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Autore: ChiiCat92    28/02/2012    2 recensioni
- Ehi vacci piano bambola, ho il diritto di essere sconvolto! Insomma tu...sei... -
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
"- Una Sirena. Evviva. Sì, sono una Sirena, adesso che l'abbiamo appurato, mi liberi? -
- Va...bene...ok... -
Tom si avvicinò lentamente, stando ben attento a non sfiorare la coda della...Sirena."
Tratto dal Cap 1
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- 1 -

- Questa me la pagherete! -
- Non ti agitare tesoro, ti farai solo male. - l'uomo si avvicinò alla ragazza legata e impossibilitata a muoversi. Le afferrò il viso pallido stringendolo con il pollice e l'indice - Ti verremo a prendere quando sarà tramontato il sole. Cerca di fare la brava, va bene? - La ragazza, per tutta risposta, gli sputò sul volto. L'uomo diede in una risata prima di colpirla in volto con uno schiaffo. - Al tramonto ragazzina. -
Lei si voltò verso il mare, dove il disco dorato del sole si avvicinava sempre più alla superficie specchiata dell'acqua: non aveva che poche ore.

*

Tom sbadigliò, quasi fino a slogarsi la mascella.
Non era stata una giornata particolarmente interessante; a dirla tutta si era annoiato a morte per tutto il giorno.
- Bill, esco il cane! -
Sbraitò all'indirizzo del fratello, spaparanzato come sempre su un lettino in piscina.
- Va bene, ciao. Porta la pizza quando torni. -
Tom alzò gli occhi al cielo.
Scotty era agitato da un po'. Era venuto più volte scodinzolando e guaendo come un pazzo. Evidentemente aveva voglia di uscire; non che a lui andasse particolarmente, ma almeno sarebbe evaso per qualche minuto da quella casa tanto grande quanto opprimente.
Adorava LA; era un bel posto pieno di belle ragazze capaci di dargli belle soddisfazioni; a parte la superficiale bellezza di quel posto, però, non c'era altro.
Certo, lo spettacolo del sole che si tuffava nel mare al tramonto era sempre da mozzare il fiato. E lui faceva in modo di conciliare le passeggiate del cagnolone con quell'orario in sospeso tra il giorno e la notte.
I colori della città cambiavano di colpo: il bianco puro e fasullo delle facciate delle ville, passava a un arancione acceso, un rosso intenso, un giallo canarino: mille e più sfumature che rimbalzavano sulla lunga fila di palme delle larghe e ordinate strade, fino ad arrivare sulla spiaggia di sabbia finissima dove coloravano anche la schiuma del mare.
Sì, si riscopriva leggermente melenso ogni giorno di più, tanto nessuno avrebbe mai scoperto questo suo piccolo peccato.
- Scotty? Qui bello, andiamo a passeggio. -
Il cane gli venne incontro abbaiando, agitato. Gli si gettò contro strusciando il muso nero sulle sue lunghe gambe. Gli afferrò il jeans tra i denti e lo tirò verso la porta.
Tom non poté fare altro che allontanarlo e accarezzarlo dolcemente tra le orecchie.
- Che succede vecchio mio? - Scotty continuò a guaire e a spingerlo verso l'uscita - Va bene, va bene, andiamo. - afferrò il guinzaglio appeso su un attaccapanni e lo agganciò al collare del cane.
Non appena furono fuori Tom dovette lottare contro i potenti muscoli dell'animale, che lo trascinava verso la spiaggia.
Il ragazzo afferrò il guinzaglio con entrambe le mani, cercando di stargli dietro. Scotty non si era mai comportato così; era troppo nervoso e teso. Si lanciava a odorare qualunque cosa, ora col naso all'insù ora schiacciato a terra.
Tom gli diede uno strattone per tiralo a sé e il cane gli rivolse un ringhio sommesso.
- Ehi cane fa' il bravo! È una passeggiata non una corsa! - Ma il cane continuò a ringhiare. Prendendolo alla sprovvista gli strappò di mano il guinzaglio e corse via. - Noooo! Scotty! -
Il ragazzo si lanciò al suo inseguimento.
Non riuscì neanche a godersi il suo momento preferito della giornata; l'unico in cui stare a LA non gli sembrasse una perdita definitiva di tempo.
