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Autore: giambo    13/03/2012    10 recensioni
Con un solo balzo, C18 aveva coperto la distanza che la separava dall'umana. L'androide aveva colpito allo stomaco l'azzurra. Il suo pugno era penetrato con facilità disarmante nella carne morbida della donna.
Davanti all'espressione di stupore mista a dolore di Marion, C18 fece un ghigno di crudele divertimento. Rigirò senza pietà il pugno nella carne morbida, aumentando in questo modo, le sofferenze della donna.
“Ma che cosa stai facendo?! Mi fai male!”
La bionda avvicinò le proprie labbra all'orecchio destro di Marion. Quando parlò, la cyborg lo fece con il suo tono più velenoso.
“Lui è mio!” ringhiò. “Vedi di levarci le tue sporche mani, lurida cagna!”
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 18, Crilin, Marion
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa storia mi è venuta in mente osservando questo disegno che, a me personalmente, piace moltissimo. Ovviamente ci ho costruito qualcos'altro attorno a questa immagine. Spero che vi possa piacere!

Buona lettura!

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C18 era schifata. Ma forse sarebbe stato più giusto dire che era profondamente disgustata. O, ancora meglio, infastidita, incazzata e seriamente tentata di far fuori una determinata persona.

In quello stesso istante, la persona in questione, esplose in una risatina argentina che fece venire i conati di vomito alla cyborg.

“Ma chi cazzo me l'ha fatto fare?” pensò con stizza. Probabilmente non lo sapeva neanche lei. Ma di una cosa era certa: era tutta colpa di quel fottuto nanerottolo.

Era passato un anno dalla fine del Cell-game. Un anno in cui l'androide, dopo aver vagabondato senza meta per il globo terrestre, aveva casualmente incontrato di nuovo Crilin. Il terrestre era sembrato sinceramente felice di vederla. O almeno, così a lei era parso. Di solito era brava a capire i pensieri di una persona, ma con quel piccoletto doveva ammettere che era impossibile capire cosa gli passasse per il cervello, sempre ammesso che ne avesse uno.

Quel giorno Crilin le aveva chiesto se le sarebbe piaciuto venire a vivere da lui. La cyborg era rimasta sbigottita da quella proposta. Perché diavolo la invitava così su due piedi? Cosa credeva, che si sarebbero messi insieme solo perché gli dava un tetto sotto cui dormire?

 

“Potresti stare un po' in pace. E poi, se ti va, potresti allenarmi un po'.”

 

Le motivazioni di quel tappetto erano state, secondo la bionda, assolutamente false. Era ovvio che quel nanerottolo aveva ben altro in testa che la lotta. L'unica cosa che non capiva era il suo atteggiamento. Perché, dopo più di due mesi che viveva alla Kame House, quel microbo non si era ancora fatto avanti? Non che lei lo desiderasse, ma almeno, una volta avergli detto chiaramente di no, avrebbe smesso di tartassarla con i suoi sguardi furtivi.

La vita alla Kame House era, tutto sommato, gradevole per l'androide. Dopo aver passato la maggior parte della sua vita nelle gallerie sotterranee del laboratorio di un pazzo, quella piccola casetta sul mare era il paradiso per la cyborg.

O almeno, lo era stato.

Da un paio di giorni, infatti, C18 avrebbe preferito essere da tutt'altra parte. Da quando era arrivata quella fastidiosa gallina, quel posto era diventato un inferno.

Quello che più la irritava era il comportamento di Crilin. Quel microbo era parso piuttosto sorpreso dall'arrivo di quella fastidiosa mosca. Tuttavia, dopo poco tempo, il terrestre era parso abbastanza contento di vederla.

O almeno lo sembrava agli altri.

Perché C18 aveva capito subito che la presenza di quell'umana che, da quello che aveva sentito, si chiamava Marion, nome orribile e fastidioso come la proprietaria dopotutto, aveva messo in serio imbarazzo il piccolo guerriero. La cyborg vedeva che Crilin non era felice con quell'oca al suo fianco. Eppure, per qualche motivo a lei ignoto, continuava ad ospitarla ed a passarci insieme tutto il suo tempo libero. Per la gioia di quel vecchio pervertito del suo maestro.

“Come mai ti sei fatto crescere i capelli? A me piacevi molto di più prima!”

Sentendo la sua fastidiosissima vocetta acuta, da vera e propria oca, C18 fu tentata di lanciarle un ki-blast in pieno viso. Tuttavia, qualche forza oscura, riuscì a trattenerla dai suoi propositi omicidi.

