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Autore: valentis    28/02/2012    5 recensioni
Caranthir, separato dai suoi soldati e ferito, si aggira per le sale di Menegroth cercando il Silmaril mentre un dubbio lo perseguita. Per quale motivo è scoppiata la seconda guerra fratricida?
I pensieri del meno noto fra i figli di Fëanor nei suoi ultimi minuti di vita.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i diritti sui personaggi ed i luoghi descritti appartengono alla famiglia Tolkien. Nulla è di mia proprietà, nemmeno la mia mente.

Consiglio di leggere le note prima del racconto. Scusate se questa roba è così lunga.

 

Uan vélëa Nanqueta

 

 

No! Non morirò adesso, non posso morire adesso. Non senza prima avere recuperato il Silmaril.

Entro nella sala fiocamente illuminata da alcune torce.

Ho sei frecce piantate addosso. Ogni ferita di freccia può essere approssimabile ad un cerchio con diamentro circa di due pollici.

Quindi due pollici, mettere in conto la differenza di pressione..

Rischio di dissanguare, sono troppe.  Il flusso di sangue sarebbe minore se non le strappassi. Ma se lasciassi aste sporgenti dalla mia carne potrei lacerare tessuti interni ad ogni movimento. Devo tentare di strappare quelle poco profonde e tagliare le aste delle altre.

Maledetti Sindar!

Sono riusciti ad isolarmi dai miei guerrieri, ma ho ucciso gli ultimi due che mi seguivano. Per ora sono solo. Bene. Davanti a me dovrebbero essere Tyelka e Curvo con venti guerrieri, dietro il resto dei miei fratelli con il grosso dell’ esercito. Per quale motivo nel nome di Eru quei due sono corsi avanti con un contingente così piccolo! Scommetto che è per la faccenda con la figlia di Thingol! Dovrebbero sinceramente riconsiderare le loro priorità! Non siamo qui per basse vendette del genere.

Non li capisco!

Poggio la mazza vicino alla mia mano, sfilo lo scudo dal braccio e mi appoggio dietro una colonna, nella zona in cui l’ ombra che proietta è più scura, in modo da essere nascosto sia allo sguardo di chi dovesse entrare nella sala, sia a quello di eventuali guerrieri all’ interno.

Calma e concentrazione. Devo togliere le aste che questi Sindar mi hanno infilato addosso.

I Sindar!

Doppiamente codardi, nel non seguire i Valar e nel non muoversi da soli.

Selvaggi! Vivono sotto terra come gli scarafaggi e vorrebbero avere il diritto di essere custodi di un Silmaril! Almeno fossero in grado di illuminare le loro caverne senza vivere nel fumo!

Gamba destra, coscia. E’ dentro a meta’ della punta. Posso strappare curando di mantenerla dritta. Tiro.

E’ come se del metallo incandescente venisse versato sulla mia gamba e si spandesse in una raggiera pulsante per il mio corpo.

Mi mordo il labbro per non urlare. Devo rimanere fermo.

No, no, no non devo tremare. Dai, dai, dai.

Ansimo dal dolore soffocando un grido e sputo silenziosamente il sangue uscito dal labbro spaccato. Ecco la prima. Provo a muovere piano la gamba.

Il muscolo sembra funzionare. Varda, era davvero profonda! Almeno la vena non è stata toccata.

Passare alla seconda, ventre. No, questa non può essere strappata! Estraggo il coltello dal fodero alla mia cintura. Spero davvero che non sbuchi un Doriathrim fuori dal nulla in questo momento.

Stringo fra i denti la freccia appena strappata. Questo fara’ male.

Fermo con una mano il fusto sporgente, con la seconda impugno il coltello. Taglio. Mi sebra quasi di sentire il suono molliccio di qualcosa che viene lacerato ed un dolore palpitante squassa il mio corpo. Boccheggio prima di mordere la freccia che ho fra i denti con tutta la mia forza.

Nel nome di Manwe! Devo averla mossa. Lo sbocco di sangue cola viscido e caldo sulla mia mano. Eru!

Non abbastanza fermo. Dai, dai, fermati fermati! Provo a comprimere sulla ferita con una mano, le dita ai lati del pezzo di freccia ancora nella mia carne.

Fermati! Il flusso rallenta e si blocca quasi improvvisamente. D’ ora in avanti meglio non piegarmi, devo aver tagliato un vaso minore.. Spero. Butto a terra il pezzo di fusto tagliato e la freccia che avevo in bocca quasi spaccata in  due meta’.Mi fermo e non riesco a contenere un gemito che risuona nell salone.

Dannazione!

Attendo. Nulla. Faccio due profondi respiri.

