Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: _Coco    11/03/2012    3 recensioni
 Un giovane pasticcere dalla capigliatura rossastra, stravaccato su una sedia, si dondolava allegramente con un sorrise felice.
- Ho tante noci di cocco splendide … tre per tre … grandi, grosse, anche più grandi di te!- canticchiò con gioia, portando le mani dietro la testa.
La donna lo guardò perplessa per alcuni minuti, inarcando le sopraciglia così tanto da farle scomparire sopra l’attaccatura dei capelli. Poi sbuffò.
- Non ho tempo da perdere, monsieur. Ho esattamente sette minuti per prendere quattro Éclair. Si sbrighi.- esclamò, Alice, liquidandolo con un frettoloso gesto della mano.

Buona lettura,
Out
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sette minuti e un po’ di crema

 
 
 
 

Il sua sguardo era assente e vagava per la piccola ed elegante stanza del “Turè”, un caffè altolocato all’angolo di Champ du Moulin.  Le sue mani tremavano per il nervoso e le labbra erano ridotte a poco più che uno spillo.
- Perché a me?!… - sussurrò Alice, stringendo con forza le carte disperse sul tavolo, da consegnare l’indomani, e guardando con freddezza il giovane cameriere venire verso di lei, sorridente.
- Ecco l’espresso che aveva ordinato, mademoiselle.- disse il giovane garçon, poggiando sul tavolino in mogano una colorata ed elegante tazza piena di caffè.
- La ringrazio- rispose freddamente lei, accavallando le lunghe gambe lattee. Alice bevve lentamente il suo espresso con scaglie di cioccolato, ripensando al suo perfetto lavoro da imprenditrice. Ne era soddisfatta, in fondo. Un perfetto lavoro per una perfetta donna, si disse, sorridendo leggermente. Guardò fuori dalla finestra con aria assente, poggiando il mento sul dorso di una mano. La giornata era fresca e soleggiata e si poteva palpare l’estate in arrivo. Gli alberi ondeggiavano leggermente, servi della brezza che, innocua, soffiava sui visi sereni dei passanti, usciti per una passeggiata. Alice sbuffò, sistemandosi la lunga gonna blu e la camicetta bianca con cravatta. 
-Il conto, s'il vous plaît.- esclamò, alzando la mano nel tentativo di chiamare il cameriere. Lui le sorrise quietamente, facendole segno di aspettare e indicandole una signora di mezza età troppo truccata che sbraitava inferocita, sputacchiando di qua e di là, agitata.
Quando, pochi minuti dopo, il giovane corse da Alice si scusò profondamente del fastidio e le consegnò, senza alcun indugio, il conto prima di correre a un altro tavolo.
Alice, irritata, prese la sua comoda ventiquattrore e, alzandosi lentamente per non sgualcire la gonna costosa, uscì dal bar, sussurrando un infastidito:
- Incompetenti-
 
