Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Ila96    29/02/2012    2 recensioni
Molti pensano che l'unico amore di Sherlock Holmes sia John Watson, altri che sia Irene Adler.
Se ci fosse un'altra persona, di cui nessuno, nemmeno John, sa nulla?
E se questa persona ricomparisse all'improvviso per chiedere aiuto cosa succederebbe?
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ed alla fine è giunto il momento di pubblicare l’ultimo capitolo. Ci sarà un epilogo, ma in questo verranno risolti tutti i punti. Ringrazio MoriartyWasReal
 

Capitolo 4 - Parte Seconda
~ Persi in Bilico  ~

 

“Sul mio destriero al passo la posi,
E altro non vidi per quella giornata,
Ché lei dondolandosi cantava
Una dolce canzone incantata..”

La Belle Dame Sans Merci - J. Keats

 
Appena entrarono il cuore di John prese a battere freneticamente e una morsa gli strinse la gola. La porta d'ingresso era spalancata e le pareti e il pavimento erano solcate da strisce di sangue ancora fresco. Sul muro, in alcuni punti, colava giù a gocce per poi arrestarsi al pavimento, coagulato velocemente.  
Corsero su per le scale fino ad arrivare al salotto. Anche qui la porta spalancata, i mobili sottosopra e ancora altre impronte: mani, piedi, dita insanguinate. Ci doveva essere stata una violenta colluttazione.
A terra la signora Hudson giaceva inginocchio, china su se stessa, piangeva singhiozzando.
- L'hanno presa, Sherlock! L'hanno presa!
Sherlock la tirò su di peso e, senza un minimo di delicatezza, la sistemò su una poltrona.
- Era viva? Me lo dica, era viva?!
La signora Hudson piangeva disperata e più lui le urlava contro più peggiorava. Sherlock sentì la rabbia montargli dentro come un fiume in piena.
John si frappose tra lui e la povera donna in lacrime e con voce dura lo riprese.
- Sherlock, non vedi che è sotto shock? Non otterrai niente urlandole contro.
A queste parole si calmò un poco e si allontanò per esaminare la stanza. Avrebbe ottenuto più risultati dalla scienza e dal ragionamento, ovviamente.
Raccolse dei campioni in giro e poi scese al piano di sotto, lasciando la signora Hudson alle cure di John.
Quest'ultimo, dopo essersi accertato che la donna stesse bene cercò di interrogarla lui stesso. Vedeva benissimo che Sherlock non era in sé. Cercava inutilmente di trattare questo caso come se fosse uno dei tanti, ma non ci riusciva perché era coinvolta una persona a cui teneva.
La signora Hudson sedeva ancora tremante davanti a lui e continuamente si portava le mani al viso.
- Sono entrati all'improvviso, mentre stavamo tranquillamente bevendo una tazza di the...- mentre parlava le rughe intorno agli occhi si facevano ancora più profonde.
- Quanti erano? - usò un tono delicato e protettivo, cercando di infondergli sicurezza.
