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Autore: EffyPierce    06/03/2012    1 recensioni
Da quando Megan era diventata, la sua ragazza è come se il suo baricentro si fosse spostato. Non si rendeva conto di come lei lo manovrasse a suo piacimento, Simon era come creta nelle mani della ragazza, che spesso ne approfittava. Negli occhi di ghiaccio di Megan a volte s’intravedeva un fuoco, che bruciava
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Simon, 17 anni, era un normale studente del liceo McAdams di Atlanta. Faceva parte della categoria “secchioni e sfigati” ,quindi non era esattamente il più amato della scuola.
Era alto, con i capelli corvini e gli occhi nocciola tendenti al verde, piuttosto magro e per niente appariscente: era il tipico ragazzo che vedevi passare ogni giorno per il corridoio ma di cui non sapevi il nome perché non t’interessava.
Un giorno, mentre prendeva i libri dell'ora successiva dal suo armadietto, qualcuno lo spinse violentemente facendolo cadere a terra. Alzò lo sguardo e vide che il “colpevole” era Tyson Kint, il capitano della squadra di football, conosciuto anche come l'attaccabrighe della scuola.
-Stai più attento- disse timidamente Simon, mentre tentava di rialzarsi.
-A chi, a te?- rispose l'altro, ridendo di lui. - Avete sentito?!- urlò, attirando l'attenzione degli studenti che passavano -Lo sfigato vuole che stiamo attenti a lui! Sai cosa ti dico? Che devi proprio rinfrescarti le idee...-
Detto questo, gli rovesciò in testa una granita ghiacciata al mirtillo, macchiandogli la giacca e i libri di sciroppo viola.
“Dannazione...” pensò, sentendo le occhiate divertite degli altri studenti scivolare su di lui.
Fece per rialzarsi e correre via, ma una voce lo bloccò.
-Che avete da guardare!? Volete provare anche voi, per caso? Sono disponibile a lanciarvi addosso tutte e granite che volete, basta solo chiedere! Andatevene, non è una scimmia da circo!-
Era una melodiosa voce femminile, leggermente roca per l'urlata furiosa.
“Da quando vengo difeso da qualcuno?” si ritrovò a pensare Simon, stranito. Alzò lo sguardo e poi...
La vide. La perfezione fatta donna.
I capelli quasi neri incorniciavano un viso perfettamente uguale e due occhi azzurro ghiaccio. La pelle abbronzata risaltava sul suo corpo dalle forme perfette, era alta e magra.
Megan Wayland era in piedi davanti a lui, in tutto il suo splendore.
Simon non aveva mai avuto l'occasione di guardarla bene da vicino: avevano corsi diversi e lei era una delle ragazze più popolari, gli “sfigati” come lui non potevano nemmeno sognarla.
Eppure ora lei era lì, si stava chinando su di lui con uno sguardo preoccupato negli occhi di ghiaccio.
Simon alzò lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime. Anche se l'umiliazione era forte, non avrebbe pianto davanti a Megan. Lei lo raggiunse e con voce suadente gli disse: "Lascialo stare, dai ti aiuto a darti una ripulita" Detto questo, gli accarezzò il viso, sporcandosi le dita con la granita " Mmm è al mirtillo, il mio gusto preferito " Simon la guardò stupito con il cuore in gola. "Su non fare quella faccia, cercavo di sdrammatizzare!" Lui cercò di sorriderle incredulo.
Andò in bagno, si tolse la giacca rimanendo in t-shirt e si lavò il viso e andò in classe per seguire la lezione di biologia del professor Kinny. Entrò e vide Megan seduta nel posto accanto a lui che solitamente era vuoto.
"Ehi ciao!" Disse lei sorridendo. Lui la salutò educatamente, sempre più incredulo.
"Bè penso che sia...... ora delle presentazioni ufficiali io sono Megan Wayland!"
"Lo so.. Io sono Simon, Simon Stefan Lewis " I due iniziarono a parlare e a conoscersi e la cosa andò avanti per una settimana finché lei gli diede il suo numero.
Da quel momento la vita di Simon cambiò per sempre.
 
Due mesi dopo...
 
