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Autore: LoryFoxie    06/03/2012    0 recensioni
Questa oneshot e' legata al mio personaggio in un GdR PbF, una mezza-sirena dai lunghi capelli rosa, dolcissima, che si e' iscritta ad un'accademia militare. Qui farà pero' da babysitter... e le cose non andranno esattamente come pensava.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Crystal, la sirenetta soldato.'
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Babysitter. Ecco cos'avrei fatto in quella bellissima giornata.
L'idea mi allettava parecchio in realtà, perchè avevo proprio voglia di fare qualcosa di diverso che non fosse semplicemente uccidere qualche povero mostro o andare in giro per le dimensioni a cercare di risolvere problemi, su problemi, su problemi... si, decisamente. Passare del tempo in compagnia di un bambino era qualcosa che mi avrebbe finalmente aiutata a ritrovare una lontana parvenza di normalità: un pomeriggio alternativo, facendo un lavoretto normale che non mi ricordasse costantemente il mio esser diventata un soldato.
Dopo pranzo, mi diressi all'indirizzo che mi avevano dato, cercando l'appartamento in questione. Lo trovai facilmente, fra tutti, perchè sicuramente si notava: le mura accanto alla porta erano scarabocchiate con diversi colori che sembravano cera o tempere, ed il numero del posto era disegnato proprio sopra il campanello, coprendolo in parte di mille colori.
Quando mi avvicinai, notai che dall'interno provenivano urla e sentii anche qualche oggetto sbattere contro non so cosa, cadendo poi a terra. Sempre più sconcertata, mentre mi chiedevo se non avessi, magari, sbagliato indirizzo, suonai il campanello, facendo attenzione a non toccare i colori, visto che sembravano ancora non essersi del tutto asciugati.
Ci fu il silenzio assoluto per qualche secondo, prima di sentir la chiave girare nella serratura e vedere la porta aprirsi davanti a me. Mi ritrovai di fronte una signora dai capelli corti, ricci e castani, sparati in ogni direzione, come se avessero preso la scossa. Era anche più bassa di me, ragion per cui dovette alzare lo sguardo per guardarmi. Mi squadrò dall'alto al basso, prima di parlare.
« E' lei la signorina Nael? »
« Ehm, si. Lei e' la signor- »
« Sisonoiomaoramiscusidevofuggirearrivederlaciaobuonlavoro!»
Dire che mi spiazzò e' dir poco: mi mise le chiavi in mano e fuggì, letteralmente, correndo via dall'appartamento e da qualsiasi cosa contenesse. Ma era davvero così preoccupante la situazione? Rimasi a guardare le chiavi nelle mie mani a lungo, prima di decidermi a spingere la porta verso di me e fare un passo avanti. Entrai in casa, dove ancora regnava il silenzio, quasi con cautela, percorrendo il breve corridoio che portava al soggiorno. Chissà perchè poi? Mi aspettavo un attacco a sorpresa da parte di un mostro o qualcosa del genere?
Beh, la casa era sicuramente un campo di battaglia: c'erano giocattoli ovunque, alcuni dei quali semi o completamente distrutti; mobili rotti con sportelli che penzolavano di lato o completamente staccati; mura che forse un tempo erano bianche e che ora erano così colorate da sembrare di emanare una luce propria.
« C'e' nessuno? » chiesi, tenendo gli occhi ben aperti e guardandomi attorno, forse pensando che sarebbero sbucati dal tetto o qualcosa del genere. Qualunque cosa "fosse", o "fossero", visto che una parte di me si rifiutava di credere che potesse essere un bambino l'artefice di quel putiferio, sentii uno sbuffo divertito proprio alle mie spalle, ma, dopo essermi voltata non vidi nulla. « Ma che...? » mi voltai nuovamente, decidendo di pensare che fosse stato uno scherzo del mio cervello e di andare avanti, per raggiungere infine il soggiorno, dove probabilmente mi aspettava il bambino che dovevo controllare. Ma quando mi fui voltata mi ritrovai davanti ben tre bambini.
