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Autore: cannucciarosa    29/02/2012    0 recensioni
Non c'è molto da anticipare, è la prima volta che Shad e Tak si confessano i loro sentimenti. Non è completamente opera mia, io ho scritto la parte di Shad, quella in grassetto, la mia stupenda Angie invece ha scritto la parte di Takeji. (suo Efp-> http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=145297) E' una nostra vecchia role che io lo trovo davvero bellissima e che ho deciso di riportare, ecco
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Takeji.
Quella mattina era uscito presto, giusto per lasciargli il bello della sorpresa.
Non sapeva nemmeno perché quando era passato davanti a quel negozio aveva pensato che fargli un regalo sarebbe stato carino, la sera, prima di andare a letto aveva addirittura cercato di tenerglielo nascosto, dato che nei precedenti giorni Shad aveva notato che stava cercando di elaborare un pensiero per lui.
Dannato, era più attento di un segugio, notava ogni sua piccola cosa, e da un certo punto di vista, la cosa non gli dispiaceva affatto, anzi.

Aveva spaziato dalle cose più banali tipo dei cioccolatini, alla classica rosa rossa, recisa, ed alla fine aveva adottato i due precedenti più un piccolo plus. 

Fa un leggero sorriso, e cercando di non svegliarlo si alza dal letto, sgattaiolando nel bagno per cambiarsi, indossa i suoi soliti jeans stretti un po' strappati sulle ginocchia, una maglia nera, a collo alto con la giacca in pelle ed una sciarpa leggera, color creme. 
Appoggia la scatola bianca sul tavolino di cristallo del soggiorno, con accanto il fiore ed un cioccolatino al latte con un biglietto scritto in penna blu, con un tratto fine, ma elaborato, quella della calligrafia perfetta era sempre stata una delle sue più grandi fissazioni.

" Mi sembrava giusto, dimentichi sempre il cellulare da me, magari se te ne regalo uno io te ne ricordi, è già ricaricato, magari appena ti svegli mi mandi un sms? " 

Ride, accertandosi che la sveglia del telefono fosse impostata sull'ora giusta cosicché potesse notare immediatamente la sua presenza.
Prende le chiavi dal davanzale ed esce, senza emettere anche solo un minimo rumore.

Shad.
Dopo l'ultima notte avevano deciso che casa di Shad sarebbe stata molto più adatta per loro due, era al centro di Londra ma senza ragazzine rompiscatole di piani superiori che ficcano il naso. 
Era la prima volta che condivideva il suo letto con qualcuno, la prima volta che si affezionava tanto a qualcuno e la cosa lo sconvolgeva, emozionava e impauriva in egual modo. 

Si sveglia malvolentieri, per colpa di raggi di sole dispettosi filtrati da una tenda che era già stata tirata. Il pensiero che gli balena alla mente appena recuperata un pò di lucidità è uno e uno soltanto. Takeji.
Scorre la mano sul suo cuscino, leggermente ammaccato, e sorride affondandoci il viso un pò verso alla ricerca di residui del suo profumo;sarebbe rimasto volentieri a crogiolarsi fra i ricordi della serata precedente e quelle lenzuola che sapevano così tanto di lui, ma decide che forse preferisce l'originale, quello vero, in carne ed ossa, così si alza infilandosi un paio di pantaloncini a caso e lo chiama per tutta casa inutilmente.

Finchè non giunge in salotto, il suo sguardo nota subito qualcosa di estraneo poggiato al suo tavolino di cristallo, ci si catapulta col cuore in gola. Nota per prima cosa la rosa, ma non la tocca, gli tremano talmente tanto le mani che ha paura di romperla, sorride guardando il cioccolatino al latte... la sua cioccolata preferita.. per poi dedicare la sua completa attenzione al pacchetto.
Lo scarta sempre con le mani tremanti, si taglia persino ad un certo punto ma non se ne cura, è troppo emozionato e inesperto in materia di regali ricevuti, lui li fa, li faceva, nessuno si preoccupava mai di regalare mai qualcosa a lui. Si rigira il telefono fra le mani, accarezzandone la superficie liscia col pollice e poi lo nota, il piccolo biglietto; lo legge d'un fiato, colpito da quella calligrafia tanto perfetta, colpito ancor più dall'idea che quelle parole erano state scritte per lui, per lui soltanto. Ma che diavolo gli stava prendendo?
Accende il telefono e fatica a digitare un messaggio confuso, ancora leggeremente scosso.

