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Autore: Dave1994    28/02/2012    1 recensioni
Non sapeva che quella piccola sfera d’oro,quella Mela,avrebbe sconvolto prima la Francia,e poi il mondo intero.
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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-Scommetto che avete una storia da raccontare, ve lo si legge dalla faccia- bofonchiò
Gioacchino, sistemandosi la divisa sul petto. Al fianco portava una sciabola
elegantemente riposta nel fodero, sul quale erano ricamate una G ed una M color
oro. Dai suoi baffetti si intravedeva appartenesse al ceto nobile della società, e la stessa
impressione la davano i suoi abiti. Lui e il suo interlocutore, un uomo basso e leggermente stempiato, stavano seduti nello studio degli Ufficiali: quella particolare domenica tutti erano via, dalle famiglie, per affari o semplicemente per divertimento: bordelli e osterie prosperavano grazie ai soldi della nobiltà.
-Oh,ci potete scommettere- disse Napoleone, mostrando un sorriso tutto soddisfatto -solo, dovete giurare.-
-Giurare che cosa?-
-Sulla vostra vita, sul sangue della vostra famiglia e sulla vostra assoluta fedeltà alla Francia che non riferirete nulla di ciò che vi racconterò all‘infuori di queste mura.-
-Sta bene. Cosa c’è di tanto urgente?- rispose Gioacchino, incrociando le braccia spazientito. Se non si fosse trattato del grandioso Napoleone, lo avrebbe già sbattuto fuori dallo studio.
-Giurate.-
Tra i due cadde il silenzio, interrotto soltanto dai rintocchi dell’orologio da camera appeso alla parete: con ogni ticchettio delle lancette, sembrava fare a fette il tempo implacabilmente.
L’uomo dai baffetti corti si portò una mano sul cuore e in francese pronunciò un giuramento solenne: morte l’avesse colto, se avesse trasgredito alla promessa!
-Così va meglio?-
-Direi di sì.- rispose Napoleone e con un cenno invitò Gioacchino ad avvicinarsi al suo orecchio.
-Se solo qualcuno sentisse quello che sto per dirti, credo non vivremmo fino a vedere sorgere il sole domani- sussurrò -è della massima importanza che questa conversazione rimanga davvero tra noi.-
-Ma insomma, volete arrivare al punto o mi tocca attendere ancora a lungo?-
-Ci sto arrivando!- esclamò Napoleone. Nonostante il tono impaziente, mostrava sul suo volto il sorriso più luminoso che Gioacchino avesse mai visto: nulla a che fare con quello che avrebbe avuto diversi anni dopo sull’isola di Sant’Elena, prigioniero e disperato.

***


-Ecco. Vedete, mio caro Murat, la mia campagna in Egitto ha dato…riscontri inaspettati. In particolare, è in Siria che ho trovato qualcosa che mai uomo sulla terra ha anche solo sognato o immaginato.-
-Cosa avete trovato là?- chiese Gioacchino, ora incuriosito dal fare dell’amico: sembrava davvero che fosse sul punto di esplodere, da tanto era ansioso di vuotare il sacco.
Napoleone non rispose. Si infilò la mano destra sotto l’elegante giacca da generale e ne estrasse un piccolo fagotto, gonfio e legato con uno spago. Una fioca luce dorata pulsava al suo interno, come se una candela stesse bruciando da dentro.
Napoleone Bonaparte lo aprì e ne prese una sfera metallica, la cui superficie era incisa da strane linee e curve sconosciute. Gioacchino giurò sotto confessione forzata, anni dopo, che la prima cosa a cui quell’oggetto così strano era…una mela.
Una mela d’oro.
-Bella,vero?- domandò Napoleone, forse più a sé stesso che al suo interlocutore: i suoi occhi erano totalmente posseduti da quel manufatto, come se la sua anima fosse stata rapita da quella luce dorata così calda e fioca.
Come se la sua mente ne fosse stregata.
-Di..di che cosa si tratta? Dove l’avete trovata?- chiese Gioacchino, intento a combattere il fascino che stava ora esercitando su di lui ciò che un giorno sarebbe stato classificato come Mela dell’Eden N. 1, il segreto del successo del futuro e arcinoto illusionista Harry Houdini.
-A San Giovanni d’Acri, durante un assedio che condussi personalmente contro il governatore Ahmed. Purtroppo quell’arabo aveva fortificato bene la città e il suo esercito era ben addestrato, forse anche più del mio- sentenziò Napoleone,con una punta di invidia - comunque sia, fu un assalto inutile. Persi due mesi di tempo e disperato stavo per dare l’ordine di ritirarsi, quand’ecco che arriva questo mendicante al nostro accampamento, sporco e quasi senza vestiti, e mi chiede del cibo e dell’acqua. Ancora mi chiedo come abbia fatto a superare le nostre sentinelle.-
-“Ma come, non avete di che sostentarvi nella città?” gli chiesi, stupefatto “i vostri soldati mi sembrano in gran forma”. Invece lui mi dice in un francese rozzo e scadente che dentro le mura si fa la fame e il grande Ahmed non gli concede che le briciole, mentre alla sua tavola si mangia a tutte le ore del giorno. Disperato mi chiede qualcosa con cui sfamarsi e io chiamo l’artigliere in seconda, così che possa procurargli un pasto decente. E lui mi da questa- disse Napoleone, indicando la Mela -dicendo che l’ha trovata in una tomba mentre scavavano o qualcosa del genere. Mi dice di fare attenzione, perché è maledetta: tutti gli oggetti nelle tombe sono maledetti, per loro.-
-Incredibile- sussurrò Gioacchino, sfiorandone la superficie attraversata da quei motivi così misteriosi e antichi - e cosa ha a che fare tutto questo con questo incontro?-
-Questo, Murat- esclamò solenne Napoleone, sollevando la Mela al cielo -questo è il segreto del mio successo. Ho scoperto di poter piegare le menti delle persone al mio controllo, se lo voglio. Posso fare cose meravigliose, amico mio, e ho grandi progetti per la Francia.-
E Gioacchino gli credette, perché vide nei suoi occhi una luce che non aveva mai visto prima: era la follia, la follia che proviene dalla detenzione di un potere al di là della nostra comprensione. Solo che lui non lo sapeva.
Non sapeva che quella piccola sfera d’oro, quella Mela, avrebbe sconvolto prima la Francia, e poi il mondo intero.
  
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