Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Taila    09/03/2012    9 recensioni
C'era una parte della vita del dottor John Watson che a Sherlock Holmes era completamente preclusa, ovvero il periodo in cui aveva militato nell'esercito britannico e che si era concluso con la guerra in Afganistan. I ricordi di John legati al suo passato militare erano chiusi accuratamente nelle più oscure profondità della sua mente e riemergevano soltanto quando, privo nel sonno del rigido autocontrollo che il dottore era solito imporsi, si trasfiguravano in incubi orrendi che lo aggredivano su ogni fronte, lasciandolo stremato e piangente alla fine della battaglia.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Memorie
Autore: Taila
Serie: Sherlock BBC<
Genere: Romantico, sentimentale
Tipo: One –shot, slash, fluff, slice of life
Pairing: Sherlock Holmes x John Watson
Raiting: Verde
Disclaimers: I personaggi presenti in questa shot non appartengono a me, ma a Moffat e Gattis, li ho presi in prestito per puro divertimento e per soddisfare i miei loschi fini (ovvero vedere Sherlock e John tubare come due piccioncini *ç*) senza scopo alcuno di lucro.
Note: Dopo una breve assenza dovuta al relatore che mi sta facendo esaurire appresso alla tesi e all’influenza che ancora non mi ha abbandonata Y-Y sono finalmente riuscita a ritornare \^O^/ Questa storia è essenzialmente il frutto della curiosità che nutro verso il passato militare di John. Nei libri il soldato è ben visibile nel comportamento del dottore, nei suoi comportamenti e modi di pensare è ben distinguibile il militare, ma nel telefilm John è essenzialmente un dottore e il soldato emerge soltanto in particolari occasioni che sorprendono sia lo spettatore che Sherlock. La shot che segue è una delle più strane che abbia mai scritto, l’ho rigirata a lungo in testa, tagliando e cucendo, e alla fine mi sono decisa a postare.
Ringrazio Verity84: Sì, sono riuscita a vedere il pilot su Youtube e ci sono un paio di parti che meritano *.* Sono contenta che ti sia piaciuta la mia shot nonostante tu non li veda come un coppia nel vero senso della parola. Grazie per aver dato una change alla mia shot ^^ Ringrazio chibisaru81: Credimi, anch'io ho riso come matta nell'immaginare Sherlock che bazzica sui siti porno in cerca di documentazione ^O^ Ci si può aspettare di tutto da lui ^O^ Per la lemon... fidati ho fatto di peggio *___* Ringrazio Betta90: Lieta che l'altra shot ti sia piaciuta e tu abbia torvato delle parti interessanti ^__^ Per le tue segnalazioni... "metri di pelle" è modo che ho trovato su di un manga riferito a una ragazza alta un metro e cinquanta, mi piacque molto e da allora la adopero spesso. Sono consapole che John non ha "metri di pelle" da mostrare, neanche io li avrei nonostante sia altra un metro e settantasette - forse giusto mio cognato che è alto più di un metro e novanta, ma neache - è null'altro che una figura, suvvia un pò di fantasia ^o^ Per "come un folle", lì mancava la virgola, non avevo alcuna intenzione di offendere i diversamente abili, non sarebbe stato necessario nemmeno fermarsi e dirla una cosa simile, perchè è ovvio che nessuno di chi scrive qui voglia fare una cosa del genere, soltanto segnalarmi la mancanza grammaticale, esattamente come hai fatto per l'altro passaggio. Ti ringrazio per le tue segnalazioni, mi sono state molto utili. Ringrazio griffoncina90: John ha avuto il bentornato che tutte vorremmo *p* Sherlock va sui siti porno per scopo solamente didattico, dice lui... si è visto! ^O^ Sono contenta che ti sia piaciuta la shottina ^__^ Ringrazio Kiba91: Sì, sono riuscita a vederlo il pilot e ti quoto completamente: quelle due parti sono slashiosissime *p* Ti ringrazio tantissimo, me saltella contenta per casa ^O^ Sherlock che adopera il pc di John per le sue documentazioni.... sarebbe bello vedere come reagisce il nostro soldato quando si trova nella cronologia un sito porno che lui non ha mai consultato ^O^ Ringrazio JimmyHouse: Anch'io sono molto romantica quando si tratta di loro, sono John e Sherlock a ispirarmi il fluff *ò* Guarda mi stavo per tagliare le mani quando ho scritto la parte Sherlock/Irene, ultimamente amo farmi male con coppie e situazioni che odio -__-''' ma mi era necessaria alla fine della storia >.