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Autore: Geisha    10/03/2012    2 recensioni
Dal capitolo 12:
Un cenno... Un solo, misero cenno e lei si sarebbe allontanata, avrebbe sciolto quell'abbraccio tenue che gli stava facendo perdere ogni inibizione, sarebbe ritornata distante e inavvicinabile. L'avrebbe persa ancora... Il panico aumentò e tremando si ritrovò a stringere i suoi fianchi.
-Chyo-chan- il suo naso sfiorò quello di lei e a quella distanza minima, poteva avvertire il suo respiro regolare e che sapeva di sake -Non sei patetica, non lo sei mai stata.-
Non seppe per quanto rimasero immobili a fissarsi e perfino il pensiero di dover avvisare Shinpachi e Kagura del ritardo sfumò nel dimenticatoio. La voleva, del resto non gliene fregava granché...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gintoki Sakata, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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But now out of control

 

-Perché mi ronzi intorno?-

Due, anzi, un occhio verde oliva la scrutava nella stanza fiocamente illuminata dalla luce mattutina quasi fosse un Amanto da ammazzare. E Chyo, che di amantesco non aveva nulla, si limitò a sbuffare mentre zampettava verso la finestra chiusa, aprendo le tende improvvisate con degli stracci logori. “Da convalescente sei ancora più irritante!”, avrebbe voluto rispondergli con tutto l'acido che aveva in corpo, ma non lo fece limitandosi ad uno zuccheroso -Anche io sono felice di vederti, Shin-chan!- a cui lui replicò con un grugnito.

-Sei una palla al piede, lo sai?-

-Ah, i tuoi complimenti mi fanno sempre arrossire!- Chyo si portò davanti a lui, fissandolo con il capo inclinato.

Shin si appiattì contro la parete, sistemando meglio il kimono bluastro -Andiamo, che ci fai qui?-

-Devo cambiarti le bende.-

-Nh, non ci sono le infermiere per questo?-

-Oh, sì che ci sarebbero, ma si rifiutano di venire qui- adagiò la scatola con le medicazioni al proprio fianco una volta sedutasi davanti a lui -Shin-chan, dovresti essere più gentile con gli altri.- lo ammonì rivolgendogli un sorriso leggero al suo sbuffo sonoro.

-Certo mamma.-

Il silenzio tra i due calò e se inizialmente Chyoko si era prodigata per riempirlo cercando di cavargli di bocca qualche misera frasetta, ora si limitava a canticchiare stonatamente, giusto per far passare il tempo. Takasugi aveva iniziato con l'urlarle contro pur di farla tacere, che una cornacchia sarebbe stata più gradevole da ascoltare e, soprattutto, che non aveva bisogno del suoi aiuto. Ma probabilmente non doveva dispiacergli la sua fastidiosa compagnia se, dopo due settimane di convalescenza, Chyoko continuava a piombare in camera sua nei panni dell'infermiera e lui nemmeno si prendeva la briga di cacciarla a calci.

Dopo appena cinque minuti, quando il motivetto di Chyo terminò con un mi al posto di un re che gli fece accapponare la pelle, la ragazza portò indietro i capelli che gli coprivano la fronte, legandoli con una molletta -Dovresti tagliarli, sai? Sono diventati troppo lunghi.-

-A me piacciono così.- e lui le scacciava la mano, mettendosi a braccia conserte per palesare la propria irritazione.

-Saresti più carino coi capelli corti.-

-O magari ricci ed argentei- frecciò con sarcasmo, imprecando subito dopo alla vista dei suoi occhi grigi allargati. Chyoko però non indagò e nemmeno si premurò di chiedergli spiegazioni in merito al suo atteggiamento ostile. Probabilmente era solo stanco di starsene chiuso in camera e riversare la propria angoscia su di lei era un ottimo metodo di rilassamento. Chyoko, tanto, era ormai abituata ad essere la pallina antistress degli amici.

Tralasciò così il chiaro riferimento a Gintoki e scosse la nuca, recuperando il disinfettante dalla scatoletta di legno -Si può sapere cosa hai detto a Kaory? L'altra sera era disperata.- cambiò discorso, scorgendo la smorfia di fastidio imbruttirgli i lineamenti.

-Da quando passi le notti a spettegolare con quelle oche?- replicò scontroso, allontanando la sua mano affusolata che si stava avvicinando all'occhio monco.

-Sto quasi sempre con loro. Mi sono stufata di voi maschi!- gli fece la linguaccia e lui le regalò un ghigno.

-Intendi, quando non passi le notti con Gintoki?- Chyo arrossì come un gamberetto a quella insinuazione provocatoria. Da quando Takasugi sindacava su dove e con chi trascorreva le notti? Che poi, passare la notte con Gintoki faceva tanto amanti del 1800 -E non guardarmi così. Ho visto che ti intrufoli nella sua stanza quando è notte fonda.-

-Non mi intrufolo da nessuna parte!- gracchiò agitando i pugni, gonfiando le guance di fronte al suo ghigno perfido. Ed era vero, comunque! Da quando si erano scambiati quel bacio a cui non sapeva che significato dare, Gin non le aveva più rivolto la parola e a malapena trascorreva del tempo con lei. Ricordava di aver provato a parlarci quando, durante la marcia per cambiare accampamento, si era avvicinata a lui furtivamente... Ma Sakata l'aveva ignorata, ciarlando di Cabaret con Abaragi o qualcuno che aveva un nome del genere -forse il germe Sakamoto l'aveva infettata!-. Figurarsi se Chyoko, in quella situazione di stallo, poteva compiere un gesto così kamikaze come l'andare a trovarlo nella notte! Era impensabile, assolutamente illogico! Così come illogico era stato ciò che era accaduto nella propria stanza... E senza rendersene conto, le dita avevano cominciato a sfiorare le labbra carnose, quasi potesse ancora sentire su di sé quelle dell'amico -E comunque non cambiare discorso! Si può sapere che hai fatto a quella poverina?- tolse la benda macchiata di sangue posandola a terra; ormai la vista della ferita non le faceva più rivoltare lo stomaco.

-Le ho solo detto che mi irritava e che doveva levarsi dai piedi!- strinse i denti e le mani mentre Chyo, più delicata che poteva, cercava di disinfettarlo. Ma le sue mani tremarono appena, fino a farle scendere sulle proprie cosce, e le sue labbra vibrarono prima di aprirsi e lasciar spargere una risata cristallina nell'aria -Sei diventata cretina tutto d'un tratto? Che idiota.- biascicò appoggiando la testa contro il muro e Chyo, che intimamente soffriva per quella povera infermiera col cuore spezzato, non riusciva comunque a trattenersi.

-Takasugi, Kami, sei un cavernicolo!- portò le mani sullo stomaco, piegandosi in avanti per far placare le fitte di dolore che la stavano cogliendo.

-Anche Sakamoto lo è, ma a lui non dici nulla. E nemmeno a Gintoki.- si lagnò da perfetto moccioso, digrignando i denti quando la giovane strapazzò i suoi capelli dalle striature violacee.

-Gintoki lo rimprovero sempre. E Sakamoto non è un cavernicolo, è più sullo scemo andante.- spiegò spiccia, tornando ad occuparsi della sua ferita in bella vista.

-Sì, certo.-

-Shin-chan, le donne vanno trattate con gentilezza, altrimenti scappano!-

-Detto da una che non sa dove sia di casa l'eleganza...- fu assolutamente strabiliante riuscire a non sentirsi inferiori di fronte al suo sguardo di sfida, ma ancora più stupefacente fu la propria capacità di riuscire a non prenderla sul personale -Che vuoi saperne tu? L'unico contatto che avrai mai avuto con un uomo sarà stata qualche pacca sulla spalla!- e il suo denigrarla, il suo prenderla a male parole pur di farsi forte, non le faceva più male. Takasugi non faceva più male come quando era bambina. Anzi, ad essere sinceri le faceva tenerezza, come se si trovasse di fronte ad un bambino che si atteggiava da adulto e credeva che le offese fossero l'unica arma per poter sopravvivere il quel mondo orrendo. E lei era la mamma chioccia che, premurosa, cercava di farlo tornare sulla retta via.

-Fino a prova contraria sono una donna- portò le mani sui fianchi storcendo le labbra quando la sua risata stridula e derisoria si propagò nella stanza -E non è vero che-- si bloccò, deglutendo pur di ricacciare indietro le proprie paranoie. Non voleva parlare del bacio e soprattutto, non con Shinsuke. Sarebbe stato solo capace di offenderla, insultarla e soprattutto, fare battutine sarcastiche nel momento in cui Gin fosse entrato nel suo ristretto campo visivo.

-Non è vero cosa?-

-No, lascia perdere, forse hai ragione tu. Figurati se un uomo potrebbe mai interessarsi ad una come me.- strinse le mani sulle cosce, stritolando il kimono rosa pallido e sgualcito.

-Non sei esattamente il sogno erotico del Giappone.-

-Sì,sì, e le infermiere sono le macchine del sesso, lo sappiamo- portò l'indice sotto il mento -O forse lo sa solo Sakamoto. Comunque- gli puntellò il dito sulla fronte scoperta, ridacchiando alla sua espressione arcigna -Vai da lei dopo, ok? Almeno chiedile scusa.- tornò a concentrarsi sulla sua ferita, canticchiando un nuovo motivetto.