« AH! » urlai, spaventata, facendo un passo indietro. Peccato che scivolai su una matita e mi ritrovai a terra, dolorante. « Ouch. » commentai, cercando di rialzarmi, mettendomi seduta. Peccato che i bambini decisero che non dovevo farlo, e difatti mi saltarono addosso tutti contemporaneamente, iniziando ad urlare qualcosa che all'inizio non riuscii a capire. Poi, con tanta pazienza, provai a isolare le loro voci una ad una, per tradurre ciò che dicevano.
« Tata-tata! » « Resta con noi! » « Giochiamo! » « Non ci lasciare tata! »
« Non te ne andare come Charlotte! » « Charlotte dishe che non shi vuole bene! »
E, intanto che parlavano, cercavano di trascinarmi -riuscendoci per davvero- verso il soggiorno, che finalmente riuscii a vedere. Era la stanza probabilmente più caotica che avessi mai visto in vita mia: i mobili oramai erano un cumulo di legno sparso un po' ovunque; i due divani, che forse una volta erano stati bianchi, ma che ora erano multicolor, erano pieni di buchi ovunque, con alcuni giocattoli incastrati in essi; le finestre erano sigillate con delle sbarre, forse per non permettere ai tre di uscire; giocattoli distrutti sparsi ovunque; tempera nei pavimenti, nelle mura, sul soffitto... come ci arrivavano dei bambini al soffitto?
Cominciai seriamente a preoccuparmi. Charlotte doveva per forza essere la donna dai capelli ricci che avevo appena incontrato, e ciò significava che non era lei la madre delle tre pesti. Chi erano i loro genitori, dunque? E soprattutto, dov'erano?
Ed intanto che pensavo, che cercavo di dare un senso logico a tutta quell'assurdità che mi aveva letteralmente travolta, loro mi avevano condotta in uno dei divani, facendomi sedere e sedendosi a loro volta davanti a me, nel pavimento, incrociando le gambe e fissandomi attentamente.
« Wow. » riuscii a dire, prendendo fiato, ora che mi stavano -forse- lasciando la possibilità di parlare. D'accordo, magari l'inizio era stato pessimo, ma forse adesso le cose potevano migliorare, no?
« Ehm, ciao! Io sono Crystal e.. »
« E ci racconterai una favola? » « Giocheremo a nascondino? » « Disegneremo tutti inshieme? »
Sospirai, capendo che quei tre mai e poi mai avrebbero parlato uno alla volta, purtroppo.
« Vedremo. Intanto, magari, potreste dirmi i vostri nomi? Io sono Crystal. » dissi, cercando di sorridere nonostante tutto. Sembravano bambini dopotutto, non chissà quale mostro che mi ero immaginata mi avrebbe fatta a pezzi. Potevo farcela, davvero.
« Michael. » « Josh. » « Matt. »
Risposero così veloci che pensai avessero letto i miei pensieri e l'avessero anticipata; li guardai attentamente uno ad uno: Michael era biondo, aveva uno strano cappello in testa e si teneva stretto un peluche a forma di gatto; Josh aveva i capelli castani, ed era scalzo; Matt portava gli occhiali ed aveva dei colori in mano. Capii quindi che l'artefice degli scarabocchi in giro era quest'ultimo, mentre gli altri due si occupavano di distruggere tutto.
« Allora che si fa? » « Giusto, che facciamo? » « Shi, shi, che fasshiamo? »
Sorrisi loro, davvero indecisa sul cosa fare: cos'avrebbero pensato i genitori una volta tornati? Che l'artefice di quel casino ero io che non ero riuscita a tenerli a bada?
« Magari potremmo pulire tutti insieme questo ... posto? » proposi, unendo gli indici e sorridendo ancora di più, cercando di dirlo nel modo più dolce possibile.
« Ma e' noioso! » « Pulire? » « I miei dishegni non shi toccano! »
E che pretendevo da tre bambini io? Che se ne fossero stati buoni buoni a farmi sistemare? E tanto come facevo? Mica potevo incollare i mobili e pitturare le pareti. Mi arresi quindi all'idea che probabilmente mi sarei presa un rimprovero così grosso dai genitori di quei tre che mai me lo sarei dimenticato a vita, e sospirai, annuendo.