Terza, spalla. Tagliare di nuovo. Questa volta il taglio è perfetto, ho appena il tempo di imprecare mentalmente e la parte dell’ asta che sporgeva è nella mia mano.

Mi fermo prendendo profondi respiri, il dolore non è nuovo, ma ogni volta che lo ho provato sembra piu’ forte della precedente. Non devo urlare, non devo farmi prendere dalla furia.

Non devo urlare.

Guardo la sala con sguardo sfocato. Il fumo mi impedisce di vederla per intero.

Maledette torce di legno umido.

No, questi Sindar non vivono come gli scarafaggi. Vivono come i vermi!

Il silenzio è assordante davanti a me.

Spero solo che i miei due fratelli non si siano fatti ammazzare con tutti i loro uomini e dietro il prossimo angolo mi aspetti un intero contigente di arcieri.

Inutile pensarci ora, meglio continuare con le frecce.

Quarta, petto. Decisamente tagliare, questa volta mi conviene non sbagliare se mi è caro vivere. Afferro l’ asta, la blocco, taglio. Sento le lacrime scorrermi per le guance ed il mio respiro si spezza. Fatto.

La ferita non sembra neppure sanguinare.

Cercando di non piegarmi mi fermo nuovamente per prendere fiato.

Capisco che i miei fratelli abbiano avuto l’ orgoglio ferito dall’ essere stati sconfitti ed umiliati da un Adan, che è persino riuscito a portare loro via Huan. Ma avrebbero dovuto essere meno sciocchi e non cedere alle lusinghe di una Sinda. Poi che Sinda! Sono convinto che Tyelka non saprebbe riconoscere una donna che vale qualcosa se gliela indicassero! Diresti che non abbia mai visto cosa era Amme. Molto meglio di qualsiasi eterea bellezza!

Il mio respiro comincia a tornare regolare.

Una donna con un cervello poderoso, la capacita’ di farsi valere sempre e, fatto non trascurabile, non una lucertola dal sangue freddo come Artanis. Per un attimo stranamente mi trovo a pensare ad Haleth.

Ed un’ alleata che ti abbandona senza ragione alcuna..

Sciocchezze. Lasciassero stare le questioni amorose!

Avere a cuore fino a questo punto una donna non  ha senso.

Abbiamo altre priorita’ noi, non possiamo correre dietro alle fancuille come insulsi Vanyar innamorati. Non ne abbiamo bisogno.

Non possiamo permettercelo.

Passi. Sento dei passi! Qualcuno si avvicina.

A ataltëa taniquetillë!

Tengo l’ asta appena tagliata nella mano insieme al coltello. Con la seconda mano sollevo la mazza. Non mi avrete così facilmente! I passi si avvicinano, sento un singhiozzo. Deve essere una elleth, ma sempre meglio tenere le armi pronte! Probabilmente dietro di lei ci sono due guerrieri con gli archi tesi.

Mi muovo lentamente dietro la colonna per vedere nella  direzione da cui vengono i passi.

No, non è una donna. Avrà visto quaranta coranar al massimo. E’ una bambina. Una bambina con un arco teso ed una freccia incoccata. Nulla di piu’ pericoloso di un esserino terrorizzato con un’ arma che probabilmente non sa neppure usare!

Continuo ad arretrare tentando in tutti i modi di essere silenzioso. Lei piange piano e si guarda intorno tremando, male. Se qui ci sono donne e bambini significa che ci saranno anche soldati. Tanti soldati.

Almeno spero per i Sindar e la loro dignità. Mi sporgo per guardare alla sue spalle.

Nessuna figura e nessun’ suono. E’ sola.

Cammina lentamente e ad ogni passo le trecce le rimbalzano sulle spalle scosse da brividi e singhiozzi mentre avanza nella mia direzione. La perfetta immagine di questa guerra insensata. Vattene ragazzina!

Stupida bambina vedi di sparire, non ho intenzione di ammazzarti!

Viene verso le colonne. Stupida!

Faccio un passo indietro, e preparo la mazza nella mano, alzandola.

La mia armatura cigola piano. Lei si immobilizza.

Eru Iluvatar!

Si guarda intorno. No, dai, non gridare, dai, non voglio ammazzarti, scappa in sienzio, forza!

Alza la testa.

“Ai bâd?” la voce le trema.

Arak..!

Non ho mai ucciso una donna in vita mia, e vorrei davvero non cominciare con una che non ha nemmeno visto uno Yén. Ma non posso, non posso morire ora. Ho giurato!

Alza l’ arco e viene verso le colonne. Per ora ancora non mi vede.

Se si spostasse anche solo di un passo indietro e sulla sua destra sarei scoperto. Per non parlare del fatto che ora sono scoperto agli sguardi di chiunque entrasse dalla porta.