-Non è a lei che dovrei chiedere scusa- lo vide portare una mano dietro al collo per massaggiarlo, il volto velato di imbarazzo. Quella discussione stava prendendo una piega strana, Chyo avrebbe osato definirla buffa visto il comportamento atipico di Shinsuke. Insomma, solitamente la ignorava durante il suo trafficare nella stanza, ma quel giorno sembrava in vena di chiacchiere. E, decisamente, parlare con Takasugi non era così difficile come aveva sempre pensato. Crescendo si era resa conto che il suo blocco era dovuto alla cotta che covava nei suoi confronti, ma quando questa si era spenta, lasciando spazio ad un affetto fraterno, si era ritrovata a stargli accanto con una facilità che l'aveva disarmata. Chissà se si era reso conto del suo cambiamento. Anzi, chissà se si era mai reso conto che lei davvero per un po' lo aveva amato -Senti, come procedono le cose là fuori?- lo vide gettare un'occhiata verso la finestra.

Chyo storse il naso -Non bene. Gli Amanto stanno aumentando di giorno in giorno e molti uomini sono tentati di tornare a casa.-

-Devono solo provarci...- sibilò sul limite della collera, stringendo i denti quando la ragazza tamponò con più forza.

Sospirò -Shin-chan, non puoi costringere la gente a restare se non vuole. Mettiti nei loro panni: hanno moglie e figli da cui tornare!-

-E allora?!- scattò come un animale in gabbia pronto ad azzannare l'aguzzino; istintivamente, Chyo indietreggiò portando una mano davanti al viso per ripararsi -Se ragionassimo tutti così, la battaglia sarebbe già persa da tempo!-

-Secondo te stiamo vincendo?- portò le braccia sui fianchi dopo aver trovato la forza di sovrastarlo -Guarda in faccia la realtà, Shin-chan: questa guerra non ci sta portando da nessuna parte e a volte mi chiedo per cosa esattamente stiamo combattendo e-- ammutolendosi, senza guardarlo negli occhi, Chyoko si diede la risposta: lei era lì solo e unicamente per loro. Li aveva seguiti perché sola, li aveva seguiti perché accomunati tutti da un enorme perdita... Ma più il tempo passava, meno cominciava a credere di star combattendo per il paese -Forse siamo qui solo perché non abbiamo nessuno da cui tornare.-

Lo vide stringere le mani a pugno, così forte da far divenire le nocche bianche, e la sua voce uscì rauca, quasi in un lamento rabbioso -Non tornerei indietro nemmeno se mio padre fosse ancora vivo ad aspettarmi. Io sono qui solo e unicamente per Lui...-

E Chyo, aveva compreso appieno le sue parole, così come aveva colto la sua disperazione.

-Ma non è un buon motivo per non lasciarli andare. Shin-chan- Chyo gli prese il volto fra le mani, sorridendogli dolce -Sei un buon leader e loro continueranno a seguirti, ma prova a non pensare alla guerra o alla vendetta ogni tanto, ok?- non seppe come riuscì a dirglielo, però ce la fece. Sapeva bene che la sete di battaglie dell'amico non era dovuta ad un semplice capriccio e che dietro ogni sua lotta o Amanto ucciso c'era la voglia di vendicare il Maestro, ma se fosse andato avanti così, sarebbe finito come tutti gli altri compagni caduti e lei non voleva permetterglielo. Almeno, non finché anche lei sarebbe rimasta lì, con loro.

-Mi shtai fashendo male.- fu tutto ciò che mugugnò e la ragazza si accorse di aver stretto le mani troppo forte. Velata di vergogna lasciò andare la presa e poi tornò a preoccuparsi della sua ferita, questa volta nel silenzio più totale.

Dopo una manciata di minuti, Chyo bendò la ferita -Adesso va meglio!- batté le mani di fronte alle garze pulite che coprivano l'occhio dell'amico e, veloce, cominciò a raccattare tutte le cose. E prima che potesse fuggire da tutti quei discorsi, Takasugi si tastò la medicazione, poi la guardò con curiosità-

-A volte mi chiedo perché tu non te ne sia già andata.-

-Vuoi andarmi via?-

-Cretina, non ho detto questo!-

-E dove dovrei andare?-

-Dove vuoi, ma non qui. Ho sempre il timore che possa accaderti qualcosa se non ci siamo. Forse è per questo che non volevo portarti con noi. Anche se sei all'accampamento, sei sempre una distrazione- Chyoko non lo guardò, ma avvertì il suo sguardo perforante su di sé -Però, è un bene che tu continui a restare. Se fossi già andata, saremmo impazziti molto tempo fa.- e fu in quel momento, sotto lo sguardo carezzevole di Shinsuke, che Chyo si ritrovò sommersa da un miscuglio di sensazioni ed emozioni contrastanti che lottavano fra loro e non le davano modo di pensare. Ma tra tutte queste, pur cerando a fondo, non vi era l'amore che a lungo aveva covato e che era stato accartocciato come un foglio da buttare. Impercettibilmente, Chyo si ritrovò a sorridere amareggiata, incapace di replicare. Se solo lui si fosse svegliato prima... Se solo lei non fosse cresciuta così tanto...

Fu il rumore secco della porta che veniva aperta a farli allontanare -Ah, Myoko, eccoti qui!- volse la nuca verso Sakamoto che aveva fatto irruzione nella stanza, interrompendo così il loro contatto visivo -Abbiamo bisogno di te. Oh, Takasugi! Vedo che sei in forma! Allora, come va?-

-Non sei ancora morto?- domandò laconico, sbuffando alla risata sguaiata che Tatsuma utilizzò come risposta.

-Che succede?- chiese la ragazza alzandosi in piedi, lasciando perdere la cretineria di Shinsuke. Certo che il samurai aveva un tempismo perfetto!

-Gintoki- fu tutto ciò che le disse, senza aver bisogno di aggiungere altro. Ma Chyo, preda delle proprie fobie e ansie avrebbe voluto sentirsi rivolgere qualche spiegazione in più, anche solo un accenno. Una motivazione del perché sul viso di Sakamoto non vi fosse nemmeno l'abbaglio di un sorriso o del perché avesse chiamato Sakata col nome corretto. Lui doveva aver colto qualcosa dal suo sguardo contrito perché, agitando le mani, si premurò a seguitare -Oh, no, tranquilla, non gli è successo nulla! Solo, credo sia meglio che tu venga con me.- si tolse il caschetto protettivo, lasciando che i capelli ricci schiacciati gli incorniciassero il viso ricoperto di sangue.

-Perché devo venirci io?- borbottò incerta.

-Ah, beh, perché quando Kintoki entra in modalità Berserk ascolta solo te! Ah ah ah!- fu la motivazione stupida dell'amico a cui lei replicò con uno sbuffo misto a risata -Ti aspetto fuori. Ah, Kinsuke, bella molletta! - concluse uscendo dalla stanza sotto le imprecazioni di un imbarazzato Shinsuke che toglieva il fermaglio e lo scaraventava chissà dove.

Chyoko coprì le labbra color ciliegia con una mano -Sarà meglio che vada.-

-Va, corri dal tuo eroe- roteò gli occhi, biascicando un “Se, se” apatico, aprendo la porta pronta ad abbandonare Takasugi alla sua solitudine, ma la vita si stava rendendo più imprevedibile di quanto avrebbe mai potuto pensare -Ehi, Chyo- la sua voce bassa la richiamò e per la prima volta non le parve contaminata di cattiveria; pareva quasi... gentile -Non aspettarti un grazie da parte mia.-

E lei, guardandolo dapprima con la bocca arricciata, gli regalò un sorriso placido, consapevole -Va bene così.-

 

Chyoko aprì gli occhi con lentezza, scontrandosi con il soffitto giallastro. Da quanto non veniva disturbata nel sonno da Takasugi? Portò una mano sulla fronte, scompigliando la frangetta disordinata poi si puntellò sui gomiti per guardare l'orologio che, per qualche strana ragione, era finito in mezzo ad alcuni kimono logori.

-Stupidi ricordi- biascicò seccata, scompigliando la folta chioma con entrambe le mani. Con pesantezza posò i piedi a terra, rabbrividendo e maledicendosi per la sua brutta abitudine di non infilarsi le calze e, zampettando in punta di piedi facendo slalom fra gli scatoloni che occupavano la camera, si avvicinò alla pila di vestiti per raccattare la sveglia -Maledetta, perché non hai suonato?- se la rigirò, sbattendo le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco le lancette -Ma che-- un clacson richiamò la sua attenzione non proprio attiva e solo quando i criceti cominciarono a far girare la ruota del cervello, si accorse di essere in ritardo, in tremendo ritardo! Si infilò il primo kimono che trovò, portò tutti i capelli dietro le spalle e, rifiutandosi di guardarsi allo specchio, si affacciò sulla veranda, sbilanciandosi sulla balaustra -Chi è?!- portò una mano sulla gola maledicendo la propria voce rauca.

-Fujiwara-san, ben svegliata!- un ometto basso e pelato, appoggiato affianco ad un camioncino mezzo scassato le rivolse un sorriso radioso e cui lei replicò con una smorfia -Scommetto che ieri ha festeggiato tutta notte, per questo ha dormito fino a tardi!- si indicò la parte inferiore degli occhi. Fantastico! Vuoi vedere che se ne stava lì, alla luce del sole mattutina, con due belle occhiaie da fare invidia ad un pugile steso sul ring?!

