b Carmen violae a
I
Povere Madri che
vivete nascoste e consumate nel segreto del vostro cuore ansie e dolori da
nessuno compresi!...
Francesco Olgiati
La luce del
crepuscolo si posava come una carezza sull’abito di sua madre, scurendone
il freddo violetto. Era il suo colore preferito: Violante lo sapeva bene. Per
questo l’aveva chiamata così. Rimase a guardare incantata il suo
ricamo, sfregandosi pensierosa la guancia che quell’uomo anziano che le
aveva rinchiuse là dentro scrutava sempre con disgusto, in quelle
rarissime volte in cui faceva loro visita. Alcuni dei soldati che facevano la
guardia alla loro torre sghignazzavano forte, ogni tanto, forse pensando che
dentro non si sentisse niente; ma Violante li sentiva sempre, quando dicevano
che veniva a controllare che le ‘prigioniere’ non fossero fuggite.
In quel caso avrebbe fatto ammazzare tutti, e avrebbe ammazzato anche loro, non appena le avesse trovate.
Dicevano che era
suo padre.
Sua madre si
accorse che Violante la osservava e le regalò un sorriso. Era il sorriso
di sempre, umido di un pianto che non finiva mai. Violante non lo sopportava.
Le piaceva invece vedere i suoi occhi risplendere, le piaceva quando le
raccontava del Castello sul Lago. Allora il suo viso si distendeva, la stanchezza
spariva e la sua voce si faceva solenne, maestosa, come quella dei menestrelli
che si diceva girassero il mondo perché non erano fatti per stare
rinchiusi tra quattro mura. Forse sua madre era un po’ così. Forse
era anche per questo che si trovavano là dentro, adesso, con la sola
compagnia di pochi soldati ubriaconi e di vecchie storie sussurrate nel
tramonto.
Sua madre
posò il ricamo e tese la mano verso di lei. Violante si allontanò
dall’unica finestra, un po’ a malincuore, e andò ad
accoccolarle il capo in grembo.
« Parlami
ancora di quando eri bambina » mormorò.
Non si
curò del suo sospiro, perché sua madre sospirava spesso. Ma
sapeva che dopo sarebbero state meglio entrambe. Chiuse gli occhi e si
lasciò cullare dalle parole, quelle ali dolci e potenti che riescono a
far dimenticare qualunque prigione, a far sbiadire qualsiasi macchia, e persino
a disperdere la paura del volto di un vecchio con gli occhi rossi di sangue che
dicono sia tuo padre.
Un alito di
brezza mosse le gonne viola, e la bambina desiderò che quei momenti
rubati alla realtà durassero in eterno.
Per la donna
doveva essere la stessa cosa.
Spazio dell’autrice
Da tempo favoleggiavo su una raccolta in questo fandom, e ora credo di aver trovato l’idea giusta. Sette
colori; sette brevi spaccati della vita di Violante; sette persone che l’hanno
segnata.
Questo personaggio mi ha sempre affascinata, e per certi
versi mi somiglia molto: non potevo non dedicarle un pensiero. Il titolo significa
appunto ‘ode alla viola’.
Il violetto
è sinonimo di solennità, contemplazione mistica e crepuscolo. L’abbinamento
con l’infanzia trascorsa in reclusione, con sua madre a raccontarle bugie
foriere di speranza, mi è venuto subito spontaneo.
E, beh, spero apprezziate. Se vorrete seguirmi, ne
sarò onorata.
Aya ~