Ragionare, ragionare.

Se passa mi vede, se mi vede urla ed arrivano soldati. Se arrivano soldati sono morto. Non sono un codardo, ma non posso morire ora, no. Almeno questo lo devo a mio padre.

Non avrebbe senso morire ora.

Si vede benissimo che lei ha i sensi copletamente concentrati da questa parte ed io non ho la grazia da cacciatore di Ambarussa, o Tyelko, mi sentirebbe se mi muovessi.

Se solo avessi la voce di Laure e la faccia di Nelyo! Se la piccola mi vedesse ora inizierebbe ad urlare come un’ aquila. Minimo! Gia’ mi vedo faccia rosso fuoco, coperto di sangue e con due o tre venuzze scoppiate per occhio. Altro che silenzio. Sentirebbero le sue grida sino ad Aman!

Non è giusto! No!

Ci deve essere una soluzione! Pensa, pensa.

Continua ad avvicinarsi tremando.

Basta.

Io sono io, non ragionerò come un altro.

La menzogna non è da me, io vado per leggi, sono un essere ordinato.

Se solo le persone fossero un tantinello più logiche! Specialmente le donne!

Quanto vorrei che applicasse un briciolo di logica e se ne andasse. Non capisco perché non scappa senza voltarsi!

Sai che c’è qualcuno, qualcuno che non ti ha attaccato? Scappa maledizione!

Invece lei continua nel suo fatale tremante procedere .

Non va solo contro la logica, ma anche contro ogni suo naturale istinto!

Pensa forse che io abbia paura di lei e debba farle un’ imboscata per ucciderla?

Spero di no per la sua intelligenza.

Preparo la mazza, questo deve essere un lavoro di precisione.

Non deve avere il tempo di urlare.

Presumo non abbia nessun’ addestramento militare, soprattutto per come tiene quell’ arco! Continuera’ a camminare descrivendo una curva intorno alla colonna, lateralmente e lentamente. Una volta raggiunta una certa distanza, dopo aver’ sbirciato nella mia direzione, andrà di corsa verso la porta per chiamare aiuto; o scocchera’ la freccia.

O almeno, questo crede di fare.

Povera stupida bambina.

No, non devo perdermi in inutili sentimentalismi!

Questa è una guerra.

Ma questi Sindar lasciano da soli i figli quando le loro rocche cadono?

Prevedibilmente la ragazzina, arrivata ad una certa distanza, comincia a procedere lateralmente verso sinistra a passi costanti.

Verso sinistra. Bene! Questo mi da’ un tempo di copertura piu’ lungo ed un vantaggio nel trovarmela a destra, dove impugno la mazza.

Fra poco entrera’ nel mio angolo cieco. Guardo attentaente come si muove. Perfetto, curva verso la colonna. I suoi passi, per ora, sono costanti e silenziosi. Ho notato che le persone tendono a camminare seguendo una matematica precisa. Devo agire al secondo, non deve avere il tempo di urlare; altrimenti quello che sto per fare sarebbe del tutto inutile. Appena entrato nel suo angolo di visuale devo scattare.

Mi preparo. La mazza ferrata salda nella mano.

Nel tentativo di essere imprevedibili le persone tendono ad usare sempre lo stesso trucco: delle pause irregolari fra i passi.

Peccato che usino sempre pause lunghe un numero indivisibile di secondi. Se hanno paura, poi, la cosa diviene anche piu’ regolare.

Conto nella mia mente.

Eccola!

Mi getto in avanti e la mazza colpisce in pieno.

L’ arco va in pezzi con un rumore lieve di legno secco che si spezza.

Il mio coltello cade in terra mentre serro la mano sulla sua bocca impedendole di urlare e la trascino dietro la colonna.

Grazie ai Valar è paralizzata dalla paura e non tenta neppure di dibattersi.

La sbatto con le spalle contro la pietra e, tenendo la faccia abbastanza lontana dalla sua, sibilo marcando l’ accento Quenya:

“Ascoltami bene! Annuisci se mi capisci!”

Grandi lacrimoni le scendono per il volto. Non va bene, deve ascoltarmi! Poggio la mazza e le sventolo una mano davanti alla faccia.

Si immoblizza e mi guarda terrorizzata. Bene, ora ho la sua attenzione.

“Sentimi bene, potevo ammazzarti e non lo ho fatto. Mi ascolti?”

Trema, ma annuisce.

“Bene. Non voglio spedirti a Mandos, quindi vedi di capirmi!”

Da sotto la mia mano la sento mugolare qualcosa come Ada.

“No! Ascoltami, vuoi uscire viva da qui?”