“Beh...diciamo che mi andava di cambiare look!”

Crilin rivolse un sorriso forzato all'azzurra. Davanti a quel gesto, Marion gli diede un soffice bacio sulla guancia.

Inorridita, e profondamente disgustata, da quel rivoltante spettacolo, la bionda distolse lo sguardo dai due piccioncini. Le sue iridi chiare andarono a soffermarsi, con una certa insistenza, sul mare che, fuori dalla casa, si infrangeva sulla spiaggia della piccola isola.

Vedere Marion baciare Crilin era stato, per la cyborg, uno spettacolo incredibilmente fastidioso. Ma non perché lei fosse gelosa. Assolutamente no! Lei non era gelosa! Diciamo che...lo era solamente un pochino.

Non che quel nanerottolo le piacesse! Il motivo era un altro. Era una questione di principio. Una questione d'orgoglio.

Perché nessuno poteva dedicare del tempo a lei e poi metterla in disparte a causa della prima ochetta che passava. Lei era C18! Un cyborg dai poteri immensi! Crilin non avrebbe dovuto mai e poi mai farle questo sgarbo.

Gliela avrebbe fatta pagare molto cara! Quella gallina troppo cresciuta avrebbe ben presto compreso cosa succedeva a chi provava a prenderle ciò che era suo.

Perché Crilin era suo! Il terrestre aveva deciso di ospitarla, di accudirla, di darle un tetto sotto cui vivere, di trattarla come nessuno, a parte suo fratello, aveva mai fatto. E C18, per ringraziarlo, aveva deciso che sarebbe diventato una sua proprietà personale. Non era importante che lui lo sapesse o fosse d'accordo. Ormai era così e basta.

Ma forse, dopo aver sistemato l'oca, sarebbe stato meglio rinfrescare la memoria al tappetto per ricordargli che, da quando era entrata per la prima volta dentro la Kame House, era lei che comandava. Una ripassatina del concetto non sarebbe stata una cattiva idea.

 

Crilin si sentiva strano. Al terrestre gli pareva che, da un paio di giorni, la sua vita avesse fatto un balzo indietro nel tempo.

Da quando Marion era rientrata come un ciclone nella sua vita, il piccolo guerriero non aveva più saputo cosa doveva fare. Ormai Marion non gli piaceva più. Il suo cuore era stato rapito da un'altra donna. Una persona che, con Marion, aveva poco o nulla da spartire. Ma l'atteggiamento freddo, offensivo e distaccato di C18 gli aveva impedito di allontanare Marion. In fondo, l'azzurra sembrava pentita del modo in cui si era comportata quando stavano insieme. La ragazza sembrava, in un certo senso, maturata. Ovviamente era rimasta, fondamentalmente, una ragazzina nel modo di comportarsi. Tuttavia, questa volta, Marion sembrava voler dare inizio ad una storia seria con lui.

E dopotutto, perché no? Ormai Crilin si era rassegnato all'atteggiamento di C18. Quindi, perché non ritornare con Marion? L'azzurra era diventata una bella donna. E l'idea di formare una famiglia con lei non gli sembrava malaccio.

E così, nonostante ogni volta che vedeva C18 si sentiva il sangue ribollire, Crilin continuava a parlare, ridere, scherzare con Marion. Eppure, più il tempo passava, più sentiva salire, all'interno della Kame House, un clima di tensione. Al terrestre non ci era voluto molto per capire che, quella tensione, era causata dall'androide. Che Marion non le andasse a genio era stato palese fin dal principio. Anche quello era un problema che avrebbe dovuto affrontare un giorno. Cosa avrebbe fatto se avesse deciso di rimettersi con Marion? Che l'azzurra e la bionda potessero vivere sotto lo stesso tetto era fuori discussione. Quelle due erano troppo diverse per potersi sopportare. Marion trovava la cyborg una grandissima maleducata. Inoltre, l'azzurra pensava, che la bionda avesse un pessimo gusto nel vestire e nell'acconciarsi i capelli. La donna aveva anche insinuato che, secondo lei, l'androide si tingeva i capelli. Come avesse fatto a rimanere in vita dopo aver detto quella frase in presenza di C18, era rimasto un mistero per il terrestre.

“Crilin ma ci sei?! Tu non mi stai ascoltando!”