La ragazza grugnì, poi si guardò attorno -Pensavo venisse Zura.- mormorò scendendo le scale. Gli occhi semi chiusi non le permettevano di mettere a fuoco quella scomoda realtà, ma riusciva a vedere distintamente l'espressione maliziosa del vecchio che indugiava sulla sua generosa scollatura. Maledetto bavoso dagli occhiali enormi a fondo di bottiglia! Ma di che gente si circondava Zura?! Immancabili, nella sua mente rotearono i volti di alcuni, noti personaggi intramontabili: Elizabeth, Sakata, Sakamoto, Takasugi... Forse questo zozzo non sarebbe stato poi così male.

-Il capo è piuttosto impegnato. Sa, la vita di un leader è piena!- si sistemò le lenti mentre il dispiacere per quello spettacolo negato aleggiava intorno a lui; poi, ripresosi, aprì il portello posteriore del camion, pronto a caricare le cose -Allora, ha già preparato tutto?-

Scosse la nuca -Manca qualcosina, ma il lavoro più grande è stato fatto.-

-Oh, allora le do una mano- sorrise appena, osservando l'appartamentino 109 con sguardo più triste del dovuto. Incredibile come ancora non fosse abituata ai cambiamenti; proprio lei che ci aveva convissuto assieme per tutta la propria vita. E quell'uomo dall'aria svagata, sembrava aver colto il suo malumore -Signorina, sa cosa diceva mia madre?: chiusa una porta, si apre un portone- le sorrise ancora -Vedrà che le cose andranno meglio- Chyo lo studiò imbronciata ma a causa del sonno non provò nemmeno a rispondergli -Beh, io salgo!-

Lo vide trotterellare verso le scale per poi scomparire in casa. Guardò il camion poi di nuovo l'appartamento... I ricordi erano ormai lontani e forse era giunto davvero il momento di lasciarsi il passato alle spalle.

Raccolse i capelli in un'alta coda di cavallo e prendendo un lungo respiro, sorrise alla volta del proprio cammino -Coraggio!- si disse correndo verso le scale.

Del resto, di cambiamenti nella propria vita ne aveva avuti a bizzeffe. Uno in più non avrebbe fatto male. Sperava...

******

Il rumore dello scooter si affievolì quando, entrato in una via, si scontrò con un piccolo camion colmo di scatoloni che lo costrinse a frenare. Scocciato da quell'interruzione, levò gli occhiali dal viso e fissò l'ostacolo con rabbia crescente -Che palle- biascicò tediato osservando l'omiciattolo che continuava a caricare degli enormi scatoloni sul camioncino -Allora, ci vorrà ancora molto?- domandò esasperato suonando il clacson.

-Ci vorrà il tempo che ci vorrà!- la sua attenzione venne catturata da quella voce squillante dipinta da una leggera di nota di fastidio e quando alzò lo sguardo, l'esile figura di Chyoko sfrecciò davanti ai suoi occhi da pesce lesso. Allora era lei che gli stava facendo perdere tempo! -Oh, ma sei tu! Ciao!- sventolò una mano, sorridendogli beata prima di ignorarlo.

Gin si grattò la nuca, maledicendosi per la propria scarsa mancanza di pazienza e spense il motore. Chissà perché, ma aveva la netta sensazione che le cose, lì, si sarebbero spinte fino a tardi. Chyoko, vestita con una sola maglietta lunga aderente e dei pantaloncini, stava caricando degli scatoloni sul camioncino balordo e osservando il sudore che le imperlava la fronte, doveva star faticando da parecchio tempo. Quando la vide posare la scatola a terra e pulirsi il viso con il pugno chiuso, Gintoki attirò la sua attenzione con un fischio.

-Oi, che stai facendo?- la vide sobbalzare, probabilmente presa alla sprovvista.

-Mi trasferisco- replicò con ovvietà dopo aver tirato fuori dalle labbra il legnetto del ghiacciolo, gettandolo per terra -Ho speso tutti i soldi per comprare casa, figurati se posso permettermi una vacanza- storse il naso nel guardare le altre scatole ancora a terra, poi lo scrutò -Cosa ci fai qui?-

Alzò le spalle -Passavo di qua.-

-Oh, allora- sorrise civettuola -Mi daresti una mano?-

-Proprio no- si grattò il mento per dare enfasi alla propria negazione, godendo della sua espressione dapprima allibita poi seccata -E poi c'è Happosai che ti sta dando una mano- con un gesto del capo indicò il vecchietto che, guarda caso, si ritrovava sempre a fissare il sedere dell'amica -Ranma l'hai nascosto nell'armadio?-

-No, è andato a casa a cose fatte- sventolò una mano, ricominciando ad ignorarlo mentre Gin cacciava in gola un'imprecazione coi fiocchi -Forse è meglio se faccio da sola, avrai sicuramente cose più importanti da fare, che stare qui con m-- il rumore di una scatola che veniva posata sul furgoncino la fece fermare.

Gintoki non era più sul sellino della moto ora appoggiata al muro, ma era al suo fianco che, grattandosi la nuca, studiava il retro del furgone per cercare la maniera migliore di sistemare tutto senza far danni -Ti aiuto qui e poi vado. Stai ostruendo il passaggio!- non la guardò, troppo preso a capire cosa Diavolo gli stesse accadendo da spingerlo ad aiutarla senza averne realmente voglia. E quando, di sottecchi, guardò le sue labbra carnose socchiuse e gli occhi grigi sgranati si rese conto che voleva solamente stare un po' in sua compagnia. L'avrebbe aiutata, magari si sarebbe fatto sganciare qualche yen e poi l'avrebbe salutata... Nulla di più.

Sentì la sua mano affusolata posarsi delicata sulla spalla destra prima di stringere appena, quasi volesse fargli sentire la sua gratitudine con quel semplice gesto. Gratitudine che trasparì perfino dai suoi brillanti occhi grigi e dal sorriso bianco che gli stava donando.

Sui cartoni, Gintoki, concentrati sui maledetti cartoni!

-Grazie, Gin. Non ti ruberò molto tempo.-
 

Sakamoto lo aveva chiuso a chiave nell'infermeria senza dargli alcuna spiegazione. Inquietante, si era limitato a sorridergli prima di lasciarlo solo in balia della propria rabbia. Si lasciò scivolare con lentezza lungo il muro di legno e osservò la stanza illuminata da una lampada ad olio posta sul soffitto. Se solo chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere i compagni caduti della propria divisione, le grida e le risate degli Amanto che si facevano più vicine, l'odore del sangue che si impregnava nelle narici e nei vestiti... Portò le mani fra i capelli, digrignando i denti affinché il dolore terminasse. O le loro urla strazianti, non faceva differenza. Avrebbe voluto tanto che l'Amanto che lo aveva colpito in testa lo avesse fatto fuori... Eppure era ancora lì, a respirare.

-Gin-chan, stai bene?- e quando aprì gli occhi, l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare, si era acquattata a pochi centimetri da lui. Il suo profumo di loto si mischiava con quello del sangue degli Amanto e dei propri compagni che chiazzava il suo yukata non più bianco e sentendola così vicina, quel tanto che bastava per poter allungare le braccia e trascinarla nella propria presa, Gin avvertì l'urgenza di baciarla un'altra volta. Solo per poter togliersi dalla bocca il sapore metallico del sangue, per sentirsi bene in quel maledetto buco anche solo per cinque minuti -Hai la testa che sanguina. Deve essere stata una bella botta.- la sua voce tremava appena, colma di preoccupazione e tutta quella dolcezza, concretizzata nelle sue dita affusolate che carezzavano i suoi capelli sporchi, lo costrinse ad appiattirsi contro il muro. Doveva mandarla via, non poteva permetterle che anche lei precipitasse nel baratro in cui stava piombando. Allontanò la sua mano con un gesto brusco, digrignando i denti nella vana speranza che se ne andasse spaventata. Ma lei rimaneva immobile, fissandolo con ostinazione.

Accidenti! Non aveva bisogno di lei e della sua sciocca gentilezza, non aveva bisogno dell'amorevolezza di Chyoko per poter sopravvivere. Erano tutte cose inutili che ad un mostro come lui non servivano! Eppure... Eppure la sensazione che lei fosse ormai indispensabile si era marchiata a fuoco nella propria anima, rendendolo privo di difese. E fu questo pensiero che lo mandò in bestia. Non la sua costante presenza, non la sua bontà... Solo il suo essere così fondamentale per non impazzire.

-Vai via, Chyo-chan.- col fiato spezzato e con una forza di volontà che credeva di non possedere, la allontanò nuovamente, rischiando di farla cadere col sedere per terra.

-Non ti lascio solo- mormorò lei senza demordere, fissandolo con espressione contrita. Quello non era lo sguardo che gli piaceva di Chyoko. A lui piaceva la Fujiwara gioviale e che sorrideva alla vita, quella che si intrufolava nella sua stanza perché sapeva quanto odiasse stare solo dopo una battaglia, quella che rideva sempre colorando l'atmosfera di grigiore che lo circondava... Quella che, da sempre, lo aveva fatto sentire normale, come tutti gli altri -Come stai?-

-Cosa ci fa qui, ora?-

-Sono preoccupata.-

-Non ti sei più fatta viva, non c'eri dopo ogni battaglia, non-- morsicchiò il labbro inferiore, contorcendosi dalla confusione illogica che occupava la sua mente -Io non ho bisogno di te- le parole uscirono dalle sue labbra incrostate di sangue con esasperazione, raschiandogli la gola -Non ho bisogno di te, non ne ho mai avuto- riportò le mani fra i capelli mentre i pensieri si accartocciavano, impedendogli di pensare lucidamente -Perché allora continuo a cercarti? Perché non posso fare a meno di te? Che Diavolo sta succedendo?- parlava a vanvera, sconnesso. Ma a dispetto del proprio terrore che Chyoko se ne andasse da lui, quella si era fatta più vicina e veloce aveva preso il suo viso fra le mani, avvicinandolo al proprio petto, stringendo il suo corpo fra le proprie gracili braccia.