- Due, due uomini vestiti di scuro e armati. Uno ha tirato fuori la pistola e me la puntata contro, mentre l'altro cercava di prendere Lisa. Quella povera ragazza era riuscita ad afferrare un coltello dalla cucina ed ad infilzarglielo nel braccio. Pensava di essere riuscita a fermarlo, invece... invece quello...
Le mani le tremavano e John la vide fermarsi un attimo per prendere un lungo respiro.
- Vada avanti...
- Invece quello ha tirato fuori una... una frusta e ha iniziato a colpirla alle braccia e alla schiena. Poi... l'ha portata qui, al centro del salotto, trascinandola per i capelli e strappandole i vestiti...
- E poi?
- E poi ha cercato di violentarla, ma l'altro uomo gli ha detto che non c'era tempo e allora l'hanno trascinata giù per le scale. Lisa ha cercato di aggrapparsi alle scale e al muro, ma ogni volta che faceva resistenza la frustavano... così...
John deglutì piano, immaginandosi la scena. Un brivido gli corse su per la schiena.
- Avrei potuto fare qualcosa... io...
La signora Hudson scoppiò nuovamente in lacrime e John l'abbracciò protettivo.
Appena Sherlock entrò nella stanza iniziò ad esporgli il racconto della signora Hudson, ma lui lo interruppe prima.
- Devo andare ad analizzare questi campioni, forse so dove l'hanno portata.
- Devo?
- Si, tu pensa alla signora Hudson.
- Io vengo con te! Non puoi affrontare da solo due uomini armati, è una pazzia!
Sherlock sospirò e lo guardò gelido.
- Non ho bisogno di te ora. Mi saresti solo d'intralcio.
In quel momento il cellulare di Sherlock iniziò a squillare. Smisero di respirare all'istante.
Sherlock premette il tasto del viva voce e rispose.
- Pronto?
Dall'altra parte si udì un suono gracchiante e poi finalmente la voce di Mitchell si levò stridente.
- Questa sera, per cena, ho mangiato dell'ottimo pesce. L'ho tirato io stesso fuori dall'acqua e poi... sono rimasto ad osservarlo mentre si dibatteva e... soffocava. - la frase fu interrotta da una breve risata amara - E' stato interessante. - le s sibilavano.
Sherlock fece segno agli altri di tacere.
- Dimmi dove l'hai portata e forse potrei mettere una buona parola per te con Lestrade.
Si sentì lo schiocco della lingua sui denti e poi un'altra risata.
- Non raggiungerei il mio scopo se te lo dicessi... Io e Lisa saremo insieme per l'eternità e tu ci raggiungerai.
- Lei morirà.
- Si, anche io... così ci incontreremo nel regno dei cieli...
- Io non credo in Dio.
Mitchell rise divertito.
- Lo sai, noi due siamo uguali, in fondo vogliamo le stesse cose...
John scrutava Sherlock, attento ad ogni sua risposta.
- No, ti sbagli.
- Perché?
Sherlock rispose con semplicità.
- Perché tu sei pazzo.
E poi chiuse la chiamata.
La signora Hudson e John lo fissavano in attesa di una sua reazione.
- So dove si trova Lisa, non c'è tempo per l'analisi chimica.

