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Autore: Marciux    05/03/2012    5 recensioni
Cinque anni prima della lotta per salvare il mondo. Sephiroth è convocato a Nibelheim per la sua ultima missione da SOLDIER, ma non può immaginare che cosa il destino abbia in serbo per lui. Un personaggio insospettabile trama alle spalle degli altri, celato nell'ombra. Il Pianeta è vittima di minacce ben diverse da quelle contro cui Cloud e gli altri combattono.
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aeris Gainsborough, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Capitolo II

Nibelheim è un minuscolo villaggio di montagna, perlopiù composto da un piazzale in terra battuta, abbracciato da piccole casette dai tetti spioventi. Al centro della piazza si erge un alto pozzo, davanti al quale stanno diverse persone, pronte per accoglierci: diversi uomini e una ragazzina, timidamente in disparte.

L'uomo più anziano si fa avanti e mi stringe la mano, presentandosi come il proprietario della locanda nella quale alloggeremo; dietro la barbetta bianca sorride come un bambino emozionato per il primo giorno di scuola, neanche fossi il Presidente ShinRa in persona. A turno si presentano gli altri uomini, un maestro di karaté, altri semplici cittadini un po' curiosi e, infine si fa avanti la ragazza, aprendosi in un garbato sorriso; inarco un po' le sopracciglia, accorgendomi che indossa un completo da cow-girl. È uno scherzo?

 

«Io sono Tifa. Nessuno conosce il monte Nibel meglio di me, quindi sarò la vostra guida!»

 

Per prima cosa ci sistemiamo nella locanda. Siamo quattro: due SOLDIER prima classe e due soldati semplici. Staremo tutti in un'unica stanza, dalla quale si vede il monte illuminato dal chiarore del mattino. Resto ad osservarlo per qualche minuto, mentre gli altri si riposano, stremati dal lungo viaggio. Tutto sommato non si sta male.

 

Siamo distanti anni luce da Midgar e la sua confusione, le luci abbaglianti, i clacson delle auto, la vita all'ombra del terribile palazzo ShinRa. Qui la gente è semplice e piacevole, si entusiasma per l'arrivo del nostro gruppo, facendo a gara per offrirci la loro ospitalità. Non manca, tuttavia, chi ci rivolge sguardi ostili, o semplicemente preoccupati. D'altronde sanno benissimo che non siamo venuti per stare nella cittadina. Siamo qui per risolvere un problema, e quel problema viene dal reattore mako, ovvero dalla ShinRa stessa.

 

Poco più tardi ci mettiamo al lavoro e, seguendo Tifa, usciamo dal villaggio, passando a fianco ad una grande villa palesemente trascurata e disabitata.

 

«Quella è la ShinRa Mansion. Per anni i ricercatori della ShinRa ci hanno lavorato, per effettuare studi sull'energia Mako» spiego agli altri.

 

Il paesaggio del monte è spoglio e squallido, costituito principalmente da fredde rocce. Un tempo, a detta del locandiere, era ricoperto da foreste, ma da quando il reattore ha cominciato a funzionare, la vegetazione è pian piano morta, lasciando spazio alla desolazione.

 

Mentre ci incamminiamo per il sentiero, il mio nervosismo cresce sempre di più: sapevo benissimo che sarebbe andata a finire così, in missione con Zack Fair; Zack è l'altro SOLDIER e ciò gli basta per sentirsi in dovere di fare il pagliaccio. Conduce il gruppo, spesso superando addirittura Tifa e, ovviamente, sbagliando strada; smaschera presunte imboscate da parte di mostri che, probabilmente, non facevano altro che sonnecchiare placidamente tra le rocce, e, di tanto in tanto, elogia il suo stupido spadone. È un buon soldato, ma quando si tratta di ragazze diventa insopportabile.

 

Al contrario, i due soldati camminano dietro di me, esageratamente silenziosi. Il casco che indossano li fa sembrare addirittura dei robot. Atteggiamento più che normale e giusto, per due soldati semplici, ma la cosa mi sorprende. Uno dei due, di cui non ricordo il nome, si trova nella sua città natale, eppure non ha salutato nessuno, non ha chiesto il permesso di andare a trovare parenti, anzi, non ha proprio fatto una piega. Continua a camminare e a guardare dritto davanti a sé, senza dire una parola.