-Come stai, Gin-chan?- ripeté accorta, cominciando ad accarezzargli i capelli con fare materno; irrigidito in quell'amorevole stretta, Gintoki si lasciò andare -Sakamoto era preoccupato, dice di non averti mai visto così- la sua voce era pacata, vellutata, quasi rilassante per i propri nervi tesi -E anche Zura... Gli uomini dicono che sembravi una belva feroce, un-- le sue parole si spezzarono e per un istante gli parve di sentire un singhiozzo. Strinse la presa sui suoi fianchi, chiudendo gli occhi mentre le sue mani districavano i suoi ricci -Cos'è successo?- a quel punto, i singhiozzi divennero reali e martellanti. Ancora una volta, era riuscito a far piangere la sua Chyo-chan...

E poi, quel pensiero che credeva di aver solo urlato nella propria mente, si era in realtà dissolto nell'aria in un flebile bisbiglio ma che lei udì perfettamente -Non voglio che ti preoccupi per me.-

La mano di Chyoko si posò delicata sulla ferita alla nuca -Come posso non preoccuparmi? Io sono sempre preoccupata per te!- e il suo pianto non cessò per lungo tempo, riempiendo i suoi pensieri e il silenzio che si era venuto a creare.
 

-Oi, c'è qualcosa che non va?- di scatto, puntò lo sguardo verso l'amica al proprio fianco -Sembri uno stoccafisso.- gli pizzicò una guancia giusto per infastidirlo un po' di più.

Scacciò l'arto con noia -Ah, no, niente.- si passò una mano sulla fronte, fingendo una stanchezza che non provava. Solo allora si rese conto che anche l'ultimo scatolone era stato ficcato con forza dentro l'abitacolo.

-Beh, qui abbiamo finito. Grazie per l'aiuto!- Chyo gli sorrise a trentadue denti battendo le mani poi, osservando Happosai canticchiare mentre intimava loro di muoversi per recarsi alla nuova abitazione, la giovane portò le mani dietro la schiena -Ti va di aiutarmi a sistemare la mia nuova casa?- sorrideva divertita, come se gli avesse chiesto di andare a buttare la spazzatura. E forse sarebbe stato meglio dirle di no, che aveva altro da fare. Una bugia a fin di bene, del resto. Ma quante altre occasioni avrebbe avuto per poter stare con lei e magari sanare una volta per tutte i dissapori che si portavano sulle spalle da anni? E così, incerto sul da farsi, si ritrovò a tentennare davanti al suo sguardo speranzoso.

-Se lei non può ci penso io, giovanotto!- il vecchio lo guardò con un sorriso a trentadue denti.

E prima che potesse anche solo rendersene conto, si era ritrovato a seguirli con il motorino. Ma era solo per non lasciarla in balia di quel maniaco, nient'altro.

********

-Grazie per la cena.- Gintoki si tastò la pancia piena, ruttando di gran carriera. Chyo storse il naso disgustata.

-Com'è che alla fine ho pagato io?- la ragazza appoggiò il mento su di una mano e arcuò un sopracciglio per esternare il proprio scetticismo.

-Perché io sono un ospite e in più ti ho aiutata a sistemare casa- alzò le spalle, come se quella fosse una risposta ovvia e, accomodandosi come fosse casa propria, si adagiò per terra con le braccia dietro la nuca.. Lo sbuffo di Chyo lo fece divertite, sul serio!, così infantilmente scocciata era uno spettacolo, meglio delle soap alla televisione! Ma lei non sembrava divertirsi granché perché dopo qualche secondo lo guardò con sguardo assassino con tanto di vena pulsante sulle tempia.

-Tu hai portato dentro il tavolino, poi ti sei addormentato sulla poltrona!-

Il samurai guardò dapprima la moretta sbuffante, poi l'oggetto della loro discussione -Era un tavolino molto pesante- non contento di vederla irritata anche se in maniera lieve, si ritrovò a ghignare in sua direzione -A quando la mia paga?-

L'angolo destro delle labbra di Chyo guizzò all'insù, il suo dito medio si alzò per salutarlo e poi portò le mani sul pavimento mentre si guardava attorno -Domani mi toccherà finire di mettere in ordine. Che barba... Potrei richiamare quel vecchietto gentile di oggi!- trillò divertita.

-Happosai? Ti ha rubato le mutandine, prima- un urletto gracchiante uscì dalle labbra di Chyo prima che cominciasse a mugugnare che no, non lo avrebbe più invitato. Gin invece, sdraiato sul tatami, fissava il soffitto con sguardo inebetito, o forse era solo l'effetto delle tre birre scolate che cominciava a farsi sentire, ma dopo una manciata di secondi la razionalità tornò per fargli un salutino e, puntellandosi sui gomiti, la guardò serio serio -Quando hai detto che che eri disoccupata e single per colpa mia, a cosa ti riferivi?- ma vedendo le sue sopracciglia aggrottate, continuò -Quando Shinpachi ha avuto problemi con la gattaccia.-

-Ah! Ah, quello...- Chyo si grattò la punta del naso per poi sfoggiare un sorriso sciocco -Che importanza ha?-

-Dai, a me puoi dirlo! Gin-chan è tuo amico!- cinguettò inquietante, sbattendo le ciglia per conferirsi un'aria più sexy. Il sake cominciava a fare effetto.

-Wang non è stato granché chiaro. Probabilmente aveva bisogno di qualcuna più giovane, più magra e che ballasse meglio.- la vide torturarsi le dite, chiaro sintomo di disagio da parte della Fujiwara e lui, forse per non vederla così mogia in quella serata che doveva essere all'insegna del divertimento, si ritrovò a riempirsi un altro bicchierino mentre con noncuranza esclamava un sincero -Agli uomini piacevi. Quello deve essere un vero idiota.- che le strappò un sorriso divertito.

-A quanto pare, non abbastanza.- le dita affusolate di Chyo giocherellavano con le bacchette e il suo sguardo rassegnato fissava un punto indefinito della parete. Fu allora che Gin si riscoprì interessato a lei, alla sua vita. Si rese conto di sapere così poco di quella nuova Chyoko, così distante anni luce dalla ragazzina che mai avrebbe deciso di propria spontanea volontà di ballare su di un palco davanti ad uomini pervertiti, da ritrovarsi a fissarla con quanta più curiosità avesse.

-Come ci sei finita al Wango?- ogni tanto si era chiesto che fine avesse fatto e il ritrovarsela lì, avvinghiata ad un palo con una sensualità che mai aveva adoperato, nemmeno nella loro intimità, era stata decisamente una sorpresa per la sua anima stanca e colpevole. Era sempre stato convinto che, senza di lui, avrebbe di sicuro avuto una vita migliore ma il destino si era accanito con Chyo più di quanto avesse potuto prevedere. Forse, tra i due, chi meritava un briciolo di felicità era la donna meditabonda che gli sedeva di fronte.

-Cercavano una cameriera e mi hanno assunta. Poi mi hanno infilato un corpetto e prima che potessi rendermene conto ero diventata la Perla. Tutto qua!- aprì le braccia mentre un sorrisetto le spuntava sul volto accaldato. Come tutto qua?! Quella aveva sempre avuto il brutto vizio di ciarlare a vanvera e adesso se ne usciva con un misero tutto qua?! -Come vedi, non è molto interessante.- gli angoli delle sue labbra avevano tremato appena e la sensazione che la ragazza stesse nascondendo qualcosa lo pervase, spingendolo a farle altre domande.

-E ti piaceva?- c'era un pizzico di seccatura nella sua voce strascicata, se ne rese conto, ma al pensiero che apprezzasse quella vita tra alcool e sesso, beh, il sangue ribolliva nelle vene fino a mandare impulsi al suo cervello affinché la cattiveria prendesse il sopravvento.

-Non era male- le labbra sotto il suo palmo, che le semi nascondeva, guizzarono all'insù con velocità -I clienti tutto sommato erano educati- lo guardò divertita -Sai? Alcuni mi chiedevano di sposarli.- e lui, che a quell'uscita avrebbe dovuto sputare il sake e ridere di gusto, si era invece limitato a massaggiarsi una spalla mentre il cuore prendeva ad accelerare a ritmi crescenti. Aveva dato per scontato che, in tutti quegli anni, Chyo avrebbe potuto sposarsi, avere dei figli, una famiglia felice... Innamorarsi ancora... Già, avrebbe dovuto ridere. Ma non lo fece. In quel preciso istante, scorgendo la sua provocante figura che sembrava volerlo invitare a commettere qualche azione non proprio da gentiluomo, la consapevolezza che chissà quanti altri uomini avevano avuto il piacere di toccare il corpo di Chyoko sfrecciò nella sua mente offuscata dall'alcool. Fu solo un pensiero, scomodo e lacerante, ma che in qualche modo fu capace di fargli rimpiangere quei cinque anni di lontananza. Soprattutto, fu straziante accorgersi che, Chyoko Fujiwara, probabilmente non sarebbe più stata sua in nessun senso.

