Crossover
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Autore: Jade MacGrath    06/10/2006    0 recensioni
Quando era ricoverato per l'aneurisma alla gamba, e stava lottando durante la crisi cardiaca, House vide una donna che non c'era. Cinque anni più tardi, la stessa donna gli riappare davanti. Il suo nome è Six, solo House la può vedere, e sconvolgerà la vita del dottore da cima a fondo... crossover House/Battlestar Galactica
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Telefilm
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando si risvegliò, House si trovò più o meno legato al letto.

“Ehi! Che diavolo significa? Levatemi di dosso queste robe!” iniziò a urlare divincolandosi. Cottle fu subito da lui, con un’altra siringa in mano. Spense la sigaretta (suo malgrado, e per questo maledì House che avrebbe anche potuto aspettare altri due minuti prima di svegliarsi), e sollevò l’oggetto perché lui lo vedesse bene.

“Vogliamo tornare nel mondo dei sogni? Perché se non la pianta all’istante, dottor House, è dove finirà!”

“Mi liberi!”

“Non finché non sarò certo che non darà di matto e si metterà ad aggredire l’equipaggio.”

“Sono calmissimo, non lo vede, dottor… dottor…”

“Cottle” completò il vecchio medico accendendosi una nuova sigaretta.

“È in vena di offrire?” domandò House indicando la sigaretta con la testa. Cottle lo squadrò come se avesse detto una cosa assurda, ma gli avvicinò la sigaretta e gli fece fare un tiro.

“Da che ne so, non ha niente ai polmoni. Un tiro non ha mai ucciso nessuno.”

D’un tratto House trovò il medico molto simpatico. Un po’ meno la donna che aveva iniziato a strillare contro loro due da dietro una tenda.

“Per gli Dei, dottore, vuoi farci crepare tutti di cancro? Questa è ancora un’infermeria quindi spegni quella cazzo di sigaretta!”

House desiderò strozzarla, chiunque lei fosse. Per dirgliene quattro, Cottle aveva smesso di armeggiare con le cinghie di costrizione e si era diretto verso la tenda, scostandola con un gesto brusco.

“Occhio, tenente, potrei decidere che il tuo ginocchio è inguaribile e non rispedirti mai più dentro un Viper. O riempire di fumo la tua linea d’ossigeno.”

“E da chi preferiresti farti urlare dietro? Dal CAG, dal Vecchio, dalla cara vecchia Starbuck o da tutti e tre assieme?”

Per una volta a corto di parole, Cottle si limitò ad ammonire la ragazza minacciosamente con un dito e ad allontanarsi, senza però tornare da House a liberarlo. Stava per dirgliene quattro, a lei e a lui, quando, voltatosi in direzione dell’altro letto, si trovò a fissare due occhi verdi che avrebbero intimidito perfino Vogler , e una gamba infilata dentro un tutore.

“E tu che diavolo hai da guardare?”

“Niente, niente” mormorò House, tornando a fissare il vuoto davanti a sé.

“Aspetta… sarà mica lei il genio della medicina che Boomer ha riportato da Caprica?”

“Boomer?”

“Tenente Sharon Valerii” spiegò la donna. “Boomer è il suo nome in codice.”

House ricordò che Cottle gli aveva detto che un certo tenente Valerii lo aveva portato a bordo del Galactica. Doveva essere lei.

“Sì. Boomer. Mi ha trovato lei.”

“Sembra che Boomer abbia il dono di trovare scienziati utili all’umanità. O a quello che ne resta.”

“Mamma, che fortuna” mormorò sarcasticamente House, contemplando tristemente le costrizioni ancora al loro posto.

“Può dirlo, dottor House” disse un giovane dai capelli scuri e gli occhi blu, che si era avvicinato fino al letto di Kara “È stato dannatamente fortunato.”

Visto che House stava facendo del suo meglio per ignorarlo, Lee Adama si rivolse a Kara.

“Come andiamo, Starbuck?”

“Una favola, Lee. Una fottuta vacanza di piacere. Che ne dici, facciamo a cambio?”

“No, Kara, passo. Mi farebbe piacere una vacanza, ma preferisco l’abitacolo del Viper… Grazie comunque per l’offerta” disse Lee, chiaramente prendendola in giro. Kara ricambiò il sorriso, e gli fece vedere il dito medio.

“Lo spirito c’è sempre, vedo” commentò.

“Sparisci, o potrei decidere di rifilare un gancio a un superiore stronzo.”