« D'accordo, facciamo un gioco. Ma prima ditemi: quando torneranno mamma e papà? » chiesi, gentilmente.
« Mamma? » « Papa'? » « La shignora Jeckins torna alle.. »
Matt alzò le manine sporche di colori, iniziando a contare, per infine lasciare su solamente sei dita. Alle sei. Avevo quattro ore da passare in compagnia di quelle tre pesti, prima che la loro tutrice tornasse.
Realizzai a questo punto che anche questi bambini non avevano i genitori con sé; fossero vivi o morti non lo sapevo e non volevo chiederglielo, ovviamente. Perchè li beccavo tutti io i bambini con problemi? Per una volta, lo ammetto, avrei preferito qualcosa di assolutamente normale e poco impegnativo. Ma pazienza, avevo accettato quel lavoro e l'avrei portato a termine.
Battei i palmi delle mani sulle gambe e mi alzai, guardandoli sorridendo.
« Bene. Giochiamo. » annunciai, guardandomi attorno. Che gioco potevamo mai fare in mezzo a quel caos? Secondo me anche il semplice nascondino era pericoloso con tutti quei mobili traballanti e pezzi di legno che sporgevano appuntiti ovunque.
« Magari... giochiamo ad 'indovina l'animale'. » proposi, facendo l'occhiolino ai tre, che, dopo essersi scambiati sguardi confusi, tornarono a fissarmi. Josh scrollò le spalle, Matt annuii, e Michael non si mosse, semplicemente aspettando che effettivamente il gioco iniziasse.
« Spostiamoci di qui però, vi va? C'e' un posto più vuoto? » chiesi guardandomi attorno. I tre piccoli saltarono subito in piedi, prendendomi poi per mano e conducendomi in un'altra stanza: probabilmente la cucina.
Dico probabilmente, perchè, sebbene la stanza fosse ben più pulita del soggiorno, anche qui vi era un cumulo di macerie in un lato della camera. Il tavolo era pero' intatto, così come le sedie, ad esclusione del fatto che erano completamente ricoperti da colori. I tre presero posto subito, impazienti di cominciare, mentre io mi avvicinai a loro ma rimasi in piedi.
« Okay. Iniziamo. »
Dissi semplicemente, prima di richiamare il mana: dopo aver creato un fascio d'acqua abbastanza abbondante da poter creare un piccolo animale d'acqua, presi a modellarlo a pochi centimetri di altezza dalla superficie del tavolo: Matt, Michael e Josh osservarono la scena incantati, ma reagendo molto più tranquillamente di quel che mi ero aspettata. Meglio per me, no?
Modellai l'animaletto, cercando di fargli assumere la forma di un gatto, e quando lo completai lo congelai, facendolo atterrare con un piccolo tonfo sul tavolo.
« Questo che animale e'? » chiesi, sorridendo.
« Un cane! » « Un gatto. » « Un coniglietto? »
Risi divertita all'idea che potesse sembrare un coniglio, visto che non aveva le orecchie poi così lunghe, ed indicai Josh.
« E' un gatto! Hai vinto la statuina. » dissi semplicemente.
« Ma! » « SI! » « Nuuu. »
« Tranquilli, ne facciamo altri. Okay? »
E quindi ecco che richiamavo nuovamente il mana e cercavo di plasmarlo in una tartaruga, stavolta.
« E' una Tartaruga! » « Tartaruga. » « Coniglietto? »
Guardai un po' preoccupata Matt: ma vedeva conigli ovunque lui o ero così pessima io?
« E' una tartaruga. Visto che Josh ha già il gatto, darò la statuina a Michael, va bene? » chiesi, sperando di non scatenare un putiferio con tutta me stessa.
« E certo! » « Si, si. » « Ma iu? ç_ç » Mi avvicinai a Matt, azzardandomi a provare a fargli un piccolo pat-pat sulla testa, per poi sorridergli. Fortunatamente prese bene la cosa. « Dai, faccio l'ultimo per te. » dissi divertita, richiamando il mana: ovviamente questa volta plasmai un coniglietto, che successivamente congelai e feci atterrare proprio davanti a lui.