< Purtroppo temo che, sebbe sia innamorato di John, una piccolissima parte di Sherlock si sia infatuata di Irene, è una cosa che mi ha fatto pensare la chiusura della puntata 2x01... Per la tua proposta post-universitaria, visto che sono un pò più avanti inizio io a cercare il posto sotto un ponte, ok? ^^''' Ringrazio EmmaAlicia79: Ti ringrazio per le belle parole, la cosa più importante è di essere riuscita a mantenere IC i personaggi. Per i ruoli come dire... sotto le coperte... Io adoro immaginare Sherlock che si lascia completamente andare sotto le cure di John (tendo a cancellare completamente l'esistenza di Mary dalla vita del dottore ^^'), eppure non riesco a vedere lo Sherlock della BBC in nessun altro ruolo che in quello di seme... son strana lo so ^^''' Ancora non sono riuscita a rivedere quella parte, perchè onestamente non la ricordo benissimo ^__^ Ringrazio Aly Zefy: Grazie ancora per il link di youtube con il pilot *ç* Io di solito definisco i ruoli mentre scrivo, in questo caso è stato così e basta, li ho immaginati subito a fare di tutto e di più su quella poltrona *p* Ce l'ho anch'io quella fan art, è una delle mie preferite *.* Anche a me piacciono quelle in cui Sherlock sbatte letteralmente al muro John ^^ Ringrazio Saso: Lietissima che ti sia piaciuta la shot *-* Un abbraccio enorme anche a te ^___^
Ringrazio: Angelica Barbanera, borntorun, Colin_from_Mars, Danyel, Erhien, ermete, kiba91 e Sevvina che hanno inserito "Lui, l'Uomo, l'unico" tra i preferiti. Ringrazio BlackCobra, Felpata90, kiba91, Quistis18 e Susannatuttapanna che hanno inserito "Lui, l'Uomo, l'unico" tra le fic da ricordare. Ringrazio: Rumy che ha inserito "Lui, l'Uomo, l'unico" tra le seguite.
Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto e tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa shot.
Adesso vi lascio alla lettura, alla prossima gente \^O^/



Memorie


C'era una parte della vita del dottor John Watson che a Sherlock Holmes era completamente preclusa, ovvero il periodo in cui aveva militato nell'esercito britannico e che si era concluso con la guerra in Afganistan. I ricordi di John legati al suo passato militare erano chiusi accuratamente nelle più oscure profondità della sua mente e riemergevano soltanto quando, privo nel sonno del rigido autocontrollo che il dottore era solito imporsi, si trasfiguravano in incubi orrendi che lo aggredivano su ogni fronte, lasciandolo stremato e piangente alla fine della battaglia.
Sherlock aveva assistito in prima persona a molte di queste scene e negli urli sconnessi John aveva lasciato trapelare inconsciamente alcune informazioni, che avevano attirato la curiosità del detective. Essenzialmente erano nomi maschili, ovviamente dei commilitoni, e dalle grida che seguivano dovevano essere sicuramente morti. Non aveva impiegato molto tempo a capire che il suo dottore doveva incolparsi per quelle scomparse, ripetendosi che poteva fare di più o agire in modo diverso sia sul piano medico e militare.
Per Sherlock Holmes il passato aveva importanza soltanto se riguardava un crimine da risolvere, quello dei vivi, soprattutto se erano soggetti incensurati e innocenti, non aveva alcuna rilevanza per la sua mente. Ovviamente John era riuscito a scavalcare questi preconcetti e l'interesse che il detective aveva sviluppato nei confronti di tutto ciò che lo riguardava, aveva valicato l'ambito puramente professionale. Era diventata una questione di principio, poteva avere accesso a ogni centimetro di quel corpo perfetto, anche il più intimo, ma non all'interezza di quell'anima che si era rivelata stranamente interessante per essere quella di una persona normale. Desiderava essere il fulcro pulsante dei pensieri e dei sentimenti di John, il centro esatto della sua vita e non apprezzava il fatto che esistesse un lato di lui che non conosceva, che occupava una fetta sostanziosa di lui e che sembrava seguirlo sempre come un'ombra, distogliendo la sua attenzione da lui.
Per John Watson doveva esistere soltanto Sherlock Holmes.