Annuisce.

Valr Misericordiosi! Ha gli occhi enormi del cerbiatto circondato dai cani.

Temo la logica non funzionerà per nulla in questa situazione, ma dove la logica fallisce può funzionare la paura.

Almeno questo è quello che dice sempre Nelyo.

“Bene, allora, adesso io ti lascerò andare e tu correrai via in silenzio. Se dirai a qualcuno che sono qui. Ti ucciderò!”

Sero sia stato convincente, lo spero davvero per me. Logica zero, ma lei mi sembra ben’ poco propensa ad usarla. Se avesse avuto il coraggio di altre ora avrei un grosso problema.

Per un attimo nella mia mente appare la figura di Haleth.

Scuoto la testa infastidito.

La bambina singhiozza sotto la mia mano.

“Mi hai capito?”

Annuisce tremando.

“Le mie truppe sono poco dietro di me. Chiama aiuto e ti troveranno. L’ unica soluzione è scappare in silenzio. Hai capito?” Stringo un poco la mano che le ho poggiato sulla bocca, lei guaisce annuendo.

Con la seconda mano reimpugno la mazza e provo a toglierle la mano dalla bocca. Rimane immobile piangendo in silenzio. Le ho lasciato un’ impronta di sangue a forma di mano su metà faccia.

Reprimo l’ impulso di passarle un fazzoletto che non ho.

“Ci sono guerrieri dietro di te?”

“U’..u..al....”

Temo sia inutile, se non deleterio, provare a chiederle altro.

“Fila via!”

Faccio il gesto di avvicinarmi e lei corre in silenzio verso la porta, la supera e viene inghiottita dal corridoio.

Espiro profondamente e guardo le due frecce ancora infilate nel mio corpo.

Non ho piu’ tempo.

Non mi fido del suo silenzio, devo muovermi! Cerco di sfruttare le ombre del grande salone per arrivare alla porta seguente. Non posso tornare indietro, non ci sono miei uomini, ho finito per mentire spudoratamente e la ragazza sicuramente, comincera’ ad urlare appena trovati altri Sindar.

L’ unica opzione è andare avanti. Verso le stanze piu’ interne del palazzo, dove mi auguro siano Curvo e Tyelko.

Sciocchi!

Per quale dannatissimo motivo li ho seguiti?

Sapevo di non dovermi far’ dominare dalla rabbia! Faccio cose illogiche quando succede.

Mentre passo nelle ombre delle colonne mi guardo intorno.

Sindar.

Non stento a credere che i nani li abbiano invasi!

Pensare di non pagare i nani! Assurdo.

Peraltro chiedere ai nani di incastonare un Silmaril nella Nauglamir! Dimostra lampantemente che non hai idea di  quale sia la cupidigia dei nani!

E pensare che i kasar si lamentavano degli accordi che gli offrivo io.

Concentrazione!

Mi muovo da pilone a pilone di questa immensa sala quasi buia. Fino a che non arrivo alla porta. Davanti a me il silenzio è assoluto.

Non è un buon’ segno per i miei fratelli. Alle mie spalle il rumore della battaglia si avvicina. A quanto pare gli altri stanno entrando in profondita’ nella reggia. Bene.

Guardo le mie ferite. Alcune hanno ripreso a sanguinare lentamente.

Non posso rimanere qui fermo e provare a riunirmi all’ esercito dalle spalle delle guarnigioni Sinda sarebbe un suicidio. Farmi uccidere in battaglia non è lo scopo per cui sono qui. Lo scopo è il Silmaril e se questo è ancora nel palazzo deve essere nelle stanze reali.

Entro cautamente nella stanza; è piena di cadaveri. Tra la moltitudine di Doriathrim caduti ogni tanto appare un soldato con l’ emblema della stella di Feanor.

Guardo uno dei caduti Sindar vicino a me, al suo indice splende un cerchio di metallo macchiato di sangue.

Sciocchi.

Disposti a rovinarsi per una cosa che a loro non appartiene. Incomprensibile!

Non vi sono elementi che li leghino ai Silmaril e loro, un popolo da millenni nascostro dietro la cintura innalzata dalla loro regina, decidono, pur' di possederne uno, di farsi dichiarare guerra da noi; che per Yèn abbiamo combattuto contro il nemico comune.

Non li capisco.

Come se lo avessero creato loro!

O ne conoscessero minimamente le proprieta’!

Capisco bene l’orgoglio, è una delle poche cose che capisco, a quanto pare. Ma l’ orgoglio deve essere giustificato.