-E tu?-

-Vedi qualche anello al dito?- domandò ironica mettendo in bella mostra la mano libera -E poi, comincio a credere di non essere portata per quelle cose lì. I figli, un marito, una famiglia...-

Gin strabuzzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la sua figura e le sue parole, soprattutto quelle. Che fine aveva fatto la Chyoko che voleva sposarsi e vivere felicemente i suoi giorni? Quella che si era disperata per non aver ancora dato il primo bacio mentre le infermiere avevano già superato il K-point, quella che non vedeva l'ora di sfuggire alla guerra per potersi costruire un futuro stabile, quella che probabilmente si era aspettata di ricevere tutte queste cose da uno come lui...

-A te piacevano quelle cose lì.- si ritrovò a scandire con calma apparente mentre si aspettava di rivedere qualche barlume della vecchia Chyo-chan. Intanto i suoi pugni sotto il tavolo stringevano la stoffa dei pantaloni neri.

-Si cresce e si cambia idea. E poi ammettiamolo, a mala pena riesco a badare a me stessa, come potrei permettermi di accudire dei bambini? Tutto questo può essere appagante, ma non darebbe un senso alla mia vita- lo stava guardando assorta, quasi desolata, come se avesse compreso quanto quella rivelazione lo avesse turbato -Gin, c'è una sottile differenza tra la vita che uno crede di volere e la vita che ha.- seguì convinta, accarezzandosi le braccia mentre sul suo viso compariva un'espressione imbronciata. Quanto ci aveva messo Chyoko per adattarsi a quella situazione? Quanto ci aveva impiegato per convincersi che tutto quello in cui aveva creduto forse non avrebbe mai fatto parte della sua vita?

E al pensiero che fosse lui la causa del suo cambiamento, la propria coscienza prese le redini del suo cervello, sbaragliando ogni difesa che aveva -Mi dispiace.- si era ripromesso di non dirglielo, di non dargliela vinta. Ma aveva ceduto e adesso avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.

-E perché ti dispiaci? Forse non fanno nemmeno per me. Così come non fanno per te. Non c'è nulla di male!- concluse rigirando il bicchierino con noia, sorseggiando poi il sake.

Però con te mi sarebbe piaciuto averle, pensò sincero, mordendosi la lingua affinché quello restasse ciò che era, cioè un pensiero dettato dall'ebrezza mentre un -Già- tediato fu tutto ciò che le concesse. Ma la sua lingua non voleva saperne di non muoversi e prima che potesse darle un freno, si ritrovò a continuare quel discorso sconclusionato -Ma sei cambiata, lo sai?-

Chyo allargò gli occhi grigi, scoccandogli un'occhiata allucinata -Eh?-

Gin si sistemò meglio per apparire sicuro, fallendo miseramente -Sembri... Non lo so-- agitò le mani, quasi volesse che fosse lei a cavargli le parole di bocca. Ma Chyo lo fissava attonita e basta -Non sembri tu.-

Una risata nervosa sfuggì alle sue labbra carnose e tremanti -Ma che dici? Sono sempre la stessa!- cominciò ad agitarsi -Ho i soliti capelli ingestibili, cammino ancora a testa bassa sperando di divenire invisibile agli altri, continuo ad usare Zura come sfogo quando sono nervosa e-- le mani, dai suoi capelli arruffati, si abbassarono fino alle cosce stringendosi a pugno -E ho sempre la sciocca presunzione che tu un giorno riuscirai a parlarmi.-

Quella che doveva essere una chiacchierata che verteva su tutto e niente, si era in realtà capovolta in una tremenda confessione a cuore aperto a cui, ancora una volta, non era assolutamente preparato. Parlare di loro veniva facile, ma solo se tirava in ballo il presente e perché no?, gli aspetti del loro passato comune senza però toccarli intimamente. Ma quanto si trattava di loro, beh, non gli veniva così facile comunicare, mentre Chyo sembrava sempre sapere cosa dire e come dirlo. Un moto di sollievo rilassò i suoi nervi tesi: forse, se cercava a fondo, la Chyoko che tanto aveva amato non sarebbe stata difficile da scorgere.

Gin aggrottò le sopracciglia -Non lo stiamo già facendo?- ma dal suo viso trasparì amarezza e lui, con un sospiro pesante, fu costretto a darle ragione -Non sono bravo a parlare, lo sai bene.- e a pensarci bene, questa suonava tanto come l'ennesima scusa da rifilarle pur di mettersi la coscienza a posto. Del resto, che colpa ne aveva lui se con i discorsi faceva schifo e quindi non era in grado di comunicare con lei? Non era nemmeno colpa sua il fatto che lei covasse delle aspettative nei suoi riguardi e lui, immancabilmente, si ostinasse a non mantenerle. E sicuramente glielo avrebbe fatto notare, come suo solito. Guardò di lato, nascondendo la bocca dietro il palmo aperto, chiedendosi perché mai ogni bella serata doveva concludersi con una litigata.

Chyoko si stropicciò il viso, sbavando il trucco sugli occhi -No, senti Gin, stasera non mi va. Sono stanca di litigare con te, non-- si picchiettò le guance, sorridendo poi tirata -Forse sono un po' ubriaca!- Gintoki abbozzò un sorriso, annuendo per darle ragione. E tutto scemò lì, nel loro silenzio e tra altre bevute di cui non stavano tenendo il conto -Ti va di festeggiare con un po' di sake?- incespicando fra i propri piedi si era alzata, dondolandosi come una mocciosa.

-Non ne abbiamo bevuto abbastanza?- constatò indicando le tre bottigliette vuote mentre il mento scivolava sul palmo aperto, rischiando di sbattere contro il tavolino. Chyoko ridacchiò scioccamente poi alzò le spalle.

-Daiiii, solo per stasera!- si mise a mani giunte, saltellando sul posto come una molla impazzita. Incredibile come l'aria tesa si fosse dissolta con la sua sola allegria immotivata.

Gin studiò l'ambiente circostante mentre prendeva tempo per darle una risposta: l'appartamentino era poco più grande della scatola di sardine 109 che aveva abbandonato, decisamente più accogliente e con delle belle pareti color panna che, pregava, non si sporcassero con la velocità della luce. Mai descrizione di una casa fu più approssimativa, ma era ubriaco fradicio quindi andava bene così. Però ora che ci pensava, che altro aveva da guardare? Forse poteva fissare lei che, tutta eccitata al pensiero di festeggiare, gli pareva più una mocciosa che una donna in carriera e dai sani principi... Nh, forse era meglio smetterla di fissare il suo seno che si alzava ed abbassava ad ogni salto... Cosa poteva guardare? L'orologio! C'era l'orologio di non ricordava quale suo spasimante e che lui, in preda ad un attacco di gelosia durante l'ebrezza, aveva appeso storto e che ora segnava le 22.00 passate -Se devi andare, facciamo un altro giorno.- aggiunse lei arricciando le labbra, seguendo la linea del suo sguardo stanco.

Gin si grattò la nuca, congratulandosi con il proprio cervello che ancora emetteva barlumi di lucidità. Il problema non era l'ora neppure troppo tarda, non era tipo da badare a queste cose quando si trattava di bagordi; il problema era il sake unito al fatto che Chyoko si trovasse nella stessa stanza. L'alcool non avrebbe portato altro che danni, danni irreparabili. Almeno, solitamente accadeva così nella sua vita. Bastava ricordare che, ubriaco marcio, era capitato nell'ultimo locale in cui avrebbe dovuto mettere piede, facendo sì che sul proprio cammino all'insegna della monotonia piombasse l'uragano Chyoko... E boh, tutto d'un tratto non gli parve così male come si era ostinato a dirsi. Così, senza pensarci troppo su la guardò con un mezzo sorriso mentre il suo -Per me va bene.- si spargeva leggero nell'aria.

Chyo si avvicinò alla credenza alla ricerca delle bottigliette e a ricerca infruttuosa si rivolse a lui -Gintoki, cerchi nello scatolone vicino alla poltrona?- avrebbe voluto urlarle di andarsele a prendere da sola, ma desistette e gattonò fino al punto indicato dalla ragazza. E se solo ci ripensava, si disse davvero fortunato per quell'avvenimento: quella non era una comune scatola, era uno scrigno delle meraviglie!

-Oh mio-- le parole gli si spezzarono in gola mentre una risata veniva mal trattenuta fra le labbra sottili tremanti -Conservi ancora queste oscenità?!- tirò fuori dallo scatolone una serie di fogli di riso e quaderni dall'aria familiare, sventolandoli e sfogliandoli. I mille e mille disegni e ritratti che Chyo aveva dipinto sin da tenera età erano ora sotto i suoi occhi impigriti e lucidi per le troppe risate. C'era il Takasugi stecco, Zura con i capelli lunghi fino ai piedi a mo' di sirenetta e poi c'era lui con dei capelli che nemmeno un cespuglio. Col trascorrere degli anni il suo tratto non era granché migliorato, ma grazie a ciò poteva trascorrere una serata a ridere e divertirsi.

Chyo assottigliò dapprima gli occhi, poi si catapultò verso di lui come a voler proteggere i suoi ricordi -No, non guardarli!- trillò cercando di strapparglieli dalle mani -Il mio estro creativo era ancora acerbo!- si giustificò rossa in viso, quasi a voler trovare una giustificazione.

-Facevi schifo in arte!- constatò sollevando le mani, in modo da non permetterle di rubargli il quaderno. E pensare che da piccola aveva difeso con le unghie e i denti quelle oscenità che lei aveva definito capolavori.

