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Autore: Iria    12/03/2012    7 recensioni
[Cinquanta frasi sulla coppia Renji x Rukia]
27 – Inebriare.
Osando, assaggiò le labbra di Rukia, inebriandosi della sensazione di tenerle premute contro le proprie, cercando di non dimenticare mai la loro morbidezza; poi, prese il volto della shinigami tra le mani e, facendo aderire le loro fronti, si disse disposto a donarle ogni suo singolo respiro:
"Ti prego… ti prego… odiami pure, ma non ignorarmi. Non… non ce la farei a sopportarlo."
Spero che questo lavoro sia di vostro gradimento! ^^
Buona lettura!
Iria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Renji Abarai
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: ~ I wanna fall in love with you [So…  how do we begin?]
Autore: Iria
Fandom: Bleach
Personaggi/Claim/Coppia: Renji Abarai/Rukia Kuchiki
Generi: Introspettivo, Malinconico, Slice of Life.
Avvertimenti: Missing Moments, What if..?
Rating: Giallo
Set: Delta
Note: Questa è la mia prima Renji x Rukia, e devo dire di esserne abbastanza contenta! ^^
Personalmente, mi piace molto questa coppia –anche se riconosco che papà Tite Kubo non la renderà mai concreta 8D-, e sono felice di aver messo giù una raccolta che la riguarda!
Spero di aver reso i personaggi quanto più fedelmente possibile, e che la lettura possa essere di vostro gradimento!
Aspetto, ovviamente, le vostre opinioni in merito! ^^
Grazie a chi leggerà e a chi mi lascerà un piccolo segno del proprio passaggio!
Un bacio!

*Partecipa all’iniziativa 1frase su LJ*
*Titolo ispirato alla canzone “I Do” dei meravigliosi Placebo
<3*

 

~ I wanna fall in love with you [So… how do we begin?]

01 – Terra.

Renji, riverso al suolo, ingoiò il sangue e la terra sporca che gli impastavano la bocca; e forse fu solo un’illusione, ma nell’immenso cielo nero che lo sovrastava una stella pulsò, brillando con maggiore intensità quasi invitandolo ad allungare quelle sue zampe livide e tremanti:
Rukia...

02 – Orgoglio.

La sfumatura di un dignitoso orgoglio tingeva il volto di Rukia con delicatezza; e spesso Renji -segretamente affascinato- aveva desiderato che quella stessa compostezza si posasse anche sui brandelli della sua anima.

03 – Spirito.

Lo spirito di Zabimaru lo scherniva con amarezza, poiché Renji sarebbe stato disposto a strapparsi l’anima a morsi, a lasciarla marcire pur di sollevarsi, pur di riscattarsi ed ancora sacrificare se stesso per una stella che rischiava di spegnersi innanzi ai suoi occhi sigillati dal sangue secco.

04 – Storia.

Fissando quei profondi occhi blu -e temeva, temeva sul serio di affogare in tale immensità-, Renji avrebbe davvero desiderato un lieto fine non solo ai propri tentennamenti, ma soprattutto all’amaro dubbio che gli inaspriva le labbra: essere  in grado di amare Rukia nella totalità del calore col quale avrebbe voluto davvero stringerla a sé.

05 – Tempo.

Quarant’anni forse non erano stati ancora sufficienti per raccogliere quel coraggio con cui avrebbe voluto sussurrarle tutta la disperata -celata, sepolta, tormentata e divorata- emozione che gli stringeva dolorosamente il cuore.

06 – Guerra.

In guerra, in combattimento, la presenza della morte rappresentava una costante e per un po’ l’adrenalina e l’incertezza concedevano una tregua alle più futili tempeste che lo agitavano, imponendogli la lucidità e la freddezza del guerriero; quindi, provava davvero –senza riuscirci per niente- ad allontanare il pensiero che il corpo caldo – e sanguinante- stretto fra le sue braccia fosse quello in fin di vita di Rukia.

07 – Tradimento.

Quando Renji vide Rukia con quei nobili, quando seppe che avrebbe continuato ad avanzare per la sua strada senza di lui, una vocina malvagia gli gridò all’orecchio “Tradimento!”, però il cuore continuò a suggerirgli di lasciar scorrere gli avvenimenti, di non impedire alla felicità di lastricare il percorso dell’amata amica: quello sì che sarebbe stato un gesto degno del più vile e disgustoso tra i traditori.

08 – Sentore.

