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Autore: _hurricane    14/03/2012    10 recensioni
[Klaine Week - Day #2; AU scritta a quattro mani da _hurricane & Noth]
1944, Seconda Guerra Mondiale. Due penne, due fogli di carta, due cuori che si cercano.
Le lettere d'amore tra Kurt, rimasto in America, e Blaine, partito per l'Europa tra le giovani reclute che parteciperanno al famoso sbarco in Normandia.
"Ho paura di dimenticare il sapore dei tuoi baci, la morbidezza delle tue mani su di me, il suono della tua risata quando ti solletico il fianco nei momenti più inaspettati solo per poterla sentire. Di dimenticare il profumo del nostro letto dopo aver fatto l’amore per ore, o la sensazione del tuo respiro sul mio petto quando vi appoggi sopra la testa per addormentarti tra le mie braccia."
"Quando siamo diventati così indispensabili l’uno per l’altro? Quando?
Inoltre tu non sarai mai un uomo che io non possa amare. Perché io amo tutto di te: ogni piccolo difetto, ogni cicatrice, e ti amerò anche quando la tua bocca saprà di sangue o se ciò che hai visto al fronte ti farà piangere lacrime salate mentre mi baci. E questo nessuno potrà cambiarlo. Mai. Lo giuro."
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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One-shot a quattro mani per la gloriosa Klaine Week (Day #2) scritta da _hurricane e Noth, alias  The Klangst Army!

Perchè per l'angst c'è sempre posto, specialmente per noi due!

Happy Klaine Week <3

 


 

 

 

Amore mio,

sono appena arrivato e la prima cosa che ho pensato è stata quella di scriverti per farti sapere che sto bene, e che sei nei miei pensieri. Lo sarai anche domani, quando sicuramente un generale dallo sguardo severo ci dirà di mettere da parte le debolezze e i sentimenti, e dopodomani ancora, quando mi metteranno in mano un fucile per insegnarmi ad uccidere.

Ho paura. Ho paura di scoprire come sia togliere la vita, perché non so farlo. So solo darne, di vita, perché è quello che ho fatto con te, è nelle tue mani, tu lo sai.

Ho paura di scoprire che mi piace farlo. Ho sentito dire a qualche veterano che da una bella sensazione, ti senti inarrestabile, onnipotente.

Ho paura di tornare da te e leggere nei tuoi occhi che non sono più l’uomo di cui ti sei innamorato, guardarmi allo specchio e vedere riflessa una persona che non ti merita più.

Ho paura di dimenticare il sapore dei tuoi baci, la morbidezza delle tue mani su di me, il suono della tua risata quando ti solletico il fianco nei momenti più inaspettati solo per poterla sentire. Di dimenticare il profumo del nostro letto dopo aver fatto l’amore per ore, o la sensazione del tuo respiro sul mio petto quando vi appoggi sopra la testa per addormentarti tra le mie braccia.

E ho paura di morire. Di lasciarti, di lasciare un mondo che non ci capisce, ma che è l’unico mondo che abbiamo a disposizione per amarci.

Ho paura di averti detto troppe poche volte che ti amo. Ho paura di non aver cantato abbastanza per te. Ho paura del rancore che proverai nei miei confronti se non tornerò.

Ho paura.

E lo so, lo so che ti ho sempre detto di avere coraggio, ma forse è stato solo perché spero che tu ne abbia anche per me. Ho bisogno che tu ne abbia anche per me.

E ho bisogno che tu mi dica che potrai amarmi anche quando le mie mani si saranno sporcate, macchiate, bagnate di sangue perché non saranno le stesse mani che ti scosteranno un ciuffo di capelli dalla fronte quando ti rivedrò. Non so ancora come, ma le ripulirò, le laverò in modo che neanche una singola goccia arrivi a sporcare te.

Ti terrò lontano dalle ingiustizie del mondo, ti terrò al sicuro nel mio cuore dove nessuno ti potrà mai trovare, soltanto io.

Ti amo. Dio, se ti amo.

 

Un bacio,

B.

 


 ***

 


Amore mio,

Il primo a trovare la tua lettera è stato papà. Non voleva darmela, è convinto che non debba risponderti, che sia giusto dimenticarti, fingere che tu non sia mai esistito. Dice che non tornerai vivo dalla guerra, che non vuole che m’illuda e rimanga ferito.

