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Autore: Fran97    13/03/2012    1 recensioni
Freddo, gelo, nebbia nelle strade di londra e un triste fattorino in cerca della propria vendetta.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tradimento, è questo l’argomento della mia storia.
L’abominio più grande che qualcuno possa vedersi arrecare, essere tradito.
Spesso, accadeva spesso, spessissimo, tre o quattro volte la settimana e io mi sentivo sempre più umiliato, non potevo permettere che risuccedesse.
Ogni volta sentivo una lama infilarsi nella mia carne e penetrare sempre più  a fondo.
Doveva smettere e essendo sicuro che da sola non l’avrebbe fatto, avrei posto io fine a questa vicenda, avrei fatto in modo che nessuno più mi facesse soffrire.
Oppure, volendola vedere sotto un diverso punto di vista, avrei reso pan per  focaccia a quella donna che non mi riteneva più alla sua altezza.
Eppure me ne chiedevo il perché, mi continuavo a tormentare, volevo sapere, volevo sapere cosa mai avessi sbagliato per far sì che la donna che mi aveva detto sì all’altare ora dicesse sì a qualcun altro.
Mi sembrava di averle dato tutto e  più ma a lei non bastava, non bastava mai, ma ora le sarebbe bastato per sempre.
Avevo organizzato tutto nei minimi dettagli, come avrei colpito e come mi sarei sbarazzato dei corpi.
Sì, corpi, perché li avrei tolti di mezzo entrambi, dovevano pagare e la colpa non è di uno solo e per questo avrebbe pagato tutti e due.
Avrei sferrato il colpo durante uno dei loro incontri, dovevo essere fulmineo e non lasciare tracce.
Non potevo permettermi nemmeno il più piccolo errore.  Avevo previsto tutto, anche la più piccola variabile.
Lì avevo spiati, li avevo pedinati, avevo dato importanza ad ogni  piccolo dettaglio, ogni piccola, insignificante, mediocre cosa. Ogni piccola cosa mi serviva per prepararmi al meglio.
Sapevo che si incontravano a casa di lui e puntualmente ordinavano del cibo take-away, troppo impegnati anche per prepararsi uno spuntino, ma quella sera il fattorino non avrebbe portato cinese, coreano o indiano ma solo morte.
Così  quando la mia adorata moglie fu uscita per la sua “cena di lavoro”, io mi preparai, feci un lungo bagno, dovevo rilassarmi, misi della musica ad atmosfera e mi preparai.
Mi vesti per interpretare il mio ruolo, più ero credibile, più speranze avevo.
Misi il coltello nella cintura, preparai lo zaino con l’ammoniaca per eventuali tracce di sangue e misi dentro  dei sacchi neri per la spazzatura.
Misi un capello rosso in testa, nella mia mente rendeva l’idea del fattorino e mi apprestai ad uscire.
Per simulare il cibo avevo preso delle vecchie scatole di cereali e le avevo messe in una grossa busta, speravo mi avessero dato il tempo di entrare in casa per poter procedere nel mio piano.
Così, uscii nella gelida notte londinese, tra le luci delle case e le vie poco affollate, c’era solo qualche ristorante aperto.
Mi diressi al numero 10 di Imperiale Sqaure, per consumare, finalmente, la mia tanto agognata vendetta.
Circa trenta minuti dopo essere uscito di casa ero davanti a quella porta.
Il numero civico sembrava battere insieme al mio cuore.
Finalmente! Finalmente mi sarei ripreso la rivincita era ora di smettere di soffrire.
Col il cuore in gola feci trillare il campanello e mi preparai a recitare la mia parte.
L’uomo mi venne ad aprire e io chiesi gentilmente di poter entrare per posare il cibo ed essere pagato.
Con la mossa più sciocca che poteva fare, mi fece accomodare e nel tempo che impiegò a prendere i soldi, il mio pugnale era già  conficcato nel suo cuore.
Non un urlo, nemmeno uno, solo un rantolio sommesso che indicava la sua definitiva dipartita.
Ora la parte più difficile, dovevo uccidere mia moglie.
Estrassi il coltello dal torace del adultero e prosegui fino alla camera da letto.
La vidi, dormiva sotto  le lenzuola.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, eccola lì, dopo aver consumato il suo ultimo tradimento che riposava ignara di quello che le stava per succedere.
Era così placida, così pudica nel sonno.
Era come la prima volta che la vidi, semplice ed affascinante.
Avevo calcolato tutto, nei minimi dettagli. Ma avevo commesso un terribile errore, non avevo pensato  a quello che sarebbe successo vedendola.
Non avevo pensato a tutto ciò che avrei pensato, ogni singolo pensiero mi immobilizzava sempre più, mi sentivo sempre più stanco, sempre più impotente.
Il coltello cadde a terra ed io con lui.
Avevo calcolato tutto, tutto meno che me stesso.
Sentivo le urla rimbombarmi nella testa, i passi veloci sul parquet, la conversazione con la polizia.
Potevo ancora farcela, potevo alzarmi completare la mia opera e scappare quanto più lontano riuscissi, ero un avvocato, potevo sparire dalla circolazione e riapparire sotto mentite spoglie.
Ma no, qualcosa mi tratteneva al pavimento,  come delle catene invisibile.
Ero bloccato, inerme, stavo lentamente annegando in un misto di  paura e vergogna.
Nemmeno le sirene delle macchine della polizia che mi avvisavano della mia prossima cattura mi smuovevano, ero bloccato, ancorato, incollato a quel dannato pavimento.
L’ultima cosa che ricordo sono delle pistole, un forte calore alle gambe e delle manette … poi nulla più.
Perché ero stato così debole, perché spinto da tutta quella rabbia non ero riuscito a compiere la mia vendetta?
Perché mi ero fermato? Perché non ero scappato? Perché ero rimasto incollato a quel  pavimento.
Perché ero un debole, ecco perché, perché ero rimasto schiacciato sotto me stesso.
Ecco davanti a me la spiegazione di tutto, la mia debolezza, ecco cosa aveva spinto mia moglie a tradirmi ed ecco cosa mi aveva incatenato a quel pavimento.
Ecco la causa di tutto.. ecco la causa della mia disfatta.
Potevo evitarlo, non so.
Ma di certo so che ora non posso scappare alla mia pena. La pena per essere stato debole.
  
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