Distrutto l’ultimo Hollow, Rukia si voltò di scatto e non si sorprese quando vide gli occhi di Renji ricambiare il suo sguardo: la velata preoccupazione che aveva avvertito solleticarle la nuca, in effetti, le era parsa assai familiare; allora sorrise al compagno come per rassicurarlo del fatto che andasse tutto bene…
Non devi essere in pena per me.”

09 – Giovinezza.

Da ragazzi, Rukia era solita pettinargli i capelli per poi legarglieli in un’ordinata treccia, e più volte aveva fatto notare al compagno quanto quella pettinatura ad ananas che tanto si ostinava a portare fosse assurdamente ridicola; ed anche se allora di quella dolce giovinezza i due shinigami serbavano solo preziosi ricordi, le battute di Rukia sui suoi capelli non si erano mai esaurite del tutto e mentre li accarezzava spesso sorrideva tra sé, amandone silenziosamente la lunghezza ed il loro vivo colore...
“Uhm, non ti andrebbe di tagliarli..?”

10 – Orme.

Renji era un bravo segugio: silenzioso, paziente ed in grado di riconoscere qualsiasi traccia; quindi, quando riusciva a raggiungere le orme di Rukia alla gioia subito si sostituiva un’infinita tristezza ed una continua agonia: sapeva di doverla lasciare andare, di doversi tenere lontano… sempre.

11 – Preda.

Abarai da bambino aveva spesso provato la terribile sensazione d’esser solo un animale in fuga, una preda facile da stanare nella sua assoluta debolezza; e per lungo tempo aveva infatti vissuto in strada come un cane bastardo, inizialmente da solo, poi radunando attorno a sé un branco, fin quando -quasi dal nulla- non apparve Rukia che dimostrò come in loro non ci fosse nulla di bestiale, ma solo la ferma voglia di sopravvivere e di imporsi in un mondo che li aveva presi a calci.

12 – Stirpe.

Quando Rukia fu adottata dai Kuchiki, Renji sapeva che sarebbe entrata a far parte di una stirpe di shinigami inarrivabile, però non rinunciò mai alla speranza di essere degno, un giorno, di poterla riavvicinare e sussurrarle, compiaciuto, il suo successo:
“Ehi, nobile Rukia! Sono diventato vice-capitano! Posso starle vicino, ora..?”

13 – Passi.

Rukia sapeva di potersi dire al sicuro anche solo udendo i passi di Renji sostare fuori dalla sua porta: lenti e cadenzati, accompagnavano il sonno della shinigami, che ogni notte nel segreto del proprio cuore sperava di sentirli oltrepassare quella sottile ed inutile soglia.

14 – Rito.

Da bambini, Renji e Rukia avevano un piccolo rito che eseguivano poco prima di dividersi per procurarsi da mangiare: si scambiavano un oggetto –Abarai dava alla giovane il laccio con cui legava i capelli, Rukia un fazzoletto preziosamente ricamato che aveva con sé da sempre e del quale non ricordava l’origine- per essere sicuri che l’altro ritornasse a prendere quanto aveva affidato al compagno.

15 – Vittoria.

Renji sapeva quanto una vittoria sudata potesse essere soddisfacente -soprattutto se conquistata contro se stessi- e da questo punto di vista, forse, poteva definirsi anche un po’ masochista, però avere la possibilità di stringere a sé Rukia senza alcun timore o stupidi dubbi era un premio per il quale sarebbe stato disposto a battersi in eterno.

16 – Languore.

Disteso all’ombra del portico della sede della Sesta Compagnia, Renji quasi non avvertì la presenza di Rukia, tanto si era immerso nella sua pigra sonnolenza; e solo quando le fresche labbra della shinigami si posarono sulle sue, comprese che avrebbe dovuto sonnecchiare più spesso solo per poter essere risvegliato a quella maniera altre infinite volte ancora.

17 – Mortale.

La morte non poteva di certo definirsi un gioco, questo Renji lo sapeva sin troppo bene; quindi, mentre vomitava sangue e si reggeva l’addome per non lasciar scivolare via le frattaglie dalla ferita, fu assolutamente certo di essersi sbagliato nell’aver  tenuto da parte fino all’ultimo respiro la carta ormai lorda di sangue dei suoi sentimenti per Rukia.

18 – Favorito.

Il momento della giornata che Renji più preferiva era alla sera quando la brezza fresca scuoteva le fronde degli alberi, le stelle scaldavano il cielo e la luna, silenziosa complice, osservava il bacio fugace e temerario che, scosso dall’adrenalina, lo shinigami rubava alla giovane Kuchiki.

