Brittany mollò
la presa e si lasciò cadere. Sia Dave che il
nostro soccorritore tentarono di afferrarla al volo, ma fu inutile per
entrambi. Sentì poi Dave urlare il suo nome, mentre io me ne
stavo ammutolito e
incredulo a guardarla precipitare nel vuoto.
Sentivo di dover fare qualcosa, e non curante delle conseguenze, feci
la cosa
più stupida, ma in quel momento unica, che mi venne in
mente…mi lascia cadere
anch’io. Non sapevo cosa avrei potuto fare, ma non avevo
nessuna intenzione di
lasciarla da sola in acqua.
Una mano, però, riuscì ad afferrarmi. Era
Dave.
<< Che stai facendo, Alvin?? Sei impazzito!!?
>>
<< Dave, lasciami!! Non posso lasciarla
laggiù!! >>. Non gli
lasciai il tempo di rispondermi. Con un rapido scatto mi voltai e lo
azzannai a
un dito. Lui urlò di dolore e lasciò la presa,
liberandomi.
Mentre precipitavo, tentai di capire dove fosse Brittany. Speravo di
vederla
galleggiare in superficie, ma in quegli instanti, mentre mi trovavo a
precipitare nel vuoto, non ci riuscii. Se solo Dave non mi avesse
afferrato al
volo, avrei sicuramente visto in quale punto si fosse tuffata, e avrei
saputo
dove cercarla.
Raccolsi braccia e gambe e mi preparai all’impatto con
l’acqua.
Ricordo che la prima sensazione che provai una volta entrato, era di
gelido
freddo. Per questo, o forse semplicemente per lo shock della
situazione, mi
mancò il fiato per alcuni brevi istanti. Dovetti
però riprendermi in fretta e
cercare Brittany.
Mi guardai intorno, cercando nel frattempo di restare a galla col
corpo, ma non
riuscivo a vederla.
Urlai il suo nome con tutti il fiato che avevo in corpo, ma a causa del
rumore
dell’elicottero sopra la mia testa, era molto improbabile che
mi potesse
sentire.
Sperai fino all’ultimo di riuscire a vederla, ma poi giunsi
ad una tragica
conclusione…era sott’acqua!
Non pensai minimamente a guardare sopra di me, verso
l’elicottero, per vedere
cosa stava succedendo, mi limitai a prendere una profonda boccata
d’aria e
immergermi.
Sott’acqua tentai di aprire gli occhi, bruciavano a causa del
sale dell’acqua
marina, ma resistetti al fastidio. Nuotai sott’acqua,
guardandomi intorno ad
ogni bracciata. Cercavo un’ombra, un dettaglio, qualcosa che
mi avesse permesso
di capire dove fosse Brittany.
Nuotai verso il basso, girai tutto intorno alla zona da dove mi ero
immerso, mi
allontanai e mi riavvicinai. Erano trascorsi pochi secondi, ma per me
erano
un’eternità. Ero nel panico più totale,
e ben presto, oltre alla paura e alla
stanchezza, mi resi conto che non sarei riuscito a reggere
l’apnea ancora a
lungo. Dovevo riemergere per riprendere fiato, ma così avrei
perso solo secondi
preziosi, che invece avrei dovuto spendere per cercare di ritrovare
Britt…
Non curante di quanto sarei riuscito a resistere ancora, continua a
cercarla
ancora e ancora, mentre le lancette dell’orologio scorrevano
implacabili. Il
mio istinto di sopravvivenza mi imponeva di risalire, ma non gli davo
retta.
Ad un certo punto, stremato, sfinito, e senza più ossigeno
in corpo, mi arresi.
Era stato tutto inutile…dovunque fosse, ormai
l’avevo perduta…avevo perduto per
sempre la mia Brittany…
Non avevo più nulla per continuare a lottare, quindi non
cercai nemmeno di
risalire in superficie. Smisi di nuotare e mi lascia inghiottire dalle
acque.
Quanto tempo era passato? 1 minuto? 30 secondi? Probabilmente la
seconda.
Sentii propagarsi nell’acqua un rumore lontano e sordo,
qualcuno si era appena
tuffato. Forse uno dei nostri soccorritori, o forse Dave, che in
qualche modo
deve essersi liberato e rigettato in mare.