Non posso farlo. Non posso dirti addio, non con te che continui a spedirmi lettere. Non posso lasciarti scivolare via come un granello di polvere nel vento; voglio riacchiapparti, voglio stringerti a me, voglio abbracciarti e sentire il tuo profumo che ucciderei per aver imbottigliato prima che partissi. Non posso pensare che non tornerai, non riesco a respirare, è come se ti fossi veramente portato via una parte di me.

Ogni notte rimanere al freddo, sul lato del letto, immaginandomi come sarebbe se tu fossi ancora qui accanto a me, mi spezza il cuore. Lo sento che si sbriciola ogni secondo.

Non sono più capace di sorridere, sai? Mi guardo allo specchio ed è tutto così falso, così macabro. Non è un sorriso quello che vedo, è una maschera orrenda che vorrei essere in grado di strapparmi di dosso.

Ti sogno, ti penso, ti chiamo gridando verso il cielo, ti scrivo. Hai monopolizzato la mia vita come se fossi solo un tuo satellite.

Dimmi che tornerai a casa, ti prego, dimmi che ti abbraccerò di nuovo e che potrò vedere quel tuo maledetto sorriso che avrebbe aperto i cieli. Dimmi che potrò passare la mia mano tra i tuoi capelli e che resterà ancora incastrata tra i tuoi ricci come una volta. Dimmi che tutto questo ha un senso, che non sto piangendo mentre scrivo, come una specie di idiota, per nulla.

Mi manchi, mi manchi tanto, al punto che la tua assenza mi taglia come carta vetrata. L’abitudine di svegliarmi e trovarmi accanto a te, come anche quella di voltarmi quando sento dei passi entrare nella mia stanza e sorridere pensando che sia tu, non mi permettono di ignorare la tua assenza, non so come papà possa pensare che mai ci potrei riuscire. Come se lui fosse riuscito a dimenticare mamma.

Quando siamo diventati così indispensabili l’uno per l’altro? Quando?

Inoltre tu non sarai mai un uomo che io non possa amare. Perché io amo tutto di te: ogni piccolo difetto, ogni cicatrice, e ti amerò anche quando la tua bocca saprà di sangue o se ciò che hai visto al fronte ti farà piangere lacrime salate mentre mi baci. E questo nessuno potrà cambiarlo. Mai. Lo giuro.

Finn ha mandato una lettera dal suo battaglione, dice che stanno progettando uno sbarco in Normandia, in Francia, e che buona parte degli ultimi arruolati sarà coinvolta. Dice che è una missione molto scoperta, che molta gente morirà da martire e da eroe per la patria.

Ti prego, dimmi che non ci devi andare. Ti prego dimmi che tornerai presto.

Non ce la faccio senza di te.

Ho bisogno di averti.

Torna a casa.

K.

 

 

 ***

 

 

Amore mio,

se io fossi la persona coraggiosa che ho sempre finto di essere con tutti tranne che con te, ti direi che tuo padre ha ragione, che non dovresti soffrire così per me, che nient’altro al di fuori della gioia dovrebbe rigarti il viso di lacrime salate. Ma io non lo sono.

Non sono abbastanza forte da lasciarti andare, da dirti di continuare la tua vita senza di me. Sono un egoista, un dannato egoista, ma la verità è che la notte riesco a dormire soltanto perché sento che in quel momento tu mi stai pensando. Chiudo gli occhi, mi porto una mano sul petto e fingo che quello che sento sia il battito del tuo cuore, e che il mio respiro sempre più tranquillo nel silenzio sia il tuo, e che l’odore stantio e freddo che mi circonda sia il profumo dei tuoi capelli appena lavati.

Ma se c’è una cosa che non posso sopportare, è sapere di averti tolto il sorriso con la mia assenza, quel bellissimo sorriso capace di far eclissare il sole; non riesco ad immaginare il tuo volto senza di esso, fa troppo male.

A volte mi rendo conto di quante cose ti chiedo: di aspettarmi, di non lasciarmi, di sorridere mentre speri che io faccia ritorno. Mentre tu a me chiedi una cosa, una cosa soltanto, ed io vorrei promettertela ma ho paura che mi odierai se alla fine non manterrò la promessa.

Ma la farò, prometterò, a patto che tu sorrida.

Per un tuo sorriso, tornerò a casa.