19 – Giardino.

Renji alle volte si soffermava ad osservare Rukia da lontano, mentre nel giardino retrostante al dojo della Tredicesima Compagnia si allenava intensamente per perfezionare le danze di Sode no Shirayuki; e allora, spesso, si ritrovava a pensare che la neve ed il ghiaccio fossero lo sfondo adatto a ritrarre l’espressione truce e concentrata della compagna.

20 – Eros.

Renji aveva avuto paura nello sfiorare il corpo nudo di Rukia col proprio e, anzi, per un attimo ritenne che le sue sembianze fossero parse assai grottesche e mostruose se affiancate a quelle della compagna; però, quando la shinigami si tese verso di lui con l’unico desiderio di avvertirlo su di sé, comprese che forse avrebbe dovuto semplicemente immergersi in Rukia e nei suoi baci, dimenticando di esistere all’infuori della giovane, e quindi essere con lei, in lei, per lei.

21 – Canto.

Quando Renji udì per la prima volta la voce di Rukia intonare un lieve canto, si immobilizzò, impressionato dai toni intensi prodotti dalla shinigami e sorrise tra sé: un giorno le avrebbe chiesto di cantargli qualcosa, giusto per vedere i suoi occhi spalancarsi dalla sorpresa e, quindi, farsi apostrofare con un qualche “S-stolto!” intriso di imbarazzo.


22 – Tocco.

Con un gesto misurato e leggero, la mano di Renji si posò sulla guancia fredda di Rukia; e la shinigami, spaventata al pensiero che quel tocco potesse sfumare, trattenne il compagno a sé:
“Vai via sempre troppo in fretta... smettila di avere paura.”

23 – Silenzi.

Sia Renji che Rukia -vegliando segretamente l’uno sul riposo dell’altra- avevano sopportato i dolorosi silenzi che avvolgevano un corpo sfiancato dalle ferite; ed ogni singola volta poterono percepire nell’aria l’odore della morte che si dissipava, certo, ma posando le proprie pesanti ceneri sui loro fragili animi.

24 – Movenze.


Gli ululati di Zabimaru scandivano il ritmo primordiale sul quale Sode no Shirayuki danzava, e le movenze dei due shinigami in lotta si unirono in un unico fendente di spada: oh, sì, la brutalità della forza assaporò la freddezza di un’eterea beltà, componendo la magnifica sinfonia di una fatale vittoria.

25 – Calore.

Rukia non l’avrebbe mai ammesso, ma nel momento in cui Renji la stringeva a sé per farle calore col suo corpo anche quando non ne aveva bisogno, il cuore le straripava di gioia; ed ogni volta pregava che, nonostante le sue rumorose ed assolutamente finte proteste ad un gesto tanto protettivo, Abarai –grazie alla sua tanto nota testardaggine- non desistesse dal tenerla stretta contro il proprio petto: il respiro del compagno la cullava, regalandole i sogni più sereni.

26 – Apparizione.
Renji si guardò intorno, cercando di mascherare l’angoscia che non lo abbandonò fin quando non vide Rukia apparire, seppur avanzando appena, fra il polverone della battaglia; allora lo shinigami sospirò, riacquistando la sua migliore espressione scanzonata:
“Spero tu non abbia in serbo per me altri simili scherzi..!”


27 – Inebriare.

Osando, assaggiò le labbra di Rukia, inebriandosi della sensazione di tenerle premute contro le proprie, cercando di non dimenticare mai la loro morbidezza; poi, prese il volto della shinigami tra le mani e, facendo aderire le loro fronti, si disse disposto a donarle ogni suo singolo respiro:
“Ti prego… ti prego… odiami pure, ma non ignorarmi. Non… non ce la farei a sopportarlo.”

28 – Dita.

Renji adorava osservare le dita di Rukia descrivere il profilo dei suoi tatuaggi, amava quella carezza appena accennata sulla pelle; ma, soprattutto, sarebbe vissuto per la sola possibilità che ogni volta aveva di afferrare la mano della compagna e quindi di baciarla con la timorosa delicatezza di chi desiderava solo che quel momento durasse quanto più a lungo possibile.

29 – Nostalgia.

Alle volte, Renji ripensava ai tempi dell’accademia e senza alcuna nostalgia la sua mente tornava inevitabilmente a rievocare la solitudine, la sensazione d’abbandono, il volto di Rukia che spariva nell’oscurità, che per un lungo periodo gli spezzarono l’anima.