“Questa battuta sta diventando vecchia.”

“Ma rimane sempre vera” disse Kara. Poi diede uno sguardo ad House, ancora intento a strattonare le costrizioni, e chiese a Lee di liberarlo.

“E Cottle?”

“Lo stava facendo ma si è distratto” disse House. “Qualcuno” e indicò con la testa Kara “doveva scegliere proprio quell’istante per iniziare a rompere le scatole.”

“Scusa tanto se non volevo finire intossicata!”

“Intossicata tu? E i sigari che ti fumi allora?” domandò Lee sorpreso.

“Non li fumo di certo in infermeria!”

“Ora che lo abbiamo appurato, che ne dite di liberarmi?”

“Conta di uccidere Cottle, dottor House?”

“Potrei farci un pensierino.”

“Lee, slegalo. Non mi dispiacerebbe un po’ d’intrattenimento.”

Lee scosse la testa, ma ubbidì alla richiesta dell’amica. House sospirò di sollievo, e si massaggiò i polsi.

Fatte finalmente le presentazioni ufficiali con il maggiore Lee ‘Apollo’ Adama e il tenente Kara ‘Starbuck’ Thrace, e notata l’assenza di Six, House si rilassò. Che sogno assurdo. Bella sventola, però… chissà da dove l’aveva pescata il suo subconscio.

Accettata l’amnesia retrograda come effetto della commozione, accettato il fatto che il suo pianeta si chiamasse Caprica e che la Terra fosse una leggenda a cui tutti disperatamente volevano credere da quelle parti, e soprattutto accettato che chiunque credeva di conoscere o era morto nell’olocausto nucleare o non era mai esistito, le cose iniziarono ad andare meglio. Gli servirono quei due, tre mesi di rodaggio, e da lì in poi l’infermeria del Galactica poté contare su ben due medici molto bravi e molto scorbutici. Ed essendo uno dei due un civile, era anche quello a cui vennero sbolognate tutte le visite a domicilio, eccetto quella alla Presidente delle Colonie Laura Roslin.

Non l’avrebbe mai detto, ma Six gli mancava. Insopportabile, a tratti pericolosa, ma gli mancava non vederla più in giro su quei tacchi a spillo…

Se Six era stata capace di entrare nella sua testa per cercare di farlo svegliare – e pure quel tipo strano, Leoben – e lui si trovava nella realtà, questo significava che entrambi dovevano trovarsi nella Flotta e dovevano ad un certo punto del suo coma aver interagito con lui. Ma aveva come il sospetto che parlare di quei due avrebbe solo portato problemi. Avrebbe anche dovuto spiegare come li conoscesse, e raccontare di averli incontrati in sogno non era esattamente una cosa da dire, a meno di non voler finire di nuovo legato a un letto mani e piedi. Così decise di non dire niente e di tenere gli occhi aperti.

Poi un giorno colse un brandello di conversazione che decisamente non avrebbe mai voluto sentire.

“Tu lo trovi divertente, ammettilo!”

“Gaius” disse una voce fin troppo nota “È irrilevante quello che penso io. Questa è la volontà di Dio.”

“Sembri un disco rotto.”

“Ma è la verità…” disse Six, con quel suo tono che indicava sempre che si stava divertendo un mondo. Poi diventò seria, e disse all’uomo di nome Gaius che qualcuno li stava ascoltando.

House scelse quel momento per entrare. Aprì la porta del laboratorio del dottor Gaius Baltar, si guardò intorno, e vide solo Baltar.

“Ma chi diavolo…? Oh, dottor House, a che devo il piacere della visita?”

Stava letteralmente sudando freddo.

“Avevo sentito una voce che conoscevo. Una voce di donna.”

Baltar smise di farsi venire un attacco cardiaco per un paio di secondi. Lui aveva realmente sentito Six che gli parlava, quando nessun altro ne era in grado? Chi diavolo era realmente?

Subito il suo cervello si mise al lavoro. La sua posizione era estremamente precaria, a bordo del Galactica e della Flotta. Roslin non si fidava di lui, e gli serviva una via di fuga, fino al prossimo momento in cui quella donna non avrebbe desiderato gettarlo fuori da un portellone perché lo sospettava di essere un Cylon.

“Era… era la radio. Un vecchio sceneggiato su cd che ogni tanto ascolto…Sono un sentimentale, anche se non si direbbe…”

House fece un’espressione dubbiosa “E il protagonista aveva la sua voce? Dottor Baltar, alla stupidità esiste un limite, e anche se lei sembra interessato ad oltrepassarlo in questo momento, di sicuro non lo farò io.”