Il sole stava andando a tuffarsi nel mare; il suo disco tondo si colorava d'arancio man mano che si avvicinava al bordo dell'orizzonte.
La spiaggia era quasi deserta, il che era una notizia sconvolgente per Los Angeles. Ma era uno di quei tristi giorni in cui l'allarme squalo allontanava i bagnanti dal mare. Per tutto il giorno c'erano state poche persone, qualche sparuto gruppo di adolescenti che giocava a frisbee, e alcune famigliole che facevano un picnic.
In compenso sulla pista ciclabile che costeggiava il lungomare c'erano diverse bellezze platinate che correvano o sfrecciavano sui roller.
Tom avrebbe voluto riempirsi gli occhi (e si perse anche diverse fotomodelle che sfilavano in succinti abitini scollati) ma quel dannato cane gli costava tutta la sua attenzione.
Dove diavolo si era cacciato?
Guardò a destra e a manca, cercando la sua figura grossa ma longilinea. Se fosse tornato a casa senza di lui, Bill l'avrebbe sicuramente ammazzato. Non gli avrebbe mai perdonato di averlo perso, come non se lo sarebbe perdonato lui.
Non poteva neanche mettersi a urlare il nome del cane in mezzo alla gente che passava su e giù per il lungomare. Avrebbero finito per riconoscerlo, e non aveva intenzione di mettersi a scappare dai paparazzi.
Che rabbia.
Sbuffò come un treno infilandosi le mani in tasca e cercando di darsi un'aria tranquilla. Doveva ragionare con calma.
Dove poteva andare un cane a briglie sciolte in una città enorme come Los Angeles? Perfetto, non aveva possibilità di trovarlo.
Un latrato lo distolse dai suoi pensieri.
Scotty, dritto sulla spiaggia, scodinzolava e abbaiava al suo indirizzo, neanche lo stesse chiamando. Anzi, lo stava proprio chiamando e teneva in bella vista il guinzaglio che gli era scappato di mano.
- Dannato cane. -
Gli si avvicinò lentamente. Il cane fece un passo indietro a mo' di sfida. Tom allungò le mani per afferrare il guinzaglio e l'animale si tirò indietro per poi cominciare a correre verso la fine della spiaggia, dove cominciavano gli scogli.
Se si fosse ficcato tra quelle rocce scivolose battute dalle onde si sarebbe potuto fare seriamente male.
Il cuore cominciò a battergli forte mentre aumentava la velocità per raggiungere il cane. Quello, ogni tanto, si voltava a vedere se lo stesse inseguendo e abbaiava per richiamare la sua attenzione.
Era ovvio che lo stesse portando chissà dove per puro capriccio, ma non poteva permettersi che si facesse male.
Scotty sparì dietro uno scoglio e Tom si maledisse per non essere stato attento.
Si avvicinò il più possibile. Aveva le scarpe da tennis piene di sabbia, l'orlo del jeans bagnati e sporchi. Il mare, con il suo continuo andare e venire gli lambiva i piedi. La marea stava salendo, se non fosse riuscito a trovare il cane in tempo sarebbe dovuto tornare a nuoto.
“Scotty questa te la faccio pagare!” pensò, irritato.
- Aiutoooooo! Ehi! Tu! Aiutami! Liberami! -
Per un momento credette di avere le allucinazioni.
Scotty era lì, che si agitava ai piedi di uno scoglio piatto adagiato su un quadratino di spiaggia (sicuramente sommerso durante l'alta marea), e sullo scoglio, legata con spesse corde di nylon, una ragazza. Una bellissima ragazza.
Ma la mente di Tom rifiutò subito quell'immagine.
Rimase imbambolato al suo posto mentre la ragazza si agitava; le corde le avevano segnato i polsi, ormai rossi e quasi sanguinanti.
- Che fai? Dormi? Vieni a slegarmi! Torneranno a prendermi presto! -
- Aehm...io...sono venuto a riprendermi il cane... -
- Ti riprendi il cane e mi salvi la vita, pensi che sia una cosa così difficile?! Aiutami! -
Uno schizzo d'acqua gelida arrivò sul viso di Tom, riscuotendolo.