Dave…non l’avrei più
rivisto…come non avrei più rivisto i miei
fratelli,
pensai…era giusto quello che avevo deciso di fare? Avevo
perso Brittany, ma
loro adesso stavano per perdere anche me. Non potevo
permetterlo…non dopo tutto
quello che gli avevo fatto passare.
Mi ripresi, nonostante ormai i miei polmoni erano a secco di ossigeno,
e mi
dissi che almeno io dovevo risalire.
Non so perché, ma mi tornò in mente un discorso
di Simon riguardante l’ipossia:
se i polmoni non riescono a raccogliere l’ossigeno,
cominciano ad assimilare
quello già presente in corpo, e non è per niente
una buona cosa.
Quindi dovevo davvero sbrigarmi a risalire se volevo evitare di morire
annegato
pure io.
Cominciai a nuotare verso la superficie, ma non andai molto lontano,
perché poi
fui colto da uno strano presentimento…mi sembrò
di vedere a 3 di distanza da
me, più o meno a 4 o 5 metri di profondità,
un’ombra scendere lentamente verso
il basso. Sarebbe benissimo potuta essere qualsiasi cosa. Un pesce, un
pezzo
della zattera, un oggetto caduto
dall’elicottero…oppure Brittany.
Mi dimenticai dell’ipossia, dell’apnea che ormai
non riuscivo quasi più a
reggere e della stanchezza, e iniziai a nuotare il più
velocemente possibile
verso la strana figura. Più mi avvicinavo e più
l’ombra diventava nitida.
Quando fui a un solo metro non ebbi più dubbi…era
lei!
Se ne stava a pancia in su e inerme come una bambola di
pezza…una visione
terribile…mentre la forte corrente sottomarina la
allontanava lentamente da me,
lei continuava sprofondare sempre di più. Io nuotavo a
più non posso, per
cercare di raggiungerla, ma anche se ormai c’erano solo pochi
centimetri a
separarci, io ero sempre più debole e stremato. Per quanta
resistenza extra mi
avesse dato, ormai neanche l’adrenalina poteva fare
più di tanto. La vista
iniziò ad offuscarsi a causa dell’apnea, sentii
che a momenti sarebbero
iniziati gli spasmi d’asfissia e i miei muscoli ormai si
rifiutavano di
obbedirmi. Dovetti farmi affidamento a tutta la mia forza di
volontà per non
cedere.
Con uno sforzo disumano (per quanto io non sia un umano, ma un
chipmunk),
allungai il braccio nel tentativo di afferrarla, ma anche a causa della
vista
offuscata l’unica cosa che ottenni era di urtarla e farla
roteare su se stessa
di 180 gradi, allontanandola da me di altri quattro o cinque
centimetri.
La disperazione ormai era l’unica cosa che era rimasta in
me…Brittany era
proprio lì, davanti a me, a pochi centimetri, eppure io non
riuscivo ad
afferrarla. E se poi ci fossi riuscito? Pensai. Forse sarebbe lo stesso
stato
inutile. Forse era già annegata, forse era già
morta prima di cadere in acqua!
Non aveva importanza, viva o no, non potevo permettere che il mare me
la
portasse via proprio ora che l’avevo ritrovata. Decisi di
fare un ultimo
tentativo, l’ultimo sforzo che potevo permettermi. Se avessi
fallito anche sta
volta, mi sarei lasciato andare con lei.
Raccolsi le ultime energie che mi erano rimaste e allungai nuovamente
il braccio.
Per un attimo, mi sembrò di aver fallito ancora, ma proprio
all’ultimo momento
riuscì ad afferrarle un ciuffo di peli della coda! La tirai
verso di me quanto
bastava per assicurarmi una presa migliore, e quando il mio pugno
stringeva tra
le dita il pelo della sua coda, diedi un ultimo, violentissimo
strattone che la
avvicinò a me. Se fosse stata cosciente probabilmente
avrebbe provato molto
dolore per il modo in cui l’avevo strattonata.
Ora che l’avevo recuperata, mi resi conto che il peggio era
appena iniziato.