In quel momento, Baltar si voltò verso il bancone dov’erano allineate le sue provette, lanciandogli un’occhiata fulminante, poi come se niente fosse tornò a rivolgersi al medico, cercando di ostentare una calma che non aveva.

“Senta, dottor House, lo vede da sé che qui non c’è nessuno. La figura dello stupido, con tutto il rispetto, la sta facendo lei.”

“E lei la figura dello schizofrenico. Se è la mia alternativa, allora sono stupido e felice di esserlo!”

“Le serviva qualcosa?” domandò freddamente Gaius, che se odiava venir tacciato di stupidità, da quando Six era nella sua vita odiava ancora di più venir tacciato d’essere folle.

“Glielo farò sapere, se mi servirà qualcosa. Dottor Baltar” disse House facendo un cenno di saluto.

Una volta scomparso dietro quella porta di metallo, Six ritornò visibile e appoggiata al bancone delle provette.

“È carino. Oh, perché Dio non ha voluto che fosse lui a custodire le chiavi della sicurezza delle Colonie?”

“Molto d’aiuto. Ultimamente lo sei stata spesso” disse sarcasticamente Baltar, ritornando al microscopio. Six camminò sorridendo dietro di lui, aspettò alzasse la tesa dal microscopio per scrivere un’annotazione, e afferratolo alla nuca gli fece sbattere con violenza la testa contro il tavolo.

“E ora stammi a sentire bene” sibilò. “Non mettere mai più in dubbio la mia utilità, se non vuoi che Shelley Godfrey o un’altra come lei faccia la sua comparsa a bordo del Galactica! Potrebbe non andarti bene come l’altra volta…”

Totalmente spaventato dalla minaccia della sua amante cylon, che includeva anche rendere noto all’opinione pubblica che il vicepresidente delle colonie si era macchiato del genocidio della sua stessa razza perché non sapeva tenersi i pantaloni addosso, si fece tutto orecchi quando Six gli suggerì come guadagnare tempo e levarsi dalle scatole il nuovo genio di bordo nello stesso momento. Non lo avrebbe ammesso, ma se prima era da lui che andavano, ora che era arrivato House la sua stella era andata offuscandosi, una cosa che il suo ego semplicemente non ammetteva.

Aveva diagnosticato delle patologie mortali quasi senza mezzi, se il ginocchio di Starbuck era ritornato perfettamente a posto era merito della sua testardaggine (gesto che gli aveva garantito la stima eterna della pilota), e anche le emicranie della signora Tigh avevano trovato una cura, dopo essere state bollate come lo sfogo di un’ipocondriaca e nevrotica. Quest’ultima ci aveva provato spudoratamente, e aveva dovuto fare davvero del suo peggio per farla sloggiare. Pertanto quando Six gli suggerì di farlo passare per un agente cylon infiltrato nella flotta, fu estremamente felice di muoversi in tal senso. Doveva solo trovare il campione di sangue del buon dottore che gli era stato senza dubbio consegnato.

Nel frattempo, House aveva smesso di pensare a quello che per spina dorsale e carattere avrebbe fatto sembrare Chase uno tosto e risoluto, per preoccuparsi di qualcosa di più grave: la sua gamba aveva ripreso a fargli male, tutt’a un tratto e molto forte. La giovane marconista, Dualla, aveva dovuto sorreggerlo per farlo arrivare in infermeria. Lì, Cottle sentenziò che qualsiasi terapia del dolore avesse fatto su Caprica, aveva smesso di funzionare.

“Terapia? Sono stato un paio di settimane in coma farmacologico indotto dalla ketamina!”

“Come ti pare, House. Ha smesso di funzionare comunque!”

“Non doveva durare tanto poco. Bene, dovrai rifarmi la somministrazione.”

“Non penso proprio.”

“Credevo ti servissi.”

“È così, ma mi servono di più i narcotici! E la quantità necessaria a mandarti ko non mi posso permettere di sprecarla. Ci sono altri antidolorifici, usa quelli.”

“Fottiti, Cottle” sibilò House, che chiaramente non si aspettava quella risposta.

“Volentieri ma non sei il mio tipo. Ora ingoiati le dannate pillole e fa il tuo lavoro!”