Per un tuo sorriso, ti abbraccerò e ti lascerò passare la mano tra i miei ricci non appena saranno ricresciuti abbastanza da permetterti di avvolgerli tra le dita.

Ma non posso mentirti, non posso dirti che quella missione non riguarda anche me, perché non è così. Partirò.

Partirò e ucciderò e mi sporcherò di sangue e di terra e mentre tutto intorno a me saprà soltanto di freddo e di morte io penserò a te, penserò al sorriso che non ti ho rubato, che non posso averti rubato.

Penserò a quando tornerò e ti stringerò tra le mie braccia issandoti da terra come se fossi una piuma, prima di riempirti di baci leggeri e respirare la tua pelle.

Penserò a quello che abbiamo e che nessuno può toccare o sgualcire, né la lontananza né il dolore né gli sguardi della gente.

Anche tu mi manchi. Mi guardo intorno e niente ha senso, niente ha valore, perché tu non ci sei. Vorrei poterti avere qui, cingerti il viso con le mie mani davanti a tutti per baciarti e far vedere loro come fare a sconfiggere l’odio, vorrei poter dire al mondo intero di essere fiero di starti accanto, vorrei attaccare la tua foto sopra la mia branda e baciarla ogni sera prima di andare a dormire, vorrei sposarti.

Vorrei tante, tante cose, e mi piace pensare che forse in un altro tempo le avremmo avute, io e te. In un altro tempo, e un altro posto, griderei a squarciagola che ti amo.

Spero che ti basti saperlo, leggerlo su queste pagine ingiallite e ricoperte delle sporche ditate di un soldato che ha appena tenuto in mano un fucile, perché questo è tutto ciò che posso darti insieme al mio cuore, ma quello lo hai già, lo hai sempre avuto, sempre.

Farò tutto il possibile per tornare da te, non farò niente di stupido, non cercherò la gloria dei martiri né quella dei vivi con i loro petti ricoperti di medaglie, perché l’unica cosa che conta per me è essere un eroe ai tuoi occhi, e della loro riconoscenza, della loro ammirazione, io non me ne faccio niente.

Se le poste fanno il loro dovere, probabilmente avrò il tempo di risponderti ancora una volta prima di partire, quindi sii veloce a rispondere a questa lettera, amore mio.

Mi manchi.

 

B.

 

 

 ***

 

 

Amore mio,

ancora una volta ho dovuto raccogliere i pezzi della tua lettera nel cestino dopo che mio padre la aveva fatta a pezzi. Ha paura che soffra, ha paura che tutto questo mi distrugga, e lo ammetto: ho paura anch’io.

Sento le notizie, mi arrivano sempre più lettere da Finn che parla di pianificazioni e di morti e di guerra e di sofferenza e… personalmente mi sento male. Male al pensiero che tu sia là in mezzo, che tu stia combattendo per una patria che non accetta nemmeno la nostra unione, una patria che ci odia e ci sputa addosso. Una patria che ci costringe a cifrare i nostri nomi con delle lettere.

E poi c’è la nostalgia di tutto ciò che facevamo che comincia a diventare insopportabile, non so più cosa fare per tenermi occupato. Ogni secondo che passa mi trovo a guardare sempre più spesso verso la finestra nella speranza di vederti tornare a casa. Ma non ci sei.

E ora mi dici che devi partire. Che sei destinato a quella missione, e non so se avrei preferito la bugia alla verità. Ho paura, sono terrorizzato all’idea di non vederti più. Di non averti detto addio, anche se in realtà l’ho fatto prima che partissi ma non è stato abbastanza. Ho bisogno di sentirti. Ho bisogno di guardarti negli occhi e sentirti dire che andrà tutto bene. So che mi passeresti le mani sulle guance e raccoglieresti le mie lacrime. So che mi abbracceresti e sentirei il tuo cuore battere contro il mio petto e saprei che va tutto bene.

Ma non lo so.

E ho voglia di piangere.

Non posso dirti di non andare, non sarebbe possibile, se disertassi il tuo destino sarebbe comunque la morte. Posso però giurarti che ti penserò, amore mio, ogni secondo, ogni respiro, ogni lacrima, ogni sussurro, ogni attimo. Ti prego, salvati, per favore non lasciarmi solo. Questa casa è terribilmente grande senza di te, e sembra così vuota.

Vado sempre da quell’altalena dove ci sedevamo, nascosti dalle fronde che ci coprivano al mondo, ed unico luogo dove avevamo il permesso dell’uomo di baciarci: dove non ci potevano vedere.