Con un sussulto, il terrestre si riscosse dai suoi pensieri. Marion lo guardava con, dipinta sul suo grazioso volto, un'espressione offesa. Davanti a quell'espressione, il piccolo guerriero fece un sorriso di scuse.

“Scusami Marion. Ma questa notte ho dormito male.”

“Ovvio che hai dormito male!” dichiarò con fare apprensivo la donna. “Finché continuerai a lasciare il tuo letto a quella maleducata, è ovvio che starai male!”

Crilin preferì non parlare. Con la coda dell'occhio, il terrestre aveva notato la biondi irrigidirsi. Come al solito, Marion non sembrava rendersi conto di star provocando un vulcano ormai pronto ad esplodere.

“Comunque non sono affari miei.” continuò l'azzurra. “Solo che non ho mai capito perché la ospiti in casa tua.”

“Te l'ho già detto.” sospirò il piccolo guerriero. “E' un'amica Marion. Aveva bisogno di stare in pace per un certo periodo di tempo, ed io le ho proposto di passarlo da me. Tutto qui davvero.”

“Mmm...sarà!” dichiarò con fare pensoso la donna. “Comunque sono sicura che tu mi nascondi qualcosa, cucciolone!”

Davanti al commento dell'azzurra, Crilin divenne rosso in volto. Al terrestre non era sfuggita l'occhiata piena di disprezzo che la cyborg, dal suo angolino, gli aveva rivolto. Ad un tratto, il piccolo guerriero senti fortemente il bisogno di andare in bagno. La tensione continua in cui versava da un paio di giorni stava provando a fargli qualche brutto scherzo.

“Scusami.” fece alzandosi dalla poltrona. “Vado un attimo in bagno. Torno subito.”

“D'accordo.” cinguettò l'azzurra cominciando ad osservar il mare fuori dalla finestra. Lo spettacolo sarebbe stato da cartolina se non fosse stato per l'indecente figura dormiente di Muten.

Crilin si diresse in bagno. Senza sapere che, con quel gesto, stava cambiando tutta la sua vita.

 

Non appena Crilin salì le scale per andare in bagno, C18 socchiuse i suoi occhi azzurri. Forse quella era la volta buona per sbarazzarsi dell'oca.

Nel salotto della Kame House calò un silenzio teso. Marion e C18 evitavano di guardarsi in volto. Preferendo dedicare ognuna l'attenzione al paesaggio fuori.

Ad un tratto, Marion si sentì osservata. Girando lo sguardo, l'azzurra notò che l'androide la fissava con una certa insistenza. Quello sguardo la infastidiva. Trovava quella musona incredibilmente maleducata oltre che volgare. Per la donna infatti, era impossibile che potesse esistere una chioma così bionda al naturale.

“Perché mi fissi?” domandò alla cyborg. “Non lo sai che è maleducazione fissare in faccia gli altri?”

C18 non rispose. La bionda si limitava a fissarla dall'altra parte della stanza con uno sguardo non proprio amichevole. Davanti a quell'espressione, Marion fece una smorfia.

“Sei proprio antipatica!” fece con la sua voce acuta.

Tuttavia, l'azzurra non fece in tempo a finire la frase che, la sua smorfia, si tramutò in un'espressione di sbigottimento. Un urlo strozzato le uscì dalle labbra.

Con un solo balzo, C18 aveva coperto la distanza che la separava dall'umana. L'androide aveva colpito allo stomaco l'azzurra. Il suo pugno era penetrato con facilità disarmante nella carne morbida della donna.

Davanti all'espressione di stupore mista a dolore di Marion, C18 fece un ghigno di crudele divertimento. Rigirò senza pietà il pugno nella carne morbida, aumentando in questo modo, le sofferenze della donna.

“Ma che cosa stai facendo?! Mi fai male!”

La bionda avvicinò le proprie labbra all'orecchio destro di Marion. Quando parlò, la cyborg lo fece con il suo tono più velenoso.

“Lui è mio!” ringhiò. “Vedi di levarci le tue sporche mani, lurida cagna!”

“T-tuo?!” domandò con stupore Marion mentre un'altra ondata di dolore la sommergeva. L'azzurra cercò di chiamare Crilin ma C18, che aveva capito le sue intenzioni, rigirò ancora di più il suo pugno, bloccandole così la voce in gola.