Va bene, poteva accettare di tutto, di tutto; vivendo con Bill aveva trovato il giusto modo per accogliere tutte le stranezze di questo mondo.
Ma quello era davvero troppo.
La ragazza aveva spalle piccole, un seno prosperoso, la vita stretta e fianchi larghi che non terminavano su due gambe ma su una squamosa, azzurrissima, brillantissima, lucidissima cod...
- Smettila di guardarmi con quell'espressione ebete. Quando tramonterà il sole torneranno a prendermi e se troveranno anche te qui passerai dei guai seri! -
- Ma tu...cosa...come...chi torna a prenderti? -
- Oh mio Dio, giusto un ritardato doveva capitarmi. Cane aiutami tu, ti prego. -
- Ehi vacci piano bambola, ho il diritto di essere sconvolto! Insomma tu...sei... -
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
- Una Sirena. Evviva. Sì, sono una Sirena, adesso che l'abbiamo appurato, mi liberi? -
- Va...bene...ok... -
Tom si avvicinò lentamente, stando ben attento a non sfiorare la coda della...Sirena.
Una Sirena, una vera Sirena, legata stretta contro uno scoglio, con una parlantina accesa e uno sguardo di fuoco. Non avrebbe mai detto che una Sirena avrebbe potuto avere occhi così scuri e intensi, li immaginava più colore dell'oceano o una sfumatura lì vicino. I suoi invece erano due perle castano scuro che brillavano alla luce arancione del tramonto.
Alla fine della coda c'era una morbida pinna di un azzurro chiaro che si apriva a ventaglio e che sembrava fatta di carta velina, tanto era sottile e leggera. Si agitava appena nella brezza e rimandava indietro tutte le piccole sfumature della luce del sole.
Era anche meglio del panorama forense che amava godersi al pomeriggio.
- Non mi guardare come se volessi mangiarmi. -
Commentò lei con un sopracciglio scuro alzato in una bizzarra espressione che era a metà strada tra il perplesso e lo spaventato.
I suoi capelli erano, ovviamente, bagnati. Le ricadevano lunghi sulle spalle e sul petto, erano biondo scuro con riflessi dall'ambra all'arancione.
- Non voglio mica mangiarti. -
- E allora non guardarmi così. -
- E' solo che...insomma...tu sei così tranquilla...io mi sento un po'...strano. -
- Ah capisco. Non hai mai visto una Sirena immagino. Bhè se per questo sei il primo umano che mi si avvicina così tanto, o quanto meno il primo con cui riesco a parlare senza essere presa per un mostro, un bastoncino di pesce o una fonte di guadagno facile. A meno che tu non sia un po' scemo direi che è un punto a tuo favore. -
- Io non sono scemo! -
Lei lo fissò sbattendo gli occhi. Le lunghe ciglia nere come la pece brillarono di gocce d'acqua.
Che fosse di una bellezza spiazzante era praticamente certo, non era tanto sicuro del fatto che esistesse davvero.
Forse era solo un sogno, o un'allucinazione. Magari aveva mangiato qualcosa che gli aveva fatto male o chissà cos'altro.
La Sirena, intanto, faceva andare avanti e indietro la pinna azzurra, impaziente di essere liberata.
Le mani di Tom non erano così sicure come avrebbe voluto. I nodi erano strettissimi e fatti da mani esperte, in più il nylon era bagnato e scivoloso.
Oltre al fatto che Tom era spaventato e incuriosito al tempo stesso di toccare la pelle della Sirena. A parte le strisce di sale asciutto che le ricoprivano buona parte del corpo e l'odore di mare e sole che spirava da chiunque restasse tutta la giornata in spiaggia, era normalissima, leggermente dorata dai raggi del sole, ma fondamentalmente bianca.
Se fosse andato a raccontarlo a qualcuno, nessuno gli avrebbe mai creduto. Forse non si sarebbe creduto neanche lui.
- Io sono Maryll. E tu? - Tom, preso dai suoi pensieri, non la sentì. Allora lei, per attirare la sua attenzione, fischiò al suo indirizzo - Mi senti? Come ti chiami? -
- Eh? Io? -
- E chi? Il cane? Sei sicuro di non essere scemo? -
Tom si sentì andare a fuoco. La Sirena per tutta risposta scoppiò a ridere. La sua risata cristallina riempì l'aria, leggera e soave. Era un suono strano ma allo stesso tempo familiare.