Mugugnando, House fece quel che Cottle gli aveva gentilmente suggerito, ma iniziò a puntare con lo sguardo l’armadietto dove Cottle teneva le armi pesanti. Doveva solo aspettare il momento in cui Cottle si fosse allontanato…

Quasi come se l’avesse chiamato, l’assistente della Roslin venne a chiamarlo di corsa dicendo che il presidente era appena svenuta nel centro di comando.

“O Dei, ci mancava anche questa… Stavolta bisognerà ricoverarla” borbottò il dottore levandosi il camice e correndo fuori con i due paramedici del suo staff. House a quel punto, veloce come un fulmine, aprì l’armadietto e altrettanto velocemente ispezionò con lo sguardo i nomi delle medicine. Trovato il suo vecchio amico Vicodin, afferrò la confezione e se ne versò metà in un portapillole, che fece sparire nella sua tasca dei pantaloni. Quando Cottle ritornò con gli altri, spingendo una lettiga con sopra Laura Roslin attaccata ad una bombola d’ossigeno, si precipitò ad aiutare anche lui, finalmente scoprendo che la first lady di ferro della flotta era malata terminale di cancro.

Ma la sorpresa più grossa arrivò quando la Roslin fu finalmente stabilizzata e per lui fu possibile staccarsi dal suo letto. Il comandante Adama lo fece condurre fuori dall’infermeria, dicendogli che aveva bisogno di lui e contemporaneamente chiedendo delle condizioni della Roslin.

Capì che con l’inganno lo aveva condotto fino alla prigione di bordo quando ormai era troppo tardi.

“Comandante” domandò con tutta la calma possibile “Che diavolo sta succedendo?”

“Niente, dottore” rispose Adama, con lo stesso tono “Solo una precauzione. I test fatti su di lei dal dottor Baltar hanno dato un esito… interessante.”

“Che test?”

“Testiamo il sangue di tutti i membri della flotta per cercare agenti cylon. Il suo non è definitivo.”

“E così mi rinchiudete? Oh no, neanche per idea…”

Tutt’intorno a lui risuonarono i click delle armi da fuoco a cui veniva tolta la sicura.

House alzò lentamente le mani, e sempre sotto tiro entrò nella sua cella.

E due. Una volta in sogno, e un’altra nella realtà.

Questa cosa era assurda… no, peggio. Perché Kara gli aveva raccontato per filo e per segno del cylon di nome Leoben che lei aveva dovuto interrogare (e aveva dovuto fare uno sforzo per non farle capire di aver già sentito quel nome. Un altro set di domande a cui non sapeva e forse non voleva rispondere). Delle sue manipolazioni, di come sembrava conoscerla. E soprattutto di come la donna attaccata al respiratore in infermeria lo avesse fatto sbattere fuori da un portellone senza battere ciglio. Se il test tornava indietro dicendo che era un cylon, era quello che lo avrebbe aspettato. Aprì il barattolo delle sue pillole, e ne mandò giù qualcuna. O più di qualcuna, non stette a guardare. Meglio essere completamente fatto, forse avrebbe attutito l’assurdità della situazione… lui era umano, per l’amor del cielo…

“Siamo nei guai, Gregory?”

Si voltò verso l’interno della sua cella. Six era seduta sulla sua sedia. Rise.

“Tu non sei davvero qui.”

“Ricominciamo? Credevo che ormai avessi capito.”

“Tu e il tuo amichetto Leoben… siete Cylon . Che diavolo centrate con me?”

Sentì un altro rumore di tacchi alle sue spalle. Voltandosi, si sentì vicino all’infarto.

Un’altra Six. Questa era diversa… oltre a essere vestita di nero, aveva un’aria diversa. Cattiva. Divertita dalle sue miserie.

“Troppo intelligente per il tuo stesso bene, dottore. Era meglio se non ti immischiavi.”

Le due Six poi si squadrarono con due sguardi che avrebbero potuto uccidere. House andava con lo sguardo da una all’altra, incapace di credere a quel che vedeva. Aveva davvero sentito la voce di Six da Baltar, allora… ma non della sua Six. Dalla conversazione irata che le due stavano conducendo, sembrava proprio che la Six in nero fosse l’ossessione privata di Baltar… Baltar era un collaboratore dei cylon, e aveva incastrato lui per distogliere l’attenzione da sé stesso! Se solo avesse avuto la possibilità, avrebbe fatto secco con le sue mani quel figlio di…

Improvvisamente, iniziò a non sentirsi bene. Tutto iniziò a girare, e si ritrovò carponi sul pavimento della cella. C’era solo Six, la sua Six, con lui. Vedeva che parlava ma non la sentiva… lesse sulle labbra di lei che le dispiaceva di averlo lasciato solo… aveva la stessa espressione di quando l’aveva vista la prima volta, durante il suo infarto…

Prima di perdere conoscenza di nuovo, vide che il suo portapillole era vuoto.

