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Autore: Sacchan    07/03/2012    1 recensioni
Il totem di Arthur era un dado truccato.
Nessuno, conoscendo abbastanza Arthur, avrebbe trovato adatto al point man un dado truccato ed è proprio per questo che Ariadne aveva impiegato circa sei settimane della sua giovane e promettente vita ad interrogare Arthur e tutto il resto del team sul perché di tale scelta.
[ArthurxEames, accenni AriadnexCobb]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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l totem di Arthur era un dado truccato.
Nessuno, conoscendo abbastanza Arthur, avrebbe trovato adatto al point man un dado truccato ed è proprio per questo che Ariadne aveva impiegato circa sei settimane della sua giovane e promettente vita ad interrogare Arthur e tutto il resto del team sul perché di tale scelta.
Tutti sapevano che il totem di Cobb era la trottola che era appartenuta a Mal e questo bastava per comprendere il perché, dopo anni e anni, avesse ancora quel totem.
Più o meno tutti avevano intuito che il totem di Eames era la poker chip, scelta elegante per un baro e ladro.
La prima cosa che Ariadne aveva scoperto sul totem di Arthur gliel’ aveva rivelata Cobb: Arthur aveva trovato il suo totem a Montecarlo, durante una ricerca su di un soggetto.
Della sera di Montecarlo Arthur non le aveva rivelato molto, era stato vago e aveva raccontato la cosa in maniera troppo veloce e semplice “Sono passati molti anni,Ariadne, non ricordo molto di più” le aveva detto senza sollevare gli occhi dagli articoli di giornali raccolti.
Ma nonostante non ricordasse ogni dettaglio, aveva comunque raccontato alla ragazza quello che ricordava.
Arthur si era recato a Montecarlo in occasione del lavoro Johnson: l’estrazione riguardava delle semplici informazioni di un traffico di merci utilizzato, secondo chi aveva assoldato lui e Cobb, per coprire un contrabbando di armi, ma l’unico modo per avere informazioni sufficienti su Johnson era recarsi a Montecarlo dove il soggetto passava la maggior parte del tempo. Solo qualche giorno dopo avrebbe scoperto che era proprio Montecarlo il luogo di smistamento delle armi.
“Hai conosciuto il soggetto di persona?” aveva obbiettato perplessa Ariadne “Non è rischioso quando poi entri nel suo subconscio?”
“Eravamo alle prime armi.” si era difeso Arthur onestamente.
Arthur aveva ricordato chiaramente che aveva odiato passare tutte quelle ore in un casinò a sperperare soldi , ma che la camera in cui aveva alloggiato era stata più di suo gusto del previsto –il fatto che aveva ricordato questo e non se aveva giocato a poker o ai dadi non aveva preoccupato affatto Ariadne – e che aveva anche mangiato bene.
“E quando è che hai preso un dado per poi utilizzarlo come totem?” aveva chiesto Ariadne come se non fosse quella la domanda principale che l’aveva spinta a chiedere al point man di un lavoro abbastanza vecchio.
“Cosa?” e finalmente Arthur aveva ruotato la testa verso la parigina, incapace di mascherare una certa sorpresa. Arthur non si faceva mai prendere in contropiede, ma il motivo per cui era stato incapace di controllare quella reazione era perché non si sarebbe mai aspettato da Ariadne una domanda del genere.
“Dom mi ha detto qualcosa riguardo a Montecarlo quando gli ho chiesto del tuo totem.”
“E perché hai chiesto a Cobb del mio totem?”
“Curiosità, Arthur. E il tuo è l’unico che non riesco a capire.”
“Non c’è molto da capire riguardo al mio totem.”
Ariadne, dopo quella chiacchierata, si era resa conto che invece c’era molto da capire riguardo al totem e cosa significasse per Arthur.
Ovviamente non aveva potuto chiedere a Yusuf di quel lavoro e aveva scoperto che l’architetto di quel lavoro, Nash, era morto poco prima che il team venisse assoldato per l’innesto. Quindi le uniche due fonti di informazioni che aveva avuto erano stati Cobb, che non era a Montecarlo, e Arthur, che non aveva voglia di parlarne.
In realtà, a detta di Cobb, il lavoro Johnson era stato il primo vero lavoro che avevano portato a termine in maniera soddisfacente e senza problematiche, nonché l’inizio di un ‘ottima collaborazione tra lui, Mal e Arthur.
Di sicuro Arthur doveva ricordare il motivo per cui aveva scelto quel dado, semplicemente Ariadne avrebbe dovuto trovare la domanda giusta da fare.