Per questo motivo, per capire cosa rappresentasse realmente l’esercito per John e trovare un modo per scacciarne il ricordo dalla mente del suo compagno, aveva atteso che il dottore andasse in ambulatorio lasciandogli un'intera giornata a disposizione per frugare nella sua stanza. La morale comune avrebbe considerato quest'atto come una violazione della privacy e sicuramente John non avrebbe gradito la cosa, ma avrebbe trovato il modo di farsi perdonare dopo, sempre che fosse riuscito a scoprire quell’intrusione. In piedi sulla soglia della porta osservò l'interno della camera: il letto perfettamente rifatto e ogni oggetto posizionato al suo posto riflettevano la rigida disciplina militare a cui il dottore era stato sottoposto, era sicuro che nell'armadio fosse riposta una cassetta del pronto soccorso per le emergenze e che il secondo cassetto dell'armadio contenesse abbastanza farmaci e strumenti chirurgici da far concorrenza a una farmacia. Entrò nella stanza e aggirò il letto, sedendosi sulla sponda con il viso rivolto alla finestra e la schiena alla porta. Guardò per un attimo il ripiano del comodino e inarcò un sopracciglio nel vedere il paio di occhiali da vista appoggiati sulla copertina del libro che il dottore stava leggendo. Non aveva mai avuto occasione di vedere come John stava con gli occhiali e appuntò mentalmente che doveva assolutamente rimediare alla cosa.
Ricordando il motivo per cui era lì, accantonò momentaneamente la cosa e passò oltre. Sherlock aprì il primo cassetto e venne investito piacevolmente dall'odore del suo compagno: lì dentro erano riposti la maglietta a righe e il pantalone della tuta che l'altro usava come pigiama, la stoffa era ormai fredda ma l'ambiente chiuso aveva contribuito a conservare la traccia del profumo di John. Il detective adorava l'odore della pelle dell'altro, amava poggiare il volto contro la morbida curva del suo collo, appena sotto l'orecchio, e respirarne ampie sorsate. Mentre chiudeva il cassetto, Sherlock avvertì il corpo reagire piacevolmente a quel profumo e decise di lasciare per la volta successiva l'esperienza di prendere con sé quella maglia fino al ritorno del suo proprietario.
Aprì il cassetto subito sotto al primo e scoprì che conteneva soltanto una scatola nera: John sembrava non essere interessato al suo contenuto, ma comunque la teneva pulita e accanto a sé. Sì, aveva decisamente trovato quello che cercava. La prese e l'appoggiò sulle ginocchia, studiandola: era una scatola rettangolare di latta non molto grande, di quelle che si usano per contenere i biscotti, scolorita e piena di ammaccature, probabilmente John l’aveva con sé dal tempo della guerra. Quando fu soddisfatto del suo esame esteriore tolse il coperchio e guardò all’interno. La prima cosa che vide furono le piastrine militari appese a una catena di metallo, le prese in mano facendole tintinnare e lesse i dati che vi erano stati impressi sopra: sulla prima il nome e il cognome di John, insieme al gruppo sanguigno; sull’altra la matricola, il reparto e il reggimento di appartenenza. Erano ancora macchiate di sangue e il pensiero che fossero state le mute testimoni della ferita del suo dottore e che sarebbero potute servire al suo riconoscimento in caso di morte, fece provare al detective una strana sensazione che non seppe bene identificare. Senza soffermarsi sulle proteste che sicuramente avrebbe fatto il suo coinquilino non appena avesse scoperto il furto, Sherlock le mise nella tasca del suo pantalone.
Sotto le piastrine John aveva ammassato le mostrine e gli alamari della sua divisa, insieme a un paio di medaglie al valore e altre decorazioni simili che non sapeva cosa significassero. Vedendoli si chiese se avesse conservato la sua divisa militare da qualche parte nella camera. Fece scorrere lo sguardo dall’armadio al baule e si rispose che sì, un tipo sentimentale e attaccato in modo viscerale alla vita che aveva trascorso sotto le armi come il suo dottore, non avrebbe mai potuto disfarsi della sua divisa militare e sorrise pensando che presto sarebbe riuscito nell’intento di convincere il suo compagno a indossarla per lui. Tolse dalla scatola quelle decorazioni militari e le appoggiò accanto a lui sul letto, il fondo della scatola era riservato ad alcune fotografie, le prese tra le dita e cominciò a guardarle e già la prima lo fece accigliare.