“Ho sopportato la tua fastidiosa presenza per troppo tempo!” fece con voce velenosamente dolce. “Quindi, se non vuoi morire in modo lento e doloroso, ti conviene far sparire subito la tua lurida faccia da puttana! Mi sono spiegata?”

“Non lo farai!” fece l'azzurra con tono sicuro. “Crilin non ti permetterà mai di cacciarmi!”

Un ghigno malvagio comparve sulle labbra sottili dell'androide. Aumentò la pressione del suo colpo, facendo uscire un lamento di dolore dalle labbra della ragazza.

“Tu dici?” le mormorò all'orecchio. “Io non ne sarei così convinta.”

“Ma...”

“Basta!” ringhiò la cyborg. “Sparisci troia!”

Detto questo, C18 tolse il pugno dallo stomaco della donna. Marion cadde a terra tremando dal dolore. Tuttavia, la bionda non aveva intenzione di aspettare i comodi dell'azzurra. Con una mano, l'androide sollevò con tranquillità la donna. Dopo di ciò, C18 la portò fuori dalla Kame House, una volta fuori, la cyborg buttò in acqua Marion. Fatto questo, la bionda tornò in casa come se non fosse successo nulla.

Tremando, Marion si alzò. Spaventata dalla mostruosa forza e crudeltà di C18, la donna tirò fuori da una capsula una moto d'acqua con cui si affrettò ad allontanarsi dalla piccola isola.

C18 osservò dalla finestra Marion allontanarsi. Con un sospirò, la cyborg tornò a sedersi nel suo angolino, assaporando la pace che regnava.

“Finalmente un po' di silenzio!” pensò con soddisfazione.

Un minuto dopo, Crilin, che in bagno ne aveva approfittato per risciacquarsi il volto, entrò nel salotto con un sorriso di scuse.

“Eccomi Marion. Scusami se ti ho fatto attendere.” il sorriso sul suo volto si spense nell'osservare che, a parte la silenziosa presenza di C18, la stanza era vuota.

“Ma...dove è andata a cacciarsi?”

Il terrestre perquisì tutta l'isola, ma la sua ricerca fu vana. La bionda si divertì un mondo nell'osservare il piccolo guerriero affannarsi a cercare l'azzurra. Alla fine, Crilin fu costretto ad ammettere che Marion se né era andata.

“Beh...in fondo me l'aspettavo.” dichiarò mesto tornando in salotto. Con una mano si arruffò i capelli. Ormai C18 aveva capito che il terrestre faceva così solo quando era triste. L'androide continuò ad osservarlo. Davanti a quello sguardo, il piccolo guerriero fece un sorriso amaro.

“Comunque non mi posso lamentare giusto? In fondo, ci sei sempre tu che mi fai compagnia 18.” dichiarò con tono sarcastico.

La bella cyborg non reagì in alcun modo alla battuta dell'umano. L'unica sua reazione fu quella di alzarsi e di andarsene in camera sua. Sapeva già cosa voleva fare. La bionda era una a cui piaceva programmare le cose. L'arrivo di quell'oca era stato un evento improvviso che non aveva per niente gradito. Tuttavia, dopo due giorni di puro inferno, la situazione era tornata alla normalità.

Crilin osservò l'androide ritirarsi nella sua stanza con un sorriso amaro. Quando la figura aggraziata di C18 sparì dalla sua vista, il piccolo guerriero scosse la testa.

“Non cambierà mai. Di ghiaccio è fatta, e di ghiaccio rimarrà.” pensò con tristezza.

Tuttavia, subito dopo, il terrestre decise di dedicarsi ad altro. Non era uno a cui piaceva pensare troppo alle cose tristi. In fondo, C18 viveva alla Kame House. E questo, per lui, era già un'immensa fonte di gioia.

Con un sospiro, il piccolo guerriero andò a preparare la cena per quella sera.

 

Dopo cena, Crilin salì al piano di sopra per andare in bagno. Tuttavia, il terrestre si immobilizzò a metà del pianerottolo sentendo un rumore strano.

Era come un grattare. Un rumore basso, ma continuo, che proveniva dalla stanza di C18.

“E adesso cosa diavolo sta combinando?” pensò con un filo di preoccupazione. Il piccolo guerriero rimase un minuto immobile, cercando di vedere se il rumore scompariva. Tuttavia, vedendo che, invece di scomparire, il rumore aumentava, decise, dopo molte esitazioni, di bussare alla porta della cyborg.

Non rispose nessuno.

