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Autore: _ALE2_    10/03/2012    4 recensioni
“Come mai sei venuto Edward?”
Il più piccolo sospirò chiudendo gli occhi. Lasciò che il silenzio lo avvolgesse per qualche secondo.
“Me lo dica lei.”
Roy si incupì, spostando l’attenzione sulle palpebre chiuse del giovane, sulla bocca appena dischiusa e l’espressione amareggiata.
“A cosa stai pensando, Ed?”
ATTENZIONE! Ambientata dopo il primo film The Conqueror of Shamballa
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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(Rien va plus)

Era quasi Maggio ormai, e le fresche serate primaverili si stavano sostituendo a quelle più calde dell’estate.

Roy Mustang camminava stanco per le vie di East city, la giornata di lavoro era stata più pesante del solito, e per di più, non aveva avuto buone notizie dal suo oculista, che gli aveva raccomandato di fare attenzione dato che il suo unico occhio cominciava a non vedere come avrebbe dovuto.

Sospirando rientrò in casa, poggiando la giacca della divisa sul tavolo della cucina e allentandosi la stretta camicia. Guardò annoiato la posta, poi si levò i pesanti guanti bianchi, facendo finalmente respirare le mani.

Si avviò verso la cucina, quando la sua attenzione venne catalizzata dalla porta che portava nella veranda ch, era stranamente aperta.

Sorrise, incuriosito e già conscio di chi fosse entrato a casa sua di soppiatto.

Lentamente, gustandosi passo dopo passo arrivò nella veranda, dove trovò la finestra che portava sul tetto appena appannata, ed un ragazzo al di fuori che si stava godendo lo spettacolo delle stelle appena spuntate.

L’ormai neo-rientrato Generale sorrise, raggiungendo il suo giovane ospite sul tetto.

“Ohi, Fullmetal”

Il ragazzo dagli occhi dorati alzò appena il capo, era stesso sulle scomode tegole del tetto , lo sguardo era rivolto al cielo, sul volto un’espressione rilassata.

“Mustang…sei in ritardo, Hawkeye oggi è stata più dura del solito?”

Il generale rise, mentre con attenzione gli arrivava accanto, stendendosi di fianco a lui, facendo attenzione a non sfiorarlo.

“No, dovevo andare ad una visita.”

Il ragazzo annuì e continuò a guardare il cielo si era completamente adombrato, lasciando alle stelle lo spazio per brillare incontrastate.

“Come mai sei venuto Edward?”

Il più piccolo sospirò chiudendo gli occhi. Lasciò che il silenzio lo avvolgesse per qualche secondo.

“Me lo dica lei.”

Roy si incupì, spostando l’attenzione sulle palpebre chiuse del giovane, sulla bocca appena dischiusa e l’espressione amareggiata.

“A cosa stai pensando, Ed?”

Edward sorrise, mentre gli occhi dorati si riaprivano. Roy si ritrovò a contemplarli, giudicando che nessuna stella, quella notte, brillava come quegli occhi. Si tenne quel pensiero per se, ma con una mano cominciò ad accarezzare la sottile capigliatura dorata del giovane, guadagnandosi uno sguardo dolce e rapito.

“Cosa sarebbe successo se lei non fosse mai venuto, quel giorno? Se lei non avesse mai ricevuto quella lettera…”

Il generale sorrise, vedendo con quanta semplicità il suo biondino continuava a parlargli con quella strana forma di cortesia.

Si voltò ancora verso di lui, incatenando definitivamente a se quegli occhi dorati, facendoli scontrare con il suo d’onice.

“Saresti andato avanti lo stesso, avresti studiato e probabilmente alla fine, saresti diventato comunque un alchimista di stato. Forse non ci saremo conosciuti, o forse sì, chi lo sa?”

Edward continuò a guardare il suo superiore, incapace di staccare gli occhi dai suoi.

Una certezza gli girava nella testa, una consapevolezza che non esprimeva, perché colui che gli era lì accanto non voleva ammettere la realtà. Non voleva affrontarla.

Era per quello dopotutto che lui era lì.

“Altre domande, Fullmetal?”

Lo disse con tono scherzoso, come se il peso di quello che stava vivendo non lo stesse schiacciando.

Fuggiva. Fuggiva come aveva imparato a fare nel corso degli anni.