Per due settimane aveva lasciato perdere la questione e si era concentrata sui livelli dei nuovi lavori che Saito aveva affidato al team: senza più il problema di Mal, Cobb poteva estrarre senza complicazioni e lei e Yusuf potevano restare svegli senza alcun problema –cosa che aveva aiutato i voti dell’architetto in maniera notevole-.
Intorno alla la terza settimana Ariadne aveva provato a chiedere ad Eames.
“Eames, non è che per caso hai affiancato Cobb nel lavoro Johnson?” aveva chiesto al forger sperando in una risposta affermativa.
“Lavoro Johnson?” quel nome non aveva detto assolutamente niente ad Eames dato il tono neutro che aveva utilizzato
“Si, prima della morte di Mal, un lavoro di traffico illegale di armi.” aveva precisato la parigina.
“ Ho lavorato pochissime volte con Mal.” aveva ammesso il forger “Non avevano bisogno di un forger a quei tempi, erano un piccolo gruppo di elite, lei, Cobb e Arthur.”
La delusione di Ariadne doveva essere stata più palese di quanto l’architetto aveva previsto se Eames si era sentito in dovere di aggiungere un “Mi dispiace”.
Prima di provare un ultima volta con Arthur, Ariadne aveva chiesto di nuovo a Cobb.
“Non ci credo che tu non sai perché il suo totem è un dado truccato, Dom.” era sbottata una sera quando finalmente si erano ritrovati da soli.
“Per qualche ragione dovrei saperlo?” aveva chiesto confuso l’estrattore.
“Perché è Arthur” aveva puntualizzato la ragazza con semplicità. “Perché dopo Mal è la persona che ti sta più a cuore.”
“Dopo Mal e te.” l’aveva corretta Cobb con una naturalezza che era riuscita a spiazzare la parigina e le aveva fatto perdere tutta la determinazione di qualche istante prima.
“D’accordo.” aveva tagliato corto Ariadne. “Resto comunque convinta che tu sappia il perché di quella scelta.”
“Ti giuro che non ne ho idea. Sai che Arthur è schivo e riservato: con me non è diverso.”
“E tu non glielo hai mai chiesto?”
“Credo che aspettassi un architetto impiccione che lo facesse al posto mio.” aveva scherzato Cobb.
Parlare nuovamente con Arthur si era rivelato disastroso esattamente come la prima volta e Ariadne non aveva scoperto niente di nuovo, tranne che il point man aveva indossato l’abito Armani più bello che avesse mai comprato e che il signor Johnson si era rivelato più alla mano del previsto.
Ma del perché il totem di Arthur era proprio un dado truccato, Ariadne non ne aveva proprio idea.
“Mi spieghi cos’hai?” le aveva chiesto improvvisamente Eames un pomeriggio.
“Niente.” Aveva risposto lei imbronciata, ma dopo mezzo secondo si era voltata verso il forger e si era sfogata. “Sarà più di un mese che cerco di capire perché Arthur usa come totem un dado truccato! Cobb mi ha solo detto che l’ha scelto durante il lavoro Johnson, l’architetto di allora è morto e Arthur si rifiuta di darmi una spiegazione, di qualsiasi tipo.”
Il forger aveva fissato la ragazza perplesso, quindi con delicatezza le aveva poggiato le mani sulle spalle e l’aveva guidata fino alla sedia più vicina. “Stai per avere un esaurimento nervoso perché vuoi sapere del totem di Arthur?”
“Si!” aveva ammesso Ariadne sbuffando.
“Potevi chiederlo a me.” gli aveva fatto notare Eames.
“A te?” aveva domandato confusa Ariadne lanciando un occhiata scettica verso l’altro.
“Non fare quella faccia” aveva protestato il forger. “Anche io so qualcosa di Arthur,sai?”
“Ma tu non sapevi niente del lavoro Johnson.” aveva obiettato l’architetto.
“E’ vero, ma io ero a Montecarlo.” aveva rivelato Eames prima di raccontare ad Ariadne perché il totem di Arthur fosse un dado truccato.
Stando a ciò che Eames le aveva raccontato Ariadne riuscì a farsi un idea completa della storia che, in effetti, si era rivelata abbastanza imbarazzante da giustificare perché Arthur non ne aveva parlato con nessuno.
Le cose erano semplici: Arthur era a Montecarlo per carpire direttamente le informazioni sul soggetto mentre Eames era a Montecarlo per sperperare i soldi che l’ultimo lavoro gli aveva fruttato.
Si erano anche incontrati per la prima volta in quell’occasione, ma non era di certo stato un primo incontro tranquillo, anzi, era stato l’inizio di quel rapporto conflittuale che, a distanza di anni, ancora non erano riusciti a risolvere.
