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Autore: mannie    04/03/2012    7 recensioni
Elena combatterà con un qualcosa più grande di
lei,un demone che la farà scomparire a poco a poco. Letteralmente.
Un segreto mortale, dal quale tutti quelli che lei ama verranno tenuti all’oscuro.
TEMI FORTI:
Sucidio,
Anoressia,Abusi. / PRESTO RATING
ROSSO
Non una semplice storia, ma il bisogno di far aprire gli occhi di
fronte ad una crudele realtà che ci circonda. E che troppo
spesso viene ignorata.
Sperando possa cambiare
qualcosa in ognuno di voi, magari riuscendo a farvi riflettere per un
po su questo mondo oscuro.
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena, Elena/Katherine, Katherine/Stefan
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Prima di iniziare, chiedo a voi tutti lettori di assecondare il fatto l'ampliezza della mente umana, della fantasia, del tumulto di emozioni dal quale l'uomo è reso tale.  
 E, lasciate che vi guidi verso una differente trama, che -spero vivamente- sia di vostro gradimento.

Non una semplice lettura.
 Ma un modo per far aprire a voi tutti gli occhi, su un argomento che troppo spesso è sottovalutato.
La potenza della mente.
  A volte, più pericolosa del Male in se'.

 Temi Principali: Anoressia, Dolore Inflitto Autonomamente. 



 

 

 

Piano C

 

 

Ero a conoscenza del fatto che Stefan era andato via. E non avrebbe fatto alcuna apparizione.

 Perlomeno non durante la mia esistenza.

Ma anche se l’avesse fatto, il suo cuore sarebbe stato così distante da essere irraggiungibile da qualsiasi tipo di amore. 

 La sua umanità era protetta da un muro indistruttibile e invalicabile.

 

Mi resi conto di ciò nello stesso momento in cui detti voce ai miei pensieri.

  Realizzai di essere aggrappata al collo di Damon nell’istante in cui il calore al contatto delle nostre pelli si fece fastidiosamente scomodo .

  Lo stavo stringendo con la stessa forza con la quale stavo provando a non far scendere alcuna lacrima sulle mie guance accaldate, rivelando al fratello dallo sguardo di ghiaccio la verità.

 

 

“Non avremo mai più Stefan. Lo sai, vero?” sussurrò, arrendevole.

  Aveva fin troppo ragione.

Io –noi- lo avevamo perso per sempre.

 “Allora lo lasceremo andare” annunciai, assicurandomi della sua reazione.

Sapevo che gli importava di suo fratello, ma non avrei mai scommesso che Damon potesse mostrarsi così chiaramente vulnerabile, senza quella logorata patina protettiva che indossava ogni qualvolta si parlasse di sentimenti.

 “Okay?Dovremo lasciarlo andare” la mia voce uscì distaccata, quasi come Katherine.

 

Avrei dovuto essere forte.

  Se non per me.. per Damon. Non aveva bisogno di accollarsi un altro problema sulle spalle.

 

 

.

.

.

 

“Posso restare qui per stasera?” gli domandai nervosamente verso mezzanotte, sebbene sapessi che avesse già tirato le sue supposizioni.

 Non ero mai rimasta alla pensione prima d’ora, non se Stefan non avesse speso la notte con me.

  Damon annuì silenziosamente, fingendo d’essere intento nel versarsi da bere.

 

Non mi andava davvero di tornare a casa mia, dovendo affrontare il bisogno collettivo di spiegazioni.

 Che codarda.

Damon venne a sedersi al mio fianco, fissando distrattamente i giochi di luce che il fuoco ardente scatenava bruciando il legno.

  Stemmo in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, fino a quando non fu lui a riportarmi alla realtà.

 

“Come stai, Elena?”I suoi abissi celesti non diedero cenno di rilasciare il mio sguardo, bruciando forse più ardentemente del focolare nel caminetto.

 Come mi sentivo?

“Come credi che me la passi?” mugugnai.