Simon e Megan camminavano mano nella mano per il corridoio della scuola, scherzando. Lui non era mai stato così felice in tutta la sua vita. Da quando Megan era diventata, la sua ragazza è come se il suo baricentro si fosse spostato. Non gli interessava più la scuola, gli amici, la sua "famiglia"; lui vedeva soltanto lei. Pendeva letteralmente dalle sue labbra, faceva tutto quello che lei voleva, passavano tutto il tempo possibile insieme. Non si rendeva conto di come lei lo manovrasse a suo piacimento, Simon era come creta nelle mani della ragazza, che spesso ne approfittava. Negli occhi di ghiaccio di Megan a volte s’intravedeva un fuoco, che bruciava. La sua pelle era sempre così fredda in modo innaturale. Era straordinariamente forte per essere una semplice ragazza. Ma Simon questo non lo capiva. Era troppo ossessionato da lei.

Tutt
o ciò svanì come la neve quando arriva il sole il giorno in cui Megan morì.

Non l'aveva vista a scuola e non gli rispondeva ai messaggi, quindi decise di chiedere ai suoi genitori spacciandosi per un suo amico.
La madre di Megan, distrutta, gli annunciò che la figlia era morta a causa di un incidente mentre attraversava la strada, investita. Gli disse anche che non ci sarebbe stato un funerale e che sarebbero tornati in California, nel loro paese d'origine perché Atlanta per loro era ormai un luogo maledetto.
Simon si sentì... Cadere, sì. Perché se prima il suo baricentro era Megan, ora era in caduta libera, la sua vita si era inclinata pericolosamente e lui aveva perso l'equilibrio.
Sarebbe tornato tutto orribile come prima, la vita con sua zia, gli incubi del giorno in cui morirono i suoi genitori si fusero con le immagini di Megan e cominciò a sentire strane voci che attribuì alla sua "depressione".
Ormai viveva solo per sua zia, non poteva darle altri dispiaceri dopo la morte del marito e quella della sorella, continuava a vivere solo per lei, perché si era preso cura di lui per tutta la vita.
Una settimana esatta dopo la morte di Megan, le voci si fecero più forti ed insistenti. "E' tutta immaginazione, Simon, devi solo riprenderti..."
Non sapeva quanto si sbagliava.
Le cose cambiarono quando trovò, mentre riordinava la camera, una scatola. Dentro c'era un biglietto ed una bambola. Ma non era una semplice bambola, era identica a Megan solo più piccola e di ceramica.
Aveva gli stessi occhi di ghiaccio, la stessa corporatura perfetta, gli stessi capelli color della pece. Indossava un delizioso vestitino nero, corto e di seta.
Il cuore di Simon si fermò per un attimo. Com’era possibile che esistesse una bambola uguale a Megan? E perché qualche giorno prima non c'era?
Lesse il biglietto, tremando: "Simon ,pensavi ti avessi abbandonato? Io sono qui con te, ma presto me ne andrò. Ti prego, vieni con me. Tua Megan" Improvvisamente Simon cominciò ad avere paura. Paura di essere impazzito. In preda al terrore scagliò la bambola contro l'armadio ma questa non si ruppe.
Sentì un dolore improvviso allo stomaco, come se qualcosa lo stesso divorando dall'interno. "Simon, ti prego aiutami!" La voce di Megan lo implorava. " Vieni con me, non voglio stare sola!" A Simon girava la testa, aveva cominciato a urlare in preda alla paura. Doveva essere impazzito, non poteva essere vero. Megan era morta e niente l'avrebbe riportata in vita. "Ti sbagli, io posso tornare con te, devi solo dimostrare che il tuo amore era vero".
" E come?" Si sentiva un completo idiota a parlare con una voce, ma era tutto così reale. "Ucciditi e tornerò con te".
‎'No. No, non è possibile, sto impazzendo, ci sono già state delle persone impazzite per il dolore. Anzi no, è solo immaginazione. Va tutto bene, Simon." pensò, anche se non ne era del tutto convinto... Però le voci smisero. Almeno, così credeva...
Infatti, prima di andare a scuola, la mattina dopo, la voce di Megan si insinuò ancora nella sua testa, dicendogli sempre la stessa cosa, ma con una piccola aggiunta: "Ucciditi e tornerò con te... Vivi e sarai solo per sempre. Più di quanto tu non sia ora."
Simon aveva sempre paragonato la voce di Megan al suono di un violino, ma in quel momento era il suono di un serpente che sibilava. Decise comunque di non darci troppo peso, in fondo non credeva, di poter essere più solo di così.
Si sbagliava. Al rientro a casa, sua zia giaceva morta sul divano bianco del salotto, immersa in un lago di sangue.
Megan parlò ancora una volta: "Vedi? Lei è venuta da me... Ora sta a te scegliere, sei da solo... Io ti lascerò stare, so che t’inquieto, ma ti prego, porta almeno la bambola con te... Non separiamoci, ti prego, non ti costerà nulla come gesto... Solo una piccola bambola di ceramica, sempre con te. Io rinuncio ad averti qui e ti lascio la vita, ma almeno tu dammi un segno d'amore, ti prego..." la voce ora era ritornata quella melodiosa di un violino, ipnotizzante come una volta lo erano stati i suoi occhi.