Sullo sfondo di una tenda da campo c’erano tre militari in posa e sorridenti: John era al centro, indossava la mimetica, aveva una fascia bianca con una croce rossa attorno al braccio destro per indicare la sua condizione di medico militare e teneva nella mano dominate il suo fucile d’ordinanza, ai lati aveva due suoi commilitoni, ugualmente vestiti e armati, che gli stavano passando un braccio sulle spalle. Ignorò completamente gli altri due uomini e si concentrò soltanto su John: il suo viso era più giovane e aveva i capelli corti come quando l’aveva incontrato per la prima volta, lo sguardo che rivolgeva all’obiettivo era velato da quella stessa ombra di sofferenza che lo aveva caratterizzato nei primi tempi della loro convivenza e il sorriso era troppo stanco. L’occhio attento di Sherlock non faticò a notare i lividi e i graffi che tutti e tre mostravano sui loro visi, e il sangue che macchiava le loro mani e le uniformi che indossavano insieme alla sabbia, sicuramente dovevano essere appena tornati da una missione. Girò la foto tra le dita e vide che sul retro qualcuno, una mano maschile e ovviamente uno dei due soldati che erano ritratti con lui, aveva scritto: “Stay alive, Johnny”, restare vivi… era tutto ciò che il suo dottore faceva quotidianamente, aggrappandosi ferocemente alla vita e cercando di scappare il più possibile dai ricordi che gli popolavano la mente, perfino lui riusciva a capirlo.
Sherlock appoggiò la foto che ancora stringeva tra le dita sul materasso e passò alla successiva. Era piccola e rettangolare, scattata verticalmente, di quel tipo che si allegano ai curricula. John era l’unico soggetto, con la sua espressione seria e decisa, la giacca della divisa perfettamente stirata, sotto la camicia con il colletto inamidato e il nodo della cravatta fatto con precisione millimetrica; sulla testa il cappello d’ordinanza ben calcato sui capelli biondi pettinati accuratamente. Il John che aveva imparato a conoscere lui sorrideva e faceva facce buffe quando non riusciva a seguire i suoi ragionamenti oppure si arrabbiava con lui quando faceva qualcosa che giudicava pericolosa o stupida, ma non l’aveva mai visto con l’espressione seria, neutra, che aveva in quella fotografia. Il suo sguardo era impassibile, come se bastasse solo una divisa militare per imprigionare e sottomettere la natura umana. Sherlock increspò le labbra in una smorfia e passò alla foto successiva.
In quell’immagine il suo dottore era steso prono sulla sabbia e stava prendendo la mira da un fucile che aveva posizionato davanti a sé sopra due sostegni, verosimilmente durante un addestramento al campo militare. Accanto a lui, ma dall’altro lato, un soldato inginocchiato e ripreso di profilo stava calcolando la distanza dal bersaglio con una stadia. Che John avesse una mira eccellente non era una sorpresa per lui, ne aveva avuto una chiara dimostrazione in prima persona durante la loro prima indagine insieme, ma gli faceva sempre un effetto un po’ strano vederlo alle prese con un’arma da fuoco. Era in momenti come quello che si rivelava la sua duplice natura, il soldato addestrato e con le mani sporche di sangue nemico emergeva dalle profondità in cui il dottore cercava di relegarlo, come se fossero due persone in un unico corpo e lo eccitava sempre scorgere la freddezza e la sicumera sostituirsi alla dolcezza e alla gentilezza.
La fotografia successiva gli bloccò il respiro in gola e gli fece tornare più vivo il desiderio di procurarsi una mimetica e di farla indossare al suo dottore il prima possibile. John era in piedi e stava osservando qualcosa che l’obiettivo della macchina fotografica non era riuscito a inquadrare. Il riflesso del sole sulla sabbia lo aveva costretto a stringere gli occhi in un’espressione irritata e il vento che spirava dal deserto gli stava scompigliando i corti capelli. Nella fotografia John indossava sempre la solita mimetica, ma la particolarità era che al posto della classica maglietta verde militare, portava una camicia, sempre mimetica, slacciata sul petto nudo su cui la luce disegnava degli ipnotici passaggi chiaroscurali. Sherlock guardava quella foto e si chiedeva come mai la ferrea disciplina militare avesse permesso un simile spettacolo, perché era abbastanza certo che una vista come quella che John offriva in quella immagine non fosse ritenuta consona alla decenza umana. Corrugò le sopracciglia infastidito mentre si chiedeva chi avesse scattato quella foto e per quale motivo. Senza pensare nemmeno quella volta, mise la foto nella tasca sicuro che sarebbe stato un buon diversivo per ovviare alla noia.