30 – Legame.

Ad un certo punto, Renji credette che gli anni avessero eroso il sottile legame che aveva cucito la sua anima a quella di Rukia e, nonostante fosse pronto ad accettarlo, ne fu enormemente spaventato; quindi, quando vide la shinigami raccogliere quel sottile filo rosso e riavvolgerlo, avvicinandoglisi con un lieve sorriso, seppe di avere ottenuto un’altra preziosa opportunità.

31 – Erba.

L’odore dell’erba bagnata gli stuzzicava le narici e, mischiato ad un profumo molto più dolce e delicato di muschio -Rukia era vicina, si stava sedendo al suo fianco-, lo catturò totalmente in una serena e rara rilassatezza.

32 – Sembianze.

La morte aveva mille sembianze e sfaccettature, ed i due shinigami conoscevano sin troppo bene questo particolare, eppure non si erano ancora soffermati a considerare quale aspetto avrebbe potuto assumere la loro disgregazione: preferivano continuare a concentrarsi sulle esistenze che conducevano e Renji, in particolare, ad elaborare una qualche strategia per incrociare e mai più sciogliere il suo sentiero con quello di Rukia.

33 – Nettare.

Sfiorò le labbra di Renji ancora salate, screpolate e sporche di sangue, augurandosi che potesse riaprire gli occhi presto: per quanto dolce  –aveva pur sempre  baciato Abarai- il disgustoso nettare appena assaggiato aveva un sapore decisamente troppo simile a quello della morte, per poter appartenere al compagno…

34 – Rossore.

Spesso un tenero rossore ravvivava le guance di Rukia quando Renji, avvolgendola tra le proprie braccia, la sollevava verso di sé; allora la ragazza, per niente contenta di una tanto palese prova di dolce imbarazzo, nascondeva il volto fra i capelli del compagno, sorprendendosi di quanto quelle purpuree crini fossero fredde a contatto con le sue gote bollenti.

35 – Possesso.

Alle volte, Renji sapeva di apparire decisamente troppo debole; era consapevole di non essere in grado di stringere a sé ciò che possedeva e lo lasciava scivolare via, privandosene: aveva commesso questo errore con Rukia una volta, e –povero idiota- sarebbe stato disposto ad allontanarsi ancora, se solo la shinigami -come a sancirne il possesso- non lo avesse preso per mano.

36 – Crepuscolo.

Quando calava il crepuscolo, Rukia avvertiva un freddo pungente strisciarle sotto pelle, ed una spiacevole realtà aggrapparsi crudelmente alle sue membra, senza che le fosse concesso una via di fuga: non aver saputo intuire neanche per quel giorno il motivo della tristezza sempre più profonda che leggeva negli occhi di Renji.

37 – Fautore.


Il loro comune passato era stato prima fautore e poi distruttore della loro amicizia: già, per un po’ di tempo entrambi avevano potuto definirsi deliquenti di strada costretti a rubare per sopravvivere, poi Rukia, divenendo una nobile, avava lasciato Renji ad ululare da solo contro il cielo…
“Vorrei avere il coraggio di rincorrerti.”

38 – Sfrontatezza.

Quando Renji e Rukia, immersi totalmente nel loro imbarazzo, si ritrovarono innanzi a Byakuya per ufficializzare il loro rapporto, si resero ben presto conto che la somma della loro notevole sfrontatezza non sarebbe stata mai abbastanza per poter affrontare lo sguardo freddo ed immobile dell’imperscrutabile capitano della Sesta Compagnia.


39 – Fato.

Renji sapeva bene che il fato, il destino, fosse decisamente uno stronzo, però quando gli sorrideva sapeva farlo in maniera benevola; e quella volta, mentre Rukia era seduta al suo fianco a fissare assorta le nuvole sfumare nel cielo, pensò proprio che quel dannato bastardo stesse ammiccando nella sua direzione…
“Fare un primo passo non costa niente!”

40 – Labbra.


Le labbra di Renji si avvicinarono tremanti di decisione a quelle di Rukia, ma prima che potesse sfiorarle, Abarai chinò lo sguardo e, limitandosi a carezzare con due dita quelle belle linee  sottili, sfuggì allo sguardo smarrito che la shinigami intontita dalla sorpresa gli rivolse incredula.

41 – Pensiero.

