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Autore: Witch_Hazel    08/03/2012    1 recensioni
Heather è una ragazza innamorata, che non riesce a fare a meno di sentirsi ordinaria. Un pensiero dedicato a tutte le donne che si sottovalutano, ignorando il loro potenziale per la maggior parte del tempo. Buon 8 marzo a tutte!
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8_marzo<< Meno male che da queste parti marzo dovrebbe essere il mese col clima migliore dell’anno! >>
Mormorò Heather a sé stessa, guardando fuori dalla porta-finestra: la neve continuava a cadere imperterrita e probabilmente sarebbe arrivata a casa zuppa nonostante gli stivali di gomma. Un peccato che non riuscisse a studiare a casa. Un peccato anche che si alzasse all’alba tutti i giorni non solo per chiudersi in biblioteca a fare la secchiona, ma anche per un motivo del quale persino lei stessa era allo scuro: William. La prima volta che si erano parlati lei aveva capito subito che non sarebbero mai potuti diventare amici: Heather si vantava di avere uno spiccato sesto senso per certe cose. Lui era uno spaccone borioso, il classico tipo che parlerebbe anche ai sassi, stravagante, pieno di teorie complicate sulla vita e sullo studio. Heather era, invece,...
<< …ordinaria. >> mormorò al suo riflesso appena percettibile sul vetro.
Lei era una ragazza normale. Né troppo alta, né troppo bassa; di corporatura media; capelli castani; occhi nocciola, pelle pallida, ma di quel pallido malaticcio, non di certo del pallore ‘nobile’ di Dita Von Teese. A questo si aggiungeva il fatto che non amava emergere in tutti i sensi: si vestiva di colori scuri, raramente si svegliava dell’umore adatto per truccarsi, nascondeva lo sguardo dietro gli occhiali con la montatura. Scura, ovviamente. Faceva di rado amicizia e non era mai lei stessa a fare il primo passo. Insomma, loro due erano opposti.
Talmente opposti che Heater si era presa una cotta stratosferica per William senza accorgersene minimamente.
Che ridete? Ci vuole una certa attitudine e pure un certo talento ad ignorare i segnali che il tuo cuore e il tuo corpo ti mandano.
Heather, però, aveva una spiccata attitudine pure per questo. Non temete, aveva pure dei pregi questa povera ragazza. Ad esempio, la prima volta che lei e William si erano parlati, lei era riuscita a fare sfoggio di un autocontrollo invidiabile ed era riuscita a rivelargli che i suoi gusti in fatto di libri erano decisamente pessimi.
Ah, non vi avevo detto che si erano conosciuti litigando? Quindi non vi ho nemmeno detto che stavano discutendo sulla presunta omosessualità di Thomas Mann in Morte a Venezia.
Sì, lo so: le persone normali fanno conoscenza in modo diverso, ma parliamone! Alla fine, chi è che decide cos’è normale?
Ma torniamo a noi. William e Heather avevano litigato per colpa di uno scrittore morto mezzo secolo prima e lui le aveva chiesto, in un primo momento per scherzo, di consigliarle dei libri “visto che lei era tanto brava”. Lei gli aveva quindi consigliato delle letture, che a lui erano piaciute tantissimo. Anche questo era un talento di Heather: indovinare i gusti in fatto di libri delle persone. William ne era ovviamente rimasto colpito e aveva cominciato a trattarla da essere umano, fino a sedersi di fianco a lei in biblioteca. Ormai era diventato una specie di tacito rito: arrivare in biblioteca la mattina presto, studiare per tre ore filate in religioso silenzio e poi fare una pausa caffè, proposta sistematicamente da lui. Durante la pausa chiacchieravano del più e del meno, in modo leggero, ma tale da farli avvicinare gradualmente. Heather non sapeva se poterlo definire suo “amico”, provava ancora una certa riluttanza a dare un’etichetta al loro rapporto. Era molto probabilmente il sintomo di una paura ben radicata del fatto che, definendolo suo “amico”, non sarebbe più potuto essere il suo qualcos’altro.
Quel giorno, però, la ragazza era fuggita dall’aula studio senza che William accennasse ad alcuna pausa caffè. Era arrivata una ragazza nuova, bellissima, con dei capelli lucidi e ciglia lunghe come la Manica, truccata e vestita di tutto punto. William ovviamente aveva iniziato a farci amicizia, chiacchierando con lei a bassa voce e ridendo ogni tanto. Heather si era immediatamente seccata. La scusa che il suo cervello aveva partorito era che non riusciva a studiare con i loro bisbigli a portata d’orecchio. La verità era che era gelosa, terribilmente. E accanto a quella giraffa col corpo perfetto, il trucco a prova di bomba atomica e capelli spaziali che sembrava anche in grado di sostenere una conversazione, lei si sentiva, per l’appunto, totalmente ordinaria.