L’ultima fotografia era la meno interessante di tutte, era soltanto una foto di gruppo del team medico di cui John faceva parte e in cui si riusciva a notare a stento. Tutto sommato era stata una giornata fruttuosa, aveva trovato delle cose interessanti e fatto dei passi avanti per capire quel grande mistero che era John Watson. Rimise le foto che non aveva preso nella scatola di metallo, le coprì con le medaglie esattamente come aveva fatto il suo dottore e la rimise al suo posto nel cassetto. Invece di andarsene, Sherlock si sdraiò sul letto e si mise a riflettere su quanto la ferita alla spalla di John fosse stata provvidenziale per lui, perché senza di essa non avrebbe mai avuto l’opportunità di avere un coinquilino come il suo dottore.
Rimase a lungo sdraiato nella stessa posizione a fissare un punto indistinto davanti a sé, respirando l’odore di John e rendendosi conto ancora una volta che bastava quella cosa semplicissima per farlo sentire a casa, nel senso più propriamente spirituale del termine. Per molti la casa era un oggetto fisico, un edificio in cui tornare sempre a sera, ma se riferito al detective stesso questo significato perdeva d’importanza, perché non aveva mai avvertito la casa paterna come un luogo sicuro e ricolmo d’amore, anzi al contrario si era sempre sentito come se fosse un estraneo che abitasse un territorio nemico. Sherlock aveva trovato la sua casa non in un luogo fisico, ma dentro una persona, era John il posto in cui desiderava sempre tornare dopo una giornata trascorsa a correre dietro al pericolo, perché il suo dottore era caldo, morbido e profumato, e lo guardava con quei suoi occhi azzurri carichi di tutti i sentimenti che provava per lui. Nel buio della stanza sorrise soddisfatto per le riflessioni cui era giunto quel giorno, mentre un’idea si faceva largo nella sua testa.


§§§


Quando John tornò a casa, sfinito per la giornata trascorsa in ambulatorio e il paio d’ore di straordinario che Sarah lo aveva costretto a fare, trovò il suo compagno steso sul divano e intento a contemplare il nulla. Sapeva come era fatto Sherlock e lo amava anche per quei suoi difetti che avrebbero fatto dannare chiunque, ma ugualmente non poté evitare di sentirsi un po’ irritato al pensiero che aveva passato l’intera giornata a oziare sul divano, soprattutto se ripensava ai ragazzini urlanti e alle mamme isteriche con cui aveva avuto a che fare quel giorno. Sbuffò rendendosi conto che l’altro non sarebbe mai cambiato – per fortuna aggiunse una vocina nella sua testa, altrimenti la sua vita sarebbe stata molto più noiosa – lanciò un rapido sguardo allo smile giallo sul muro per contare quanti nuovi buchi si era meritato in quella noiosa giornata e sul suo volto la rassegnazione lasciò il passo allo sconcerto, mentre si rendeva conto che i fori di proiettile erano gli stessi di quando era uscito di casa quella mattina. Un’immediata sensazione di panico lo colse al pensiero di cosa avesse potuto attrarre la sua attenzione tanto da impedirgli di sparare al muro. Rapido raggiunse il frigorifero e aprì gli sportelli e i cassetti, notando che era tutto perfettamente come lo aveva lasciato e nessuna parte di cadaveri era stata aggiunta a quelle che già c’erano. Passò a controllare il tavolo ingombro di alambicchi e elementi chimici, e anche in questo caso si rese conto che non c’era nessun veleno o sostanze vietate dalla legge, un profondo senso di terrore dilagò dentro di lui, perché avrebbe preferito ritornare in Afganistan e affrontare a mani nude i nemici del paese, piuttosto che restare là e scoprire cosa avesse fatto Sherlock quel giorno. Quindi ritornò in salotto, sentendosi come un detenuto rinchiuso nel braccio della morte che deve affrontare la famigerata camminata che lo condurrà alla stanza dove verrà emessa la sentenza, fissando a occhi sbarrati il suo compagno che aveva seguito le sue mosse con attenzione, senza però muoversi o commentare – non ancora, per lo meno.