Ed ecco che riapparve il suo mezzo sorriso amaro.

  In una frazione di secondo la mia guancia ricominciò a bruciare, mentre le sue dita trassero percorsi immaginari sulla mia pelle.

 Cercai di non chiudere gli occhi.

Lui rese tutto più facile quando richiamò la mia attenzione.

 

 “Devi ricordarti la mia promessa.” Mormorò , sicuro delle sue parole.

Sapevo a cosa si stesse riferendo.

 La notte in cui Stefan aveva bevuto il mio sangue, quando la sua umanità era stata messa a tacere per ordini di Klaus, Damon aveva giurato di non lasciarmi mai più sola.

 Ed io gli avevo creduto.

 

Ma non erano le stesse cose che Stefan mi aveva promesso, prima di tutto il casino con gli ibridi? Prima che si scoprisse della maledizione del Sole e della Luna?

 

Perché ogni volta che qualcuno pronunciasse quelle parole, ciò che succedeva subito dopo risultava essere esattamente l’opposto ?

 

 

 

 Fissai il pavimento in silenzio.

“Guardami” ordinò severo, sollevandomi il mento.

 Non intenzionalmente i miei occhi si chiusero.

Damon sapeva leggermi fin troppo acutamente,  non ero pronta a rivelarmi così fragile in quel momento.

 

Elena” provò di nuovo. “ Non andrò da nessuna parte”.

 E la sincerità di quelle parole venne emessa con così tanta potenza che mi ritrovai ad obbedirgli, ed a fissarlo nelle sue pozzanghere blu.

“Ti prego, non farlo mai” pregai con urgenza, strizzando gli occhi per non far uscire quel dannato liquido.

  E a mio più grande fastidio, Damon era riuscito a portare via tutta la forza che avevo provato affannosamente ad accantonare, solamente con uno sguardo.

  Una lacrima solitaria tracciò un percorso indefinito sulla mia guancia.

Lui la fissò compassionevole, asciugandola.

 Come per accentuare la sua promessa.

Non se ne sarebbe andato.

.

 

.

 

.

 

 

Quando la mattina seguente aprii gli occhi pigramente ,mi resi conto di essere attorcigliata attorno a coperte bianche di seta, fortunatamente ancora nei miei vestiti.

 Mi rimproverai vigorosamente al solo pensiero.

Richiusi gli occhi, avvertendo i postumi di una serata fin troppo movimentata.

 Quando  i miei polmoni si regalarono un involontario sospiro, l’odore singolare della sua colonia arrivò alle mie narici,prepotente.

 

“Sveglia, sveglia” la sua voce arrivò alle mie orecchie, e non mi sfuggì il fatto che fosse tornato ad usare il suo solito sarcasmo.

 Ovviamente.

Aprii gli occhi, ben cosciente che non mi avrebbe lasciata dormire.

 “Hai fame?” sghignazzò Damon, dai piedi del letto, nel suo solito vestiario scuro.

“Ti piacerebbe” risposi al duplice significato della sua domanda, sorprendendomi di quanto fosse impossibile non sorridere nel vederlo più pacato rispetto al giorno precedente.

 “Probabile” fece spallucce.

 

 

 

 

Dopo una doccia nel suo bagno di classe, mi ritrovai a girovagare senza meta nel parlatorio.

 “Non fai colazione?” la sua voce mi riportò alla realtà, essendo stata intenta a leggere i titoli di alcuni libri sul piccolo tavolo in legno.

 “Non ho fame” mi giustificai, osservandolo smanettare il suo cellulare.

Lo osservai, perplessa.

 Il mio stomaco comunque faceva male, non per la fame.

Ero stata troppo impegnata nel concludere affari evidenti.

 Questi erano i postumi dello stress.

 

Sobbalzai quando realizzai Damon era apparso al mio fianco,ancora una volta indossando quel suo solito sguardo.

 “Devi mangiare. Da quand’è che non tocchi cibo,ieri mattina?”