Spesso, Renji aveva un pensiero ricorrente, una specie di ricordo mai vissuto, un déjà-vu, una sensazione di cui subito dimenticava l’entità, allora fissava il vuoto per diversi secondi fino a quando il suo sguardo non incrociava gli occhi di Rukia nel cui fondo riconosceva ciò che pochi secondi prima gli era sfuggito tanto agilmente: la consapevolezza di appartenere a qualcuno.

42 – Ritorno.


Combattendo, semplicemente promettevano a se stessi di uscire vivi dalla nuova battaglia ad ogni costo; e solo al ritorno nella Soul Society, infine, si concedevano un abbraccio dove imprimevano tutte le macabre angosce che avevano divorato le loro anime, scacciando via il timore di non ritrovare, una volta a casa, il rassicurante calore dell’altro.

43 – Ferita.

Renji sentì la ferita al torace divorargli i nervi, avvertì il dolore strisciare lungo le braccia, le gambe, il collo, afferrare il cervello ed annebbiargli la vista; però continuò ad avanzare –ed il sangue scivolava al suolo lento, inesorabile, impregnandogli lo shihakusho-: nessuna sofferenza, nessun sentiero di carne lacerata gli avrebbe impedito di raggiungere Rukia.

44 – Confine.

Renji sapeva che non sarebbe mai stato in grado di superare il confine dei suoi dubbi e dei suoi tentennamenti, quindi si sorprese non poco quando furono i sentimenti a prendere il comando del suo corpo  e a costringerlo a superare il crudele limite che si era imposto nei confronti di Rukia:
“Non toccarla col tuo cuore: è troppo marcio…”

45 – Furore.

Il cuore gli bruciava nel petto, gonfio di furore; e Renji ringhiò, mostrando le zanne non più come un cane randagio e bastonato dal dorso spezzato, ma alla pari di un lupo affamato che desiderava carne e sangue, che agognava ad un osso da masticare e spolpare con gusto -e ritenne che fosse davvero una fortuna che Rukia, ferita gravemente, restasse incosciente: lo shinigami si vergognò, in quel momento, della sua cieca bestialità
“Bankai! Hihio Zabimaru!

46 – Volto.

Rukia, chiudendo gli occhi, avrebbe potuto rievocare ogni singolo angolo del volto di Renji alla perfezione: la linea affilata del suo profilo, le labbra sottili –meglio se distrattamente schiuse-  il naso appuntito, le iridi scarlatte dall’espressione ferina -alle volte sconvolta, troppo spesso triste, quasi sempre arrogante- erano impressi a fuoco nella sua memoria, però la shinigami mai avrebbe ammesso quanto per lei fosse fondamentale avere l’assoluta certezza che quei fragili particolari continuassero ad essere nutriti dalla vita, e che non si frantumassero sotto il colpo di una spada come nei suoi più oscuri incubi.  

47 – Candore.

Rukia osservò il corpo immobile di Renji, vide il candore delle bende che gli avvolgevano il torace tingersi lentamente di carminio e chiuse gli occhi, mordendosi un labbro frustrata; poi, con lentezza, disegnò con due dita il profilo della bocca schiusa del compagno, rabbrividendo appena nel constatare che fosse fredda come sole la bianca morte potesse renderla.

48 – Vino.

Né Rukia, né Renji avevano mai assaggiato quell’agrodolce bevenda umana –vino, la chiamavano-, e quando il liquido denso scaldò le loro gole, Abarai –masticando diverse imprecazioni- fu costretto a ripulirsi da quello che la shinigami, disgustata, gli aveva involontariamente versato addosso.

49 – Incisione.

Rukia non conosceva il significato dei tatuaggi di Renji, ed Abarai mai aveva accennato a tale particolare indelebile, però quelle nere incisioni in alcuni momenti le erano sembrate tanto simili a crudeli corde che avvinghiavano il torace dello shinigami, sfiorandogli -artigliandogli-  il cuore.

50 – Lanterna.

La debole luce di una lanterna illuminava i volti stanchi dei due shinigami e nel silenzio i loro respiri profondi scandivano i secondi con quieta lentezza; allora, con l’ausilio delle tenebre che parvero dargli coraggio, Renji strinse una mano di Rukia e, conducendola contro il proprio petto palpitante -ed era ancora fermamente convinto che l’unico modo che avesse per esprimersi fosse servirle il suo cuore su un piatto d’argento- sperò solo che il bacio posatosi poco dopo in quel punto non fosse stato un effimero sogno.

*Owari*

   
 
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