A detta di Eames –ma su questo dettaglio Ariadne aveva avuto sin da subito una buona dose di dubbi- Arthur aveva iniziato a nutrire una seria ossessione verso di lui quando si erano ritrovati a giocare alla stessa roulette un noioso pomeriggio in cui il casinò era mezzo vuoto.
Stranamente Eames aveva ricordato molti più dettagli di Arthur –per esempio che Arthur aveva addosso un completo grigio piuttosto informale o che era seduto quattro sedie più in là rispetto a lui- ed era sembrato molto più felice nel parlarne di quanto Arthur lo sarebbe mai potuto essere.
Il vero problema per cui Eames era sicuro che Arthur non volesse ricordare quei giorni passati con lui era che la sua permanenza a Montecarlo era finita in modo imbarazzante.
Eames, ovviamente, stava passando i suoi giorni a Montecarlo barando –anche se la sorveglianza era davvero una spina nel fianco- e facendo scivolare “In maniera del tutto accidentale, te lo giuro Ariadne” nelle tasche qualche poker chip di troppo. E Arthur, altrettanto ovviamente, non aveva potuto non notarlo. Eames non aveva dovuto specificare che Arthur aveva deciso, di conseguenza, di avvertire la sicurezza per evitare che un baro potesse creargli qualsiasi genere di problema.
“Allora ho pensato che fosse solo una testa di cazzo” aveva ammesso Eames senza preoccuparsi di essere volgare. “Solo in seguito,dopo i primi lavori, ho capito che non era solo perché avrei potuto intralciare il suo lavoro –come ho oggettivamente fatto- ma che l’ha fatto perché Arthur ha una sua morale al di fuori dei sogni.”
Per un paio di giorni Eames aveva fatto finta di non notare che Arthur continuava a tenerlo sott’occhio registrando ogni sua singola mossa, di conseguenza Eames era stato costretto ad agire con più cautela.
“Hai smesso di barare perché Arthur ti stava con il fiato sul collo?” aveva interrotto Ariadne improvvisamente.
“No, ovviamente. Aspettavo solo un modo per liberarmene.”
Ed era esattamente ciò che il forger aveva fatto.
Una volta che si era accorto dello strano interresse di Arthur per il signor Johnson - “Arthur era davvero un novellino a quei tempi, non era assolutamente come quello che hai conosciuto: non sapeva lavorare con abbastanza discrezione” – Eames si era ingegnato per fare amicizia ed entrare nella combriccola del soggetto, riuscendoci in talmente poco tempo da ottenere un invito all’evento privato a cui, era sicuro, avrebbe partecipato anche Arthur.
Naturalmente sia Eames che Arthur avevano solo il ruolo di polli da spennare per far arricchire gli amici più stretti della cerchia del signor Johnson, ma ad entrambi la situazione andava comunque bene: Arthur doveva arrivare alle informazioni e non era necessario vincere per riuscirci ed Eames voleva liberarsi del suo segugio.
Il privè, per quanto ne ricordasse ancora il forger, era stato predisposto ad ogni tipo di gioco d’azzardo: roulette, alcuni tavoli per blackjack e alcuni per il poker, i croupier e i camerieri sembravano essere stati tirati a lucido per l’importante clientela e i partecipanti sembravano avere tutti una cifra spropositata di soldi da buttare o moltiplicare.
Eames aveva ricordato benissimo che era sembrato un pesce fuor d’acqua mentre Arthur appariva come parte integrante e ben integrata di quel mondo.
“Avresti dovuto vederlo Ariadne: completo blu scuro di qualche stilista rinomato perché era veramente un abito squisito, portamento impeccabile e una sicurezza notevole per uno che era lì per carpire informazioni. Sì, direi che era veramente affascinante. E non ridacchiare Ariadne!Sono solo oggettivo.”
Il forger aveva tenuto particolarmente a sottolineare che appena Arthur aveva notato la sua presenza si era irrigidito e gli aveva lanciato un’occhiata davvero poco educata perché, quasi sicuramente, la sua presenza doveva aver infastidito parecchio il point man che era consapevole che ciò avrebbe ostacolato il suo lavoro.
“Credo che avere un baro tra i piedi l’avesse mandato fuori di testa. “ aveva commentato Eames con una grossa risata di cuore.
Avevano passato la sera a giocare agli stessi tavoli, Eames aveva letteralmente tampinato Arthur nel tentativo di infastidirlo fino al punto di rottura, aveva fatto battute volgari “perché gli si leggeva in faccia già all’ora che ragazzo raffinato e per bene fosse, era anche troppo semplice capire cosa lo avrebbe innervosito ” che grazie alla sua faccia tosta erano risultate simpatiche, aveva sfidato apertamente il point man barando con sfrontatezza, aveva monopolizzato l’attenzione di tutti i presenti e si era divertito.