Andarci da solo è come un pellegrinaggio alla tua tomba, e ho il terrore che morirai e che non avrò nemmeno un luogo dove pellegrinare, perché nessuno porterà il tuo corpo da me. Lo lasceranno annegare tra i flutti.

Dio, ti amo così tanto. Perché non sei qui? Quando torni? Mi manchi. Stringimi. Sognami.

Non farti del male, te ne prego, non farmi questo.

Sarò tuo per sempre, comunque vadano le cose.

 

K.

 

 

 ***

 

 

Amore mio,

la tua lettera è arrivata giusto in tempo, avevo paura di non riuscire a risponderti e di lasciarti con l’angoscia del non avere mie notizie. Ti scrivo di fretta, qui è tutto in fermento: domani partiamo.

Non so quando potrò scriverti di nuovo, non so quanto durerà tutto questo, non so quanti uomini non rivedranno le loro mogli o le loro madri a causa mia e non voglio saperlo.

Ma continuo a pensarci, amore, a pensare alle anime che strapperò dalla terra domani e a domandarmi se lo meritano davvero, o se sono semplicemente ragazzini che fingono di essere uomini, come me. Con sentimenti e paure e persone a casa che li aspettano con il loro cuore stretto tra le mani e un cumulo di lettere fatte a pezzi e poi rimesse insieme con la colla, e fotografie scattate sotto il sole e altalene a cui tornare per ricordare un primo bacio.

E quanti di te ucciderò, amore mio? Quanti pieni di sogni ancora da realizzare e sorrisi da regalare al mondo? Quante volte vedrò spegnersi nei loro occhi la luce che spero non lasci mai i tuoi?

Ma tu non ti struggere, ti prego, non piangere, e non dispiacerti se non avrai una tomba a cui fare visita; perché io sarò con te anche quando non potrò più esserlo, sarò con te al mio ultimo respiro, sarò con te da morto e rinuncerò al paradiso se mi sarà concesso, e all’inferno se sarà la mia condanna, rimarrò al tuo fianco sulla terra e butterò al vento la pace della morte, per te.

Per te, piccolo mio.

Per te, signore del mio cuore.

Per te, perché è per te che io respiro.

Devo affrettarmi, vogliono che andiamo a letto presto per essere pronti. Ci sono così tante cose che vorrei dirti, che sento il cuore esplodere al pensiero, mi sento schiacciato dal peso delle promesse che ti ho fatto e di quelle che non posso farti.

Tornerò, amore, tornerò comunque vada, perché la mia anima non la possono frantumare in mille pezzi con una bomba né riempire di proiettili né mutilare, e lei troverà sempre la strada per tornare da te, saprà sempre come sorvolare gli oceani che ci dividono e giungere alla tua porta con un mazzo di fiori come ho fatto tanto tempo fa.

La mia anima ti amerà sempre, non dovrai seppellirla sotto terra né in un urna di ceramica, l’avrai al tuo fianco. E se il mio corpo vivo non tornerà insieme a lei, allora vorrà dire che sarà lei a guardarti crescere, e sbagliare, e vivere, innamorarti ancora una volta, avere dei figli, invecchiare.

Spero tanto che potrai farlo con me, spero di poterti baciare ancora una volta prima di lasciare questo mondo e dirti che ti amo, dirtelo con la mia voce, e non così.

Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo.

Ti prego, rispondi a questa lettera, così che io abbia qualcosa da leggere per scaldare il mio cuore quando tutto sarà finito. Rispondi, perché vorrà dire che io risponderò a te.

Ti sognerò stanotte. Ti sogno sempre, dio.

E ti amo. E ti desidero. E mi manchi.

Ci sentiamo presto.

 

B.

 

 

 ***


 

Amore mio,

Sono arrivate altre lettere nel frattempo. Una in particolare mi è rimasta impressa. Diceva che eri deceduto sul campo di battaglia durante lo sbarco, un vero eroe per il paese, un martire da lodare per le sue doti di incoraggiamento e di difesa della patria.

L’ho letta e sono scoppiato a ridere, come se fosse stato uno scherzo di cattivo gusto. Poi ho iniziato a tremare, come se la terra sotto i miei piedi avesse deciso di sgretolarsi in quel preciso istante, ed è allora che papà mi ha strappato la lettera di mano, vi ha dato una scorsa e mi ha abbracciato con cautela, ripetendomi che andava tutto bene.