"Ho bisogno di vederti, vieni da me."

Lo invia col cuore che pompava così forte nelle sue orecchie da sovrastare qualsiasi altro rumore.



Giusto il tempo di uscire dalla porta e già stava cercando un pacchetto di sigarette, sì, ogni tanto ne sentiva il frenetico bisogno, ma l'immagine di Shad gli faceva perdere tutto il fottuto nervosismo che aveva in corpo, era una sorta di risposta ai suoi nervi lisi e il suo stress di tutti i giorni.
La mattina si accorgeva di essere più calmo e fattibile, anche con quelli che lo circondavano abitualmente, giusto per fare un esempio il giorno precedente era riuscito a conversare con i suoi genitori senza mandarli a cagare rovinosamente, come ogni santa volta.
Ne era rimasto seriamente sconvolto.
Si era passato le mani sul viso, sorridendo addirittura, ma come lui stesso sapeva questa felicità non sarebbe durata per molto, lui stesso sapeva che il suo essere cinico e miscredente gli impediva di mantenere quello stato di apparente felicità, a meno che non fosse con lui. 

Lui. 

Cavolo, continuava a pensarci. 
Costantemente da un bel po' di tempo a questa parte, tutte le volte che si svegliavano nello stesso letto, ogni volta che durante la notte lo teneva tra le sue braccia, si sentiva così bene che anche se in modo impossibile, avrebbe desiderato che la sua fotocamera potesse immortalare non solo le immagini che prima o poi gli sarebbero sfuggite dalla mente, ma anche le sensazioni piacevoli che viveva con Shad. 
Avrebbe pagato oro pur di poter registrare il suo lento respiro che si infrangeva sulla sua pelle, tutte le volte che, quando camminavano per strada gli prendeva la mano, oppure, quando la mattina si alzava dal letto e l'altro gli chiedeva se gli andava di restare qualche minuto in più.
Cose che prima non l'avevano nemmeno mai sfiorato, cose che non gli erano mai importate, cose che per lui praticamente non esistevano.
Nemmeno credeva di avere un'anima o possedere un cuore, prima di quei momenti, prima che riuscisse a sentire il suo cuore pulsare con un dannato ardore per qualcuno. 
Aveva sempre creduto che l'amore consistesse né più né meno nel tiranneggiare l'oggetto amato, già, oggetto, non persona. 
Quello, solo quello indiceva in lui un sentimento di odio, come quelle fiabe che vanno sempre a lieto fine, senza mai fregarsene dei sentimenti del cattivo, ecco, chi era lui, il mostro della favola che veniva sempre schiacciato, anche se, quella volta, forse, era riuscito a guadagnarsi qualcosa di più di una morale. 

Si alza dal tavolino del bar dove aveva fatto colazione, correndo a casa sua.
Quell'sms.
" Vieni da me. "
Ecstasy.
Pura ecstasy.

Apre la porta velocemente, trovandoselo davanti. 

« Ti è piaciuto? Hai un buon motivo per chiamarmi ora, no? »
 

Impaziente si infila il telefono in tasca e si dirige in bagno, apre l'acqua del rubinetto lavando via il sangue che continuava ad uscire dal piccolo taglio, ci voleva un cerotto ma lui non ne aveva in casa. Si inumidisce il viso e si lava i denti per poi specchiarsi, le mani poggiate ai lati del lavandino.
Guarda il suo riflesso e non si riconosce, non riconosce quello che legge nei suoi occhi e neanche le sue guance rosse e neanche quel sorriso stupido che lo accompagnava oramai da.. non sapeva più da quando. 
Lentamente una strana considerazione inizia a spaziare dentro di lui, la ignora, ci prova... no, non poteva essere possibile, no.
Pensieroso e agitato torna in cucina, ciucciandosi quel dito al gusto di sangue e si mette a fissare la porta, in attesa, con lo sguardo perso nel vuoto.
Non riusce a frenare il flusso dei suoi pensieri che, stranamente e per la prima volta, coincide con quello dei suoi sentimenti e nel momento esatto in cui la consapevolezza di ciò che prova prende il sopravvento, arriva anche l'impazienza, l'impazienza di dire all'altro ciò che sente, l'impazienza di aprirsi.
L'impazienza e la paura.
Paura di non essere ricambiato.
Paura di spaventarlo e farlo fuggire.
Paura di sembrare ridicolo.
Paura di donare il suo cuore a qualcuno.
Paura di uscirne distrutto.
Paura..paura...paura...