Detto questo si precipitò giù per le scale, urlando dietro di sé - John, porta la signora Hudson in ospedale e se non mi vedi entro un'ora dirigiti alla vecchia cisterna abbandonata!

Di notte alla vecchia cisterna non c’era mai nessuno. Completamente deserta alla periferia di Londra. Le pareti sporche e ricoperte di graffiti, la scala che portava alla passerella di ferro arrugginita e mormorio dell’acqua quando pioveva.

Quella notte una vecchia gru da carico montata su un autocarro sollevava sopra la cisterna una piccola gabbia in ferro, la teneva a circa sei - sette metri dall’acqua e ogni tanto la faceva oscillare per provocare paura alla preda al suo interno.
La ragazza lanciava continuamente grida d’aiuto, si dibatteva e picchiava i pugni contro le sbarre di ferro, ma nessuno poteva sentirla. Sulla passerella uno dei due rapitori, nel buio era impossibile distinguerne il volto, rideva mentre lei urlava. Si teneva pronto a dare il segnale per farla andare giù.
- Ehi, tesoro, sono le undici! Sai cosa significa? Che adesso andrai giù in quell’acqua fredda fredda...
Lisa iniziò a gridare ancora più forte quando si rese conto che la cabina iniziava lentamente a scendere.

 


 

Ancora prima di giungere a destinazione Sherlock sentì le urla, urla di terrore, di paura, di chi ha la consapevolezza di andare in contro alla morte. Spense i fari del taxi che aveva rubato e arrestò l’auto alcuni metri prima della curva che portava alla cisterna. Aveva intenzione di scivolare alle spalle degli uomini e, uno alla volta, addormentarli con del cloroformio che aveva “preso in prestito” dall’ospedale qualche mese prima. Sapeva che prima o poi gli sarebbe tornato utile.
Si avvicinò di soppiatto all’uomo alla guida dell’autocarro, aspettò il momento opportuno e poi lanciò un sasso dall’altra parte della strada. Come previsto il rumore attirò l’attenzione di entrambi, velocemente aprì la portiera e prima ancora che l'altro potesse dare l’allarme gli tappò la bocca con il fazzoletto imbevuto nel liquido.
Si addormentò in pochi secondi. Bene. Ora restava il "collega". Uscì dall’autocarro e si appiattì al muro della cisterna.
In alto Lisa aveva smesso di urlare, ma si poteva ancora udirne il pianto sommesso e disperato. Osservò i movimenti dell’uomo sulla passerella, stava scendendo la scaletta per andare a controllare il rumore provocato dal sasso. Perfetto, era proprio quello che voleva.
Stava per scattare verso il rapitore, quando qualcuno da dietro lo afferrò per la giacca. Si voltò, sorpreso, e fece appena in tempo a vedere due occhi neri come la pece prima di cadere subito nell'oblio.
 
Delle grida ovattate. Qualcuno gli tira la giacca, cos'è il liquido caldo che sta colando sulla palpebra destra? Dentro la testa c'è qualcosa che picchia contro il cranio. Il dolore! Allucinante, terribile, soffocante, gli percuote il cervello come un martello.
Chi era? Cos'era successo?
Provò a socchiudere le palpebre.
Due occhi, del più bel verde che avesse mai visto, lo fissavano terrorizzati. Erano famigliari, ma non ricordava dove li avesse già incontrati.
Spalancò del tutto le palpebre e quello che vide lo riempì di meraviglia. I due smeraldi erano incorniciati da un'altrettanto viso perfetto e delicato. Inspiegabilmente la ragazza gli si buttò addosso e iniziò a baciarlo sul collo e sul volto. Sembrava incredibilmente sollevata, ma non riusciva a capire per cosa. Chi era quella ragazza? E sopratutto chi era lui?!
Il dolore alla testa lo distrasse da questi pensieri e gli sfuggì un gemito. La ragazza si staccò subito e lo guardò nuovamente in apprensione.
- Sherlock, stai bene? Ho cercato di lavarti via il sangue, ma è stato inutile.
Sherlock... Sherlock... Era il suo nome? Sangue? Era quello il liquido caldo?
- Cosa mi è successo? - la sua voce era pastosa. No, non stava affatto bene.
-  Come, non ricordi? Il terzo uomo ti ha colpito in testa e sei svenuto.
- Di che stai parlando? Chi sei e perché sei mezza nuda e coperta di sangue?
La ragazza spalancò gli occhi, atterrita.
Con voce tremante chiese:“Cosa?”

 


 