Sono ogoglioso di alcune cose che ho fatto nell’ arte del calcolo, si; dato che quelle sono leggi che ho scoperto io. Non sono orgoglioso di aver’ lasciato che Nelyo penzolasse appeso per un polso ad una scogliera. Difatti non ho parlato contro la strpe di Nolofinwe, ma contro quel sedicente Noldor che era Angarato.

Rumore di passi. Non riuscirei a sgattaiolare nell’ ombra, e non voglio. Rimango fermo. Quattro guerrieri Sindar entrano nella stanza. Uno di loro porta le insegne di un generale.

Ce la posso fare.

Mi vedono e si bloccano.

Stringo nella mano l’ impugnatura della mazza.

“Avëar Avari! Nyaryëa mammen Silmarillë furin.”

Il generale mi guarda, vede l’ arma sporca di sangue. Il suo sguardo corre nella stanza alle mie spalle.

“Sell nîn!”

Cosa?

Deve aver’ visto l’ arco.

Sento la rabbia montare, io non ho mai ucciso una donna! Mai! Le prime frecce cadono contro il mio scudo. Carico.

Due arcieri piombano a terra abbattuti da Poldasuuya; il generale riesce a schivare ma è sbilanciato all’ indietro e cade. La ferita sul mio ventre brucia come un tizzone. Forse io morirò, ma voi non uscirete vivi da questa stanza!

Dolore alla spalla.Mi volto in tempo per spaccare l’ elmo del soldato che mi ha colpito. Rovina in terra come fulminato.

Sia il generale che uno degli arceri si stanno rialzando. Tengo lo scudo verso il generale e mi lancio sull’ arciere colpendolo di nuovo, stavolta sotto il mento. Dalla sua bocca schizzano sangue e denti e si accascia nuovamente a terra; spero per sempre. Un colpo contro lo scudo mi obbliga ad inginocchiarmi.

No no, non ora!

E’ come se la mia testa fosse diventata leggerissima, ho la bocca secca.

“Lau sin!” urlo.

Con lo scudo colpisco il generale che arretra di alcuni passi dandomi tempo per rialzarmi e gettarmi contro di lui.

No, no; non posso! Non posso morire ora!

La mia mazza colpisce il suo scudo disegnandovi un cratere di metallo ed alle mie orecchie giunge il suo grido insieme allo schiocco umido di un osso che si spezza.

Lui mena un fendente con la spada contro di me. La lama entra nella ferita lasciata dalla freccia nella coscia. Sento improvvisamente uno strano freddo nella gamba, come se vi avessi poggiato del ghiaccio.

Non capisco!

Alzo la mazza e la abbatto sul suo petto scoperto dall’ affondo. Risale lanciando schizzi di sangue intorno a me.

No, non capisco. Non vi capisco.

L’ oggetto della mia rabbia non siete voi, siete dei conigli, dei vigliacchi, ma non vi odio. Qui vorrei solo recuperare quello che è mio, non vostro. Quello che mio padre è riuscito a creare e voi pensate di meritare solo perché ve lo siete trovato fra le mani!

Dietro di me sento un rumore. Mi volto e la mia arma si abbatte contro il primo arciere che tentava disperatamente di rialzarsi.

Cade in una pozza di sangue.

Come è possibile? Io non dovrei uccidere voi! Io ho un’ altro nemico!

Perché non lo capite?

La mazza si abbatte nuovamente sul corpo del generale.

Ammetto di non capire tutto, tanti dei problemi che ho esaminato restano irrisolti. Non so quale legge regoli la distribuzione dei numeri indivisibili, ma quello è un problema che posso logicamente studiare, quindi capire.

Non sopporto di non capire!

Tutto si può capire, di tutto si può creare un modello basato su leggi!

Non riesco a smettere di infierire sul corpo che ho davanti.

Ma voi. Non vi capisco proprio!

Non capisco perché vi ostiniate a tenere il Silmaril sacrificando le vostre vite e quelle di coloro che dite di amare.

Poldasuuya si abbatte sul bacino del generale.

Non capisco perché Tyelko continui ad essere offeso dal ricordo di un cane e di una ragazza che lo ha rifiutato.

Colpisco il generale sulla testa.

Non capisco perché Curvo abbia lasciato andare via suo figlio.

Colpisco nuovamente il suo petto.

Non capisco pèrchè Ambarussa si facciano chiamare con lo stesso nome. Quando sono due persone diverse.

Il braccio in cui teneva la spada va in frantumi.

Poldasuuya sembra pesantissima nella mia mano.

Non capisco perché Laure continui a comportarsi come se fossimo ancora vincolati ad un sistema di leggi che ci vede come criminali invece di crearne uno che comprenda la nostra situazione.

Tento di alzare nuovamente l’ arma che mi accompagna da secoli.

