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Autore: Fusterya    11/03/2012    1 recensioni
John ha saputo che Sherlock è vivo. Ed è così che è successo...
Ma le ferite potranno davvero guarire?
(piccolissima one-shot notturna appena scritta, spero vi piaccia)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- E' così che è andata -

SHERLOCK

Mycroft mi guarda sconfitto. Ma sempre con quella smorfia di sdegno appena accennata sulle labbra.
Non ci capiremo mai.
“Allora, è deciso? Non cambi idea? Un’idea che all’inizio era tua, ti ricordo”
“Da quanto ci conosciamo, fratello?”
Lui abbassa la testa e sospira. “Potrei usare altri mezzi...”
Roteo lo sguardo esasperato nella stanza nuda. E’ intelligente quasi quanto me, ma spesso se ne dimentica.
“L’unico altro modo è ucciderlo, Mycroft. E sono certo che ci hai anche pensato, così come subito dopo hai pensato che io potrei usare contro di te la mia abilità di esserti sempre un passo avanti”
Lui tace. Ultimamente lo batto spesso. Diciamo spesso negli ultimi 20 anni. Il suo punto debole è rischiare sempre fino a un certo punto, dopo il quale si ferma. La sua reputazione, la sua posizione... tutta spazzatura che per lui ha una certa importanza. Ma non per me, mi conoscete.
“Te lo lascio fare non certo perchè ti temo” mi rimprovera puntandomi un dito contro “non hai idea di quanto mi costerà in risorse e in servizi segreti.”
Sto sorridendo e sono sicuro che la mia espressione è piuttosto malefica: “Sono curioso di sapere perché lo fai, allora. Anzi, no. Non mi interessa.”
“Dobbiamo pensare a un modo... giusto per farlo. E orchestrare una opportuna campagna mediatica subito dopo. Non puoi resuscitare come se niente fosse.
“Sbagliato. Non dobbiamo. Devi. O io uscirò da quella porta e andrò dritto a Baker street, camminando per tutta Londra come se niente fosse.”
“Sarà doloroso. Non succederà nulla di quello che ti aspetti”
Provo un attimo di smarrimento, di dolore. So che ha ragione. Spero che si sbagli. Spero di sbagliare io, per una maledetta volta nella mia vita.
“Non mi aspetto niente. Voglio solo andare a casa”.

JOHN

E’ stato Mycroft a farlo.
Stavo tornando a casa, un normale pomeriggio come tanti, dopo una giornata non degna di essere vissuta. Un po’ di ambulatorio, una mezza parola con Sarah, che è sempre lì per me... un sandwich consumato per strada e poi la via del ritorno. Alla polvere, al nulla.
Sono due anni che è così. Mi trascino. Sono indifferente a tutto. Parlo con Mrs Hudson, ogni tanto esco con Greg per una birra, vado al cinema. Da solo. Ho avuto anche un paio di appuntamenti, ma mi sono scoperto a guardare nel vuoto - o nel bicchiere della lager ormai vuota - per tutta la serata. Rido, anche. A Natale a casa di Sarah mi sono divertito. Il suo fidanzato è un tipo spassoso, i suoi amici sono ok. Poi sono andato a casa e mi sono ubriacato.
Così come torno a casa stasera, e trovo la grossa macchina nera parcheggiata davanti al portone. Dio, non è proprio il caso. Dirò a quella miss Anthea... Althea... come si chiama... di andare a farsi fottere e salirò a dormire. Ma la portiera si apre e dentro c’è mister Governo.
Mi guarda senza dire niente, e senza dire niente, io salgo su.
Qualche convenevole strascicato, poi partiamo. Non sono nemmeno curioso. Diciamo che è una buona occasione per fare una passeggiata fuori programma per le strade di questa cazzo di città.
Mi giro a guardarlo solo quando mi dice “John, ti devo dire una cosa. E non sarà facile.”
Qualche minuto dopo, fermi a un semaforo, la gente che attraversa forse può intravedere attraverso i vetri scuri dell’auto un uomo piegato su sé stesso, con la faccia tra le mani, che piange disperatamente.
E insomma... è così che è andata.
Poi non so dove ho trovato la forza, i nervi.
Siamo tornati a casa, dopo un lunghissimo giro fatto apposta per farmi calmare, e io credevo di essere drogato... ubriaco... non so, con tuo fratello non si sa mai, poteva avermi fatto qualunque cosa, in quel momento: un esperimento, che ne so. Ho sempre avuto problemi di fiducia, lo sai. Era una cosa crudele, crudele più di quel salto. Ho desiderato uccidere Mycroft a mani nude. Lo avrei anche fatto, ma in quel momento non ero me stesso, non capivo... ero inerme.  
E poi sono salito in casa, senza sapere cosa fare, dove andare... dovevo aspettare una telefonata. Una cazzo di telefonata. Che non era da te. Ma come facevo a crederci davvero? Ricordo il mal di testa, non riuscivo a smettere di piangere in silenzio. E alla fine, insomma, lo sai.
“Lo so, ero qui.”
Mi sistemo meglio con la testa, l’ho appoggiata sulla tua spalla che preme giusto sotto il mio orecchio sinistro e mi fa male. Mi stiracchio, infilo il viso sul tuo collo. Il tuo braccio mi circonda le spalle. Non ho mai vissuto tante vite in un solo momento. Sento che mi accarezzi i capelli.
“John... non lo rifarei. Se si potesse tornare indietro, troverei un altro modo”
“Non mi avresti fatto sparare. Lo so che lo hai fatto per me”
Tu ti giri a guardami e hai gli occhi pieni di lacrime.
“Non sei lo stronzo arrogante di un tempo. Forse hai battuto davvero la testa quando sei caduto nella spazzatura?”
Ti viene da ridere. Ridi e piangi. E io ti bacio come se fosse l’ultima volta, come da oggi in poi ti bacerò sempre. Ogni maledetta volta. Per quanto ci resta da vivere su questa Terra.
  
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