Dopo aver accompagnato la signora Hudson in ospedale ed essersi accertato che stesse bene e al sicuro John, naturalmente, decise di raggiungere immediatamente Sherlock alla vecchia cisterna, l'unico problema era che non aveva la minima idea di dove potesse essere e sopratutto quale delle tante alla periferia di Londra fosse quella giusta.
Di chiedere a Lestrade non ne valeva la pena perché sapeva benissimo che il suo livello di conoscenza dei dintorni di Londra eguagliavano quelli di tutte i londinesi medi, quindi l'unico che restava e che certamente avrebbe fornito un'indicazione esatta era Mycroft Holmes.
L'idea di andargli a fare visita non lo entusiasmava al massimo, ma non aveva scelta. Se voleva aiutare Sherlock in qualche modo quello era l'unico possibile.
Quando lo fecero entrare in una piccola saletta privata dall'arredamento lussuoso, ma comunque sobrio, Mycroft Holmes sedeva di spalle, con un giornale aperto sulle ginocchia. La sua aria tranquilla e sempre moderata in qualsiasi situazione accrebbe la sua irritazione a dismisura, ma cercò di contenersi.
- Ebbene, John, a cosa devo il piacere di questa visita? Si accomodi, la prego.
- Non c'è tempo per le chiacchiere. Suo fratello è in grave pericolo, mi deve aiutare.
Mycroft fece un sorriso sghembo e replicò.
- E quando non lo è?
In quel momento John avrebbe voluto scuoterlo fino a fargli perdere quell'aria di superiorità di cui tanto faceva mostra.
- Mi ascolti, è una faccenda seria e non solo Sherlock rischia la vita, ma anche Lisa.
A quel nome il volto dell'altro si fece immediatamente serio e attento. Non che prima non fosse interessato all'incolumità di Sherlock, anzi, lui ne teneva sempre d'occhio i movimenti ed interveniva in quelli più pericolosi, ma l'abitudine l'aveva portato a nascondere l'apprensione quando si trattava del caso "Sherlock Holmes". Invece il nome di Lisa lo colpì molto, perché quando era venuta a fargli visita avevano chiacchierato molto, ma poi il discorso si era concluso felicemente e lei gli aveva assicurato che adesso non c'erano più problemi. A quanto pare gli aveva mentito e lui non era stato in grado di accorgersene.
Beh, Lisa era sempre riuscita ad ingannare entrambi i fratelli Holmes, quando voleva.
In genere con Sherlock faceva molta più fatica, perché davanti a lui era molto vulnerabile.
John continuò.
- Mi deve dire dove si trova una vecchia cisterna alla periferia di Londra. Una non molto grande e difficile da trovare, abbandonata e dalla quale anche se provengono delle urla la gente non può sentirle.
- Deduco che i due si trovino lì.
- Esattamente. La prego, è abbastanza urgente e abbiamo tempo fino a mezzanotte.
Mycroft guardò l'orologio: 11.40.
- Va bene. Chiami Scotland Yard e mi segua. So dove si trova.
John tirò un sospiro di sollievo e si affrettò a fare come gli era stato indicato. Non aveva mai visto così attivo Mycroft Holmes, ma perfino nel movimento manteneva una compostezza ammirevole. Mentre raggiungevano la macchina, che John conosceva bene, i suoi pensieri corsero a Sherlock e a Lisa. Lo stomaco si bloccò da un cattivo presentimento.

 


 