Simon ormai non ce la faceva più, era sempre peggio. Continui mal di testa ed una costante sensazione di essere osservato. Quella non era vita, ma di sicuro la preferiva alla morte.
E se tenere un'innocua bambola con sé, era il prezzo da pagare, lo avrebbe pagato volentieri.


Il giorno dopo il ritrovamento della bambola "Megan" decise di uscire a fare un giro per riflettere su quanto accaduto. I suoi passi erano lenti e i suoi occhi sembravano persi. Camminò per molto tempo e stava iniziando a fare buio, ma a lui non importava affatto, era troppo avvolto nei suoi pensieri. Ad un certo punto iniziò a sentire delle voci dentro di se: era la voce di Megan e “Se non ti ucciderai ucciderò tutte le persone che hai mai amato, credimi la morte è la soluzione migliore”. Le voci si fecero sempre più forti e ripetitive finché non si sentì mancare e cadde a terra svenuto, consumato e distrutto dalle voci che lo tormentavano.
Si svegliò nella sua camera, nel suo letto con affianco la bambola. Stordito da quella situazione così assurda e angosciante, Simon trovò la forza di alzarsi dal letto e, spinto dalla fame, si diresse in cucina. Prese un barattolo di marmellata dalla dispensa, ne prese un po’ e la spalmò sopra due fette di pane bruciacchiato. Finì di sparecchiare la tavola e ritornò nella sua stanza. Nel letto la bambola era sparita. Si guardò intorno per cercarla, ma niente, scomparsa nel nulla. Si diresse in cucina, ma quando spalancò la porta, si ritrovò faccia a faccia con Megan. O meglio il fantasma di Megan. Simon non credeva hai suoi occhi. Da un lato era felice di rivederla ma dall’altro ne era terrorizzato. Megan era tranquilla, troppo tranquilla. Fu lei a prendere la parola "Ciao Simon, è da tempo che non ci si vede...Perché non sei venuto a trovarmi?" Simon incredulo disse "Ma non eri morta?? Dove sei stata tutto questo tempo??" e lei "Ero all'inferno. Io ti ho chiesto di sacrificare la tua vita per restare con me, ma tu non hai voluto.."
Simon non riusciva a parlare. La felicità per trovarsi davanti alla sua amata era svanita quasi subito, qualcosa non andava. Anzi, tutto non andava. Provò a balbettare qualcosa, ma vide che Megan aveva in mano la bambola, e la nauseante sensazione di oppressione del giorno prima tornò, insieme alla tachicardia. Cominciava a sudare freddo, era tutto troppo surreale. Non ebbe il tempo di formulare alcuna frase, perché Megan perse il suo aspetto tranquillo per sedersi tranquillamente sul divano e cominciare a parlare.
"Bene, Simon... Devo ammettere che mi sono divertita davvero molto a vederti soffrire per la mia morte, sei uno spasso quando vuoi... Chissà cosa starai pensando della tua amata Megan, ora..." ma Simon non pensava a niente, era troppo stanco per farlo. Stanco fisicamente e psicologicamente, sentiva che qualcosa prendeva possesso di lui e che, allo stesso tempo, lo abbandonava. La vista gli si annebbiò e la sua paura si trasformò in terrore, non riusciva a respirare regolarmente e una mano gelida cominciò a premere sul suo collo, togliendogli il respiro. O almeno, questo era quello che sentiva, ma la sua mente era offuscata dal terrore e gli faceva avere le allucinazioni, una nebbia scura si insinuò nel salotto di casa Lewis. Realizzò che il peso che sentiva sul petto era quello della morte, una sensazione opprimente che lo lasciava in uno stato di semi-trance, tra l'oblio e la coscienza. Era in balìa di Megan. Quest'ultima prendeva sempre più colore, e Simon si accorse che i suoi occhi, pur rimanendo sempre azzurri, sembravano davvero bruciare, non erano umani. Megan lo squadrò da capo a piedi e si sentì trafitto da mille aghi in ogni possibile parte del corpo, mentre lei diceva tranquillamente che, ad occhio e croce, aveva dieci minuti di vita rimanenti.
