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Autore: berlinene    13/03/2012    9 recensioni
Una nottataccia e un risveglio traumatico per Ken ma... non sai mai chi può venirti in soccorso...
Quinta classificata al V contest di Endless Field "Wake up and smell the coffee" nonchè vincitrice del prestigioso Premio Speciale Out of theme...aka se non cannavo il tema forse vincevo...
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quinta classificata al V contest di Endless Field "Wake up and smell the coffee" nonchè vincitrice del prestigioserrimo Premio Speciale Out of theme...aka se non cannavo il tema forse vincevo...

La prima parte è ispirata a Colpo di Pistola dei Subsonica (trovate il link al tubo e il testo in fondo)... sentendo questa canzone ho troppo pensato al rapporto fra i miei GK del cuore... anche se in un’ottica che non è esattamente quella che ho io del loro rapporto, ma mi piaceva e allora me la son giocata così...
Diciamo che era più la voglia di buttar giù questo, che il tema dello svegliarsi... però c’è il caffè XD (coi dolcetti*__*)
E niente PG originali!!!!

Davvero non sai mai cosa aspettarti, dalla gente...

Volgo le spalle e faccio per allontanarmi. Ma poi torno sui miei passi.
Ora basta basta basta.
Non ne posso più dei tuoi sorrisetti, dei complimenti suadenti, delle pacche sulle spalle, dei “mi dispiace è il mister a decidere”.
Odio la tua sicurezza, il tuo essere sempre impeccabile sul campo e fuori. Il tuo avere sempre l’ultima parola.
Lo odio, da sempre e ora basta basta basta.
Ogni volta me lo son tenuto dentro, il rancore, al massimo l’ho vomitato, letteralmente, in qualche tazza di cesso. Perché mica te lo puoi tener dentro sempre. Eppure, ogni volta, mi sono rialzato a fatica, ho ricucito i pezzi, ho continuato a sperare nel mio sogno più bello.
Ma eri sempre tu a prendertelo e realizzarlo. Ma ora basta basta basta.
Voglio dirti tutto, e lo faccio con più calma di quanta credo possibile.
Quella prima della tempesta.
E tu sfoderi quel tuo sorrisetto di merda e mi dici “E che vorresti fare? Spararmi?”
“Quando avrò finito con te, Genzo Wakabayashi,” sibilo assumendo una posa minacciosa, “lo desidererai un bel colpo di pistola... perché ti avrebbe fatto meno male o magari per porre fine alle tue sofferenze”.

