoli, ci saranno anche tanti flashback. E se siete perplessi anche per il fatto che non si è nominato il nome della band di cui fanno parte i quattro di cui si è parlato fin qui... beh, c'è un perchè anche per quello. Ah, e scusate anche se in questo capitolo Hoya fa solo una breve entrata in scena e poi non se ne parla più, rimedierò anche a questo.
Troppo incasinato? (Sì.) Lasciatemi un commento e ditemi che ne pensate, per favore, giusto per sapere se vale la pena di continuare!
E grazie mille, come sempre, a tutte quelle che leggono le mie fanfiction e mi supportano con tanto calore. ㅠㅠ ♥
Alla prossima!
  
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