Dopo avergli fatto tutte le domande necessarie Lisa si abbandonò alla disperazione. Ora non avevano davvero più speranza. Di tutte le rovine, quella di una nobile mente è la più sconvolgente *. Pianse, urlò, provò a tirare calci e pugni alle sbarre, ferendosi le mani ed infine si lasciò scivolare a terra, nascondendo il volto fra le ginocchia insanguinate.
Sherlock la guardava confuso e disorientato. Erano su un ascensore senza muri? Probabilmente stava sognando e quello era tutto un incubo. Vero era che per essere un incubo era estremamente realistico. Cercò di alzarsi, ma la testa prese a girare vorticosamente e così si risedette a terra, trascinandosi faticosamente accanto a Lisa.
- Perché piangi?
Lei non alzò nemmeno lo sguardo.
- Ora l'unica speranza che ci resta è John. - gorgogliò con voce impastata.
Quel nome suscitò una specie di risveglio dentro la mente di Sherlock. Non sapeva perché, ma era importante. Una sensazione sgradevole si fece strada in lui, come quando hai una parola sulla lingua, ma non riesci a tirarla fuori. Esattamente quella sensazione. Iniziò a mormorare velocemente tra sé.
- John, John, John... è una persona che conosco, ma chi? Non ricordo. Sento che è fondamentale.
Lisa lo guardò speranzosa e cercò di aiutarlo il più possibile.
- John, ricordi, John Watson. Il tuo coinquilino... Ricordi? John Watson.
- John Watson, John Watson, John Watson...
All'improvviso scattò in piedi e urlò dal dolore. La testa gli pulsava e una miriade di informazione, luoghi, date, persone, passato e presente iniziarono a rovesciarsi nella sua testa, come un'enorme cascata, ed era terribile. Quando si fermò Lisa, che nel frattempo si era alzata in piedi a sua volta, lo chiamò con voce esitante. 
- Sherlock?
Lui si voltò e appena i loro sguardi si incrociarono Lisa ebbe la certezza che era di nuovo lui. Non riuscì a trattenersi un attimo di più e gli saltò al collo, scoppiando in un pianto sommesso e liberatorio. Sherlock non si oppose, anzi, forse per qualche strano moto involontario causato dal recente smarrimento, chiuse gli occhi e la strinse a sé, sussurrandole all'orecchio mormorii di conforto.
Mentre succedeva tutto questo, la cabina di ferro continuava la sua inarrestabile ascesa verso lo specchio gelato della cisterna. Se non si fossero fermati sarebbero morti affogati, schiacciati sott'acqua dal peso incontrastabile del metallo.
- La signora Hudson si è sbagliata, c'era un terzo uomo. Che stupido...
Sherlock si staccò da Lisa solo quando i loro piedi furono raggiunti dall'acqua stagnante e ghiacciata.
- Ok, ora dobbiamo bloccare questa cabina e l'unico modo è convincere gli uomini di Santano e di Mitchell. - il tono era tornato pratico e sicuro.
Lisa sorrise amareggiata.
- E' inutile, ci ho già provato, credimi, in qualsiasi modo.
- Tutti hanno un punto debole. - detto questo iniziò a chiamarli - Ehi, voi! - ma fu subito fermato da Lisa.
- Il problema non è fargli cambiare idea, il problema è farci sentire da loro. Santano gli ha ordinato di tapparsi le orecchie in modo tale da svolgere il loro compito senza problemi. Qualsiasi cosa facciamo o diciamo non cambierà nulla.
Nel frattempo l'acqua aveva già raggiunto le ginocchia e per la prima volta, forse l'ultima, Sherlock Holmes non poteva fare assolutamente niente per risolvere il problema.
Il livello continuava a salire e salire e salire e Sherlock era ben cosciente che tra pochi attimini sarebbe morto.