Non capisco perché i miei fratelli dicano che Nelyo è morto e quello che resta di lui è Maedhros. Sono la stessa dannatissima persona!

Alle mie spalle qualcuno mi toglie di forza la mazza dalla mano. Mi volto per colpirlo.

Nelyo mi guarda con lo sguardo freddo che la Nirnaeth Arnoediad gli ha lasciato negli occhi. Espiro.

Cado.

Lui mi sorregge, la mia gamba è insensibile.

“Avete trovato il Silmaril?” Riesco a gracchiare.

“No.”

Sento il rumore di soldati che entano nella stanza.

“Sinomë nà envinyantar?”

Urla per sovrastare il rumore delle truppe, ma la sua voce è calma.

Si avvicina un soldato ad esaminare la mia ferita.

Il moncherino con cui termina il braccio destro di mio fratello è vicino al mio volto. Non voglio vederlo.

Il guaritore comincia ad armeggiare con bende e lacci stringendoli intorno alla mia gamba.

“Pensi sia inutile vero?”

Ti prego dimmmi di no, non posso morire ora, ti prego.

“Non lo penso; è inutile.”

Non voglio morire..Non così.

“Perché siamo qui?”

Provo a stringere il pugno, ma non vi riesco.

Il guaritore finisce di bendare la mia gamba e mio fratello gli fa cenno di andare.

“Abbiamo giurato.”

I suoi gelidi occhi grigi mi guardano.

Vorrei urlare che non è questo che avevamo giurato, che il nostro giuramento è legato ad un sistema lontano quanto la terra di Aman oramai; che abbiamo giurato di salvare i Silmaril da Morgoth e dai suoi simili, che abbiamo giurato per nostro padre e nostro nonno.Che  non ha senso che questi Avàri siano pronti a morire per qualcosa che non appartiene a loro. Che non posso morire senza avere almeno portato a compimento parte di quello che ho promesso.

Che non capisco perché, mentre il nemico uccide le nostre terre e distrugge le nostre opere, costoro siano disposti a morire per una gemma; perché questo è per loro il Silmaril. Chè noi non stiamo uccidendo per un gingillo, no.

“Perché?”

Per un attimo gli occhi di Nelyo tornano quasi vivi come persi in ricordi di un tempo lontanissimo.

“In questo tu sei il solo custode della risposta che cerchi.”

La sua mano sinistra si alza, come a volermi scostare i capelli dalla fronte. Ma lui la riabbassa ed il ghiaccio riprende possesso dei suoi occhi.

No, non ci riesco, mi serve tempo, tempo. Devo ragionare, devo capire.

Ci sono troppe cose che non comprendo.

Non capisco perché Amillè se ne sia andata lasciandoci da soli.

Maedhros si alza e vedo Pytio e Telvo prendere il suo posto. Piangono. Uno dei due mi stringe le mani.

La mia bocca brucia per quanto è secca.

No, non ancora. Ancora un attimo.

Improvvisamente mio padre mi è davanti in un ricordo lontano d' infanzia, mentre mi mostra il giocattolo che ha costruito per me. Un triangolo che si scompone in parti e, ricomposto nella sua forma originaria, distribuendo diversamente i pezzi, lascia al suo interno un quadratino vuoto.

“E’ impossibile.”

Ride. “Eppure è davanti ai tuoi occhi.”

“Allora non è un triangolo.”

I suoi occhi scintillano di divertimento.

Prendo una delle sue livelle e la poggio sul lato più lungo.

“Visto! Non è un triangolo.”

Ride scompigliandomi i capelli.

“Esatto, è questo il problema, non tutte le cose sono quello che sembrano. L’ unico modo di conoscerle realmente è farne esperienza.”

Apro nuovamente gli occhi. Telvo mi sta parlando, ma non riesco a sentire quello che dice. Vedo Laure entrare nella sala, ha gli occhi rossi e grida qualcosa all’ impassibile Nelyo.

Il Silmaril non è qui.

Allora perché sto morendo?

Chiudo gli occhi.

Mi sembra di essere nuovamente sulle sponde del lago Helevorn, la devastazione portatavi da Glaurung non si vede e la sua superficie è piatta e scura sotto l’ ombra della montragna e nell’ aria luminosa del mattino.

Sono seduto nel mio studio ed il foglio su cui scrivo si piega sotto la pressione del pennino.

Sento bussare alla porta. Prima che possa rispondere la porta si apre ed Haleth marcia nel mio studio con una pergamena arrotolata nella mano.

“La vostra offerta è quasi offensiva!”

Alzo lo sguardo verso il volto della donna.

“Da quando concedere un feudo e la protezione dei propri soldati è divenuto un offesa?”