Non va nulla bene. Non è vero. Lo so che non è vero.

Non è…
Non so che cosa sto facendo…

Perché ti scrivo?

Perché cazzo sto scrivendo questa lettera a qualcuno che non potrà mai riceverla?

Non so dove sei. Non so nulla.

Dio, non ce la faccio io…
Tutte queste frasi, a chi le sto mandando? Le mie lacrime a chi le sto raccontando? Perché sto piangendo se non puoi più sentirmi?

Mi fa… mi fa così male che vorrei piantarmi una mano nel petto e strapparmi via il cuore, lasciarmi morire sanguinante. Non posso sopportarlo. Non voglio un’esistenza senza di te, mi sento così morto. Ti prego, portami con te amore mio, per favore, non lasciarmi qua.

Rispondi a questa lettera. Rispondi a questa maledetta lettera che non spedirò mai.

Non ci credo che sei morto, non riesco a realizzarlo, non è vero. Non posso.

Non è vero.

È vero.
Non può essere.

È impossibile avere così tanti ricordi di una persona che non c’è più. Mi uccide. Cosa me ne faccio ora? Dove li metto? Non potrò più sfogliarli. Non aumenteranno, semmai diminuiranno perché la memoria è un mostro senza pietà.

Perché mi hai abbandonato? Avevi promesso! Quando sei partito avevi promesso che saresti rimasto! Lo avevi detto! Bugiardo!


Dio, ti amo tanto. Per favore, cielo, restituiscimelo. Ridammelo. Non tenertelo per te, ho bisogno di lui.

Amore, per favore dimmi che ci sei. Dimmi che resterai. Voglio che sia tutto solo un incubo, voglio che questo dolore la smetta di farmi così male e voglio vederti. Voglio immergermi nel tuo petto, toccare la tua pelle e perdermi dentro i tuoi occhi. Non ne esistevano di uguali. Li avrei riconosciuti ovunque, sempre. Le tue mani ruvide sul mio corpo, la tua voce che mi sussurrava di amarmi e le tue labbra che conoscevano a memoria le mie.

Dove sei?

Torna da me, ti prego, torna da me.

Mi manca il respiro, mi manca la voglia di vivere.

Io…
Io…

Che me ne faccio ora di tutto questo amore? Nessuno mi ha insegnato come cancellarlo. Nessuno sa come si fa. Nemmeno io.

Ovunque tu sia, ti amo. Ovunque tu sia, ti sto pensando. Ovunque tu sia, mi manchi.

Ovunque tu sia, non ti dimenticherò mai.

E ora a presto, amore mio, nei miei pensieri ci incontriamo sempre.

Spero di vederti lì, e che non farà troppo male.

Ti amo troppo, per non poter stare con te.

Dio.


K.

 

 


 

 

 

I giorni passavano, i mesi anche, e la vita mi scivolava di dosso, troppo stupida per essere davvero vissuta. Giravo per la casa e trovavo fogli sparsi con i versi delle sue canzoni ovunque. Li raccoglievo ed appendevo con delle puntine sul muro della mia stanza. Avevo preso i suoi vestiti e li avevo messi sopra al letto, determinato a metterli in un baule e conservarli, senza però doverli vedere ogni mattina o indossarli solo per sentire il suo profumo che andava via via sbiadendo. Però non lo avevo fatto, perché ero scoppiato a piangere ed i singhiozzi e le lacrime mi avevano impedito di vedere.

È cambiato tutto e niente. Lui non c’è più, e la mia vita è irrimediabilmente terminata. Non mi godo più nulla, né una passeggiata, né il sole sulla pelle che mi ricorda dolorosamente il suo tocco delicato, né il canto degli uccelli che mi fa scendere grosse lacrime lungo le guance mentre li ascolto e cerco di non singhiozzare come un bambino.

Mio padre cerca di tirarmi su di morale, ma è anche lui disperato. Sa che non mi riprenderò. Non ne sono capace e lui mi capisce. La morte di mamma era stato un colpo atroce anche per lui.