Trangugiò il liquido nel bicchierino di plastica ormai raffreddatosi e si preparò psicologicamente a tornare a studiare e contemporaneamente tentare di ignorare il conciliabolo tra William e la nuova ragazza.
<< Ehi, non mi hai aspettato per il caffè!! >>
Esclamò William d’improvviso alle sue spalle. Non si era nemmeno accorta dei suoi passi nel corridoio.
<< Scusa – rispose lei – non volevo interrompere la conversazione. >>
<< Oh, non importa. L’importante è che tu non sia andata via, ti devo dire una cosa. >>
Heather fu presa dal panico e cominciò ad immaginare gli annunci più apocalittici possibile tra il “domani mi sposo”, “sto per morire” o “mi trasferisco in Burundi”. Tentò di mascherare il suo nervosismo deglutendo. Solo quando vide il ragazzo avvicinarsi lentamente a lei si accorse che aveva una mano dietro la schiena. Quindi, in preda al delirio, pensò addirittura: “perfetto, non sta per morire, vuole uccidermi!!”. Ci si difende così dall’evidenza talvolta, con i pensieri più assurdi che in un momento di razionalità non verrebbero proprio in mente.
<< Sai che giorno è oggi? >> chiese il ragazzo con un sorriso sornione.
La mano di Heather urtò il vetro: aveva indietreggiato d’istinto, senza accorgersene, fino a trovarsi appoggiata alla porta finestra. Oltre il vetro, solo la neve.
<< Ovvio che so che giorno è oggi: è giovedì. >>
<< Risposta sbagliata. >> Il suo sorriso si era allargato ancora di più. Oppure era solo un effetto del suo progressivo avvicinamento?
Heather non ne aveva idea, sapeva solo che ormai non poteva più fingere di ignorare che all’altezza dello sterno sentiva una pressione intermittente che accelerava a ogni passo di William, e di certo non era irritazione nei suoi confronti.
Lui finalmente si fermò, a pochi centimetri da lei, e con ovvietà disse:
<< Oggi è la festa della donna. >>
Prima che Heather riuscisse a riprendersi dalla sorpresa, William sfoderò dei fiori da dietro la schiena. Più precisamente, vischio. Pure un po’ avvizzito e impolverato, ma ciò non toglieva che fosse esattamente vischio. Heather non sapeva se ridere, piangere o indignarsi.
<< Ehm, William... ti hanno mai detto che per la festa della donna si usa regalare mimose? >>
Il ragazzo sembrava confuso, guardava ora il vischio che al momento reggeva davanti al naso di Heather, ora Heather stessa.
<< Certo che lo so - affermò senza troppa convinzione - ma regalarti il vischio mi sembrava più originale! >>
Heather tentò di trattenersi per qualche secondo, però non ci riuscì. Nonostante la vicinanza pericolosa di William, nonostante il suo stomaco più che delle farfalle sembrasse avere un branco di bufali all’interno, non ce l’aveva fatta: era scoppiata a ridere.
<< William - riuscì a dire appena riprese a respirare - ma il vischio è una pianta natalizia e Natale è stato tre mesi fa! Cioè, non che non apprezzi molto il tuo gesto, però è veramente....come dire....sì, originale. >>
Il ragazzo, lungi dal sentirsi scoraggiato dall’apparente freddezza di Heather, sorrise ancora di più, sorrise anche con gli occhi, in quel modo così speciale che fa illuminare tutto.
<< In realtà, la scelta del vischio è piuttosto meditata. >>
Heather lanciò uno sguardo interrogativo, a cui lui rispose alzando il vischio sopra le loro teste. La ragazza ormai si appigliava al vetro per raffreddare le sue mani bollenti.
<< Che cosa si fa a Natale sotto il vischio? >> chiese lui burbero.
Non le diede, però, il tempo di rispondere.
Perché ogni dubbio fu zittito da un bacio.



Nugae:
Questa storiellina leggera la vorrei dedicare a tutte le donne. A tutte quelle che scrivono, a tutte quelle che leggono, a tutte quelle che non hanno il tempo di fare né l’una né l’altra cosa. Ricordando che la festa della donna è prima di tutto una commemorazione, vorrei che tutte ci sentissimo fiere di essere donne non solo oggi, ma sempre. Nonostante i mille problemi, nonostante i film mentali, nonostante le lune, quando una donna ride tintinnano mille campanelli, ed è un suono che si dovrebbe sentire più spesso.
Auguri donne, e grazie per avermi concesso un po’ del vostro tempo!
   
 
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