Eames non aveva di certo riferito ad Ariadne dialogo per dialogo quello che si erano detti durante la serata –infondo dopo settimane e settimane di ricerca Ariadne voleva solamente arrivare alla risposta alla sua domanda- e aveva semplicemente tagliato corto fino al momento clou della serata.
Il piano era semplice e sfruttava al meglio le doti ladresche di Eames: consisteva nel barare a tal punto da allarmare tutti gli altri giocatori e poi indirizzare quell’accusa in direzione di Arthur in modo da liberarsene una volta per tutte.
Più o meno verso mezzanotte la combriccola era sembrata dimenticarsi del gioco sfrenato e si era presa una pausa resa necessaria proprio per il sospetto che qualcuno stesse barando, anche se ovviamente non ne avevano dato annuncio pubblico.
Verso mezzanotte Eames aveva attuato la seconda parte del suo piano e aveva raggiunto Arthur al bar del privè sfoggiando già un sorriso vittorioso. Aveva attaccato bottone con la consapevolezza che il point man sapesse benissimo che da lì a poco sarebbe successo qualcosa: chiacchierare fu l’espediente più adatto che il forger potesse adottare.
Arthur si era accorto troppo tardi di quanto quel veloce scambio di battute gli era stato fatale.
Ariadne a malapena aveva creduto alle sue orecchie quando Eames aveva continuato con il suo racconto ed era stata incapace di decidere se era stato troppo ingenuo Arthur o davvero brillante Eames.
Prima di riprendere a giocare era stato richiesto alla sicurezza di controllare tutti giocatori del tavolo del signor Johnson.
“Oh Ariadne avresti dovuto vedere la scena quando la sicurezza ci ha interrotti. Arthur mi guardava con una soddisfazione quasi rude e io lo guardavo allo stesso modo, solo più divertito. Era sicuro mi avrebbero smascherato.”
“E non è successo? Eames, smettila di ridere!”
“No,non è successo! E lasciami ridere, erano molti anni che non ci ripensavo!”
Arthur non si era reso neanche conto di quello che era accaduto: un secondo era seduto al tavolo puntando una cospicua somma, quello dopo gli uomini della sicurezza lo avevano sollevato di peso e si era ritrovato fuori dall’hotel nel vicolo più malfamato che avesse visto fino a quel momento.
Non era riuscito a convincere la sicurezza che i dadi truccati che erano stati trovati nella tasca destra della sua giacca non erano suoi, anche se l’aveva ripetuto come un mantra.
Ariadne era riuscita ad immaginarsi la risata cristallina di Eames quando, dopo aver raggiunto Arthur all’esterno, aveva notato l’espressione confusa del point man.
Arthur, quando aveva visto Eames, aveva improvvisamente capito tutto e Ariadne si era immaginata una scena di rivelazione come quella del film The Prestige o The Illusionist: uno di qui momenti in cui ogni cosa prende il suo posto, si mostra per quello che è realmente e quale parte abbia nella totalità.
Arthur aveva infilato la mano in tasca e ne aveva estratto un piccolo dado dalle facce rosse decorate da piccoli tondi bianchi –uno di quelli che la sicurezza non gli aveva confiscato-, aveva fissato Eames ed il forger aveva ricordato come la mano di Arthur aveva tremato per la rabbia.
“Sei stato tu vero?” la voce di Arthur era stata un sussurro metallico nel silenzio del vicolo.
Eames non era riuscito a smettere di ridere immediatamente. “Quando parli ti focalizzi solo sulla conversazione e ti distrai da tutto il resto.” aveva detto, come se fossero potute bastare quelle parole per spiegare tutta la situazione.
Arthur non aveva replicato nulla ed Eames aveva ricordato con lucidità estrema il fatto che si era limitato a fare profondi respiri. Era palese che Arthur si era sentito umiliato.
Eames non aveva ricordato bene cosa aveva detto , ma il point man si era infuriato a tal punto da scagliarsi contro il forger in cerca di una rissa che era stata fermata sul nascere dal ritorno della sicurezza.
“Fammi capire.” Aveva interrotto il racconto Ariadne con il suo caratteristico tono educato. “Tu hai imbrogliato Arthur facendolo passare per il baro che la sicurezza cercava e lui avrebbe scelto come totem, come oggetto più importante della vita di chi lavora con sogni e subconsci, proprio l’oggetto che è stato la causa di una così cocente sconfitta?”