Passi su per le scale scacciano via tutto questo e catturano la sua attenzione, col cuore adesso a mille quasi si schianta contro la porta, fa un profondo respiro e la apre. 
Lo guarda e gli sorride, è senza fiato, dove le trova le parole? 
Cuore, riprenditi.

"Io... sì... certo che mi è piaciuto è solo che non me lo aspettavo e ci sto rimanendo secco. Non so come ringraziarti, davvero.. è stato il regalo più bello che io abbia mai ricevuto."

Sorride ancora e prende una sua mano, tirandolo dentro spaventato all'idea che possa voltarsi e andarsene.
Chiude la porta e ci si poggia, le mani dietro la schiena e lo sguardo improvvisamente basso all'altezza dei piedi.

"...e devo dirti una cosa."




Sente la mano dell'altro afferrare la sua e d'istinto la stringe, forte, non voleva lasciarla, ma lo vede allontanarla e spalanca leggermente gli occhi, vedendolo appoggiarsi alla porta e quella frase…

"Devo dirti una cosa…"

In genere non portava mai bene. 
Anzi, rogne, che in quel momento a lui non piacevano, voleva solo lui e no, se in quel momento avesse voluto scaricarlo probabilmente sarebbe tornato a casa, avrebbe distrutto tutto l'universo. 
Sì, l'universo e non solo.
Avrebbe lasciato continuare la campagna di autodistruzione che aveva messo in pausa con l'arrivo di Shad.
Cavolo, cavolo, cazzo.
È inutile provare ad essere fini quando non si sfiora nemmeno un po' quel futile confine.
Vederlo lì incollato alla porta con lo sguardo fisso a terra quasi non so, avesse qualcosa da nascondere o confessare, ammetteva, doveva ammettere che gli faceva decisamente paura. 

Da quando sapeva provare questo sentimento? 

A dire il vero non si era nemmeno reso conto di come potesse provare amore e attaccamento per una persona, ma eccolo lì.
Con il panico che gli sta tirando un brutto scherzo, sì, di cattivo gusto. 

Se fosse stato in sé e non sopraffatto da sentimenti che non era sicuro di conoscere, forse sarebbe riuscito a capire ciò che voleva dirgli davvero.

Cinque minuti di dannato silenzio prima che riuscisse a muovere un muscolo. 
Fa qualche passo in avanti e senza permettergli di parlare lo bacia, stringendolo a sé, più che può senza soffocarlo, lo voleva vivo, per il resto della sua vita. 
Stringe fra le dita la sua maglia, allontanandosi un po' per poi guardarlo negli occhi e con voce calda dagli il via libera.

« Dimmi ciò che vuoi, Shad… »



Ok va bene, forse quella frase, il suo sguardo basso potevano essere facilmente fraintendibili, ma no. Lui non voleva dire qualcosa di brutto, tutto il contrario.

Ma era spaventato e stava cercando di raccogliere tutto il coraggio che aveva per dire quello che gli premeva in gola, per dirlo tutto d'un fiato e senza interruzioni.
Se si sarebbe fermato non sarebbe più riuscito ad andare avanti.
E no, non gli sfugge l'espressione spaesata di Takeji, fa un piccolo sorriso per assicurarlo, per tranquillizzarlo, come a dire "ehi, sto per aprirti il mio cuore, non aver paura e sopratutto non me lo trattare male"

Fa un grosso respiro e fa per parlare ma si ritrova altre labbra al posto di parole, quelle labbra, le sue labbra.
Tutto crolla in un minuto, la tensione, la paura, l'insicurezza.
Poggia le mani ai suoi fianchi e ricambia quel bacio, dolce, senza chiudere gli occhi perchè vuole godersi ogni secondo.
Si stacca e poggia la fronte alla sua, riprende a sorridere mentre scorre un dito sulla sua guancia.

-Credo di essermi innamorato di te, scusa.-




Ancora non era convinto, ancora non era convinto della sua espressione, rimane abbastanza teso aspettando che l'altro si lasciasse trapelare un segno che gli facesse capire che non doveva iniziare a praticare bunjee-jumping senza elastico. 