Riusciva a farlo sentire a suo agio, anche se la situazione era assurda, fino a sembrare di essere uscita da un qualche romanzo di quart'ultima scelta.
- Scotty. -
- Scotty? -
Chiese lei, piegando di lato la testa.
- Il cane, si chiama Scotty. Io sono Tom. Tom Kaulitz. -
Pronunciò il suo nome come se lei potesse mai conoscerlo. Una creatura proveniente dagli abissi del mare non poteva sicuramente sapere chi diavolo fosse Tom Kaulitz. Questo, stranamente, lo fece sentire meglio.
- Allora Tom Kaulitz, è stato il tuo cagnolino a portarti da me? -
- Ehm...chiamami solo Tom. Comunque sì, ha cominciato a fare il diavolo a quattro ancora prima di uscire di casa e poi è scappato. Io non ho fatto altro che seguirlo. -
- Capisco. Bhè, ormai tutta la zona deve essere impregnata dal mio profumo, è ovvio che il tuo cane l'abbia seguito. -
Tom riuscì a slacciare le corde che tenevano Maryll in una posizione supina costretta. Non appena ebbe libere le mani si massaggiò i polsi e si tirò su a sedere, stiracchiandosi verso l'altro.
- Il tuo profumo? -
Continuò Tom, rischiando di morire di curiosità.
Maryll fece una strana smorfia, prima di arrossire.
- Rimango pur sempre un pesce. Sai l'odore del pesce? Ecco. Gli uomini ne sono attratti, ma solo gli animali lo sentono davvero. -
Prima di formulare il pensiero “Ma io non sono attratto da lei”, Tom dovette ammettere almeno a se stesso che non riusciva a scollare gli occhi di dosso da quella creatura fantastica, e che ogni particolare di lei non riusciva a saziarlo. Era come essere costretti ad osservare qualcosa che faceva mortalmente male, fissare gli occhi nel sole per esempio, e non riuscire comunque a smettere di farlo.
- Non mi sembra di sentire puzza di pesce. - Lei fece un'altra smorfia. Con un gesto veloce allontanò Tom dalle corde che le tenevano ferma la coda e si gettò a capofitto sui nodi cercando con ansia di scioglierli. - Non preferiresti se lo facessi io? -
- Non sei molto abile, se faccio da sola faccio prima. -
Ma le sue piccole mani dalle dita sottili non riuscirono minimamente ad allentare i nodi. Le squame, nel punto in cui si appoggiava la corda, erano spettinate e disordinate, qualcuna si era staccata.
- Ehi senti faccio io, hai chiesto aiuto a me, no? -
- No, togliti! -
- Non fare la preziosa, pupa. -
- E tu non toccarmi la coda! -
Le corde si spezzarono di netto e Maryll, con un gesto inconsulto e non voluto (tutto sommato) schiaffeggiò in pieno viso Tom con un colpo di pinna.
Il dolore scoppiò immediatamente sul viso leggermente coperto di barba del ragazzo. Per il colpo venne sbalzato all'indietro. Si ritrovò ginocchioni sulla sabbia, boccheggiante, sporco e bagnato senza sapere neanche come fosse successo.
- Oddio scusami! -
La Sirena si lasciò scivolare dallo scoglio, trascinandosi con grazia verso Tom, steso k.o. con gli occhi sgranati e grandi verso il cielo.
Gli si avvicinò e gli sollevò la testa, poggiandogliela sulle gamb...sulla coda.
Aveva il volto arrossato nel punto in cui l'aveva colpito. I capelli bagnati di lei gocciolavano leggermente sulla sua fronte.
- Stai bene, è tutto ok? Ti ho fatto male? Non volevo! Non ti sarai rincoglionito vero? -
Lo scosse leggermente.
Tom batté gli occhi pian piano e li fissò in quella della ragazza. Si poggiò una mano sul volto, dove il dolore gli pungeva la pelle e disse:
- Ahi! -
- Meno male stai bene! Per un attimo ho creduto che non ti saresti ripreso più. -
- Cazzo, sei delicata come una balena! -
Maryll lasciò di colpo la presa, facendogli cozzare la nuca contro la sabbia. Tom lanciò un urlo mentre lei incrociava le braccia al petto.