- Ti ha chiamato Lestrade?- chiese John alla fine, facendosi coraggio.
Mentre mentalmente si preparava al peggio e cercava di progettare qualche contromisura per evitare di finire entrambi in galera per chissà quale reato.
- Purtroppo no. Evidentemente il livello qualitativo dei criminali londinesi lascia molto a desiderare ultimamente.- gli rispose laconico il detective.
John allora lo scrutò ancora più sospettoso, cercando di carpire qualche indizio che gli facesse capire cosa avesse combinato Sherlock tutto il giorno da solo, ma l’altro era talmente impenetrabile che gli parve di sbattere contro un muro di gomma.
- Allora cosa hai fatto tutto il pomeriggio?- si azzardò a chiedere, non proprio certo di voler conoscere la risposta.
Un ghigno comparve lentamente sulle labbra del detective, mentre spostava lo sguardo sul dottore che era in piedi accanto al divano, sempre in attesa di una risposta.
- Mi sono dedicato a un’indagine interessantissima.- gli rispose con un tono che, se lo avesse usato una persona normale, si sarebbe potuto definire gioviale.
- Hai detto che Lestrade non ti ha chiamato.- considerò John, mentre una goccia di sudore freddo gli scorreva lungo la spina dorsale.
- Non tutte le indagini che compio dipendono da lui.- puntualizzò con una buona dose di fermezza e sicumera Sherlock, mentre si metteva a sedere.
- Allora di che cosa si tratta?- gli domandò con un filo di voce il dottore.
- Un esperimento sociale.- spiegò sibillino il detective mentre recuperava una macchina fotografica da qualche parte sul divano e si alzava in piedi.
John aveva osservato i suoi movimenti con la stessa attenzione con cui si studierebbe un cobra reale nel tentativo di capire quando potrebbe attaccarci. Non che il paragone non fosse calzante, perché Sherlock quando voleva si muoveva con una sinuosità che riusciva sempre a ipnotizzarlo e smuovergli qualcosa nei pantaloni.
- E in cosa consisterebbe questo esperimento sociale?- domandò poi mimando con le dita le virgolette.
- Non posso dirti nulla, altrimenti compromettere i risultati che ho ottenuto.- gli rispose con un tono che era tutto un programma.
Il dottore stava per replicare, insistere un po’ per comprendere cosa fosse preso quel giorno al suo compagno, ma il flash della macchina fotografica lo interruppe. Abbagliato, sbatté un paio di volte le palpebre, per poi fissare ancora più perplesso di prima l’altro.
- Questo che significa?- protestò John contrariato.
Nonostante fosse ormai consapevole di quanto impossibile fosse cercare di venire a capo dei ragionamenti di Sherlock Holmes, ugualmente trovava irritante quando questi faceva qualcosa e lui non riusciva a comprendere cosa stesse architettando.
- Una foto, ovviamente.- rispose il detective con una faccia di bronzo che fece subito prudere le mani a John.
- So benissimo che mi hai fatto una fotografia, mi domandavo il perché!- ribatté seccato il dottore.
- Perché mi andava di fartene una.- sbuffò il detective, mentre guardava il risultato sul display delle macchina digitale.
Nella foto il suo dottore aveva un’espressione stupita in volto e quegli occhi azzurri appena un po’ spalancati erano fissi lui. John lo osservò per una manciata di secondi, per poi sospirare rassegnato.
- Non mi dirai mai cosa stai macchinando, vero?- chiese sapendo di aver già perduto in partenza.
- No!- rispose con un tono di ovvietà, per poi scattare un’altra foto a John che in quel momento aveva un’espressione imbronciata deliziosa.
Sherlock allontanò la macchina fotografica da davanti al volto e si chinò in avanti per intercettare la bocca di John con la propri, in quel bentornato che il suo dottore aspettava da quando era entrato nella stanza. Piano avvertì le sue labbra sciogliersi in un piccolo sorriso contro le proprie, mentre il dottore ricambiava il suo bacio. Quando avvertì le braccia dell’altro chiudersi attorno al suo collo e quel corpo invitante stringersi al proprio, si spinse più a fondo in quella bocca dolce e calda. John riteneva i ricordi legati al suo passato militare preziosi, ma Sherlock presto sarebbe riuscito a convincerlo che non erano poi così importanti se paragonati a lui.

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Taila