-Dai Gin, non guardarli! È imbarazzante!- si sporse, allungandosi verso di lui. Posò con poca delicatezza la mano destra sul suo viso, spingendola indietro, e con l'altra continuò a sfogliare il quaderno ormai senza trattenere le risate. Le lacrime solcavano il suo viso rosso per lo sfinimento e si piegò leggermente mentre avvertiva lo stomaco contorcersi per la mancanza d'aria. E poi, il fiato gli si spezzò in gola, il cuore martellò più forte e la risata si troncò seccamente; solo i mugugni di Chyo continuavano a ronzare per la stanza. Lì, davanti ai suoi occhi, c'era un'immagine che aveva da tempo dimenticato e che avrebbe fatto volentieri a meno di rivedere: una foto di gruppo che ritraeva tutti loro da bambini davanti al dojo. Ricordava ancora quella calda giornata di fine estate, i loro schiamazzi quando il Maestro aveva detto loro che sarebbero usciti a fare una passeggiata, le gare con Shinsuke per arrivare per primo al laghetto in fondo alla via, i richiami paciosi di Zura e il sorriso gioioso di Chyoko... E la voce pacata del Sensei che diceva loro di fare attenzione. Da quanto non aveva più provato a pensarci? Anzi, da quanto aveva fatto finta di non pensarci? Da quanto aveva provato a cancellare la faccia di quell'uomo pur di non avvertire l'angoscia attanagliare il proprio spirito? E nel silenzio generale, dove solo il suo cuore martellante poteva essere udito, si ritrovò ad accarezzare con il pollice il suo viso sorridente, come se così facendo potesse scemare l'ansia.

-Seriamente, dovresti buttarle queste scemenze.- chiuse il libro di scatto, l'allegria svanita completamente, spostando il colletto della maglietta nera con l'indice per poter respirare liberamente. Chyo aggrottò le sopracciglia, stupita dal suo repentino cambiamento, ma non pronunciò parola e piano si allungò, infilando una mano nello scatolone corretto. Gin chiuse gli occhi, inebriandosi dell'odore di Loto che i suoi capelli emanavano; strinse le mani sulle ginocchia pur di non sfiorarla, pur di non commettere pazzie.

-Sono ricordi, non sono scemenze- gli puntellò l'indice sulla fronte, poi si alzò per avvicinarsi al tavolino facendo tintinnare le bottigliette -Dai, vieni a bereee!- sfiorò la fronte, storse il naso e alla fine accantonò i pensieri scomodi pronto a farli dissolvere con un po' di sake.

 

Al ventesimo bicchiere, le cose cominciarono a peggiorare. Lo aveva immaginato.

-Quindi sei andato a vivere sopra di lei?- i suoi occhi grigi si allargarono per la sorpresa mentre buttava giù il ventesimo sorso. Come erano finiti a parlare della vecchia ciabatta?!

-Se avessi saputo che sarebbe stata una tale rompicoglioni, me ne sarei guardato bene.- avvertì la gola bruciare dopo un'altra bevuta. Quanto sake aveva ingurgitato? Ormai aveva perso il conto. A proposito... Dove aveva lanciato lo yukata?

-Intanto hai vitto e alloggio gratis- calcò sull'ultima parola con sarcasmo rifilandogli un'occhiata eloquente a cui lui replicò sfoggiando il dito medio -Come vi siete conosciuti?- Gin si massaggiò le spalle, quasi potesse avvertire su di sé il peso della neve soffice che cadeva, si tastò lo stomaco come se fosse vuoto e lui fosse affamato e nonostante il caldo procurato dall'alcool, mille brividi di freddo percorsero il suo corpo. Quel giorno era ancora vivido nella sua memoria, indelebile, così come indelebile era la sensazione di salvezza che lo aveva pervaso quando Otose aveva deciso di prendersi cura di lui. Quando lui aveva deciso di provare a redimersi facendole una solenne promessa, costringendosi a mantenerla almeno quella volta.

-Per caso. A dir la verità, non me lo ricordo bene- mentì abbassando lo sguardo -Un giorno l'ho incontrata e sono finito a lavorare su da lei. Non c'è molto da dire- e prima che potesse darsi un tono, l'ebrezza aveva cominciato ad offuscare quel briciolo di lucidità che gli aveva permesso di non commettere cazzate, ritrovandosi a ridere come un deficiente -Probabilmente è la storia della mia vita: venire raccolto come un cane randagio e accudito- Chyo non si unì alla sua risata priva di allegria, lo fissò con tenerezza mentre morsicchiava l'interno delle guance -C'è stato il Sensei, poi ci sei stata tu, Otose... Ah, mi gira le testa!- scivolò sul basso tavolino, nascondendo la testa con le braccia. Gli veniva da vomitare e più pensava alle tragedie del passato, più sentiva lo stomaco rivoltarsi. Alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi colmi di preoccupazione. Perché si preoccupava sempre per lui? -Perché non mi hai detto che ti saresti trasferita?- vedendola sgranare impercettibilmente gli occhi, per poi scuotere la nuca. La domanda gli ronzava in testa da parecchio, ma solo a quel punto aveva trovato il coraggio di porgliela.

-Non credevo te ne sarebbe importato qualcosa.-

-Che bella considerazione... Gin-chan c'è rimasto male, lo sai?- fece tremare il labbro inferiore, vedendola ridacchiare. Stavano passando da momenti di disperazione a coglionamento totale nel giro di pochi secondi. Forse non avrebbero dovuto bere così tanto.

-Ah, sei disgustoso quando parli così!- poi, mentre si grattava la nuca, si appiattì anche lei sul tavolino -E poi, sarebbe stato abbastanza patetico, no?- non si era accorto di aver allungato una mano verso i suoi capelli ma prima che potesse perdervi le dita l'amica si era messa in piedi e lui, chiudendo la mano a pugno, l'aveva riportata sul tavolo.

Fu solo allora che, braccia conserte e mento sopra esse, posò davvero lo sguardo offuscato dal sake sulla padrona di casa che, recatasi di nuovo alla credenza, rovistava fra gli alcolici.

Era bella da togliere il fiato, resa ancora più desiderabile dalla cascata di capelli neri che, selvaggi, le ricadevano fino al seno pronunciato. E lei, che con naturalezza sventolava la maglietta per trovare refrigerio, non si rendeva conto di alimentare la sua fantasia ogni secondo che passava, facendolo avvicinare ad una crisi di nervi che se superata lo avrebbe portato alla pazzia. E la voleva... Se anche per una sola notte, voleva risentire il suo corpo stringersi al proprio, i suoi gemiti spezzati che si mischiavano ai propri, il proprio nome pronunciato con voce vellutata ad ogni spinta... La desiderava in maniera viscerale.

Tirò con due dita il colletto della maglietta nera, cercando un po' di aria. Faceva caldo, si soffocava e quel vortice di pensieri scabrosi su di lei non aiutava -Certo che potevi mettertelo un reggiseno.- gli era uscito spontaneo quel commento, accorgendosi solamente dopo alcuni secondi della fesseria commessa. La Chyo di un tempo gli avrebbe rivolto un'occhiata scioccata condita da bocca spalancata e gote imporporate, rivolgendogli una frase del tipo “Ma dove guardi, razza di cretino?!”. Ma la Chyo cresciuta che aveva fatto la ballerina in un locale di dubbio gusto, che poco aveva a che fare con la ragazzina per cui aveva preso una sbandata coi fiocchi, gli aveva sorriso maliziosa e, giocherellando con la maglietta, lo aveva guardato con occhi lucidi e socchiusi -Hai visto che sono cresciute?- facendogli un occhiolino inquietante. Ok, era ubriaca marcia e quindi non l'avrebbe insultata. Ma se Chyoko continuava a comportarsi in maniera così conturbante non poteva trattenere i propri istinti. E prima che potesse chiedere al proprio cervello di infondergli un briciolo di razionalità, la Fujiwara si era avvicinata pericolosamente.

Indietreggiò col sedere -Sarà- Sarà meglio che io vada a casa- farfugliò -Ahm, Shinpachi e Kagura mi sta-- Chyo, a gattoni, lo squadrava assorta. I suoi occhi color del fiume erano vividi, brillanti... Capaci di paralizzarlo. Fu forse quello il motivo per il quale non si tirò indietro quando gli circondò il collo e azzerò la distanza fra i corpi, rischiando di farlo sbilanciare e cadere di schiena. I riflessi però non erano spenti come credeva e, per fortuna, appoggiò celere una mano a terra mentre l'altra andava a posarsi sulla sua schiena stretta. Lo sguardo di Gin esitò sulle sue labbra carnose, sulle sue gote rosse, sulla linea morbida del seno... E distolse lo sguardo, colto da un improvviso senso di imbarazzo misto ad eccitazione.

Poi avvertì le labbra di Chyo sfiorare delicate il suo orecchio e ci fu quel sussurro che risuonò come un grido

-Un cenno... Uno solo e mi fermo.-


 

Il suo cuore aveva cessato di battere per poi riprendere con velocità sempre più crescente, così come crescente era il desiderio che si faceva largo in lui. E la paura, oh quella ormai era albergata nelle viscere più profonde del suo essere e lo costringeva a deglutire in quel silenzio surreale che si era venuto a creare dopo le sue parole. Un cenno... Un solo, misero cenno e lei si sarebbe allontanata, avrebbe sciolto quell'abbraccio tenue che gli stava facendo perdere ogni inibizione, sarebbe ritornata distante e inavvicinabile. L'avrebbe persa ancora... Il panico aumentò e tremando si ritrovò a stringere i suoi fianchi.