Mi alzo e fronteggio la figura bassa della prima persona che mi abbia fatto capire cosa sia il coraggio degli Edain.

Dell’ unica donna che davvero ammiro.

“Da quando il popolo degli Haladin è assoggettato ad un signore Noldo?”

Faccio un profondo respiro e cammino verso la finestra. Mio malgrado il tono di voce con cui mi rivolgo a lei rimane tagliente.

“La mia voleva essere un’ offerta per voi vantaggiosa, se volete indicarmi i punti del documento che trovate offensivi per il vostro popolo provvederemo a porvi rimedio. Non vi ho salvato la vita per assoggettarvi”

Butta la pergamena sulla mia scrivania e per un attimo i suoi occhi mi ricordano quelli di mia madre mentre guardava mio padre allontanarsi da Tirion.

“Avevo capito che voi provaste ammirazione per il mio popolo.”

Qualcosa mi sfugge. Ma la rabbia affoga ogni dubbio.

“Si, benchè il vostro comportamento illogico al momento mi faccia dubitare del mio giudizio.”

I suoi lineamenti si contraggono nella furia.

“Bene, buono a sapersi. Porterò il mio popolo in una terra piu’ sicura; non ci servono il vostro aiuto e la vostra protezione.”

“Andate, di certo io non vi tratterrò.”

Gira sui tacchi ed esce dalla stanza.

Continuo a non capire; perché? Cosa la ha offesa sino a questo punto? Cosa?

So come è andata poi. La ho guardata andare via dall’ alto della mia torre.

Stavolta no.

Ho deciso di capire.

So che non non la raggiungerò mai più; che ha già passato le porte che solo ai mortali è dato di passare. Ma forse, forse.. Vale la pena tentare.

Faccio un ultimo profondo respiro e la seguo olte l’ architrave della porta, nel corridoio improvvisamente buio.

 

 

 

 

 

Note:

 

Uan vélëa Nanqueta : Non trovo una risposta. (Quenya, letteralmente non vedo una risposta)

 

Caranthir: Nome Sindarin di Morifinwë Carnistir (Quenya) il protagonosta di questa storia. Carnistir e Caranthir significano tutti e due, nelle rispettive ligue: faccia rossa. Morifinwë, nome dato dal padre significa Finwe lo scuro. Data la sua propensione all' economia che lo rendeva un degno rivale dei nani nel contrattare (fu il primo elfo che stabilì contatti commerciali con loro, benchè grazie al suo carattere irascibile e scontroso per nulla il più amato) io lo ho sempre immaginato come un fanatico della matematica. Scusatemi so bene che non è scritto nel Silmarillion, e mi dispiace immensamente. Ma, da bravo figlio di paparino, doveva pure avere un talento intellettuale. Non ama i non-Noldor. Viene descritto come scuro, con la faccia che facilmente diviene rossa e facile all' ira. Non è il peggiore fra i suoi fratelli, ma il più chiuso. L' essere il principale intermediario nei commerci fra nani ed altri popoli lo rese ricchissimo.

 

Tyelka: abbreviazione di Tyelkormo (Quenya) amilessë (nome dato da mammà) di Celegorm.

 

Curvo: abbreviazione di Curufinwë nome (Quenya) di Curufin.

 

figlia di Thingol: Luthien, fu rapita da Celegorm e Curufin, ma riuscì a fuggire con l' amatissimo cane di Celegorm.

 

Sindar: Gruppo di elfi che accettò l' invito dei Valar. Tuttavia Elwë Singollo (Thingol), il loro re, si perse nella contemplazione di Melian e loro rimasero nella Terra di Mezzo per cercarlo non arrivando mai ad Aman. Diversi dagli Avari in quanto almeno provarono ad intraprendere il viaggio. Sinda è il singolare di Sindar.

 

Adan: Singolare di Edain, uomo. Parla di Beren che sconfisse i due fratelli Celegorm e Curufin quando questi provarono a rapire Luthien.

 

Amme: mamma (Quenya). Nerdanel era in effetti un' elfa molto forte. Lasciò il marito quando lui divenne ossessionato dalle sue creazioni.

 

Artanis: nome Quenya di Galadriel, significa: nobile donna. Il suo amilessë era Nerwen: ragazza-uomo. Io la adoro, la famiglia di Fëanor decisamente no ed è caldamente ricambiata. Ecco perchè sono tutti morti.. XD

 

Vanyar: Stirpe di Eldar particolarmente cari a Manwe, biondi belli e di gentile aspetto. Quintessenza del buono. Detestati da Fëanor et famiglia in quanto Indis, la seconda moglie del padre di Fëanor (Finwë), era Vanyar. Nessuno di loro seguì gli esuli nella Terra di Mezzo.