Perplesso, Crilin riprovò, questa volta leggermente più forte ma, anche questa volta, la porta rimase chiusa.

Sul pianerottolo c'era un silenzio di tomba, rotto solamente da quello strano grattare. Deciso a scoprire cosa diavolo stava accadendo, Crilin aprì di scatto la porta.

La stanza era immersa nel buio della sera. La luce era spenta. Il terrestre pensò che, molto probabilmente, la bionda stava dormendo.

Tuttavia, incuriosito da quello strano rumore che continuava, il terrestre fece cautamente qualche passo dentro la stanza. Appena si fu lasciato il pianerottolo alle spalle, accaddero parecchie cose.

La porta fu richiusa di colpo e il rumore cessò di botto. Prima che potesse muovere un solo dito, il terrestre sentì delle dita forti come l'acciaio serrarsi attorno alla sua gola e sbatterlo violentemente contro un muro della stanza. Intontito dal colpo, l'unica cosa che Crilin riuscì a fare, fu quella di sentire l'alito caldo dell'aggressore sul suo viso.

“Non avresti dovuto farlo.” dichiarò una voce che lui conosceva molto bene.

“18? Cosa diavolo stai...” la voce gli si bloccò in gola quando la cyborg aumentò la presa sul suo collo.

“Non avresti dovuto provocarmi così!” continuò l'androide con voce carica di rabbia. “Cosa credevi? Che potevi scaricarmi in questo modo con la prima puttana che passa?!”

“Ma...cosa diavolo...” il terrestre non capiva. Non riusciva a capire cosa stava dicendo la cyborg. Ma la bionda gli impedì, anche questa volta di parlare. Quando C18 riprese a parlare, Crilin sentì la sua voce vicino al proprio orecchio sinistro.

“Lo sapevi.” sussurrò l'androide con voce velenosamente dolce. “Tu lo sapevi cosa sarebbe successo insistendo con questo tuo folle amore nei miei confronti. Eppure hai insistito. E adesso, ne pagherai le conseguenze.”

Subito dopo, il terrestre sentì di nuovo il respiro dell'androide sul suo volto. Quando la cyborg parlò, Crilin capì che le sue labbra sfioravano le sue.

“Tu sei mio.” dichiarò C18 con voce dolce. “Mi appartieni. Sei una mia proprietà. Non provare mai più a sfuggirmi, perché, la prossima volta, ti ucciderò.”

Gli occhi scuri del terrestre, ormai abituati al buio della stanza, osservavano il volto di C18. La bionda aveva un'espressione indecifrabile. Ma il gesto che la bionda fece subito dopo lo sorprese. L'androide, con molta lentezza, appoggiò le sue labbra a quelle del piccolo guerriero. Il cuore di Crilin fece un balzo. I suoi occhi scuri erano spalancati. Il sangue gli ribolliva dentro le vene come un fiume di magma incandescente. Un eccitazione mostruosa, e assolutamente non voluta, gli salì prepotentemente dentro le mutande.

Nel frattempo, C18 continuò a baciare il terrestre. Le sue morbide labbra mordicchiavano delicatamente quelle dell'umano, assaporandone il sapore. La sua lingua scorreva, calda e bagnata, sul suo collo, causando brividi di puro piacere al piccolo guerriero. Quando si staccò, la cyborg gli sussurrò dolcemente all'orecchio.

“Vuoi ancora sfuggirmi, piccolo guerriero?”

Crilin deglutì a fatica. Aveva la gola secca e il suo cervello sembrava si fosse scollegato. Davanti al suo silenzio, C18 ghignò.

“Chi tace acconsente.” dichiarò sghignazzando.

Quella notte, Crilin non capì bene come si svolsero le cose. Tutto ciò che si ricordò furono una serie di immagini frammentate e scollegate tra loro. Ma la sensazione, quella fantastica sensazione che la presenza del corpo di C18 gli regalava, se la ricordò benissimo. Quella fu una notte assurda ed indimenticabile per il terrestre.

O almeno, così credeva la mattina dopo.

Perché, a quella notte, ne seguì un'altra. E poi un'altra. Ed un'altra ancora.

C18 non mentiva quando aveva dichiarato che non l'avrebbe fatto più fuggire da lei. Da quel momento in avanti infatti, Crilin non pensò neanche lontanamente di lasciare C18. Con molta maestria, la cyborg l'aveva incatenato a se con una delle catene più forti che potessero esistere.

Quella dell'amore.

  
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