-Chyo-chan- il suo naso sfiorò quello di lei e a quella distanza minima, poteva avvertire il suo respiro regolare e che sapeva di sake -Non sei patetica, non lo sei mai stata.-

Non seppe per quanto rimasero immobili a fissarsi e perfino il pensiero di dover avvisare Shinpachi e Kagura del ritardo sfumò nel dimenticatoio. La voleva, del resto non gliene fregava granché...

 

Una volta smesso di piangere, Chyoko lo aveva accompagnato nell'infermeria solitaria per poterlo medicare. Il suo sguardo sofferente aveva indugiato su di lui per tutto il tempo, ma questa volta non aveva cercato il contatto fisico pur ritrovandosela a pochi millimetri e nemmeno aveva provato a trovare qualche scusa per barcamenarsi in quella situazione. Del resto, le sue parole erano già state abbastanza sconvolgenti per poter essere sotterrate.

Seduto sulla branda, giocherellando con la fascia bianca macchiata del proprio sangue, Gintoki studiava ogni minimo movimento dell'amica, quasi volesse cogliere i suoi pensieri. Sembrava scossa, a disagio, in procinto di voler parlare senza però averne davvero l'intenzione e lui, nella sua sciocca ed immensa idiozia, si era ritrovato ad affrontare un discorso che ormai da tempo tartassava la sua mente offuscata -So che vai sempre a curare Takasugi- Chyo annuì mentre apriva il rubinetto per potersi sciacquare -Ti piace ancora?-

Aveva posto quella domanda con una naturalezza invidiabile e una tranquillità che non credeva di possedere; Chyo, d'altro canto, lo fissava come se fosse un pazzo. Non seppe perché tirò in ballo la sua ipotetica relazione con Takasugi, proprio lui che odiava quella sorta di discussioni in cui ci si esponeva troppo, ma c'era quel chiodo fisso che non lo faceva dormire la notte, quella strana sensazione che quel bacio scambiatosi in un momento di debolezza potesse farla riavvicinare a quel cavernicolo. E al pensiero di perderla, anche se solo la sua amicizia, lo mandava in tilt.

Con il viso che lasciava trasparire tutto il suo stupore, Chyo lasciò perdere le mani sporche di sangue e si soffermò a guardarlo -Stai scherzando, non è vero?- balbettò a stento, cercando di non scoppiare a ridergli in faccia.

-Rispondi alla domanda.-

-Deve essere stata una bella mazzata, quella- gli indicò la testa con un cenno della propria -Stai straparlando. Di sicuro ti hanno ridotto il cervello in--

-Chyo, ti piace Shinsuke sì o no?- con tono fermo aveva ripetuto la domanda, fissandola con una serietà disarmante, assolutamente atipica per uno svogliato come lui. Chyo lo fissò titubante, dapprima, poi farfugliò qualcosa di sconnesso prima di mormorare un secco:

-No che non mi piace e non capisco nemmeno come possa esserti venuta un'idea del genere!- tornò a guardare le proprie mani sporche di sangue, continuando a darsi una ripulita -Sai bene che mi è passata!- rimasero in silenzio a studiarsi in cagnesco e quando il sospiro pesante di Chyoko raggiunse le sue orecchie, Gin comprese come si stessero ormai avvicinando alla domanda cruciale: perché quell'interrogatorio? Una domanda scomoda che avrebbe portato ad una confessione ancora più scomoda e visti i tempi che correvano, non era certo di voler imbastire una relazione con lei. Sempre che fosse stata d'accordo, ovvio...

-Oh, beh, se è così...- poggiò i piedi per terra e dopo essersi guardato in giro con aria sospettosa, le diede le spalle. Doveva andarsene prima che le cose peggiorassero.

-Beh, te ne vai senza darmi nemmeno una spiegazione?!- si irrigidì sul posto, sentendosi colto in flagrante.

-Che spiegazione dovrei darti?- la confusione aleggiava intorno a lui. Del resto, quando si trattava di parlare, Gintoki era sempre bravo a sviare gli argomenti -A me sta bene così- alzò le spalle, pronto nuovamente ad andarsene. Chyo prese la prima cosa che le capitò fra le mani e, dimentica della propria, scarsa mira, lanciò un bicchiere che si infranse sulla schiena del ragazzo, cadendo rovinosamente a terra e frantumandosi -Ma sei impazzita? Potevi farmi male!- guardò i cocci di vetro vicino ai suoi piedi -E adesso chi lo sente Zura? Sia chiaro, non intendo pulire!-

-Sei tu ad essere impazzito, con le tue assurde domande!- aprì le braccia -Prima mi eviti, poi mi chiedi se mi piace Shinsuke e infine te ne vai con un irritante “A me sta bene così”- lo scimmiottò facendo la voce grossa -Beh, a me non sta bene così, proprio per niente!- la voce si era fatta più alta e carica di nervosismo, perfino i suoi lineamenti delicati si erano imbruttiti. E lui la guardava con pigrizia, incapace di tranquillizzarla.

Gintoki sospirò -Cosa vuoi sentirti dire?-

-Qualsiasi cosa! Basta che parli- si chiuse nel proprio silenzio, sentendosi alle strette in quella discussione più grande di lui e Chyo si ritrovò a guardarlo con stizza -Tu non puoi farmi domande assurde e poi andartene come se nulla fosse!- oh, sì che poteva! -Come quando mi hai baciata!- portò le mani sulla bocca, gli occhi grigi sgranati rivolti a lui, immobile. Gintoki aveva voltato il busto quel tanto che bastava per poterla studiare. In tutto quel carosello di stramberie, Chyo aveva tirato fuori l'unico argomento che avrebbe voluto dimenticare; ma, forse, affrontarla una volta per tutte era la cosa migliore da fare. E con calma invidiabile, Gin la fissò serio serio:

-Sei stata tu a baciare me.-

Inizialmente, Chyo rimase a bocca aperta per l'incredulità poi balbettò un imbarazzato -Ci siamo avvicinati insieme.-

-Veramente, ti sei sporta tu per prima.- utilizzò ancora il classico tono tediato di chi ha la situazione sotto controllo. Peccato che non fosse affatto così.

-Io-Io non so cosa mi sia preso!- strinse i proprio gomiti, un po' per la rabbia un po' per il nervoso. Ma ad un tratto, lo guardò con rinnovato furore, come se avesse trovato una via d'uscita -E comunque, non mi pare che tu ti sia tirato indietro!- sorrise compiaciuta quando lo vide incassare il colpo con un'imprecazione sommessa.

Le puntò l'indice contro -Mi hai preso alla sprovvista!- si giustificò malamente, facendole roteare gli occhi dall'esasperazione. Cazzo, così non andava bene, affatto! Non poteva certo dirle che se Sakamoto non li avesse chiamati, quel giorno, avrebbe portato avanti l'opera perché da troppo tempo, ormai, desiderava trovarsela stesa sotto sé nel futon, nel silenzio della notte. Non poteva, non poteva! Era una mossa troppo suicida!

-Beh, avresti potuto allontanarmi una volta realizzato il tutto!-

-Ho realizzato tardi cosa stava accadendo!-

-Gintoki, mi hai sbattuta sul tavolo!-

E quando la vide respirare affannata, con la ragione dalla propria, Gintoki strinse i pugni mentre avvertiva le parole salire fino alla gola, per poi venire sputate con rabbia -Beh, forse non volevo allontanarti! Forse non mi è dispiaciuto quello che è successo!- era lui, ora, a stringere i pugni con forza, deciso in quello che stava confessando con più coraggio di quanto non avrebbe pensato di avere. Continuava a mandare impulsi al cervello affinché lo facesse tacere, ma il fiume di parole continuava a straripare -Cazzo, se Sakamoto non fosse entrato io-- portò le mani fra i capelli, avvertendo un fischio nelle orecchie e la mente cominciare a vorticare. Voleva andarsene da lei e dalle proprie paure.

-E allora di che cosa stiamo discutendo?- chiese stanca, aprendo le braccia per poi lasciarle scivolare lungo i fianchi.

Strinse i denti, Sakata -Ah, non lo so, non so più niente! È tutto così complicato!- le diede le spalle mentre si stropicciava il volto sporco. E poi, le parole a lungo taciute si librarono nella stanza, facendole sgranare gli occhi grigi, facendolo sentire un po' più leggero -So solo che mi terrorizza il pensiero di perderti, mi manda in bestia il fatto che tu possa amare ancora Takasugi e-- la guardò, questa volta chiudendo il proprio monologo con voce flebile -E che ti ribacerei ancora, per sempre.-

 

Le sue labbra erano proprio come le ricordava, morbide e carnose, come se non avesse mai smesso di baciarle in tutti quegli anni e mentre gli toglieva la maglietta nera, buttandola dietro sé, di un fatto si diede ragione: Chyoko era cambiata anche su quel fronte. Meno impacciata, più intraprendente, più sensuale... Perfino il modo in cui mordicchiava il lembo di pelle tra la scapola e il collo fu capace di strappargli un gemito rauco mentre gettava la testa all'indietro per riempire i polmoni d'aria. Gintoki, invece, si sentiva ancora goffo nonostante avesse fatto miliardi di volte l'amore con lei quando si trovavano al campo e se dapprima aveva deciso di lasciarle fare tutto il lavoro pur di non peggiorare la situazione, quando Chyoko gli sorrise lievemente trasmettendogli quella dolcezza che ai tempi lo aveva fatto sentire completo, si ritrovò a stringerla con quanta più delicatezza possedesse, timoroso di romperla. Lisciò la stoffa della maglietta, sfilandola dalla sua pelle bianca e quando i polpastrelli scivolarono su di essa, li sentì bruciare.