Si avvicinò a Lisa e le sfiorò le ferite sulle braccia e sulla schiena. Era colpa sua.
- Mi dispiace tanto. Mi dispiace, avrei dovuto prevedere che Mitchell sarebbe arrivato a sapere che eri sola a Baker Street, non avrei dovuto lasciarti. Ho sbagliato... tutto questo caso è stato un errore e ora morirai per colpa mia. Moriremo per colpa mia. - si appoggiò con la schiena alle sbarre e chiuse gli occhi, inspirando a fondo l'umidità della notte.
Lisa gli sfiorò il volto. Questo davanti a lei era un Sherlock che non aveva mai visto, un Sherlock diverso, quasi disperato. Sorrise. Ci era voluta la morte per ricevere una carezza da lui.
- E' stata colpa di entrambi. Posso esprimere un ultimo desiderio prima di morire?
Sherlock la guardò in attesa.
Lisa chiuse gli occhi e avvicinò ancora di più il proprio viso al suo finché i loro nasi non si sfiorarono e a quel punto Sherlock intuì quello che Lisa voleva. Meccanicamente si irrigidì, ma non si mosse.
L'acqua gelida ora era salita fino al torace e entrambi tremavano come foglie.
Le labbra morbide e bagnate di Lisa aderirono perfettamente alle sue, che rimasero fredde come il marmo, ma lei non se ne curò. L'aveva immaginato. Con decisione, quasi con rabbia, la sua lingua si fece strada in quella bocca di pietra, in una ricerca disperata di un qualcosa a lungo inconsciamente agognato. Lui la lasciò fare, immobile, sapeva che ne aveva bisogno in quel momento, ma quando finalmente la lingua di lei sfiorò la sua qualcosa dentro di lui si mosse e provò l'istinto di rispondere a un richiamo antico e mai destato. Lentamente fece scorrere la sua mano destra lungo la sua gamba e successivamente sui fianchi, mentre con l'altra le accarezzava i capelli bagnati. Perfino in quella situazione cercava di calcolare dove esattamente posizionare le dita, per non arrecarle dolore urtandole le ferite. Appena Lisa sentì Sherlock che la toccava si fermò un momento e senza allontanare il proprio viso dal suo lo guardò grata. Questa volta, quando si insinuò nuovamente dentro la sua bocca, ad accoglierla c'era un sapore caldo e sicuro. Mentre lo baciava gli accarezzava il viso e piangeva, perché sapeva che quello sarebbe stato l'ultimo contatto che avrebbe avuto con lui.
L'acqua raggiunse il suo collo a quel punto, scossa dai brividi e dalla paura, si staccò e semplicemente abbandonò il proprio capo a lui. Piangeva, ma era un pianto silenzioso, di chi non ha più speranza.
L'acqua saliva, lentamente, troppo lentamente, mangiando un millimetro di pelle alla volta, facendo attendere con angoscia il momento cruciale.
Sherlock Holmes si limitava a tenere stretta al suo petto la testa di Lisa. Non riusciva a pensare a nulla di importante o sensazionale. Non vide scorrere la propria vita immagine dopo immagine. Rimpianse di aver lasciato il violino fuori dalla custodia e di essere in ritardo con il pagamento dell'affitto alla signora Hudson. Aveva paura non perché andava incontro a qualcosa di sconosciuto, semplicemente non era ancora pronto ad abbandonare l'universo dietro di sé, completo di persone che conosceva e con cui interagiva, ma che da quel momento non avrebbero più avuto a che fare con lui.
Gli dispiaceva per John, perché ci sarebbe rimasto male.
L'acqua raggiunse le loro bocche, prima quella di lei, e poi, lentamente anche il naso, gli occhi e i capelli, fino a quando le loro teste sprofondarono nell'acqua dolce e gelida della morte.
*(da L'Avventura del Detective Morente)