 
                                                           ***
 
 
La donna camminava per le stradine parigine con le braccia piene di carte e carpette blu, sospirando ogni due minuti per questo o per quel problema di lavoro. Aveva i capelli leggermente in disordine e il trucco sbavato ma era troppo presa dalle sue pratiche per potersene preoccupare. Svoltando l’angolo di Vie en rouge, il telefonino di ultima generazione, adagiato comodamente nella tasca interna della giacca, vibrò insistentemente, attirando l’attenzione di Alice.
- Pronto?- rispose la donna, portando il cellulare all’orecchio.
- Alice, ci sei?- le giunse una voce dall’altro capo, roca e cavernosa.
- Che vuoi, Peter? Ho molto da fare, quindi, ti prego, di richiamare più tardi!-
- Mi devi fare un favore, Al, ti scongiuro!-
- No e poi no! Ho un’importante riunione amministrativa, Pet, a cui non posso mancare!
Un gemito di frustrazione le arrivò distintamente alle orecchie, mischiato a qualche lontano eco di urla isteriche.
Una pausa di silenzio li attanagliò, mentre Alice posava la miriade di fogli nella sua valigetta.
- Sono chiuso in un bagno.- sussurrò Peter, con un vago tremore nella voce.
- Sei in un bagno?-
- Si, sono in un bagno-
- E perché?- chiese la donna, irritata e confusa.
- I miei figli vogliono le Éclair. Ora.-
- I tuoi figli sono viziati- lo punse, Alice, con uno sbuffo secco.- E no. Non posso- aggiunse, con un sorrisetto, sentendo una vena di sollievo nella voce del collega.
Peter sussultò e, con voce stanca e frustata, grugnì.
-Alice, so che me ne pentirò, ma, se tu mi fai questo favore, l’affare Slavinia è tuo.- bisbigliò, con voce fioca.
Gli occhi della donna iniziarono a brillare di luce propria. Cercava di accaparrarsi quell’opportunità di lavoro da più di un mese senza mai riuscirci e Peter non era certo il tipo da darglielo senza una buona motivazione.
Alice ridacchiò.
- Devi essere proprio disperato- decretò, non riuscendo a trattenere un sorriso.
- Non sai quanto, Alice, non sai quanto-
- Sono da te fra … dieci minuti.-
- Fai presto, ti prego- supplicò, chiudendo con uno scatto la chiamata. Alice sospirò, esausta  di quella vita fin troppo frenetica, e, con un elegante gesto, alzò il braccio, scendendo in strada.
-Taxi!
 
 
 
 
 
                                                                                      ***
 
 
 
