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Autore: ProcrastinatingPalindrome    10/03/2012    3 recensioni
La Guerra Fredda comincia a sciogliersi e America si trova ad affrontare la più difficile sfida di sempre: riuscire a far bere della Coca Cola a Russia
Genere: Comico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non mi appartiene, è una traduzione dell'omonima storia di ProcrastinatingPalindrome (potete trovarla su Fanfiction.net). I personaggi utlizzati non mi appartengono né mi appartiene la serie Axis Powers Hetalia. Questa storia non è a scopo di lucro.


“Sei proprio un bambino.”

“Nyet. Non lo sono.”

“Sì che lo sei.”

“Nyet.”

“Da. Sei proprio un moccioso.”

“Puoi insultarmi quanto vuoi. Non berrò la tua malvagia bibita capitalista.”

America roteò gli occhi portandoli al caldo cielo estivo di Mosca. Il tempo si era dimostrato clemente per la sua esposizione, e più di qualche cittadino Sovietico si era fatto vedere per osservare di persona gli ultimi prodotti ed elettrodomestici Americani, proprio nel mezzo della loro capitale. Ma ovviamente Russia doveva fare il difficile. E America che pensava che la Guerra Fredda si stesse calmando un po’. Le cose sembravano essere migliorate da quando lo Zio Joe era morto. Il tizio di nome Khrushchev era un Rosso molto meno inquietante di Stalin (non che ci volesse molto ad essere un Rosso meno inquietante di Stalin) e Russia si era addolcito molto sotto il governo del suo nuovo capo. Sorrideva addirittura di più, ed erano sorrisi veri non quei soliti vuoti, forzati, sorrisi. Questo era un progresso…anche se continuava a fare pessime battute sui missili e non la smetteva mai di blaterare sullo Sputnik e credeva fermamente che la Coca Cola Americana venisse prodotta nelle profondità dell’Inferno.

“Bevine almeno un sorso!” Provò di nuovo America, sventolando una lattina di Pepsi sotto il naso di Russia. “Lo giuro, l’adorerai.”

Mai.” Disse fermamente Russia, incrociando le braccia al petto.

“Andiamo, sono venuto fino a Mosca per farti una visita-”

“Intendi per sbandierare i tuoi decadenti modi Occidentali-”

“Ti vuoi rilassare?”

“Ti ho già detto in precedenza che odio la tua Coca Cola. Tu ti rifiuti di lasciar perdere l’argomento.”

“Non hai neanche mai provato a berla. Ammettilo.”

“…non ho bisogno di provarla. È velenosa.”

“Non lo è!”

“Ho letto una storia sul giornale riguardo un uomo, ha bevuto un sorso della tua Cola, e boom!...morto.”

“Questa è una cretinata.” Sbottò America. “E le persone non fanno ‘boom’ quando muoiono.”

“Lo fanno quando muoiono per aver bevuto la Cola.”

“Okay, sai cosa? Guarda.” A quel punto America aprì la lattina di Pepsi e prese un generoso sorso. Russia rimase senza fiato, le mani che si contorcevano come se lui si stesse a malapena trattenendo dal buttare a terra la mortale bibita nelle mani di America. America riportò la lattina alle labbra, piegando indietro la testa continuando a berne l’intero contenuto mentre Russia lo guardava con muto terrore.

“Ecco.” Disse America trionfalmente, fermandosi per soffocare un rutto contro il dorso della mano. “Sono forse morto? Ho fatto ‘boom’? No. Certo che no.”

“Ovviamente, qualche volta non fa immediatamente effetto.” Borbottò Russia. “E poi può far diventare bianchi i capelli di un bambino. L’ho letto su una rivista.”

“I miei capelli ti sembrano bianchi, amico?”

“Non succede immediatamente, te l’ho detto! E forse la Pepsi agisce più lentamente della Coca Cola.”

“È innocua, razza di idiota.”

“Sono solo preoccupato per la mia salute.”

“Sì certo. Bevi vodka come fosse acqua e fumi come un caminetto.”

“…mi lascerai in pace se ne bevo solo un sorso?”

“Sì. È tutto quello che chiedo. Solo un sorso piccolo, piccolo.”

Russia prese in mano una lattina di Pepsi e la guardò con sospetto. “Se muoio, la mia gente lo considererà un atto di guerra.” Disse solennemente.

“Sì, sei sopravvissuto ai Nazisti e il tuo cuore fuoriesce dal tuo petto con regolarità, ma un misero sorso di Pepsi sarà la tua fine.” Sbuffò America, esaurendo la pazienza. “Bevi e basta!”

Russia deglutì, aprì la lattina, chiuse gli occhi e bevve un sorso della bibita frizzante. Vi fu una lunga pausa. Poi prese un altro sorso. E un altro. Alla fine si voltò verso America, il quale lo stava guardando con aria sprezzante.

“Allora?” Disse dolcemente. “Parla. Qual è il verdetto?”

“È…molto rinfrescante.” Borbottò Russia acidamente. “Incredibilmente saporita, per essere qualcosa prodotto in Occidente.”

“E ti sembra di essere sul punto di morire?” Sorrise America, incapace di lasciar perdere. “Ti stanno diventando bianchi i capelli?”

Russia lo fissò ferocemente e prese un altro sorso. “Congratulazioni. Avevi ragione su una cosa, e una sola.”

“Ho ragione su molte cose, ammettilo!”

“Ma non molte hanno a che fare con lo spazio, da?”

“…sta’ zitto. Hai avuto un colpo di fortuna, va bene?”

“Da, da.” Ridacchiò Russia. “Continua a ripetertelo.”

“Se non la smetti di fare l’idiota non ti lascerò bere dell’altra Pepsi.”

“Ma sarebbe una cosa molto poco amichevole da parte tua. Improvvisamente sono molto assetato.”

“Allora sii più gentile!”

Russia sorrise, un altro di quei rari, veri sorrisi. “Credo che forse dovremmo entrambi essere più gentili gli uni con gli altri. Sei fin troppo divertente per dichiararti guerra. Ora, posso avere un’altra malvagia bevanda capitalista?”
 
Note Storiche:
Khrushchev venne ‘sfidato’ a bere della Pepsi all’Esposizione Nazionale Americana a Sokol’niki Park, Mosca nel 1959, durante il ‘disgelo’ della Guerra Fredda nei tardi anni ’50 e primi anni ’60 quando la tensione si fece più sopportabile. La Coca Cola doveva essere presente all’esposizione, ma la stavano boicottando perché i Sovietici avevano fatto circolare un sacco di Propaganda a riguardo, descrivendola come velenosa e pubblicando storie di uomini morti dopo averla bevuta e bambini i cui capelli diventavano bianchi. A Khrushchev venne data una lattina di Pepsi da bere, e per la sorpresa di tutti, la definì ‘davvero rinfrescante!’. La cosa divenne rapidamente uno scoop e arrivò in prima pagina del New York Times. Si trattava della stessa esibizione dove avvenne il ‘Dibattito sulla Cucina’.
 
  
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