Chyo aderì meglio al suo corpo con una leggera spinta di bacino che gli mozzò il fiato in gola, permettendogli di posare le mani sulle sue gambe, facendole scorrere in lente carezze fino ad arrivare alle mutandine di pizzo nero, così poco in stile Chyo che quasi si chiese se quella ragazza audace a cavalcioni su di sé non fosse una sconosciuta. Ma poi lo guardò dritto negli occhi e vi riconobbe la stessa, identica malinconia che lo aveva colto in fallo, facendolo rilassare. Lento, fece scivolare le dita sulle sue cosce, accarezzando con estenuante pacatezza le pieghe della lunga cicatrice che solcava quella destra, chiudendo gli occhi mentre i ricordi lo sommergevano; scostò lo sguardo, indugiando sulla sua espressione inebriata. Con torturante flemma arrivò a sfiorarle l'inguine fermando le dita sull'elastico delle mutandine, deglutendo a vuoto al pensiero che, con un solo gesto, avrebbe potuto averla. Ma le mani affusolate di Chyo si posarono sulle proprie, accarezzando le sue braccia dai muscoli tesi, spazzando via ogni incertezza. Le sue manine trafficarono con la cintura dei pantaloni e quando si ritrovò con i soli boxer sotto di lei, comprese che ormai non sarebbe più tornato indietro.

Con una spinta si appiattì contro il muro e la fece aderire a sé, rabbrividendo al contatto del suo seno contro il proprio petto, scorrendo le dita sulla sua schiena che si inarcava, perdendosi fra i suoi capelli neri come la pece. Le mani di Chyo ritornarono sulle sue e cominciò a spingerle verso il basso, accompagnandolo nell'inevitabile discesa delle mutandine nere.

La guardò negli occhi e in un secondo fu lampante che non si sarebbe più trattato di un semplice bacio...

 

Le proprie paure si erano trasformate in parole, riversate tutte su di una Chyoko che, incredula, lo fissava. Allargò le braccia e alzò le spalle, facendole intendere che non aveva nient'altro da dire e respirava affannosamente, come se si fosse liberato di un enorme peso. Lei, invece, se ne stava ferma e immobile senza respirare, quasi avesse dimenticato come si facesse. Perché non si muoveva? Perché non piangeva, strepitava, rideva, lo insultava, scappava... Perché non aveva alcuna reazione? Gin non era uno sprovveduto, sapeva bene che quel momento sarebbe prima o poi arrivato -anche se non immaginava così presto- ma aveva sempre pensato che lei avrebbe fatto qualcosa, si sarebbe mossa. Anche solo per picchiarlo, ma avrebbe dato segni di vita! Ma più il tempo passava, più le sue incertezze crollavano...

Solo allora si rese conto di aver praticamente dato luogo a quella che tutti chiamano “dichiarazione d'amore” e pensandoci con lucidità, si disse di non essere stato granché romantico. La sua voce non era uscita suadente come nei film, le sue parole non erano state indimenticabili come nelle soap... Ma la sincerità, quella era trasparita in ogni pausa tra una frase e l'altra.

Poi udì la sua voce tremante mentre la vedeva abbassare lo sguardo -Allora, tu--

E lui avrebbe dovuto correre ad abbracciarla mentre vedeva un sorriso fiorire sulle sue labbra color ciliegia, avrebbe dovuto gridarle quanto le volesse bene mentre Chyo riprendeva a parlare. Ma una molla in lui scattò facendo sì che l'ansia cominciasse a pervadere ogni fibra del suo corpo e senza riuscire a ragionare, la paura cominciò a parlare al posto suo -Senti, dimentica tutto, ok?- si massaggiò il collo -Sono solo--

-Gin-chan...-

I suoi occhi cremisi colmi di incertezza incrociarono i suoi grigi e lucidi, e tutte le sue forze crollarono come un castello di carte al vento...

 

-Mi piaci.-

******

-Ci pensi tu qui?-

-Sì, non preoccuparti- recuperò uno yukata a caso dallo scatolone e si coprì, perdendosi ad osservare la sua larga schiena. Le dava le spalle, alla ricerca dello yukata perduto -E' sulla poltrona- disse con calma, palpando il nervosismo e l'imbarazzo che aleggiava intorno al suo corpo -Fai attenzione mentre torni.- perché se ne voleva andare, lo aveva capito. Non aveva bisogno di sentirselo dire; era ormai abituata alle sue non parole.

-Non sono una ragazzina!- la sua voce scorbutica la colpì come uno schiaffo in pieno volto e istintivamente si strinse nello yukata. Fece per rispondergli a tono, ma la porta era già stata aperta e Gin era ormai sulla soglia. Lo raggiunse. Era sciocco da parte sua pensare che avrebbe voluto vederselo girare per casa ancora un po'?

Si guardarono di striscio -Beh, grazie per avermi aiutata.- si appoggiò con una spalla allo stipite, mentre Gintoki annuiva appoggiandosi alla balaustra di ferro che dava sul cortile d'ingresso fiocamente illuminato da un lampione. Quanto ci avrebbe messo a cambiare idea su di lei?

-Figurati. Per i soldi fa niente, mi hai già ripagato a dovere- si scompigliò la zazzera argentea -Cioè, con la cena che hai pagato tu e... E nient'altro.-

-Certo, la cena- abbassò lo sguardo, sbuffando subito dopo -Ci vediamo, ok?- e senza attendere risposta alcuna, chiuse la porta per poi lasciarsi scivolare contro. Passarono alcuni istanti, poi avvertì i piedi di Gin muoversi lontani e poi il motore dello scooter, segno che finalmente se ne stava andando. Del resto, come avrebbe potuto dare torto al suo atteggiamento ostile? Tra loro c'era questa specie di rapporto altalenante dove sembravano appacificarsi e poi si scontravano perché c'era sempre qualcosa che andava affrontato, qualche sassolino da togliere perché altrimenti la strada impervia non sarebbe stata affrontabile. E adesso, quando credeva di aver messo da parte tutto, ecco che si ripresentava un nuovo ostacolo da sormontare...

Si guardò attorno mentre ricacciava indietro le lacrime. Il piccolo appartamento era enorme e freddo senza di lui...


 

Si era eclissato. Con velocità impressionante e senza proferire verbo, Sakata si era dileguato alla sua vista stanca e lucida. La sua reazione alla sua dichiarazione era stata la fuga. Nessun Sakamoto era venuto a chiedere loro di unirsi ad una gara di bevute, nessun Katsura li aveva obbligati ad andare a riposare . Fu Gintoki, semplicemente, a darle le spalle con un gesto secco, sbattendo la porta quando fu uscito. Venire ignorata in questa maniera fu addirittura peggio che scoprire la tresca tra Takasugi e Kaory. Almeno tra loro non era successo nulla, mentre con Gin... Sorrise amara, maledicendosi per la propria ingenuità. Un bacio non significava nulla, avrebbe dovuto saperlo...

Chyo respirò a pieni polmoni, cacciò indietro le lacrime e si lasciò cadere sulla sedia -Sei solo uno stupido.- sussurrò a sé stessa,stropicciandosi il viso.

 

Anche lei aveva paura, cosa credeva?


 

*****

Note noiose dell'autrice:

E' finito! Il maledetto capitolo 12 è concluso! L'ho rimaneggiato un miliardo di volte visto che non mi convinceva e, beh... Per la prima volta devo ammettere che mi piace! Ma sul serio! I discorsi che affrontano, il modo in cui lo fanno... E poi sono riuscita a dribblare la lemon ♥ (fidatevi, sarebbe uscita una schifezza assurda D:)

Che dire di questo capitolo? La chiacchierata con Takasugi è stata per lo più inutile, ma serviva solo per far comprendere a che punto erano nella guerra (e poi ce lo volevo ficcare da qualche parte questo orbo squilibrato), e la parte del trasloco ha funto solo da imbuto tra le varie scene. Quelle a cui ho voluto dare più spazio sono state le scene del passato (che mi sembrano belle consistenti) e le confessioni dei due ubriachi. Quindi scusate se il capitolo risulta un po' troppo frettoloso in alcuni punti (e se ci sono orrori grammaticali) :(

Direi che non ho altro da dire se non: scusate il ritardo, ma sto portando avanti un altro progettino sempre su Gintama (che se va avanti così giacerà nei meandri del mio Pc -.-) e quindi sono rimasta indietro con Walking... Poi c'era una scena che si presenterà più avanti che avevo in mente da mesi ma non riuscivo ad abbozzarla e bom, appena avuta l'ispirazione ho pensato di lasciare indietro il capitolo 12... Spero comunque che l'attesa ne sia valsa la pena :)

Passo ora ai ringraziamenti: ad Elizabeth_smile che, sempre carinamente, commenta ogni mio capitolo dicendomi ciò che pensa e al nuovo fan LoScrittoreMisteriosoX che ha cominciato a seguire Walking e l'ha messa fra le seguite :) Che dirvi se non grazie mille di cuore??? Spero di poter leggere cosa pensate di questo capitolo!!!

 

Alla prossima!

Geisha.


 


 

  
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