 


 

Finalmente l'auto raggiunse la cisterna. Dietro di loro due macchine della polizia e due ambulanze li seguivano a ruota con le sirene accese. Appena si fermarono John scorse un uomo correre fuori dall'autocarro e filare via verso il bosco come un fulmine.
Sherlock e Lisa non c'erano, né in alto né in torno. L'unica cosa che emergeva dall'acqua era un filo metallico abbastanza robusto e questo, questo significava che erano giunti troppo tardi.
Immediatamente John si fiondò fuori dall'auto e corse all'autocarro. Sul sedile un uomo dormiva profondamente.
Ci doveva essere una leva che serviva per tirare su Sherlock e Lisa, ma... non sapeva quale. Se avesse tirato la leva sbagliata sarebbero andati ancora più a fondo. Pensieri gli affollavano la testa, le mani gli sudavano, ma non c'era tempo per pensare, doveva andare a istinto.
Tirò la leva a sinistra e chiuse gli occhi.
Gli giunsero solamente le urla degli uomini, di Lestrade e degli altri poliziotti, ma non voleva guardare. Poi la mano di Mycroft lo scosse.
- John, ce l'ha fatta, guardi.
E gli indicò una cabina di ferro che lentamente stava emergendo dall'acqua.
Senza aspettare oltre corse dietro ai due infermieri che in quel momento stavano salendo la scaletta di ferro che portava alla passerella.
La cabina si muoveva verso di loro con una lentezza angosciante. Sul fondo si potevano scorgere due figure umane distese supine una sull'altra.
Aveva il cuore in gola. Ecco, lo sapeva, non aveva fatto in tempo, erano morti. Non aveva fatto in tempo. Dio!
Appena arrivò all'altezza della passerella uno dei due uomini accanto a John tirò fuori una chiave dalla tasca e aprì la porta in ferro. Li tirarono fuori subito.
Non respiravano. Mentre gli altri pensavano a Lisa, John si occupava di Sherlock. Non lo aveva mai visto così pallido e freddo. Troppo freddo. Gli controllò il polso. Nessun battito.
Dannazione!
In quel momento prevalse la parte di lui più razionale che lo sospinse a entrare nella parte del medico. Con sollievo riuscì a coordinare i movimenti e dargli un senso senza perdere altro tempo.
Calcolò che in tutto erano passati circa un minuto e qualche secondo, quindi era ancora in tempo.
Si assicurò che le vie aeree non fossero ostruite piegandoli il capo all'indietro e sollevandogli il collo, in modo tale che il paziente non ingoiasse la lingua.
Iniziò a praticargli la respirazione bocca a bocca, tappandogli le vie nasali con la guancia e alternandola equamente con massaggio cardiaco. Ci metteva tutta la concentrazione che poteva, ma il volto di Sherlock restava bianco e freddo e immobile e lui era sempre più disperato.
- Dannazione, Sherlock! Respira! Non puoi morire, non puoi!
E con rabbia sbatté il pugno chiuso contro lo sterno della cassa toracica.
Come per miracolo il petto iniziò a muoversi e dalla bocca fuoriuscì una quantità enorme d'acqua. Sherlock tossì e sputò, mentre John si prodigava in mille cure e non nascondeva il sollievo di rivedere il suo amico ancora vivo.
Il viso di John fu la prima cosa famigliare e cara che Sherlock riconobbe, poi ci fu quello di Mycroft, che nel frattempo era salito.
- John...- la voce era rauca e flebile, usciva a stento. Aveva freddo, terribilmente freddo.
John gli sorrise ed insieme ad un altro uomo lo trasportarono giù dalla cisterna e lo caricarono su un'ambulanza.
Sherlock si guardava intorno. C'era solo suo fratello a tenergli compagnia.
Dov'era Lisa? Stava bene? Non aveva notato un'altra barella... Sicuramente era al sicuro con John.
John, assicuratosi che Sherlock fosse sistemato, corse immediatamente da Lisa. Prima, mentre portavano giù Sherlock, aveva notato due uomini intenti ancora a rianimarla, ma non sapeva se alla fine ci fossero riusciti. Dopo la liberazione iniziale, mentre risaliva il più velocemente possibile la scaletta in ferro, aveva nuovamente il cuore in gola.
Appena arrivò in cima si sentì male.
Il corpo della ragazza giaceva bianco ed immobile come il marmo. I due medici avevano smesso di tentare di rianimarla e questo significava solo una cosa: era finita. Non c'era più niente da fare, era passato troppo tempo e ormai era morta.
Chiuse gli occhi e naturalmente il suo pensiero corse a Sherlock. Sarebbe stato un colpo terribile per lui e non si sarebbe dato pace finché Santano e Mitchell non sarebbero stati condannati.
Le si avvicinò lentamente. I due medici non dissero nulla, ma si limitarono ad allontanarsi con rispetto.
I suoi bellissimi occhi verdi erano ora sbarrati e privi di quel caldo luccichio che era la vita. Non avrebbero più osservato curiosi da sotto l'ombra dei capelli arruffati.
Con delicatezza le chiuse le palpebre e le spostò alcune ciocche dal viso.  Perché morivano sempre le persone migliori?
Si rialzò ed aiutò i due medici a portarla nell'ambulanza. Della polizia restavano solo alcuni agenti, insieme a Lestrade e proprio con quest'ultimo scambiò uno sguardo triste.
Si accinse a raggiungere l'ospedale.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Ila96