« Coniglio! » « Coniglio. » « Un coniglieeeeeeetttoooooooo! »
Urlò allegro, catapultandosi sul tavolo insieme a tutti i colori. Per paura che potesse scivolare dall'altro lato e finire con la faccia per terra, lo afferrai quando si lanciò, trattenendolo.
« D'accordo, d'accordo! Calma! » dissi, rendendomi conto di quanto fossero pericolosi quei bambini, senza che se ne rendessero minimamente conto.
« Charlotte e tutti gli altri non sapevano fare queste cose. » « Ti prego continua! » « Conigli! Ushellini! Animali pusssshi! Fanne ancora! »
E così decisi di continuare, visto che sembrava riuscire a tenerli buoni abbastanza: erano buffi, parlavano sempre insieme, senza nemmeno rendersene conto. Inoltre non sembravano propensi a litigare fra loro, cosa che mi aiutò tantissimo con la distribuzione delle statuette. Cominciarono pero' a richiedermi cose sempre più complicate, anche se più o meno riuscii ad accontentarli.
Passarono due ore, e mi ritrovai esausta. Purtroppo avevo un po' esagerato, e così iniziò a girarmi la testa. Poco, pero' abbastanza da costringermi a sedermi.
« Stai bene? » « Crys? » « Shignorina cosh'hai? »
Me li ritrovai tutt'e tre attorno, nuovamente, senza che avessi nemmeno notato il fatto che si fossero alzati dalle sedie. Josh e Michael erano accanto a me, mentre Matt era sopra al tavolo, di fronte.
« Mannò, sto bene, sono solo un po' stanca. » risposi, sorridendo, per nulla intenzionata a farli preoccupare. Non se lo meritavano; dopotutto, nonostante l'approccio caotico e quasi spaventoso, non erano affatto così strani. E quel giochino li aveva tenuti buoni buoni.

« Ah vero! E' ora del pisolino. » « Fa niente, tanto andiamo a dormire un po'. » « Crysh vishto che noi andiamo a dormire, vieni con noi a riposharti! »
La notizia mi riempii d'una calma assoluta: dormivano, anche loro dormivano, e, come ogni bambino piccolo, anche loro facevano un sonnellino pomeridiano. Mi presero di nuovo per le braccia trascinandomi, mentre Matt saltellava davanti a noi. Salimmo le scale ed arrivammo al piano superiore: evitai di guardare il caos che c'era anche lì, visto che tanto non avrei potuto far nulla per rimediarvi, ed entrai nella camera dei tre ragazzini: qui, a parte giocattoli ovunque, i mobili non c'erano proprio, se non tre letti singoli uniti dove i tre dormivano.
Matt saltò su quello più vicino alla finestra, ma rimase lì in piedi a fissarci. Jack e Micheal mi fecero sedere nel letto più lontano, per poi saltare a loro volta sul materasso di mezzo, guardandomi. Come fossero dei cuccioli, si raggrupparono, e si misero sotto le coperte vicinissimi. Esistevano degli esseri più teneri dei bambini? Pregai con tutta me stessa di non dover mai e poi mai incontrare un mostro pericoloso sotto le mentite spoglie di un bambino, perchè mi sarei lasciata uccidere piuttosto che fargli del male - si, purtroppo era così per davvero e ne ero pienamente consapevole.
Non volevo veramente dormire comunque, nonostante fossi esausta. Ero lì per lavorare, mica potevo dormire e rischiare che loro facessero qualche danno mentre io riposavo, no?
Eppure la mia testa era così pesante, che decisi di stendermi giusto un attimo, e giusto chiudere gli occhi per qualche minuto, per poi rimettermi in piedi e magari pulire un po'.... ma crollai.
Non capii più nulla fino a che qualcuno non mi poggiò la mano sulla spalla e mi svegliò, gentilmente. Senza nemmeno aprire gli occhi, mi resi conto di qualcosa di pesante su di me: quando li aprii notai che avevo i tre bambini addosso, beatamente addormentati; non sopra, semplicemente accanto a me, come se avvessero cercato un abbraccio. Matt aveva un pollice in bocca, Jack era schiena contro schiena con Michael. E poi, dopo aver superato il primo momento di sorpresa, mi voltai verso colei che mi aveva svegliato.