 

Haleth: Donna mortale, dopo la morte del padre e del fratello gemello divenne capitano del suo popolo (gli Haladin, secondo gruppo di uomini a giungere nel Beleriand) e li difese dagli orchi per sette giorni di assedio al loro accampamento. Caranthir ed i suoi uomini arrivarono all' ottavo salvandoli. Caranthir la ammirava profondamente e le offrì in onore del suo valore e coraggio un feudo nella sua terra ma lei orgogliosamente rifiutò guidando gli Haladin fino alla foresta del Brethil dove rimasero, senza giurare fedeltà a Finrod in cambio della difesa del guado del Teiglin. Morì senza sposarsi e senza aver' avuto figli. Il suo successore fu il figlio del fratello gemello.

 

A ataltëa taniquetillë: Imprecazione, inventata dalla sottoscritta. In Quenya: Crolli il Taniquetil; ovvero la sede del re dei Valar.

 

Coranar: Un anno solare; un elfo che ha 50 anni è appena maggiorenne.

 

Ai bâd?: Chi c'è? (Sindarin). Naturalmente il sindarin del Doriath era diverso dal Sindarin comune, ma il mio Sindarin è talmente scarso che dovrete accontentarvi di questa roba. Nel Doriath dopo che si seppe del fratricidio di Alqualondë Thingol proibì l' uso del Quenya. Ergo i Sindar del Doriath vedevano il Quenya come la lingua dei "cattivi".

 

Numeri indivisibili: Non ho idea di come si chiamassero i  numeri primi in Quenya, ergo li chiamerò indivisibili.

 

Arak..: Equivalente di: malediz... (Quenya)

 

Yén: Anno elfico pari a 114 anni umani.

 

Ambarussa: Amilessë di tutti e due i gemelli figli di Fëanor (Pytio e Telvo), tra di loro si chiamavano con questo nome. Dopo la Dagor Bagollach si rifugiarono presso Caranthir. Nella Shibboleth viene detto di più circa tale nome. Erano ambo grandi cacciatori ed inseparabili l' uno dall' altro, ma vagamente diversi nell' aspetto, il colore di capelli di uno era di un rosso più acceso. Nella History of Middle Earth il più giovane dei due (Telvo) viene erroneamente bruciato con le navi a Losgar dal padre. Tuttavia io mi baso prevalentemente sul Silmarillion in cui ambo sopravvivono sino all’ attacco contro le bocche del Sirion.

 

Laure: Abbreviazione del nome Quenya di Maglor: Makalaure. Secondogenito di Fëanor, il più grande dei bardi elfici.

 

Nelyo: Abbreviazione di Nelyafinwë nome Quenya di Maedhros. Primogenito di Fëanor. Il suo amilessë era Maitimo: il ben' fatto (Quenya)

 

Mandos: Le aule di Mandos è dove vanno la anime degli elfi in attesa di essere reincarnate. Gli elfi non possono morire, la loro morte è temporanea.

 

Al suo indice: Gli anelli nuziali fra gli elfi sono portati all' indice.

 

Nolofinwë: nome Quenya di Fingolfin, fratellastro di Fëanor.

 

Angarato: nome Quenya di Angrod, fratello maggiore di Galadriel, e fratello minore di Finrod. Ucciso nella Dagor Bragollach. Caranthir lo detestava e lo insultò in pubblico mandando quasi all' aria le trattative fra coloro che avevano seguito Fëanor, e coloro che avevano seguito Fingolfin. Maedhros intervenne sbattendo fuori dal concilio suo fratello.

 

Avëar Avari! Nyaryëa mammen Silmarillë furin: Quenya per: "Fermi avari! Dite dove è nascosto il Silmaril".  Usare il termine Avari nel rivolgersi a loro è un tantino provocatorio.

 

Sell nîn!: (Sindarin) Mia figlia!

 

Poldasuuya: Nome della mazza, non canonico inventato dalla mia mente malata, so che mazze etc erano armi usate dal nemico ma è scritto nel Silmarillion che gli elfi impararono a brandirle in battaglia e vedo molto nel carattere di Caranthir spappolare i nemici con una mazza. In Quenya significa: colpo possente, o colpo violento.

 

Lau sin: Quenya: Non ora.

 

Nirnaeth Arnoediad: ultima battaglia degli esuli contro Morgoth. Averla persa decretò la rovina degli elfi della Terra di Mezzo.

 

Sinomë nà envinyantar?: Vi è un guaritore qui? (Quenya)

 

Il triangolo in questione è uno dei modi di visualizzare il paradosso dell' area perduta.

 

  
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