Non sapeva se quel bacio lo avesse aiutato o meno stava solo pensando che se l'avesse buttato via come un sacco dell'immondizia, come facevano più o meno tutti o come avevano sempre fatto da quando aveva compiuto l'età della ragione, si sarebbe voluto tenere un bel ricordo di lui.
Oltretutto avrebbe ricevuto il responso alla domanda su cui si stava interrogando, anche se la speranza, in cuor suo, era morta da un po' di tempo ormai, voleva credere che sicuramente avrebbe ricambiato il suo bacio, quasi a volergli dare sicurezza.

Da quando si faceva questi problemi? Da quando? Da quando?

Forse di lì a poco sarebbe impazzito. 

Da quando la pazzia aveva un sapore così dolce? 

Troppe domande, sapeva solo che gli andava più che bene. 

Assorto dai suoi pensieri apocalittici di distruzione interiore quasi non crede a ciò che sentono le sue orecchie: " Credo di essermi innamorato di te".
Era da un po' che pensava, cosa rispondere?
Non aveva in intenzione di esitare, no, non era nel suo carattere il tempo di preoccuparsi era già finito per lui.

« Elimina il 'credo' ti amo. E basta. » 

Sorride. 
Sì, sorride, sincero, felice, forse per la prima volta.
Anzi, no, non la prima, quella sensazione l'aveva già provata nel loro secondo incontro. 

« Forse ti sembrerò affrettato, ma, non ce la faccio, vorrei che fosse ufficiale, vorresti essere il fidanzato di un povero, vecchio manipolatore, insensibile e bastardo? »

Gli ruba un altro bacio, per una volta gli andava di essere felice. Anche se a modo suo...


Ok erano andate.
Andate.
Per la prima volta pronunciava quelle parole.. per la prima volta sentiva quelle parole, le sentiva nel cuore, nella testa, sotto la pelle. Ovunque. 
Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo... 
Lo voleva gridare, cantare, scrivere, colorare, ma si trattiene e sorride con gli occhi e con la bocca.
Se Takeji avesse fatto particolare attenzione, lo avrebbe letto lì, in quegli occhi adesso lucidi e persi nei suoi, o in quelle guance arrossate, o in quel sorriso candido e imbarazzato. Perchè l'imbarazzo è dell'amore, l'imbarazzo è dei sentimenti veri, quelli belli che fanno vibrare il cuore.

Si poggia alla porta con la schiena e con entrambe le mani, ora che aspettava la risposta dell'altro aveva bisogno di un sostegno, qualcosa che lo aiutasse a non sprofondare nel caso Takeji lo avesse respinto, o peggio, nel caso contrario.
Dio quanto faceva paura.
Dio quanto terrorizzava affidarsi totalmente a qualcuno in quel modo. Ma lui era stanco di scappare dai sentimenti, stanco di sentir parlare di amore da bocche straniere.
Stavolta ne avrebbe parlato lui, avrebbe parlato del suo di amore.

E di quello di Takeji, perchè sì, Takeji lo amava.
Lo amava.
Lo amava.
Lo amava...
Glielo aveva appena detto ma non poteva smettere di ripeterselo, nella sua testa.. qualcuno lo amava.. qualcuno si era innamorato di lui. E quel qualcuno era Takeji. 
Stenta a crederci e lo guarda incantato, era così bello che il solo guardarlo lo faceva impazzire.
Per favore no, ora non piangere, non sei una femminuccia, contieniti.. 

...ma è inutile, una lacrima sfugge via veloce e lui ancor più veloce se l'asciuga col polso.
Preme le mani contro la porta, gli serve un contatto col mondo per non lasciarsi risucchiare dal vortice di sentimenti che lo stava scuotendo dentro e fa grossi respiri prima di parlare ancora.

"Non credevo sarei stato tanto fortunato da sentire queste parole, e comunque sì, ovvio che sì.
Voglio essere tuo, soltanto tuo."

E per una volta provare l'ebbrezza di appartenere ad una persona soltanto.

Resta con la schiena appoggiata alla porta, non è così sicuro che lo gambe lo reggano, ancora, ma afferra la sua maglietta con le mani e lo tira a se, si appoggia a lui e gli sorride, e lo bacia, e gli sorride, e lo bacia, e gli sorride, e lo bacia, e gli sorride, e lo bacia...

  
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