Era una signora in un elegante tailleur nero, con i capelli alzati e perfettamente legati, e gli occhiali da vista; poteva avere si e no quarant'anni. Ecco, era giunto il momento di farmi rimproverare.
« Lei e' la signora Jeckins, vero? Mi dispiace tantissimo per il casino che ha trovato, io... »
« Lei dev'essere la signorina Nael. » mi interruppe con tono gentile, sorridendomi, nonostante la sua aria fosse ben più severa a primo impatto.
« Si. Per la casa, io... »
« Non si preoccupi, riesce ad alzarsi senza svegliarli? » chiese di nuovo, indicandomi i bambini. Così, con cautela, mi alzai, e successivamente seguii la donna nel corridoio che portava nuovamente al piano inferiore. Ma c'era qualcosa di ben diverso ad attendermi: tutte le mura erano pulite, e non vi erano mobili distrutti in giro.
« Ma che..? »
« Le spiegherò tutto quando saremo in soggiorno, tranquilla. » mi disse, sorridendo.
Così la seguii fino al soggiorno, dove tutto era pulito e splendente, e ci accomodammo nelle poltrone che prima, in qualche assurdo modo, erano ricoperte di legno. Notai anche che non c'erano le sbarre alle finestre, e che le mura erano di una curiosa ma bella tonalità lilla.
« Deve sapere che quei tre bambini sono distruttivi. Dolci, affettuosi, non pericolosi per le altre persone.. ma distruttivi. » iniziò, accavallando le gambe e portando le mani sopra al ginocchio, fissandomi attentamente; sguardo che ricambiai, parecchio interessata a capire cosa fosse successo.
« Dalle statue che ho trovato sul tavolo, immagino lei sappia utilizzare il mana, quindi non dovrebbe stupirsi più di tanto quando le dirò che io so creare delle illusioni, giusto? » bastò quella frase a farmi capire tutto, in realtà, ma decisi di farla continuare, annuendo.
« Creo quelle illusioni per far sì che non diventi tutto reale. Jack ha la fissa per distruggere tutto quello che sia lontanamente integro, Matt scarabocchia qualsiasi cosa non abbia almeno un segno su di essa. Michael semplicemente aiuta entrambi. » continuò, tranquillamente. Mi venne un pensiero ridicolo in mente: la immaginai mentre prendeva un the, sotto un gazebo, in compagnia di tanti dandy inglesi, e gentil'uomini. Uah, che razza di pensieri erano quelli?
« In questo modo non distruggono nulla. » concluse, sorridendomi cordialmente.
« Capisco. » risposi, annuendo. « Le posso chiedere una cosa? I genitori dei tre bambini.. cosa gli e' successo? » volevo togliermi quella curiosità.
« Erano soldati. Sono morti in missione, purtroppo. » mi rispose, senza abbassare lo sguardo né facendo trasparire alcuna emozione.
« Capito... » risposi, con aria piuttosto pensierosa. Orfani, come avevo precedentemente intuito. « Può andare, se vuole. » mi riportò alla realtà la donna, alzandosi. La seguii silenziosa fino alla porta, dove mi fermai per voltarmi e guardarla nuovamente.
« Posso tornare qualche volta? » chiesi, sperando in una risposta positiva. Non mi interessava essere pagata, ma sentivo che quei bambini avevano bisogno di un'altra figura stabile almeno come la Jeckins. E potevo farcela, davvero.
« Certamente, quando preferisce. I bambini sarebbero contenti di rivedere la stessa persona per più di una volta. Con il suo permesso, glielò dirò anche. Dovrebbero esserne felici. » mi rispose la donna, sorridendomi. Così, dopo averle rivolto a mia volta un sorriso radioso ed un "Arrivederci!" educato, mi voltai ed uscii definitivamente.
Lavoro più o meno svolto... sonnellino a parte.
   
 
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