 

Tutto sommato, la situazione non sarebbe poi così stressante, se Tifa non avesse portato con sé un amico fotografo, che non ha fatto altro che immortalare la nostra lunga camminata, chiedendo pose e sorrisi, neanche fossimo in gita scolastica. L'occhiata minacciosa che gli ho rivolto quando mi ha chiesto di fare una foto in posa da combattimento deve averlo dissuaso e, del resto, i miei due taciturni compagni non devono essere un soggetto interessante per un servizio fotografico, così ha finito per concentrarsi su Tifa e Zack, costringendoci di tanto in tanto a fermarci per catturare l'immagine di una fontana di Mako o di una roccia dalla forma particolarmente curiosa.

 

In tutto questo trambusto, son riuscito addirittura a far passare inosservata una telefonata a mia moglie, trasformatasi in un fastidioso battibecco.

 

«Non mi avevi mica detto che ti saresti trattenuto così tanto a lungo fuori casa!»

«Cara Iana, non me ne hai dato il tempo! E poi cosa ti aspetti, non sto mica curando un raffreddore!»

«Farai bene, piuttosto, a prepararti allo spaventoso raffreddore che ha mia madre! Ha urgente bisogno di cure, spero che tu torni presto! Ieri siamo andate a cena da lei, alla fine, ti sei perso dei fagotti di Cockatoris eccezionali!»

«Lo immagino» rispondo io; d'altronde mia suocera è una perfetta cuoca, bisogna dargliene atto. Ogni boccone delizioso, però, costa caro. «Senti, non è che ci sentiamo più tardi?»

«Certo, basta che ti muova a fare questa dannata cosa e torni qui, perché a dire il vero neanche io mi sento tanto bene, ho bisogno che mi visiti. E stai attento alle allergie»

 

Ovviamente, spacciandomi per medico, devo far fronte a tante richieste di consulenze da parte di mia moglie, la sua famiglia, le sue amicizie... Sino ad ora son riuscito più o meno a scamparmela, ma mi chiedo per quanto ancora durerà questa storia. Chiudo finalmente la comunicazione e torno al silenzio dei miei due compagni, chiedendomi se abbiano seguito la telefonata. Ad ogni modo, non sembrano capaci di poterne divulgare il contenuto.

 

La lunga escursione sul monte giunge infine al termine, quando ci ritroviamo al grande reattore di Nibel: una ricompensa non tanto gloriosa, per chi ha faticato ad arrivare sin qui. La torre è lunga e alta, un ammasso di ferraglia decisamente poco gradevole alla vista, ma tanto caro alla ShinRa: l'aver trovato il modo per assorbire l'energia vitale del Pianeta, il Mako, l'ha resa la compagnia più ricca e potente al mondo, dominatrice di un taciuto impero che ha come capitale Midgar. Esistono diversi reattori in tutto il Pianeta, di cui questo è il primo ad essere stato costruito. ed è grazie a loro se oggi la qualità della vita ha raggiunto alti livelli. Quando c'è un problema, però, son rogne. E noi siam qui per questo. Tra il guasto al reattore e il pranzo dalla suocera, davvero, la scelta è ardua.

 

Io e Zack entriamo nell'edificio, lasciando fuori Tifa, Mr. Fotografo e i due morti viventi. Di tutti i reattori che ho visitato, questo è senza dubbio il più inquietante; ha qualcosa che va oltre le migliaia di cavi, tubi, circuiti, ma non saprei dire cosa. Pian piano perdo la cognizione del tempo passato là dentro, ma sicuramente sono trascorse delle ore, prima di aver trovato la causa del problema: una valvola lasciata semiaperta, sulla scalinata che porta al cuore del reattore. Ci troviamo in una stanza dalle pareti rosse, costruita in salita nella direzione di una porta che, fortunatamente, non ci riguarda. Ai lati della scala ci sono, allineate, grandi capsule sigillate, il cui contenuto si può osservare attraverso un ristretto oblò. Percorro la scalinata per ispezionare la parte superiore della stanza, quando Zack si lascia scappare un'esclamazione di sorpresa e incespica sui suoi passi, capitombolando sul pavimento.

 

«Che spavento! Vieni un po' a vedere che cosa c'è qui dentro!»

 

Ma io non gli do ascolto: sono immobilizzato davanti alla porta, gli occhi sbarrati che fissano la grande scritta che la sovrasta. “Jenova”.

 

Che diamine ci fa qui il nome di mia madre?

  
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