Dovevo riportarla su in qualche modo, ma temevo che ormai le mie forze
non
avrebbero retto. La tenni stretta a me e cominciai a nuotare verso la
superficie, ormai andavo completamente alla cieca, non ero
più nemmeno sicuro
che stessimo effettivamente risalendo.
Per fortuna, dopo aver fatto ancora affidamento ai residui di energia
che
rimanevano, riuscimmo a raggiungere la superficie.
Tirai una profondissima boccata d’aria provando una delle
più piacevoli
sensazioni mai provate. Potevo sentire la vita che mi stava
abbandonando
rientrare in me.
Aprì gli occhi venendo momentaneamente accecato
dall’intensità del sole, poi,
dopo aver tossito e inspirato un paio di volte cercai di capire dove
fosse
l’elicottero. Era strano…benché
sentissi le eliche in funzione, mi sembravano
molto più distanti. Quando finalmente lo vidi, notai che si
stava spostando,
come se stesse esplorando in nostra ricerca.
A sette o otto metri da noi, vidi anche riemergere da
sott’acqua il nostro
soccorritore. Quindi era lui a essersi tuffato, poco prima. Quello che
invece
non capivo era come facessimo a essere così distanti
dall’elicottero e
dall’uomo in mare…avevo davvero nuotato
così tanto? No, impossibile. Era colpa
della corrente! Anche adesso riuscivo a sentirla mentre ci spingeva
via.
Durante la fuga dall’isola avevamo avuto non pochi problemi
ad allontanarci dal
vulcano, proprio a causa della forte corrente che continuava a
spingerci verso
la riva.
Tentai di chiamare l’uomo in mare, affinché ci
sentisse e ci portasse in salvo,
ma ero ancora sfinito. Quel poco che usciva dalla mia bocca erano frasi
soffocate, inoltre il peso del corpo di Brittany, che nel frattempo
reggevo, mi
spingeva verso il basso.
Dall’elicottero, uno del gruppo dei soccorsi parlò
al collega in acqua con il
megafono.
<< Thomas, dobbiamo andare! >>
E subito dopo l’elicottero si portò sopra
l’uomo, lanciandogli la scaletta.
Thomas disse qualcosa. Probabilmente non era d’accordo con la
loro decisione,
almeno, da quel poco che mi sembrava di capire da quella distanza e con
il
rumore delle eliche.
<< Abbiamo avvisato la seconda squadra, stanno arrivando,
ma noi dobbiamo
andare! Non possiamo fare altro >> gli disse la voce del
megafono
Tentai di chiamarli ancora, gridando a più non posso, ma fu
inutile, non mi
sentirono. Quando Thomas risalì dalla scaletta,
l’elicottero se ne
andò…lasciando me e Brittany da soli in alto
mare.
Sentivo che sarei impazzito. Probabilmente sarebbe successo, se solo
non avessi
ancora avuto Brittany con me. Lei aveva aspettato abbastanza, dovevo
cercare di
capire se era ancora viva. Provai a chiamarla per nome, a colpirla con
degli
schiaffetti, a darle dei leggeri strattoni, ma non reagiva. Continuai
invano a urlare
il suo nome piagnucolando. Non sapevo davvero cosa fare.
Provai a guardarmi intorno, notando ad un certo punto che a tre metri
da noi
c’era un piccolo pezzo della zattera che galleggiava a pelo
dell’acqua. Nuotai
verso la sua direzione, trascinando con me Brittany, finché
non la raggiunsi
(per fortuna in quel momento ci trovavamo controcorrente rispetto al
pezzo di
legno della zattera, così era stato facile raggiungerla.
Volendo avrei potuto
risparmiare le forze e aspettare che la corrente la avvicinasse a noi,
ma date
le circostanze, non potevo perdere altro tempo). Mi aggrappai ad
un’estremità
con una mano, mentre con l’altro braccio, tiravo Britt fuori
dall’acqua
appoggiandola sulla tavola di legno, poi ci salì sopra
anch’io.
Oltre al discorso sull’ipossia, ricordo che Simon mi aveva
anche insegnato una
cosa che ora mi sarebbe tornata davvero utile…la
rianimazione. Per prima cosa,
mi aveva spiegato, bisognava verificare se la vittima aveva polso e se
respirava, quindi contrai subito le condizioni di Britt. Non la sentivo
respirare, e non sembrava avesse battito. Il cuore dei roditori batte
ad una
velocità superiore rispetto a quella umana, quindi
l’avrei sentito di sicuro se
così fosse stato. Invece niente. Come temevo.