Gli rivolse una linguaccia infastidita.
Il ragazzo si tirò su a sedere.
Ora che la Sirena non era più costretta a stare sdraiata sullo scoglio poteva vedere tutte le sue sinuose forme lambite dalla sabbia e dal mare che sembrava richiamarla.
Piccole pinne, chiare come la caudale, spuntavano lungo i fianchi, una più grande, che doveva essere la dorsale, si apriva su quelli che sarebbero stai i glutei. Maryll se la lisciava con delicatezza, il troppo stare sdraiata l'aveva atrofizzata e ammaccata.
Gli rivolse un'occhiata in tralice, beccandolo a fissarla.
Non poteva dire che quel ragazzo gli fosse totalmente indifferente. Non che trovasse gli umani attraenti. Non riusciva a concepire il funzionamento di quelle appendici separate che chiamavano “gambe”; le sembravano sgraziate, tozze e sproporzionate, tutto il contrario di quello che Tom pensava della lunga coda della Sirena.
Ma lei non poteva farci niente: le facevano un po' impressione, oltre che ispirarle una sincera curiosità.
Il ragazzo, poi, era piuttosto carino. La canotta nera che indossava gli metteva in risalto le spalle e il petto muscoloso; i jeans erano larghi aumentando l'impressione in lei che la parte inferiore fosse priva di una forma a lei familiare. Ma la cosa più sconvolgente era il suo viso: sottile e quadrato, ricoperto di una barbetta nera; il naso lungo che terminava su due grandi labbra carnose, lo sguardo della Sirena si fermò sull'anellino di metallo che rimbalzava sotto il tocco della lingua del ragazzo, lì, nell'angolo in basso a sinistra; gli occhi erano intensi, quasi a mandorla per la delicatezza dei lineamenti, di un intenso castano dorato, un nocciola spiazzante.
Tom sorrise, scoprendo una fila di denti bianchi come perle.
- Adesso sei tu che mi guardi come se volessi mangiarmi. -
Maryll arrossì e distolse lo sguardo, anche se dovette ammettere di averlo fatto a malincuore.
- Hai dei capelli strani. -
Lui si toccò le lunghe trecce more.
- Sono cornrows. -
- Corn-che? -
- Trecce. -
E si strinse nelle spalle.
Maryll piegò ancora la testa da un lato e gli rivolse un sorriso.
- Grazie per il tuo aiuto. E per quello del tuo cane, ovviamente. Ti conviene sparire il più velocemente possibile. Non vorrei che ti catturassero per raggiungere me. -
- Quindi adesso te ne vai? -
La Sirena agitò nervosamente la coda.
- Sì, devo. Sulla terraferma non sono un granché agile. -
- Ho notato... -
- Sta' zitto. -
- Scusa. -
Si fissarono a lungo. L'Umano e la Sirena, forse non era mai successa una cosa del genere prima.
Un incontro che andava contro i normali procedimenti ragionativi del cervello di Tom e che per tutto il tempo gli aveva mandato in tilt il cuore. Certo era strano accorgersi solo adesso di quanto gli battesse forte in petto.
- Allora ciao, Tom Kaulitz. Immagino che non debba assicurarmi che tu non vada a dire in giro del nostro...incontro. -
Lui le rivolse un sorriso malizioso.
- Normalmente non nascondo un incontro con una bella ragazza. Farò un'eccezione per te, pesciolina. -
- Bene. - Maryll fece scorrere in su e in giù il suo sguardo, per riempirsi gli occhi di lui - Non speravo in una reazione così positiva. Devi avere un cuore molto buono. O un cervello particolarmente bacato. -
- Ehi! -
- Scherzo, scherzo. Grazie, davvero. -
Gli indirizzò un bacio soffiandolo su un dito e, in un battito di ciglia, si era già tuffata in mare.
Osservò la sua figura sparire in spruzzi di schiuma bianca. Se Scotty non fosse tornato da lui leccandogli il viso, Tom si sarebbe dimenticato completamente della sua presenza e del motivo per cui si fosse ficcato in mezzo agli scogli.
   
 
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