“Arthur non ragiona mai in maniera semplice o scontata.” Aveva ribattuto Eames. “Quando lo rincontrai anni dopo e notai il dado mi sono posto le stesse domande che ti stai ponendo tu ora Ariadne. L’unica spiegazione logica è che abbia scelto il dado più come memento che come totem.”
Ariadne non era sembrata molto convinta di quella spiegazione, per quanto logica era il suo istinto le aveva sussurrato suadente di continuare ad indagare, di non credere alla risposta più semplice.
“Ha senso” aveva ammesso restia “Eppure Arthur non mi sembra molto incline a ricordare i suoi fallimenti: se qualcuno prova a ricordare che è a causa di un suo errore che non eravamo pronti contro il subconscio di Fisher Arthur non replica, si limita a lasciare la stanza in grande stile!”
“Puoi andare a chiederglielo” aveva proposto Eames con semplicità. “Ora hai abbastanza informazioni per metterlo con le spalle al muro, no?”
Ariadne aveva deciso di non andare subito a parlare con Arthur per la terza volta; infondo si sarebbe potuta accontentare, ma qualcosa le diceva che mancava ancora un tassello di vitale importanza.
Per puro caso che Ariadne aveva scoperto la verità senza giustificazioni plausibili, ma false: aveva interrotto un progetto per andare a chiedere ad Arthur un consiglio sulla posizione di alcuni luoghi strategici per il secondo livello di un sogno e si era imbattuta in una scena del tutto inaspettata.
La porta nera della sala dove di solito si riunivano –e da cui Arthur non usciva praticamente mai, troppo preso dal suo lavoro- era socchiusa e un mormorio indistinto aveva catturato l’attenzione dell’architetto che, non volendo disturbare, si era avvicinata alla porta limitandosi a sbirciare attraverso la fessura.
Arthur ed Eames erano nella stanza e, naturalmente, le voci che Ariadne aveva sentito appartenevano a loro; erano intenti a parlare come due persone civili: niente battutine, niente scenate, niente tentativi da parte di Eames di irritare Arthur, niente silenzi forzati di Arthur per ignorare Eames.
Stranamente parlavano come due adulti ed erano così vicini che Ariadne, se si fosse trovata al posto dei uno de due, si sarebbe sentita intimorita e infastidita e invece, sia Eames che Arthur erano sembrati perfettamente a loro agio. Per quanto avesse imparato a conoscere i due, era sicura che Arthur avrebbe fatto di tutto per riguadagnare il proprio spazio personale o per liberarsi presto del forger. Ma non era accaduto ciò che l’architetto si era aspettata, anzi, era successo qualcosa di inaspettato che, però si era rivelato l’illuminazione che aveva cercato.
Al sicuro, nascosta dalla spessa porta metallica, Ariadne aveva continuato a spiare i due uomini e con sua sorpresa aveva compreso che stavano parlando del totem di Arthur visto che Eames stava rigirando tra le dita il piccolo dado rosso che per settimane era stato un rompicapo per lei. Poi c’era stata una risatina delicata che aveva sorpreso la parigina: era stato Arthur a ridere e in quell’istante si era chiesta se avesse mai sentito l’altro ridere in quel modo sincero e spontaneo; era solo sicura che Eames era abituato a quella spontaneità di Arthur perché aveva continuato imperterrito nel suo discorso. Qualche istante dopo, il point man aveva strappato dalla mano dell’altro il proprio totem, ma invece di risistemare l’oggetto in tasca –perché nella testa di Ariadne quello sarebbe stato il gesto successivo naturale- si era sporto in avanti verso il forger per baciarlo.
Ariadne si era scostata immediatamente dalla porta, come sfiorata da un ferro bollente, consapevole di aver visto qualcosa che non era legittimata a sapere. Si era appiattita contro il muro accanto alla porta nella speranza che nessuno la vedesse perché sarebbe stato un vero problema spiegare coerentemente il rossore che sentiva colorarle le guance.
Non appena il primo momento di imbarazzo fu passato, la ragazza era stata sopraffatta da una ondata di puro orgoglio: l’aveva sempre saputo che il motivo per cui l totem di Arthur era un dado truccato non poteva essere il memento di una cocente sconfitta.
Tutti sapevano che il totem di Arthur era un dado truccato, ma non tutti sapevano il perché.
Il totem di Arthur era un dado truccato perché, nonostante fosse davvero un memento per evitare future prese in giro, era pur sempre legato al primo incontro con Eames che, per quanto tentasse di nasconderlo, gli aveva decisamente cambiato la vita.
  
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