Ne aveva ingoiate molte di più che qualcuna…

“Un altro arresto cardiaco…” mormorò Simon. “Carica le piastre a duecento” disse ad una delle sue copie attorno al letto del loro paziente, e questa gli passò subito i defibrillatori una volta pronti. Il corpo sussultò sotto la scarica elettrica, ma il cuore non ripartì. Tentarono una seconda, e una terza, dopodiché rimasero in attesa. Fortunatamente non furono delusi, e il battito ritornò.

“Come sta andando?” mormorò Doral, entrando nella stanza della struttura medica cylon di Delphi, su Caprica, assieme ad una copia di D’Anna Biers.

“Lo abbiamo ripreso, ma non accenna a svegliarsi.”

“Numero Sei ha problemi a ricondurlo sul giusto sentiero” mormorò Leoben, giunto qualche istante dopo Doral, assieme a un paio di Six.

Six lanciò un’occhiataccia a Leoben, mentre l’altra sorrideva beffarda “È testardo. Passa da una realtà all’altra, ogni volta convinto che sia la sua realtà e che sia sveglio.”

“Inutile dire che ci serve” disse Simon. “I nostri studi per la creazione di un ibrido cylon/umano stanno rallentando, e finora non hanno avuto il successo che ci aspettavamo.”

“Non accetterà” replicò D’Anna. “Stiamo perdendo il nostro tempo.”

La seconda Numero Sei disse che se fosse stato per D’Anna, non lo avrebbero neanche salvato dalle macerie dell’ospedale di Caprica City in primo luogo.

“Se si sente al sicuro nelle realtà che si crea, quando si sveglierà dovremo prepararci ad assecondarlo” mormorò Leoben.

“Sono d’accordo” disse Six. “Se crederà di trovarsi tra umani, sarà più facile convincerlo a cooperare...”

“Se non lo farà neanche in quel caso” interruppe D’Anna “verrà eliminato. Credi di farcela, Numero Sei?”

Six guardò Numero Tre con il desiderio di metterle le mani addosso. Sapeva bene che considerava chiunque la pensasse diversamente da lei sugli umani degno di finire incapsulato, senza possibilità di essere trasferito mai più in un nuovo corpo. Non era un mistero che era quello che stava cercando di fare con un’altra Numero Sei, l’eroina di guerra nota come Caprica Six. Stirò le labbra in un sorriso forzato.

“Nessun problema.”

****

Bene... ora, non so quanti seguano BSG, quindi ecco qualche delucidazione sui personaggi che ho usato in questo capitolo, proprietà di Ronald Moore e David Eick.

Tenente Kara Thrace: pilota da combattimento dalla smodata passione per l'alcol, i cigari e il gioco d'azzardo. Amica di Lee ed ex fidanzata del suo fratello defunto.

Capitano Lee Adama: figlio del comandante della flotta Bill 'Old Man' Adama, Capo della squadriglia di volo (CAG), e in generale irreprensibile. Fin troppo.

Laura Roslin: era la sottosegretario all'istruzione delle colonie. Poi hanno bombardato le colonie ed è diventata presidente.

Dott. Gaius Baltar: l'essere più geniale, smidollato, egocentrico, debole e codardo che sia mai stato creato, sottomesso in pratica alla versione virtuale di Numero Sei che vede solo lui, dopo la distruzione di Caprica Six durante il bombardamento nucleare delle Colonie.

E ora i Cylon. (A parte Six, che già conoscete)

Simon: medico di colore, responsabile del programma di imbridazione tra cylon e umani.
D'Anna Biers: si finge una reporter all'interno della Flotta. (Quando aveva i capelli scuri, era nota anche come Xena, principessa guerriera.)
Aaron Doral: all'inizio era il responsabile delle pubbliche relazioni durante la cerimonia di disarmo del Galactica, poi Baltar con una botta di fortuna l'ha identificato come cylon. Modello numero cinque, vestito sempre impeccabile.
Leoben Conoy: intelligente e manipolatore, è uno dei più pericolosi. Il primo cylon a essere identificato. E mio preferito (camicie orrende a parte), soprattutto quando da la caccia a Kara ;)

  
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