Ken si svegliò di soprassalto, scattando seduto sul letto e risucchiando l’aria in un “iiihhh” quasi disperato. Si portò una mano prima alla fronte, per detergersi il sudore, e poi al petto, come se servisse ad acquietare il cuore che minacciava di scoppiare.
Odiava quel sogno. Era proprio la parte di lui più primitiva che veniva fuori, quella che voleva negare persino a se stesso. Ma, porca miseria, uno a diciotto anni non dovrebbe sognare di scoparsi tutte le ragazze che vede anziché di picchiare a sangue Wakabayashi?
Con un sospiro, si lasciò ricadere sul cuscino e si guardò attorno, cominciando, solo allora, a distinguere i contorni della stanza.
Una stanza che non conosceva affatto... ma dove cavolo-
Poi si dette una pacca sulla fronte, ricordando che si trovava al ritiro della Nazionale. “Che stupido” mormorò.
Beh, d’altronde non è che uno appena sveglio è lucido lucido... E poi era arrivato solo a tarda notte, avendo giusto il tempo di collassare fra le coperte...
Sbadigliò e si stiracchiò, quindi si voltò verso l’altro letto.
Era vuoto.
Guardò, senza vederli davvero, avendo la mente ancora annebbiata dal sonno, il borsone e i vari oggetti dell’altro sistemati con ordine per la stanza. Se fosse stato appena più lucido, forse, avrebbe riconosciuto certe cose o comunque notato che c’era qualcosa di strano in quell’ordine. Ma Ken era uno di quelli che necessitano di qualche minuto di comporto prima di destarsi del tutto e, in quel momento, i suoi pensieri, più che al necessaire del suo compagno di stanza, erano rivolti verso il fatto che, con ogni probabilità, era già sceso giù per la colazione.
Era davvero così tardi?
Una terribile sensazione si fece largo in lui e, agitato, cercò, con una mano, il cellulare sul comodino, facendolo cadere a terra. A malincuore, tirò via la coperta per sporgersi a recuperarlo. Quando vide l’ora, rischiò di cadere dal letto, a faccia in avanti.
Dette un colpo di reni e si alzò di scatto. Infilò alla bene e meglio una divisa da allenamento, si dette una sciacquata ai denti e alla faccia, una sistemata sommaria ai capelli e si fiondò giù per le scale.
Mentre correva malediva a turno se stesso e quella merda di Hyuga che non lo aveva svegliato, ma, soprattutto, imprecava per non aver tempo nemmeno di fare un minimo di colazione... qualcosa da mettere sotto i denti e un po’ di caffè sarebbero stati fondamentali per non stramazzare a terra svenuto durante l’allenamento.
Ma, dato il ritardo, doveva sfidare la sorte.
La sua mente funestata da questi pensieri, riuscì comunque a recuperare fra i propri meandri l’informazione che quella mattina aveva l’allenamento differenziale con gli altri portieri e, dunque, arrivato al campo, virò deciso verso il sussidiario.
Quando scorse le figure di Wakabayashi e Morisaki attraversare con passo rilassato il cancello, Ken rallentò, per dare l’impressione di star arrivando in tutta tranquillità. Con un po’ di fortuna non avrebbero notato il fiatone e il sudore, che già gli imperlava la fronte e gli bagnava la schiena. Svegliarsi e mettersi a correre, per di più a stomaco vuoto e col cervello ancora mezzo addormentato, non è esattamente il massimo.
“’ngiorno” li salutò. Notò subito che Genzo aveva in mano un sacchetto e un bicchierone di carta. Il profumo di caffè giunse subito alle narici di Ken, in evidente stato di carenza da caffeina. Gli venne da ridere: era proprio un destino che Wakabayashi avesse sempre quello che lui desiderava. Sentì qualcosa agitarsi dentro: il ricordo, vivido e viscerale, del sogno di poco prima. Sentì un lieve formicolio nelle mani e si baloccò all’idea che...
“Dormito male?” gli chiese Genzo, riscuotendolo dai suoi propositi di atavica violenza.
“O solo troppo?” rintuzzò Yuzo con la sua solita solare cordialità.
“Già” fece Ken, soffocando uno sbadiglio e stiracchiando un mezzo sorriso. “Mi sa che non ho sentito la sveglia e il mio compagno di stanza si è guardato bene dallo svegliarmi, lo stronzo...” Sospirò e abbassò lo sguardo, non notando quindi la strana smorfia che attraversò il volto di Genzo. Forse l’SGGK avrebbe pure detto qualcosa, ma Ken lo precedette: “Qualcuno avrebbe potuto farlo, se non Hyuga almeno Takeshi...”
“Sawada aveva detto che sarebbe venuto subito dopo colazione...” lo informò Yuzo.
“Ma non l’ha fatto”.
“Immagino sia salito ora.” Intervenne Genzo. “Mentre mangiavamo ci hanno comunicato che gli allenamenti sarebbero iniziati un po’ dopo a causa di una riunione dei dirigenti”.
“Che culo” commentò Ken, “almeno non si accorgono del mio ritardo...”
“E puoi pure fare colazione” disse Genzo, allungandogli il sacchetto e il bicchiere.
“Per me?” chiese stupito il karate keeper, sgranando tanto d’occhi.
Wakabayashi lo guardò da sotto il cappello con quei suoi occhi nerissimi, vivaci e perennemente settati su quello sguardo ironico che faceva pendant col sorrisetto sghembo. “Sì, buon appetito”.
“Pare che dovrò ringraziarli, dopotutto, Hyuga e Takeshi,” esclamò Ken sedendosi su una panchina e tirando fuori dalla busta un muffin al cioccolato. Lo guardò come se fosse una sesta di reggiseno e lo addentò, mugolando soddisfatto. “Si sono pure ricordati il mio dolcetto preferito” mugugnò a bocca piena. La tortina scomparve in un baleno, seguita da generosi sorsi di caffè.
“... con latte e zucchero di canna...” precisò Genzo, avvicinandosi e guardandolo con le mani sui fianchi.
“Sì” sorrise Ken, un po’ imbarazzato. “Una memoria incredibile...”
“Proprio vero che non sai mai cosa aspettarti dalla gente” disse l’SGGK in tono apparentemente casuale, quindi si allontanò, per recuperare alcuni palloni.
“Ken” lo chiamò Yuzo avvicinandosi con fare cospiratorio. “La colazione non te l’hanno mandata Kojiro e Takeshi... te l’ha presa Genzo.” Disse d’un fiato, prima che l’altro tornasse.
Ken rischiò che il bicchiere gli cadesse di mano nonché di sputare il caffè, che già gli era andato di traverso. Tossì forte e Yuzo gli dette qualche colpetto sulla schiena.
Genzo si fermò, a scanso di equivoci, a una distanza di sicurezza.
“Tutto bene?” gli chiese, sarcastico, inarcando il sopracciglio.
“Sì, grazie... cioè, grazie di tutto... della colazione, insomma, voglio dire non importava che-”
“Di niente” tagliò corto Wakabayashi con un’alzata di spalle.
“Posso chiederti... perché?” chiese Ken. La domanda gli era salita alle labbra da sola. Se tanto per cambiare, avesse riflettuto un secondo prima di agire, forse non l’avrebbe detto.
“Ma che ne so Wakashimazu,” sbottò l’altro, in tono vagamente polemico, “magari non mi va di vederti svenire per la fame durante gli allenamenti... o magari avere un rivale cintura nera di karate mi ha sempre preoccupato e tento di ingraziarmelo,” concluse, con uno dei suoi stramaledetti imperscrutabili sorrisi.
Quelle parole riportano di nuovo alla mente di Ken le immagini di quello stupido sogno e se ne vergognò: mentre lui meditava di pestarlo a sangue, quello gli metteva da parte la sua colazione preferita come una mammina premurosa.
“O magari...” riprese l’SGGK, ma stavolta sembrava che l’inusuale ombra dell’incertezza offuscasse il suo tono. Tuttavia Yuzo e Ken non seppero quale fosse la terza opzione, perché Mikami arrivò per iniziare gli allenamenti.
O meglio, Ken lo scoprì solo al momento di andare a letto.
Il dubbio gli sorse per le scale e crebbe lungo il corridoio che portava alla sua stanza, quando vide che Genzo, qualche passo più avanti, seguiva lo stesso percorso.
Poi ripensò che, in effetti, la notte prima, quando era arrivato, il suo compagno di stanza dormiva già profondamente, sepolto sotto le coperte.
Kojiro mica dormiva in quella posizione.
Evidentemente, pensò, vedendo l’altro portiere tirare fuori la chiave e aprire la porta della sua stanza, Genzo dormiva proprio in quella posizione.
“Sei... tu il mio compagno di stanza?” fu la lapalissiana domanda di Ken.
“Sì, quello stronzo che non ti ha svegliato,” disse, abbassando il mento e accennando un sorriso, nascondendo così lo sguardo dietro la tesa del cappellino. “Credevo avessi solo puntato la sveglia un po’ più avanti, visto che eri arrivato a tarda notte...”
“Figurati” farfugliò Ken, imbarazzato. “Avrei dovuto fare così...”. Poi aggrottò la fronte e aggiunse. “Allora la colazione era...”
“Per... sistemare le... cose.”
“Per scusarti...”
“E’ quello che ho detto”.
“Non proprio” borbottò Ken a denti stretti.
“Non è che mi vuoi picchiare per non averti svegliato, vero?” chiese Genzo in tono sarcastico.
Ken trasalì appena, le immagini del famoso sogno che si affacciavano ancora una volta, prepotenti, alla sua coscienza. Gli tornarono alla mente gli insegnamenti di suo padre e, istintivamente valutò la posizione dell’altro portiere e la distanza che li separava, visualizzando la sequenza di colpi con cui avrebbe potuto aggredirlo, atterrarlo, spezzargli qualche osso o persino...
Wakashimazu scosse la testa, sorridendo, divertito. “Per questa volta no... vedremo come mi sveglio domattina... D'altronde... com’è che hai detto oggi? Non sai mai cosa aspettarti, dalla gente”.

