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Autore: Ely79    12/03/2012    2 recensioni
Neppure un’apparizione improvvisa scuote Sebastien dal suo dovere, ai piedi delle scale.
Storia partecipante alla Original Challenge "La Scala e... la Drabble" indetto da Original Concorsi.
Genere: Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Petits engrenages secrets'
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Entrée
Titolo della storia: Entrée
Tipologia: triple-drabble, 299 parole
Binomio scelto: La torre e… il portinaio
Genere: fantascienza, slice of life
Avvertimenti: Linguaggio colorito (sono un paio di parole, ma vista la brevità del testo…)
Rating: arancione
Credits: -
Note dell'Autore: l’ambientazione è steampunk. Questa storia prende le mosse da un’altra che ho scritto -al momento in fase di partecipazione ad un contest-, ma può essere letta indipendentemente da essa.
Introduzione. Neppure un’apparizione improvvisa scuote Sebastien dal suo dovere, ai piedi delle scale.

secondo

Sebastien stava rannicchiato sul pavimento dell’entrata, avvolto in una coperta logora. Il freddo sibilava dalle fessure lungo gli stipiti, infastidendolo quanto l’appiccicosa patina di sporcizia che gli ricopriva faccia e mani. Più di tutto però lo disturbava il ragazzino che aveva dinnanzi. Era entrato lacerando la quiete notturna, la sciarpa malamente annodata, le scarpe zuppe di neve ed una bottiglia stretta in mano. Ansimava per la corsa e lo fissava senza alcun ribrezzo per il suo miserevole aspetto da clochard.
«Mi manda monsieur» declamò porgendo il liquore.
Gli occhi dell’usciere lampeggiarono famelici. La mano artigliò la bottiglia, per poi far cenno di passare. Conosceva il messo, non aveva bisogno di credenziali.
Quello non se lo fece ripetere e sparì nel buio.
Di nuovo solo, il portinaio stiracchiò le membra indolenzite dal gelo e dalla prolungata immobilità. Aveva ventisei anni, ma addosso sentiva pesarne almeno il doppio.
«E poi questa merda non sarebbe un lavoro logorante» bofonchiò, risistemando la coperta attorno alle spalle e alla coppia di fucili che erano le sue gambe.
Stappò la bottiglia coi denti, gettando uno sguardo alla tromba delle scale che s’innalzava scura sopra la sua testa come visceri tubolari. In cima, la notte lo fissava da un occhio di ferro e vetro.
Sebastien aveva l’impressione che un giorno sarebbe stato risucchiato da quella specie di torre, oltre la cupola che la chiudeva, e sputato dritto nel culo di uno zeppelin o magari oltre l’Inghilterra e quell’altro posto lì accanto, per finire in bocca ai pesci.
Ingollò una sorsata di gin e ruttò mentre l’eco dei passi del portaordini pioveva oleoso fino a lui, per scomparire dietro una porta che sbatteva.
Nel pinnacolo tornò il silenzio e lui riprese la sua muta guardia, accompagnato dal debole ronzio del motore a vapore nascosto sotto al pavimento.
   
 
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