Ora passo le giornate a scrivere montagne di lettere per Blaine che lui non potrà mai leggere. Immense pagine sulle quali ho vomitato l’anima, coperte di macchie di inchiostro sbiadito dalle lacrime, che non avranno mai un destinatario. La notte mi sveglio col cuscino zuppo e le mani strette a pugno, una volta Blaine mi avrebbe accarezzato la schiena e stretto a sé, mormorandomi che avrebbe mandato via tutti gli incubi. Ma ora combatto da solo, e lui non vive in nessun posto se non nei miei ricordi.

Ho pensato più volte di togliermi la vita, di raggiungerlo. È ancora un desiderio incompiuto che, da codardo, non ho il coraggio di realizzare.
Il dolore non mi lascia, è come una maledizione tatuatami sotto la pelle, bruciante ed amara. Mi uccide lentamente, mi fa impazzire.
D’altra parte parlo la metà del tempo da solo, se non è pazzia questa.

Passo ore seduto sulla nostra altalena, sono qui anche ora, e guardo il cielo sperando di scorgere il suo sorriso. Immagino che sia lui a muovere le nuvole ed il cuore mi perde un battito ogni volta che chiudo le palpebre e mi appaiono i suoi occhi.

Vivere così è terribile, vivere così è l’inferno.

Mi ripeto che dovrei odiarlo, che mi ha lasciato solo e non ha mantenuto la promessa, ma non riesco a mutare questo amore in odio. Non posso. Non ce la faccio. Non sono fatto per riuscirci.

Il silenzio mi avvolge, come sempre, poi un fruscio più forte del necessario mi mette in allerta. Tendo le orecchie e lo localizzo alle mie spalle.
È un soldato. Un soldato ha scoperto che sono gay ed è venuto ad uccidermi.

Fallo, mi dico mentalmente, uccidimi e aiutami a raggiungere Blaine. Aiutami.

Poi mi volto, lentamente, cercando di scorgere con la coda dell’occhio chi mai potrebbe essere entrato in casa mia senza aver incontrato la resistenza di Burt. Ed è allora che quasi cado a terra e sento il cuore perdere un battito mentre il mio volto diventa pallido.

Ho improvvisamente freddo e voglia di urlare.

Blaine.

È appoggiato ad un albero in lontananza, mi guarda e sorride appena, con gli occhi luminosi. I vestiti sporchi, inguardabili, ma non ci faccio quasi neanche caso. È lui.

Sono diventato pazzo, mi dico, il mio cervello ha dato forfait.

Poi cammina verso di me, lo vedo zoppicare ed incespica, quasi cadendo in avanti, ma non fa tempo a toccare terra perché sono già corso nella sua direzione, le lacrime che mi scivolano lungo il viso, il mento ed il collo. Lo afferro prima che cada e, se è un’illusione, è veramente ben fatta perché la posso toccare ed è più di quanto avrei mai potuto immaginare.

Lo guardo, la barba incolta, i capelli irregolari ed arruffati, il viso sporco ed i vestiti sgualciti. Poi ci sono gli occhi, luminosi come sempre, e le lacrime che gli impastano il viso. Le mie mani scorrono su di lui, lentamente, tremanti, mentre non so se sorridere o mettermi a gridare.
Non so se è realtà o finzione ma non ho voglia di domandarmelo. Inizio a respirare velocemente, i singhiozzi si fanno più acuti e lo abbraccio, lo stringo a me, mi appoggio al suo petto ed il cuore batte.

Sono sopraffatto dalle emozioni, sento che potrei esplodere da un momento all’altro ed ancora non ci credo.

« Sono a casa. » sussurra Blaine al mio orecchio, e sento che potrei morire in quell’istante.

 

 


 

 

 

Codardo, Blaine Anderson, il solito codardo. Scappa quando conviene, quando la prima battaglia è andata male e si annuncia la ritirata per pianificarne un’altra, e poi un’altra, e un’altra ancora. Scappa tra le fitte foreste piuttosto che alzare le mani al cielo ed arrendersi, per non farsi prendere prigioniero, perché Blaine Anderson non ha questo lusso, Blaine Anderson non può farsi prendere prigioniero.

Blaine Anderson ha il suo cuore che lo aspetta, a casa. Ha una promessa da mantenere, un’altra lettera da spedire, un nuovo bacio da regalare.

Così, Blaine Anderson corre. E corre. E corre. Corre senza mai voltarsi indietro proprio come ha sempre detto di fare alla persona che ama, per raggiungerla, e non ha rimpianti.