***********************

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o leggi:


Colpo Di Pistola
Subsonica > Microchip Emozionale (1999)


Ritorno sui miei passi
E adesso contali bene
Il tempo che è passato
Non è una buona ragione
Ho idea che non mi basti
Lo scambio di un'opinione
E neanche l'imbarazzo
Con cui mi mostri le scuse
La muta del serpente
Nasconde il tuo vero nome
Di chiacchiere suadenti
Sono già stato a lezione
Baciando la fiducia
Con un rasoio a due lame
Hai fatto molta strada
Sacrificato persone
Tutta la tua arrogante danza danza
La sicurezza di chi è sempre a tempo
Il giusto slalom sfavillante e attento
Di chi da sempre intona l'ultima parola (esige-impone)

Ti farò male più di un colpo di pistola
È appena quello che ti meriti
Ci provo gusto me ne accorgo ed allora
Non mi vergogno dei miei limiti e lividi
Come ti gira dopo un colpo di pistola
Ti vedo un po' a corto di numeri
Ci provo gusto me ne accorgo ed allora
Non mi seccare coi tuoi alibi alibi

Durante questo tempo
Ho vomitato rancore
Ho ricucito i pezzi
Ricominciato a sperare
Avevi tutto quanto
Anche il mio sogno migliore
Hai preso ciò che serve
Senza ritegno nè onore

Pre rit
Rit (2 volte)

Come gira dopo un colpo di pistola
Ti vedo un po' a corto di numeri
Ci provo gusto me ne accorgo ed allora
Non ci provare coi tuoi alibi alibi
*****

Doverosi ringraziamenti:

Alla insostituibile betina releuse.

Alle mai sopite Piccole Vedette Lombarde eos e agatha

A Melantò per aver indetto e giudicato il concorso.

E infine una domanda: chi è più stordito Ken o io che canno il tema del contest?

Ai posteri l'ardua sentenza.

   
 
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