Il fatto che fosse stato così attento ai particolari mi lasciò stupita per alcuni secondi.

 “Non mi va, Damon.”

Annuì, e si avviò verso il corridoio, lasciandomi sospettosa.

 Da quando in qua me ne dava vinta una?

 

Ovviamente mi resi conto di aver torto quando la sua figura apparve circa trenta secondi dopo, con una scodella con latte e cereali.

 “Mangia.” Ordinò parentale, posizionando la mia colazione sul tavolo di fronte alla mia persona.

 

 

 

Sarebbe stato uno spreco di forze obbiettare, perciò decisi di non fulminarlo con lo sguardo nel mentre trangugiavo i miei cereali preferiti.

 Quando ebbi finito, la sua espressione mi ricordò tanto quella di un bambino il giorno di Natale.

 

 

.

.

.

 

“Mi vado a fare una doccia” annunciai, scocciata.

  Lo vidi sollevare un sopracciglio con la coda dell’occhio.

“Un’altra?”

  “Mi piace il tuo bagno” spiegai, tagliando corto poiché mi iniziavo a sentire nauseabonda.

“Non tenere il broncio troppo a lungo” mi richiamò Damon, una volta sulle scale. Mi sporsi per ascoltare il resto.

 “Le rughe non risparmiano nessuno”

 

Portai gli occhi al cielo e sospirai, ignorandolo.

 

 

Una volta raggiunto il bagno, lasciai che l’acqua ricadesse rumorosa dall’esageratamente grande lavandino.

 Fissai la mia immagine nello specchio per alcuni secondi, e scostandomi i capelli dal viso piegai le ginocchia fino a toccare il freddo materiale del pavimento.

 Poggiai entrambi i gomiti sui bordi del gabinetto, sentendomi totalmente debole e vertiginosa.

 

 

 Non pensare Mi suggerii quando feci scorrere due dita sempre più in fondo alla gola, fino a quando divenne difficile respirare e trattenere tutto quando dentro di me.

 

 Vomitai.

E odiai ogni secondo di quel momento.

 

Non riuscivo a capire bene il perché del mio gesto, ma me ne pentii subito.

 Rimase qualcosa,però, nei meandri della mia mente che mi fece rendere più.. libera.

 

Quando riuscii finalmente a sollevarmi, quasi mi ritrovai sul pavimento a causa dei giramenti di testa.

 Mi aggrappai al lavandino per trovare sostegno, lasciando passare alcuni minuti.

 

 

Dopo la sfogata, non avevo più paura.

 Quel sentimento fu sostituito da determinazione.

 

 

.

.

.

 

 

Quando mezz’ora più tardi riuscii ad uscire dal bagno in maniera presentabile, Damon era ancora nel salottino intento nella sua attività preferita.

 Bere.

Avevo supposto mi fosse rimasto più con il fiato sul collo dopo gli avvenimenti appena conclusi. Al contrario, mi aveva concesso i miei spazi,essendo tenuto all’oscuro che dentro di me ero già crollata.

 

Il suo cellulare squillò, e lo vidi accompagnarlo al suo orecchio in maniera svelta.

 Percepii fosse un fatto importante.

“Seriamente, Katherine?” sputò.

Raddrizzai le orecchie, attenta.

 “Non ho mai pensato potessi essere così fuori di testa da ucciderti con le tue stesse mani” le disse Damon, amaramente sarcastico.

 Stette in silenzio per una battuta o due.

“Era con te, quindi?” le parole erano state scelte attentamente, pronunciate silenziosamente.

 

 Il mio cuore perse un battito o due. Sapevo benissimo di chi stesse parlando, sebbene Damon stesse cercando disperatamente di evitare la nomina del soggetto.

 

E poi un sorriso malefico tracciò una sospettosa linea sulle labbra del vampiro di fronte a me.

 

 Mi preoccupai.

Qualsiasi cosa stessero progettando di mettere in atto, temetti sarebbe costato un grosso prezzo.

 

 

 

   
 
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