Malamente appoggiata sulla trave di ferro, lasciando i capelli sparsi al vento leggero e le gambe a penzolare nel vuoto, Homura guardava con occhi fissi tutte quelle luci che animavano la città sotto di lei pur in piena notte. Case, palazzi, edifici di ogni genere – la Vita continuava nonostante tutto, indifferente come anche la Morte di fronte ai limiti e ai rigidi schemi mentali dell'uomo. Lo scandire del tempo, d'altronde, era cosa tanto umana quanto naturale, in un binomio d'insieme che diventava unicità e oltrepassava la coerenza solo e soltanto nella sua persona.
Ad una folata più forte di vento, la ragazza portò repentinamente una mano all'orecchio, per trattenere qualsiasi cosa nel caso tentasse di sfuggire. Vana preoccupazione: il cerchietto scuro rimaneva là, assieme a lei, ancorato al capo come un ricordo indissolubile.