Avevo paura, molta…ma dovevo mantenere la
calma…ero l’unico che poteva ancora
aiutarla.
Ricordandomi delle spiegazioni di Simon, inizia (o per meglio dire,
improvvisai) un massaggio cardiaco. 30 serie che avrei dovuto alternare
con un
tentativo di rianimazione respiratoria, per completare un ciclo, poi
avrei
dovuto ripetere da capo…finché non si sarebbe
ripresa…o fino a quando non mi
fossi arreso io.
Il primo ciclo di rianimazione non ottenne risultati, come furono
inutili anche
il secondo e il terzo…al quarto stavo iniziando a perdere le
speranze, e mentre
tentavo ancora, le lacrime iniziavano a colarmi dagli occhi. Ero ormai
alla
fine del quarto ciclo quando una voce maligna dentro la mia testa mi
ripeteva
in continuazione “E’ morta,
rinuncia!”…No! Non volevo arrendermi, non dopo
tutto
quello che ho passato!!
Iniziai il quinto ciclo col massaggio cardiaco, che ancora non dava
risultati.
Il pianto divenne presto disperazione, per la mia Brittany per la quale
ormai
sembrava non esserci davvero più nulla da fare.
Mentre continuavo, non potei più trattenermi, e gridai
<< Brittany, ti
prego, svegliati!! Non lasciarmi solo…ti…ti
prego…Britt!! >>. E Britt si
riprese.
Tossì sputando acqua dalla bocca e ansimando. Io, con le
lacrime agli occhi,
tentai di parlare.
<< Britt, Britt?! Mi senti?? Sono io, Alvin!!
>>
<< A…Alvin…
>>
<< Sì, Britt! Sono Alvin…Britt??
Britt! >> provai a chiamarla, ma
non rispose. Il mio nome fu l’unica cosa che disse,
dopodiché perse nuovamente
i sensi…ma almeno sta volta respirava.
Per la prima volta da quando quella brutta avventura era iniziata, mi
permisi
di fermarmi per recuperare le forze. L’agitazione e
l’adrenalina si stavano
esaurendo, e io iniziai a sentirmi veramente stanco. Il riposo non
durò a
lungo, però. Da lontano sentì ancora il rumore di
un elicottero. Erano la
seconda squadra di soccorsi! Come promesso erano già
arrivati!
Tentai di frugare nel taschino della mia felpa alla ricerca del mio
coltellino,
ma mi ricordai di averlo appoggiato da qualche parte sulla zattera, e
di
essermene dimenticato quando questa si è
spezzata…non avevo modo di avvertili.
Provai a urlare e a saltellare, cercai di farmi notare in ogni modo
possibile.
Ad un certo punto mi tolsi persino la felpa e comincia a sventolarla
sperando
di attirare la loro attenzione con il suo rosso, ma niente da fare,
erano
troppo distanti. Già è difficile avvistare una
zattera con degli esseri umani,
figurarsi una piccola tavola di legno con sopra due chipmunks. Difatti
dopo una
ventina di minuti in cui tentavo di attirare in ogni modo possibile la
loro
attenzione invano, li vidi andarsene e sparire
all’orizzonte.
Mi rimisi la felpa, che fino all’ultimo avevo usato nella
speranza di farmi
notare, e controllai Brittany, che dormiva sdraiata sulla tavola di
legno della
zattera. Le sentii il battito, che era debole, ma almeno
c’era ed era regolare,
e in seguito guardai in direzione dell’isola.
Sapevo che la corrente ci stava riportando verso di essa. Difatti ora
la vedevo
molto più grande e vicina rispetto a quando
l’avevo osservata l’ultima volta.
Il vulcano sembrava aver cessato la sua attività. Bene,
pensai. Almeno non
avremo rischiato di farci colpire da qualche altra palla di fuoco. Ma
cosa
avremo fatto? Dave ci avrebbe ritrovati anche sta volta? Oppure si
sarebbe
definitivamente rassegnato, convinto di averci perso per davvero, sta
volta?