Non me n’è mai fregato niente, in questi mesi, dell’onore che posso aver perso, perché probabilmente sarei morto se non fossi scappato, non avrebbero avuto pietà di me. L’unica cosa a cui pensavo, mentre correvo inciampando sui miei stessi passi, era Kurt, come avrei fatto a tornare da lui, cosa gli avrebbero detto se non lo avessi fatto in fretta, e soprattutto che cosa avrebbe fatto pensando di non rivedermi mai più.

Pensieri di Kurt si alternavano ai volti degli uomini che ho ucciso, perché sì, ne ho uccisi. Non so quanti, non li ho contati. Non so i loro nomi. Ricordo di aver trovato un ruscello e di aver scrostato dalla mia pelle il loro sangue, per poi specchiarmi nelle sue acque e sperare di riconoscere ancora il mio riflesso. Ricordo di averci visto Kurt, in quel ruscello.

Ricordo di averlo visto sorridere verso di me come se fosse dentro un sogno, i suoi contorni sfocati che danzavano sulla superficie dell’acqua, e in quel momento ho capito di essere ancora vivo, ancora intero, ancora me. Perché Kurt era la parte più bella di me, quella più giusta, quella coraggiosa, e c’era ancora, pulito e immacolato come se io non avessi fatto nulla.

Nei mesi che seguirono, cercai di mettere da parte del denaro con i lavori più umili e indegni per poter tornare da Kurt il più presto possibile, ma non potevo mandargli una lettera, avevo paura che la intercettassero e mi trovassero per riportarmi nell’esercito e tutto sarebbe ricominciato da capo, e non potevo, non potevo più. Codardo, Blaine Anderson, il solito codardo.

E in tutti quei mesi, ogni giorno, ogni ora, pensavo a lui, a cosa stesse facendo in quel momento, se stesse pensando a me, se avesse iniziato ad odiarmi per averlo abbandonato. Dio, faceva così male. Faceva così male non sapere, non poter baciare e stringere e toccare perché era passato troppo tempo e il sapore delle sue labbra sulle mie stava svanendo, c’era troppo sangue e troppo sudore e troppo sporco ancora su di me, troppe cose a macchiarlo, quel sapore che ormai sembrava l’eco di un ricordo.

Avevo bisogno di sentirlo sotto le mie dita, di accarezzargli il viso, stavo impazzendo.

Alla fine, sono riuscito a comprare il biglietto per l’America e l’attesa stava diventando insopportabile, ogni giorno sulla nave più lungo, ogni notte più angosciata, finchè non ne ho perso completamente il conto.

Quando arrivo, so dove andare a cercare. So dove guardare come se lui me lo avesse detto, e spero tanto che ci sia, che sia lì a pensare a me, che non abbia ancora mollato e, egoisticamente, che non abbia ancora voltato pagina, non ancora, ancora un attimo, uno solo.

Apro lentamente il cancelletto di ferro del suo cortile, mi dirigo verso il retro del giardino come se fossi uno spettro, senza neanche sentire i miei passi sull’erba, come se fluttuassi.

Quando lo vedo, mi sembra di morire. E’ bellissimo, è perfetto, è Kurt.

Allora mi appoggio all’albero più vicino, cerco di calmare il mio respiro e il battito accelerato del mio cuore e lo guardo, lo guardo ancora un attimo prima che lui si volti verso di me, perché guardare Kurt quando è ignaro di essere osservato è la cosa più bella del mondo, è come vedere un’opera d’arte, uno spettacolo.

Un fruscio mi tradisce, Kurt si volta e io sorrido. Mi guarda come se fossi il frutto della sua immaginazione, e io voglio essere reale, voglio permettergli di toccarmi e sentire che esisto, esisto ancora, allora cammino in avanti incespicando finchè due braccia mi avvolgono e Kurt è lì, solido tutto intorno a me, ed è perfetto.

Mi guarda ancora, e io so di avere un aspetto orribile, di essere scarno e quasi irriconoscibile, ma vedo l’amore nei suoi occhi e so che mi vuole ancora, nonostante tutto. Le lacrime mi rigano il viso ma io non me ne accorgo nemmeno, perché Kurt mi sta accarezzando con le sue mani adesso, per assicurarsi che ci sono davvero, e poi si accoccola contro il mio petto e sospira mentre ascolta il battito del mio cuore, il suo cuore.

« Sono a casa. » gli sussurro all’orecchio. E non ti lascerò mai, mai più.

 

 


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