Nello stato in cui si trovava, ebbe la forza di formulare con un filo di voce la domanda "Perché?".
Megan rise. La sua risata, quella che tante volte aveva trovato musicale come un concerto d'archi, ora sembrava un insieme di note suonate da violini male accordati, un suono sinistro che riecheggiò nella sua testa forte e chiaro.
"Perché, mi chiedi? Per la vendetta."
"Venticinque anni fa stavo con un ragazzo, si chiamava esattamente come te. Simon. Era tutto perfetto, una di quelle storie d'amore che potrebbero vincere gli Oscar. Almeno, lo era finché non vidi Simon con un'altra ragazza. Allora la depressione mi assalì, e io mi tolsi la vita. Morte per dissanguamento, mi tagliai le vene. E mentre sentivo il sangue scivolare via lentamente dai miei polsi aperti, pensavo a quanto avrei voluto vendicarmi... Finché la vita non se ne andò definitivamente da me. Ora, Simon, non so se tu creda in Dio, ma sappi che io sono un mezzo demone. Ho fatto un patto con il diavolo. La mia anima per la bellezza e la vita eterna, più qualcos'altro. L'anima delle mie vittime. Cos'è la vostra anima in confronto all'esaltante sensazione della vendetta, quella con la "v" maiuscola? Nulla. E mentre tu marcirai all'inferno, io mi divertirò guardando altri ignari ragazzini soffrire per la dolce Megan, soffrire per la maschera che tanto accuratamente ho costruito. Poveri, illusi, effimeri adolescenti. Ah già, penso che tu ci sia arrivato da solo, ma in caso non te ne fossi accorto... Io sto prendendo la tua vita. Così ti manderò qualche compagno di giochi all'inferno, non sei felice, Simon? Sarai meno solo di quanto non lo eri qui, dovresti essermi riconoscente. Non hai pensato al fatto che nessuno sentirà la tua mancanza, qui ad Atlanta? Sei, o meglio, eri così invisibile che nessuno noterà la tua assenza a scuola, nessuno verrà a portare dei fiori sulla tua tomba, riposerai sotto terra mentre gli altri continueranno a vivere tranquilli... Povero Simon. Ma ora... Stammi bene, caro, è arrivata la tua ora." Simon tremava. Si sentiva debole e stupido. Avrebbe dovuto capirlo che Megan l'aveva solo usato. Avrebbe dovuto sapere che nessuno avrebbe mai amato uno come lui. Avrebbe dovuto capire che lui non era nato per essere felice, ma solo per soffrire. E ora era giunta la sua ora. Guardò Megan per l'ultima volta. Ora che sapeva la verità riusciva quasi a scorgere il demone che si celava in quel corpo apparentemente innocente. I suoi occhi erano accesi dall'eccitazione e sorrideva, nutrendosi del terrore di Simon. Ogni secondo che passava diventava sempre più bella, sempre più forte.
Simon cominciò a urlare e piangere lacrime di sangue. Cominciò a strapparsi i capelli e a sputare sangue dalla bocca. Le sue gambe si spezzarono con un suono metallico e un dolore insopportabile lo condusse dritto verso la morte.
L'ultima cosa che sentì fu la risata agghiacciante e disumana di Megan.

Una risata che sapeva di sangue e vendetta.
  
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