Il dolore si combatte, ma quando si è troppo deboli si finisce per morire.

“Non lo so, Generale, me lo dica lei.”

Irriverente.

Quel suo sguardo che non accennava ad arrendersi lo scrutava, gli impediva la fuga, gli impediva di reggersi in piedi, quegli occhi volevano che ammettesse sconfitta, che crollasse.

Ed a lui bastava così poco…

“Lo sa, non è vero?”

Roy si tirò in dietro alla battaglia di sguardi e guardò ancora le stelle, protettrici inconsapevoli della sua follia. Edward adesso si era messo a sedere e lo fissava dall’alto.

“Lo sa che io non sono qui, vero?”

E gli vennero le lacrime agli occhi. Lui non voleva niente. Voleva scappare, voleva impazzire, rifugiarsi in qualche insano anfratto della sua mente non ancora contaminato dal dolore.

“Sì”

La voce era spenta. Edward sorrise, stanco.

“Sa anche che non ritornerò?”

“Sì”

Gli vennero i brividi. Non seppe se per il freddo che aveva cominciato a farsi sentire o per la situazione.

Edward accanto a lui, così vivo, così reale, semplicemente non c’era. Non esisteva.

“Le mie domande non sono nient’ altro che le sue. Sono le domande  a cui non sa dare risposta.”

Roy aprì di nuovo gli occhi, e rincontrò il viso amato di Edward. Lo guardò, lo studiò, lo amò ancora una volta, come aveva sempre fatto.

“Questa volta ti ho risposto”

Il ragazzo rise, una risata cristallina, felice.

“Le sue, sono sempre le risposte sbagliate.”

Il moro distolse lo sguardo, cominciando a guardare le stelle, che gli sembravano sempre più luminose, sempre più brillanti. Sembravano scoppiare.

“Fammi un’altra domanda, Edward.”

Il ragazzo sembrò riflettere per un poco, prima di parlare di nuovo, con la sua intonazione calma.

“Riuscirà mai ad andare avanti?”

Lo chiese sorridendo e quel sorriso fece accapponare la pelle di Roy, così come quell’assurdo pensiero che aveva fatto.

“Mai. Ma perfino io so che questa è un’altra risposta sbagliata.”

Il ragazzo annuì, mentre si muoveva di nuovo, stendendosi di nuovo accanto a Roy, saggiandone il calore, la consistenza.

“Mi amerà per sempre?”

Glielo soffiò nell’orecchio, facendolo rabbrividire.

Ma lui rimase in silenzio. Qualunque fosse stata la sua risposta, aveva paura che l’altro avrebbe confermato il suo errore.

Perché nel caso in cui avesse risposto di sì, allora sbagliare significava perdere tutto, amore, sanità, conforto.

Ma nel caso in cui la risposta fosse stata no, sbagliare significava, semplicemente, la condanna.

“Sei malato.”

“Lo so.”

“No, non lo sai.”

Edward allungò una mano e accarezzò i capelli del suo generale, portandoseli alle  labbra per posargli un dolce bacio.

“Chi ci sarà domani al mio posto?”

Il militare si voltò.

Erano occhi negli occhi, i volti vicini, le labbra ancora troppo lontane.

“Mi basti tu, adesso, vicino a me.”

Lo sussurrò, completamente rapito da quella eterea figura.

“Io non esisto.”

E si chiese se si potesse innamorare di un riflesso.

Ma si ammonì da solo.

Perché quel riflesso che adesso stava abbracciando lo aveva creato lui, ed adesso non poteva separarsene.

Perché quell’amore non era più sano, e forse non lo era mai stato.

E lui era lì, a parlarci, a farsi ripetere quanto tutto fosse sbagliato.

Eppure  non vi trovava una condanna.

Era  solo, felicemente ed irrimediabilmente pazzo.

“Hai altre domande, Fullmetal?”

“Me lo dica lei”

Note: 

Nono, forse non avrei dovuto pubblicare, sono secoli che non passo di qui! La fanfiction è ambientata dopo il primo Film, immagino si capisca di cosa parla :) L'ho recentemente modificata, ma risale al 2009, se lo stile non è fluidissimo tenetelo presente. Spero che vi sia piaciuta! Un abbraccio a tutti voi seguaci di quest'anime !

 

 

 

 

 

 

  
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