 
Il campanello al dì sopra della porta diede vita a una forsennata melodia che durò per alcuni minuti e la porta, colorata in modo scadente, cigolò e pian piano si chiuse alle spalle di Alice. La stanza era accogliente, con grandi finestre che davano sulla strada e mura colorate del più bell’azzurro in circolazione. All’angolo destro, partendo dalla porta, c’era una poltroncina in vimini e un tavolino in legno su cui gustarsi prelibatezze della casa, mentre in quello sinistro c’era una vasta gamma assortita di dolci e torte. Alice, però, troppo concentrata sulla più piccola delle lancette dell’orologio, guardò frettolosamente davanti a sé per vedere se c’era qualcuno e, sospirando di sollievo, trovò una figura minuta e sporca di crema. Un giovane pasticcere dalla capigliatura rossastra, stravaccato su una sedia, si dondolava allegramente con un sorrise felice.
- Ho tante noci di cocco splendide … tre per tre … grandi, grosse, anche più grandi di te!- canticchiò con gioia, portando le mani dietro la testa.
La donna lo guardò perplessa per alcuni minuti, inarcando le sopraciglia così tanto da farle scomparire sopra l’attaccatura dei capelli. Poi sbuffò.
- Non ho tempo da perdere, monsieur. Ho esattamente sette minuti per prendere quattro Éclair. Si sbrighi.- esclamò, Alice, liquidandolo con un gesto della mano.
Pier, così si chiamava il ragazzo, spalancò gli occhi, arrossendo come un pomodoro maturo e portando le mani alle guance come per raffreddarle un po’.
- Oh,  Sacre Bleu, come posso farmi vedere in questo stato da una così bella donna?- disse, ridacchiando leggermente, mentre si alzava dalla sedia con lentezza esasperante. Alice strinse i pugni, cominciando a irritarsi.
- Sei minuti.- rispose, gelida, fulminandolo con un occhiataccia. Il ragazzo scoppiò a ridere, sonoramente.
- Oh, mi scusi. Vuole assaggiare?- chiese, porgendole con una mano dei deliziosi Croissant e con l’altra dei pasticcini ripieni di panna montata.
- No! Voglio solo quello che ho ordinato!
- Si calmi. Non volevo mica farla arrabbiare, mademoiselle.
- Lo sta facendo.
Pier, perdendo di colpo tutta la spavalderia, arrossì di nuovo, borbottando frasi di scuse e, sparendo nel retro, la lasciò sola. Il silenzio si propagò ovunque ma Alice non ci fece caso. Pochi minuti dopo il ragazzo ritornò, sorridente come prima e con una torta alla crema in mano. Alla donna venne uno strano sospetto. Quel tizio o era tonto o lo faceva per farla arrabbiare.
- Ecco qui- disse, mentre il dolce ondeggiava fra le sue mani.
- Io non le ho chiesto questo!- urlò Alice, accompagnata da una vena pulsante sul collo e da una smorfia di rassegnazione. La testa della donna stava per esplodere per la frustrazione e i suoi occhi non potevano fare a meno di guardare quel santissimo orologio costoso ogni due secondi.
- No?- gli occhi del pasticciere si allargarono, sorpresi – Mi dispiace … io … io- borbottò, agitato e sudato. Tenendo con una sola mano la squisitezza alla crema appena portata, si passò una mano fra i capelli e, nel vano tentativo di raggiungerla, per rimediare all’equivoco, inciampò maldestramente in un misterioso filo che spuntava dal bancone.
Il tempo sembrò fermarsi.L’enorme torta decorata con cura volò per aria in una linea parabolica. Che partiva dalle mane di Pier per finire, inesorabilmente, sulla graziosa faccina di Alice. E poi, non si sa come, non si sa perché, l’imprenditrice seguì la sua folle rabbia e, prendendo un enorme torta al cioccolato, diede “pan per focaccia” al ragazzo, spiaccicandogli il dolce sulla faccia. Resasi poi conto di tutto quello che era successo nell’arco di tre secondi netti, spalancò la bocca.
E fu il caos.
- Come. Ha. Potuto?! Lei è un incompetente, un idiota, un maldestro, un emerito imbranato, un essere monocellulare che non dovrebbe stare qui! Come ha fatto a diventare pasticciere, me lo spiega?! Credo che in questo momento il suo cervello si trovi nelle regioni sperdute della tundra! Come ha osato fare una cosa del genere?!Come mi presenterò alla riunione, conciata in questo modo?!-
Il suo sguardo era acceso e puntava ardente verso il ragazzo. Continuava a gridare ingiurie e maledizioni verso Pier, con gli occhi assatanati e le braccia lungo i fianchi, ritte e immobilizzate.
Poi il pasticcere dai capelli rossi fece il vero danno. Mentre la donna continuava a sbraitare, il ragazzo, con sguardo innocente e sorriso alle labbra, si sporse verso di lei, porgendole un vassoio pieno di tortine e pasticcini.
- Dolcetti?- sussurrò, piano.
Alice rimase sconvolta per interi secondi, guardando la figura davanti a sé con un misto fra perplessità e furia omicida. Nessuno, e dico nessuno, l’aveva mai interrotta durante una delle sue sfuriate. Mai. E, non sapendo né come reagire né cosa dirgli, con mano tremante, prese uno dei pasticcini e lo addentò, insicura.
Un buonissimo sapor di crema le invase la bocca, rendendole gli occhi brillanti. La donna sospirò, arrendendosi definitivamente e prendendo il cellulare dalla tasca.
- Qui, ci vorrà più tempo del previsto- disse, ruotando gli occhi e trattenendo un sorriso spontaneo che faceva di tutto per spuntarle sulle labbra.
Pier e Alice, l’altolocata e ricca imprenditrice e il lunatico e tonto pasticciere, si guardarono per alcuni minuti. Lui era pieno di cioccolato, ovunque. Nei capelli, sulla faccia e anche sulle mani. Mentre lei era interamente ricoperta di crema.
Appena l’orologio scoccò quei tanto fatidici sette minuti, entrambi scoppiarono a ridere.
 
 
 
 
- Credo che tornerò a trovarla, signor imbranato-.
- L’aspetterò volentieri, mademoiselle. Con una torta alla crema diversa da spalmarle ancora sulla faccia-
La donna uscì all’aria aperta, girandosi per guardare il sorriso di Pier stiracchiarsi sul suo viso ancora una volta.
- Non vedo l’ora- disse, mentre entrava nel taxi giallognolo. Le sue parole, insieme a uno sbuffo divertito, si smarrirono nel traffico e nella vita logorroica di Parigi









  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Coco